Analisi dei mercati 21.01.2020

Ancora nuovi record per i mercati azionari, questa settimana, con gli indici americani sempre sugli scudi.

Stati Uniti e Cina hanno, finalmente, firmato le 86 pagine della cosiddetta Fase Uno dell’accordo con la quale la Cina si impegna ad acquistare almeno 200 miliardi di dollari aggiuntivi di prodotti americani per i prossimi due anni e gli Stati Uniti faranno marcia indietro su alcuni dazi (modesta riduzione a fronte di una serie di impegni di Pechino). Un po’ di scompiglio è stato generato dalla dichiarazione del segretario americano Mnuchin, secondo cui i dazi sui beni cinesi rimarranno fino al completamento della seconda fase dell’accordo, durante la quale verranno affrontate le questioni relative alla tecnologia e la Cyber-security. L’accordo prevede, ovviamente, delle modalità di risoluzione in caso di inottemperanze oltre alla facoltà di recedere previo preavviso.

Il dipartimento del Tesoro americano, il giorno prima della firma dell’accordo, ha rimosso la Cina dall’elenco dei paesi considerati “manipolatori” della moneta, come segnale di una distensione dei rapporti fra le due potenze che si è riflesso immediatamente sul cambio fra il RMB/USD.

Nel frattempo, fra i dati macroeconomici cinesi pubblicati, vale la pena segnalare la ripresa dell’export, prima volta in cinque mesi, che ha superato le attese degli analisti, gli aggregati monetari di dicembre in accelerazione e il dato sul PIL del terzo trimestre 2019 che segna un +6% annuo. La produzione industriale è in miglioramento così come le vendite al dettaglio. Con gli stimoli monetari e fiscali da parte delle autorità cinesi e un allentamento delle tensioni commerciali, qualche spiraglio di miglioramento nell’economia cinese si sta vedendo e si dovrebbe continuare a vedere.

Source: Bloomberg

In Europa il dato sulla Produzione Industriale delude leggermente le attese, con un rialzo dello 0.2% mese/mese ma mostra un leggero rialzo che si spera continui nel 2020.

Source: Bloomberg

La prima parte della reporting season americana sembra essere andata bene: ha riportato i risultati circa il 10% delle società dell’S&P 500 con una sorpresa complessiva sugli utili superiore al 3%. Alcoa, produttore di alluminio, conferma ricavi in calo rispetto al 2018 ma la nota positiva riguarda la guidance sul 2020, in quanto vede una riduzione dell’eccesso di offerta grazie ad un incremento della domanda globale. Anche le banche hanno registrato utili per il quarto trimestre in crescita e superiori alle attese.

La fame di rendimenti governativi è alla base del boom di ordini sul nuovo BTP a 30 anni, che ha raccolto una domanda record di 47 miliardi. Il titolo prevede una cedola del 2.45%. L’assorbimento delle cospicue emissioni da parte del Tesoro è stato aiutato anche dalla bocciatura, da parte delle Consulta, del referendum sul taglio del numero dei parlamentari che allontana la minaccia di elezioni anticipate.

Intanto, anche MPS ha sfruttato la fase di “bonaccia” dei mercati e l’upgrade di rating da parte di Moody’s, presentandosi sul mercato del debito collocando 400 milioni di un Bond AT1 con cedola 8%, con una domanda che è stata superiore a 925 milioni di euro. Ovviamente, per rendere appetibile il collocamento, l’istituto senese ha dovuto essere più generoso rispetto alle altre due banche che hanno collocato recentemente, UBI 5.875% e Banco BPM 6.125%, ma ha dovuto concedere meno del 10.5% che aveva offerto lo scorso luglio.

Sul fronte cambi si segnala il leggero indebolimento della Sterlina Inglese causato dalle dichiarazioni di membri della Banca Centrale, circa la volontà di tagliare i tassi durante il prossimo meeting, previsto per il 30 gennaio. Attualmente il mercato prezza, con una probabilità del 71%, un taglio di 25 bps che sarebbe giustificato dal generale indebolimento dell’economia. Anomalo, visto il clima positivo sui mercati, il rafforzamento del Franco Svizzero: la motivazione sembra essere legata alle dichiarazioni della Banca Centrale che vorrebbe normalizzare i tassi rialzandoli.

Source: Bloomberg

In Russia il Rublo, dopo avere toccato il suo massimo da inizio 2018, 60.8870 contro dollaro, si è indebolito a causa delle dimissioni del Governo e del premier Medvedev: sembra che il Premier voglia favorire le riforme costituzionali, annunciate da Putin durante il discorso alla nazione, riguardo il passaggio del potere di scelta del primo ministro dal Presidente al Parlamento.

QUESTA SETTIMANA

Con la firma dell’accordo Cina-Stati Uniti, la disputa commerciale tra i due paesi è passata ovviamente in secondo piano. Non che la questione sia definitivamente risolta (sappiamo bene che si tratta di un tema di lungo periodo) ma almeno la minaccia di un rallentamento economico viene alleviata.

Ora bisogna stare attenti alle negoziazioni tra Europa e Stati Uniti e ai relativi dazi. In sospeso ci sono ancora quelli sulle auto e un possibile incremento di quelli sui generi alimentari, tema che tocca molto l’Italia.

Sappiamo bene che, in generale, la crescita economica è stata sostenuta dai consumi, soprattutto negli Stati Uniti, in quanto la componente relativa agli investimenti ha sofferto l’incertezza economica legata soprattutto alla guerra commerciale. Se negli Stati Uniti Trump cerca di sostenere ancora i consumi per l’evidente impatto positivo sulla campagna elettorale, con la proposta di taglio delle tasse alla middle-class, in Europa ci si deve giocare la carta degli investimenti con una Commissione Europea, ed anche la Banca Centrale, orientata al tema “green”. Per questo motivo sarà interessante ascoltare la conferenza stampa della Lagarde, per capire se esiste una strategia di coordinamento tra politica monetaria e politica fiscale che si concretizzi del Green Deal.

In generale i Governi, quest’anno, saranno incentivati a formulare programmi di investimento per raggiungere l’obiettivo di “emissioni zero” entro il 2050 e tenderanno ad emettere green-bond nel 2020. Il Tesoro italiano, secondo fonti interne, potrebbe seguire pertanto l’esempio della Germania e lanciare il primo bond sostenibile entro la fine dell’anno.

Ribadiamo quindi che la politica monetaria è accomodante e tale rimarrà ancora per un po’. La politica fiscale potrebbe esserlo ancora negli Stati Uniti, soprattutto se passerà il taglio delle tasse, e potrebbe diventarlo in Europa, grazie al tema degli investimenti. Gli asset rischiosi, quindi, continuano ad essere supportati nel breve da TINA (there is no alternative) e nel medio/lungo termine dalle aspettative di ripresa della crescita economica.

Analisi dei mercati del 14.01.2020

La potenziale crisi in Iran non sembra avere turbato particolarmente gli investitori, alla cui tranquillità hanno contribuito le dichiarazioni della Casa Bianca e del ministro degli Affari Esteri iraniano sull’intenzione di non volere proseguire nelle operazioni militari.

Per ora delle 13 rappresaglie minacciate dall’Iran ne abbiamo vista solo una, ovvero un attacco alle basi americane in Iraq che, tuttavia, non ha causato nessuna vittima. L’amministrazione Trump ha imposto nuove sanzioni contro l’Iran, che colpiranno le esportazioni di acciaio, alluminio, rame e ferro, e ha dichiarato, in un discorso alla nazione, che non permetterà mai all’Iran, fintanto che sarà Presidente degli Stati Uniti, di avere armi nucleari. Le Borse sembrano non abbiano intravisto particolari rischi e, alcune, si sono riportate usi massimi storici.

Il prezzo del petrolio (WTI), dopo avere toccato i 65 dollari al barile in occasione dell’attacco americano, ha ritracciato per riposizionarsi intorno ai livelli medi dell’ultimo anno.

Source: Bloomberg

Sul tema Brexit, sia la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, che la presidente della BCE, Christine Lagarde, ritengono che non sarà facile ridiscutere di tutti i punti dell’accordo entro la fine dell’anno. La sterlina risente di queste dichiarazioni e di quelle di Carney, che sembra essere pronto ad un ulteriore allentamento monetario.

Sul fronte macro, in Europa è positivo il dato relativo alla manifattura tedesca, che nel mese di novembre è salito dell’1.1%, più delle aspettative degli analisti (+0.7%). Si tratta di un altro timido segnale di una possibile inversione di tendenza per il settore manifatturiero tedesco, che potrebbe, se confermato da altri dati, avere impatti positivi sul resto dell’Europa e soprattutto sull’Italia, che ha come principale partner commerciale proprio la Germania. Anche i dati di Francia e Spagna lasciano ben sperare sulla ripresa manifatturiera.

I dati sul mercato del lavoro americano usciti venerdì, seppur leggermente inferiori alle aspettative nella componente “nuovi occupati non agricoli”, confermano una situazione di solidità con il tasso di disoccupazione fermo al 3.5%, livello più basso degli ultimi 50 anni, e senza particolari pressioni salariali.

In calo lo spread BTP-Bund grazie alla percezione di un minore rischio di elezioni anticipate in Italia.

Riguardo alla Banca Popolare di Bari è previsto entro la prima metà di aprile il piano industriale e l’indicazione precisa del fabbisogno finanziario, alla luce dell’alleggerimento dei 1.2 miliardi di NPL, non-performing loans, ancora presenti nei conti della banca. A giugno si terrà l’assemblea degli azionisti con la trasformazione in società per azioni, ritenuta “necessaria e fondamentale” secondo Mediocredito e la Banca d’Italia.

Sul listino italiano, in settimana, si è fatta notare MPS per il +20% di rialzo del titolo, dopo che Moody’s ha rivisto l’outlook e alcuni rating: per la prima volta dopo 7 anni il giudizio complessivo sul merito di credito è passato da Caa1 a B3 e l’outlook è passato a positivo da negativo. Le motivazioni dell’upgrade sono da ricercarsi nei miglioramenti nella qualità delle attività della banca: il rapporto sofferenze/attivi è passato da 18% a 12.50%, grazie allo smaltimento di 3.8 miliardi di euro di crediti deteriorati. Certo la media italiana è intorno all’8% e quella europea al 3% ma l’agenzia di rating ha voluto premiare il percorso intrapreso dall’istituto senese.

Source: Bloomberg

La settimana si è conclusa con performance positive per gli asset rischiosi: l’azionario globale, indice MSCI World, ha guadagnato circa lo 0.8%, con punte di 2% per Nasdaq e DAX.

Bene, anche se in misura minore, l’obbligazionario a spread. Il leggero rialzo dei rendimenti ha penalizzato l’obbligazionario governativo e il corporate investment grade.

Tornano vicini ai minimi gli indicatori di volatilità e si rafforza lo yen. Delle valute “rifugio” solo il Franco Svizzero non beneficia della fase di risk-off e si porta ai massimi dal 2017. Si mantiene su livelli alti la quotazione dell’oro, sopra 1500 dollari/oncia, livello superato il giorno dell’attacco americano. Il metallo giallo è sempre più oggetto di discussione e commenti da parte della comunità finanziaria. Come indicato la scorsa settimana, beneficia dei tassi bassi, non avendo carry, e dei flussi delle banche centrali. Inoltre, tende a proteggere i portafogli dagli “spike” di volatilità che si teme possano essere frequenti questo anno. Ne abbiamo avuto un assaggio proprio all’inizio dell’anno e con le elezioni presidenziali americane di novembre potremo averne altri.

QUESTA SETTIMANA

Mercoledì 15 gennaio a Washington è prevista la firma della Fase Uno dell’accordo fra Cina e Stati Uniti, che dovrebbe prevedere la riduzione dei dazi americani imposti a settembre dal 15% al 7.5%, su 120 miliardi di merci, e un’ulteriore estensione del congelamento di quelli che erano previsti per dicembre 2019, su circa 150 miliardi di merci, pari al 25%, mentre la Cina dovrebbe aumentare le importazioni di prodotti agricoli americani per circa 40 miliardi all’anno. Ha suscitato qualche pensiero l’annuncio che alla firma dell’accordo non sarà presente il Presidente cinese ma il Vice-Premier. Negli Stati Uniti inizia la reporting season, come sempre, le prime società a riportare i risultati del quarto trimestre 2019 saranno le banche. Martedì 14 toccherà a JPM e Citigroup, mercoledì avremo BofA e Goldman Sachs. In totale riporterà l’8% delle società dell’S&P 500.

In UK la House of Lord sarà chiamata a votare l’accordo sulla Brexit. Nonostante una generale opposizione alla Brexit non ci si aspettano sorprese e l’accordo dovrebbe passare.

Sempre in UK i dati in uscita questa settimana saranno importanti per valutare l’eventuale azione delle Bank of England e il relativo impatto sulla sterlina, dato che Carney ha prospettato un novo possibile allentamento monetario qualora l’economia domestica non mostrasse segnali di ripresa.

Mercoledì verrà pubblicato il Beige Book della Fed, che dovrebbe confermare il buono stato di salute degli Stati Uniti.

Sempre mercoledì vedremo il dato sulla produzione industriale di novembre in Eurozona (dato aggregato), che dovrebbe confermare una ripresa congiunturale dopo il calo di ottobre.

Infine, venerdì 17 avremo modo di testare lo stato dell’economia cinese, con la pubblicazione dei dati sul GDP del 4 trimestre 2019, atteso stabile al 6%, la produzione industriale di dicembre e le vendite al dettaglio.

In Italia potremmo avere chiarezza su uno dei temi politici del momento: il referendum confermativo sulla riforma costituzionale circa il taglio del numero dei parlamentari e uno abrogativo relativo alla legge elettorale (nella parte proporzionale).

JPM stima che nel 2020 le emissioni nette di titoli di stato dell’Eurozona dovrebbero scendere ai minimi dal 2008 in calo del 4% rispetto al 2019. La maggior parte delle emissioni, circa il 60%, sarà concentrato nel primo semestre e rallenterà notevolmente nella seconda parte dell’anno. Se da un lato questo fattore segnala che i governi sembrano volere approfittare dei tassi ancora bassi in vista di possibili turbolenze sul fine anno, all’avvicinarsi delle presidenziali americane, dall’altro rappresenta un elemento di sostegno ai bond governativi, che non dovrebbero vedere un’eccessiva salita dei rendimenti.

Si calcola che la scarsità di titoli di Stato in Eurozona, conseguenza del QE lanciato da Mario Draghi e confermato da Christine Lagarde, potrà arrivare a coprire quasi tutte le emissioni di debito pubblico. Con i rendimenti bassi diventano più attraenti i titoli dei paesi periferici più indebitati e quindi con rendimenti maggiori.

Sappiamo inoltre che i tassi non verranno alzati da parte delle banche centrali, neanche in caso di ri-accelerazione dell’economia o di ripresa dell’inflazione. Infatti sia la PBOC, banca centrale cinese, che la Fed sono tornate ad ampliare il loro bilancio a ritmi elevati. Se guardiamo gli indicatori relativi alle Financial Conditions, ovvero le misure che sintetizzano la disponibilità e il costo del credito per dare un’idea dello stress finanziario del sistema, possiamo notare che sono positive per tutte le principali economie e spesso si avvicinano ai livelli massimi del 2014.

Con queste premesse il 2020 potrebbe essere un proseguimento del 2019; è vero che siamo al dodicesimo anno di ciclo economico ma ricordiamo, per l’ennesima volta, che un ciclo economico non muore di vecchiaia ma di shock esogeni o errori di politica monetaria. A dimostrazione di ciò basta guardare al ciclo economico australiano: GDP positivo, quindi nessuna recessione, da ben 28 anni!!!

Source: Bloomberg

Ancora molto buone le performance delle linee con maggiore componente azionaria.

Analisi dei mercati del 23.10.2019

Sabato scorso il Parlamento britannico si è riunito in una sessione speciale, non accadeva dall’invasione delle Isole Falklands da parte dell’Argentina nel 1982, per votare l’accordo sulla Brexit raggiunto fra il premier Johnson e l’Unione Europea. L’accordo non è stato votato e il Parlamento ha emanato una legge che impone di chiedere il rinvio della Brexit a gennaio 2020. Il premier Johnson, quindi, ha inviato a Bruxelles una lettera nella quale viene chiesto il rinvio, ma senza apporre la sua firma, e, successivamente, ne ha inviata un’altra, questa volta firmata, nella quale chiede di non considerare la precedente poiché l’accordo sarà votato in tempo.

Proseguono le negoziazioni fra cinesi e americani che continuano a lavorare alla “Fase 1” dell’accordo commerciale; secondo Trump difficilmente verrà siglato prima dell’incontro, previsto per il 16-17 novembre, con il presidente Xi Jingping al prossimo forum Apec in Cile.

Il clima fra Cina e Stati Uniti rischia di riscaldarsi nel caso in cui il Congresso americano promuova la legge “Hong Kong Human Rights and Democracy”, approvata alla Camera e non ancora al Senato: il supporto americano alle proteste ad Hong Kong sarebbe visto come un’interferenza negli affari cinesi.

Il Fondo Monetario Internazionale ha abbassato, in generale e come atteso, le stime di crescita economica. La crescita per il 2019 è solo leggermente limata al 3% (minimi dalla crisi finanziaria del 2008) ma la cosa importante è il messaggio lanciato dalla nuova presidente dell’IMF Georgieva Kristalina : il rallentamento in atto è “sincronizzato”, riguarda quasi il 90% dell’economia mondiale, quindi non limitato ad un singolo parse o area, e il fatto che le banche centrali siano a corto di munizioni rende ancora più importante evitare errori politici. La politica monetaria è importante che rimanga favorevole ma quella fiscale deve svolgere un ruolo più attivo.

In Cina, venerdì, è stato pubblicato il dato sul Pil del terzo trimestre: 6% da un precedente 6.2%. Si conferma il rallentamento in atto, che garantirà un atteggiamento ancora accomodante da parte della banca centrale. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha, in settimana, stimato una crescita inferiore al 6% per il 2020. La crescita cinese si pone nella parte bassa del range target indicato dal governo, 6%-6.5%, e al livello minimo di sempre, da quando la Cina ha iniziato a pubblicare i dati trimestrali nel 1992, e inferiore anche a quello raggiunto con la crisi del 2008, 6.4%.

Source: Bloomberg

Per contro, però, sono positivi i dati sulla produzione industriale, che risale dopo il minimo da 17 anni di agosto, così come le vendite al dettaglio, segno che i consumi, per ora, tengono.

Mentre l’Italia approva la legge di Bilancio 2020, “salvo intese”in quanto ci sono ancora dei nodi da sciogliere, e la invia a Bruxelles, l’FMI prende di mira i conti italiani e ribadisce che è necessario un piano credibile di riduzione del debito pubblico e misure per rilanciare la produttività. Il basso tasso di crescita del paese non è dovuto all’inefficacia della politica monetaria espansiva ma dai problemi strutturali del paese.

Il tasso minimo garantito del BTP Italia 2027 in emissione è stato fissato a 0.60% e potrebbe essere rivisto al rialzo. L’indicizzazione, come sempre, è all’inflazione italiana, escluso il tabacco, ed è previsto un bonus pari allo 0.40% per chi detiene il titolo fino alla scadenza, otto anni. I risparmiatori hanno potranno sottoscriverlo lunedì 21 e martedì 22.

In Germania il dato ancora deludente sullo ZEW aumenta le probabilità di una manovra fiscale espansiva. La Merkel guarda al dato sul GDP, in pubblicazione il 14 novembre, che potrebbe confermare una recessione tecnica. Intanto il governo rivede al ribasso le stime di crescita per il 2019 a +0.5% e per il 2020 a +1%.

A pesare sull’Europa anche l’entrata in vigore dei dazi americani sui prodotti europei pari al 25%.

Per quanto riguarda la reporting season americana il messaggio è misto: le banche riportano nel complesso non male. Alcoa, principale produttore di alluminio, non mostra risultati brillanti e taglia ancora la stima della domanda mondiale a causa di un probabile rallentamento dell’industria automobilistica. Nei consumi si segnala J&J che alza la guidance di fine anno (positivo quindi il giudizio sui consumi).

Torna a fare parlare Saudi Aramco per l’ennesimo rinvio di quella che è definita come “l’IPO del secolo”. La motivazione, questa volta, sembra essere legata alla verifica del potenziale impatto sul bilancio degli attacchi contro gli impianti petroliferi subiti un mese fa. L’obiettivo è raccogliere più di 25 miliardi di dollari, motivo principale della più grande IPO mai effettuata, al fine di diversificare l’economia saudita che è troppo dipendente dal petrolio.

Il difficile contesto macroeconomico e l’incertezza relativa hanno bloccato, negli ultimi venti giorni, una decina di IPO tra Europa e Stati Uniti. Due hanno riguardato anche l’Italia: si tratta di Ferretti e RCF, per entrambe le offerte sono state deludenti e si è preferito rimandare l’operazione.

I movimenti più significativi sui mercati, in settimana, hanno riguardato le valute: l’allontanamento dell’ipotesi di una “hard brexit” ha permesso alla sterlina di guadagnare contro euro, per contro il mercato azionario è sceso in virtù della correlazione inversa con la valuta, e all’euro di guadagnare contro le altre valute, soprattutto USD e Yen.

Source: Bloomberg

QUESTA SETTIMANA

Giovedì 24 si riunirà la Banca Centrale Europea. Si tratta dell’ultimo meeting con la presidenza di Mario Draghi. Non sono attese decisioni sui tassi: il tasso principale dovrebbe rimanere allo 0% mentre quello sui depositi al -0.50%. Fra 10 giorni la BCE riprenderà l’acquisto di titoli di stato al ritmo di 20 miliardi al mese.

Si riunirà anche la Banca Centrale Svedese, attesi tassi fermi a -0.25%, e quella Norvegese, attesi tassi fermi a 1.25%. Negli Stati Uniti verranno pubblicati i dati relativi agli ordini di beni durevoli e alla fiducia delle famiglie mentre in Europa avremo i PMI preliminari di ottobre e l’IFO tedesco.

Prosegue la reporting season americana, riporteranno società pari a circa il 31% della market cap, e anche quella europea si comincia a fare più interessante: fra le big americane si segnalano Amazon, Intel, Verizon, Microsoft, Twitter, Ford, Tesla, Mc Donald’s, Caterpillar, Boeing. In Europa, fra gli altri, verranno pubblicati i numeri di UBS, Basf, Saipem, Eni.

Sul fronte Brexit, in settimana, Boris Johnson dovrà cercare di fare approvare l’intesa con Bruxelles al Parlamento, come promesso pubblicamente. Intanto i rappresentanti dell’Unione Europea hanno deciso di proseguire, come se niente fosse, il processo di ratifica europeo. A questo punto abbiamo, di nuovo, due scenari: 1) Johnson riesce a fare approvare l’accordo di recesso, una volta approvato anche dal Parlamento Europeo la Brexit potrebbe avere luogo il 31 ottobre; 2) rinvio tecnico (per permettere di completare l’iter di ratifica) o politico (in caso di bocciatura da parte del parlamento britannico) seguito da elezioni anticipate. Guardando i movimenti della Sterlina il mercato sembra scommettere su un accordo.

Analisi dei mercati del 15.09.2019

Le buone notizie sul fronte Brexit e sui negoziati commerciali USA-Cina hanno portato una ventata di ottimismo e permesso agli indici azionari, soprattutto europei, di concludere positivamente la settimana. Per contro, la fase di risk-on ha pesato sui rendimenti obbligazionari, in rialzo un po’ ovunque, e quindi sul segmento investment-grade del mercato a spread.

Partiamo dagli incontri tra Cina e Stati Uniti: non c’è ancora un documento ufficiale, che sarà probabilmente firmato il mese prossimo. Le indiscrezioni confermano quanto il mercato si aspettava e auspicava in settimana, ovvero una fase di tregua con la sospensione delle tariffe che sarebbero dovute scattare dal 15/10. La Cina aumenterà gli acquisti di prodotti agricoli americani e proseguirà il percorso di apertura dei mercati finanziari. Non si è parlato, invece, del controverso tema della protezione della proprietà intellettuale, del prossimo incremento delle tariffe previsto per il 15 dicembre e del caso Huawei, anche se, secondo il NY Times, gli Stati Uniti dovrebbero concedere nuove licenze alle aziende americane per fornire a Huawei dei materiali “non sensibili”. Il mercato si attendeva una sorta di currency-pact: anche su questo punto non ci sono notizie ufficiali ma è molto probabile che la Cina si impegnerà a mantenere il Renminbi stabile o più forte alla luce di un accordo valutario non pubblico. La valuta cinese, intanto, si sta riportando intorno alla soglia di 7 verso USD.

Source: Bloomberg

In UK la sterlina ha decisamente beneficiato dell’ottimismo relativo alla Brexit: il premier irlandese Varadkar e quello inglese dichiarano di avere avuto una discussione costruttiva ed un accordo è possibile, stessa cosa dichiarano il capo negoziatore per la UE Michel Barnier e l’omologo britannico Stephen Barclay.

Il governatore della Bank of England Carney segnala che, comunque, in caso di hard Brexit la banca centrale farà di tutto per sostenere la crescita.

Tornando alle banche centrali, in settimana sono state pubblicate le minute dei meeting di settembre di Fed e ECB: da quelle relative alla Fed è emerso che, se da un lato i timori di un rallentamento globale della crescita lasciano aperte le porte ad un ulteriore stimolo monetario, dall’altro non viene indicata una tempistica precisa. Inoltre, da parte di alcuni membri dissenzienti è arrivata la richiesta di mettere fine all’easing, il che fa emergere dissensi all’interno del comitato.

Il tema delle tensioni sull’interbancario è stato affrontato, sembra, in un meeting straordinario il 4 ottobre, decidendo di partire con l’acquisto di 60 miliardi di dollari al mese di treasury bill fino a giugno 2020 e prolungando i repo fino a gennaio 2020.

Anche all’interno della BCE sono emerse spaccature dalla pubblicazione dei verbali relativa al meeting del 12 settembre: il QE è stato riaperto nonostante il parere contrario del comitato tecnico di politica monetaria. Circa un terzo dei membri si è detto contrario alla misura (come abbiamo già riportato negli scorsi commenti la tedesca Sabine Lautenschlaeger si è dimessa) e alcuni ex banchieri centrali hanno espresso pubblicamente critiche a Draghi, lanciando indirettamente messaggi a Christine Lagarde che sarà al vertice della BCE dopo il 24 ottobre.

Sul tema dei tassi negativi è tornato Mustier che, dopo le dichiarazioni in qualità di presidente della Federazione bancaria europea, anche in qualità di AD di Unicredit ha affermato che la banca si sta attrezzando affinché già nel 2020, nei diversi paesi in cui opera, i tassi negativi vengano gradualmente trasmessi ai clienti avendo cura, però, di salvaguardare i depositi inferiori ai 100 mila euro. Siccome la misura impatterà i depositi “ben al di sopra dei 100 mila euro” verranno offerte soluzioni alternative come investimenti in fondi di mercato monetario senza commissioni e obiettivi di performance positive. Si tratta di un territorio inesplorato e si dovrà verificare la compatibilità e il rispetto del Testo Unico Bancario, del Codice Civile, e il principio della tutela del risparmio sancito dalla Costituzione.

Intanto, approfittando del regime di tassi bassi, proseguono le emissioni obbligazionarie sia governative che corporate.

Dopo un’assenza di nove anni, il Tesoro italiano è tornato ad emettere BTP denominati in dollari riscontrando un discreto successo. Si tratta di un’emissione da 7 miliardi in tre tranche: 2.5 miliardi a 5 anni, 2 miliardi a 10 anni e altri 2.5 miliardi a 30 anni. Dopo la crisi finanziaria i costi degli swap valutari sono saliti a tal punto da rendere nulla la convenienza ad emettere titoli in dollari, giustificando, in parte, la quasi totale assenza dei bond italiani dal mercato globale dei titoli in dollari. Nella seconda metà del 2018 sono stati chiusi gli accordi bilaterali CSA, Credit Support Annex, firmati dal Tesoro con tutte le controparti, che hanno abbattuto il costo dei derivati necessari a proteggersi dal rischio di cambio. Considerata la buona accoglienza dell’operazione, probabilmente vedremo nuove emissioni in valuta con l’obiettivo di “garantire una presenza più regolare sui mercati esteri”, come indicato nelle linee guida sulla gestione del debito pubblico per il 2019. Possibile anche un’emissione in yen.

Il Tesoro ha annunciato anche una nuova offerta di BTP Italia che partirà il 21 ottobre: verrà messo sul mercato un titolo a 8 anni con un tasso annuo minimo garantito che verrà comunicato venerdì 18 ottobre. Ricordiamo che a novembre del 2018 l’ultima offerta di BTP Italia è andata quasi deserta: si trattava di un titolo a 4 anni con una cedola di 1.45%, che è stato penalizzato da un contesto politico sfavorevole. Tuttavia, si è rivelato un titolo interessante tanto che, a distanza di un anno, in questo momento quota 104. Attualmente la situazione è diversa e il Tesoro ne approfitta raddoppiando la durata, garantendo, probabilmente, condizioni economiche meno interessanti.

Considerando le emissioni della settimana e i titoli attualmente in asta, l’Italia dovrà collocare ancora 25 miliardi di BTP entro fine anno. Si tratta di una cifra inferiore ai 55 miliardi di rimborsi e quindi tale da non pesare sullo spread, a tutto vantaggio della legge finanziaria. Ad oggi il Tesoro ha superato l’80% del fabbisogno sul medio-lungo termine.

Interessante notare che anche la Grecia ha emesso, per la prima volta, bond a rendimenti negativi. Si tratta di titoli di stato a tre mesi collocati per un ammontare di 487.5 milioni di euro ad un tasso di -0.02%. La Grecia ha riconquistato la credibilità, uscendo ufficialmente, ad agosto dello scorso anno, dal commissariamento legato al salvataggio europeo. Sul mercato secondario, da inizio anno ad oggi i rendimenti dei titoli greci sono passati da 2.29% a 1.40%, a conferma del pieno accesso ai mercati finanziari da parte di un emittente che è stato il simbolo della crisi dell’euro.

Source: Bloomberg

Passando alle emissioni corporate, segnaliamo che Enel, in settimana, ha emesso il secondo green bond, emissione in tre tranche con scadenze di 5, 7 e 15 anni, raccogliendo ordini per circa 10 miliardi, a fronte di un’offerta di 2.5 miliardi. La prima tranche ha spuntato una cedola fissa pari a zero, con rendimento a scadenza 0.189%, dato che il prezzo di emissione sotto la pari è stato 99.123; un meccanismo di step-up incrementerà il tasso di 25 bps in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo di una determinata percentuale di fonti rinnovabili sulla capacità installata (Sgd-linked ovvero obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite). Il tasso della seconda tranche da 7 anni è pari a 0.375% mentre quello della terza da 15 anni è pari a 1.125%.

QUESTA SETTIMANA

Negli Stati Uniti il tema della settimana prossima dovrebbe essere più microeconomico: inizia infatti la reporting season americana, dalla quale emergerà il vero stato della corporate americana e si valuterà l’impatto sugli utili del rallentamento economico in corso e delle tensioni commerciali. Si parte con i big della finanza, tra cui JPM, Citigroup, Wells Fargo, Bofa, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Amex e Blackrock, per passare ai consumer, quali J&J, Netflix, Coca Cola. Gli utili del terzo trimestre sono attesi ancora deboli ma, come sempre, importanti saranno le guidance e il dato tendenziale rispetto al trimestre precedente.

In UK la settimana sarà molto importante per capire le sorti del paese: iniziamo con martedì 15 ottobre quando il Parlamento britannico voterà il programma del premier Boris Johnson con possibile voto di sfiducia e nuove elezioni; giovedì 17 a Bruxelles i leader europei si incontreranno per due giorni e Brexit sarà al centro delle discussioni; sabato 19 sarà la deadline per il premier britannico che dovrà giungere ad un’intesa con la UE e convincere il parlamento britannico a ratificarla.

Sospesa l’entrata in vigore dei nuovi dazi previsti per questa settimana, occorre definire i dettagli precisi dell’accordo tra Cina e Stati Uniti; la partita non si è ancora conclusa tanto che, oggi, la Cina dichiara che occorrono ulteriori incontri per firmare la prima fase dell’accordo con Trump.

A Washington sono previsti gli incontri annuali di World Bank e IMF e verrà presentato il World Economic Forum.

Interventi dei vari banchieri centrali in diverse occasioni daranno ulteriore colore al dibattito in corso sulla politica monetaria.

In Germania verrà pubblicato lo ZEW relativo alla fiducia degli investitori.

Venerdì 18 la Cina pubblicherà il dato del Pil del terzo trimestre, atteso a 6.1%, oltre alla Produzione industriale e alle vendite al dettaglio.

Source: Bloomberg

Sempre venerdì verranno applicate le tariffe imposte da Trump su 7.5 miliardi di dollari di prodotti europei .

Analisi dei mercati del 08.10.2019

Dopo la settimana delle banche centrali e dopo quella della politica, la settimana appena conclusa ha avuto come tema dominante, che ha pesato sugli asset rischiosi, il quadro macro-economico.

I dati finali sui PMI europei e, soprattutto, quelli sull’ISM americano hanno lasciato temere l’avvicinarsi di una fase recessiva per le economie e i mercati azionari e, in generale, gli asset rischiosi ne hanno sofferto a vantaggio soprattutto dell’obbligazionario governativo americano.

Il dato sul PMI manifatturiero per l’area euro sale leggermente, da 45.6 a 45.7, ma rimane in territorio di rallentamento. Solo il dato tedesco è superiore al precedente ma, partendo da un livello molto basso, non è in grado di risollevare molto l’aggregato. Anche il PMI servizi scende, a 51.6 da 52, ma in questo caso, stranamente, il contributo positivo è venuto dall’Italia che passa da 50.6 a 51.4. Il dato composite per l’Eurozona rimane, per poco, in territorio di espansione a 50.1.

In Germania a fronte di un quadro macro in continuo deterioramento è intervenuta anche la Confindustria tedesca, che ha invitato il governo ad abbandonare la politica di pareggio fiscale. La costituzione federale prevede, attualmente, un limite massimo al rapporto deficit/pil pari a 0.35%.

In US, l’ISM manifatturiero di settembre, pubblicato martedì, sorprende negativamente le attese e scende al livello minimo degli ultimi 10 anni, 47.8 rispetto al 49.1 precedente: la reazione immediata dei mercati è stata da manuale, con i rendimenti governativi ed il mercato azionario in ribasso, risk-off trades in rialzo (oro, vix e valute rifugio). A gravare ulteriormente sul quadro giovedì è stata la volta dell’ISM non manifatturiero, cioè relativo ai servizi, che rappresentano circa l’85% dell’economia: il livello attuale è di 52.6, da 56.4 precedente e attese per 55, e si tratta del più basso degli ultimi tre anni. Conferma che la debolezza del manifatturiero si sta trasferendo anche ai servizi con il rischio che l’indice aggregato composite passi, prima o poi, sotto il 50 segnalando, cioè, un’economia in contrazione.

Interessante notare come i dati di fiducia degli Stati Uniti siano peggiorati mentre quelli cinesi sono marginalmente migliorati. Se da un lato questa considerazione dovrebbe fare riflettere Trump sugli effetti della guerra commerciale, dall’altro crea ulteriore pressione alla Fed. Attualmente i tassi impliciti sui Fed Funds danno probabile al 75% un taglio di altri 25 bps al FOMC del 30 ottobre.

Source: Bloomberg

Abbiamo avuto, quindi, una settimana di dati sulla fiducia delle imprese in indebolimento: si tratta però di “soft data” e vanno, quindi, comparati con quelli reali “hard” dell’economia, che potrebbero, si spera, mostrare un quadro un po’ diverso.

Ne abbiamo avuto un assaggio venerdì con i numeri sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello minimo degli ultimi 50 anni a 3.5%, la creazione di nuovi posti di lavoro ha sorpreso in positivo, se si guarda il dato aggregato dei due mesi, mentre l’inflazione salariale è stabile al 2.9%.

A conferma che il rallentamento e i timori circa la frenata dell’economia globale frenano la fiducia delle aziende il Financial Times riporta che fusioni e acquisizioni a livello globale sono in calo dell’11% rispetto a un anno fa e sono ai minimi dal 2017.

A pesare sul sentiment cupo dei mercati è stata anche la notizia relativa alla decisione del WTO in merito alla contesa Boeing-Airbus relativa agli aiuti di stato: ha deciso che gli Stati Uniti possono imporre 7.5 miliardi di dollari di dazi contro i prodotti europei. I prodotti colpiti sarebbero aerei e componentistica prodotta in Europa e una serie di prodotti alimentari e beni di lusso. La preoccupazione è che, come ipotizzavamo già tempo fa, la guerra commerciale possa allargarsi anche all’Europa.

Nel frattempo in Italia il Consiglio dei Ministri ha approvato il NADEF (nota di aggiornamento del documento di economia e finanza): il rapporto deficit/pil tendenziale per il 2020 è stimato all’1.4%, da precedente 2.1%, grazie a maggiori entrate fiscali per lotta all’evasione, risparmi su reddito di cittadinanza, quota 100 e minore spesa per interessi.
La manovra vale circa 30 miliardi, di cui 23 servono per evitare l’aumento dell’IVA, totalmente per il 2020 e parzialmente per gli anni 2021-2022, e circa 3 servono per finanziare il taglio del cuneo fiscale.

La crescita del Pil, a politiche invariate, per il 2019 arriverebbe a +0.1% e per il 2020 a +0.6%, mentre, tenendo conto delle misure decise, si arriva a +0.2% per il 2019 e +0.8% per il 2020. Vedremo se la manovra incontrerà i favori di Bruxelles.

Nel NADEF si accenna anche alla possibilità di emettere appositi strumenti per finanziare il Green New Deal: si tratterebbe dei c.d. BTP green utilizzati per raccogliere risorse da destinare al settore delle rinnovabili, economia circolare, prevenzione rischio geologico, mobilità elettrica. L’obiettivo è anche di scorporare dai bilanci degli Stati gli investimenti per la sostenibilità ambientale.

Sul mercato obbligazionario italiano è curioso che un BTP decennale legato all’inflazione europea, emesso in settimana, abbia riscosso un successo impensabile fino a poco tempo fa: a fronte di 4 miliardi di offerta la domanda degli investitori è stata pari a 22 miliardi. La giustificazione può risiedere nel fatto che prodotti che proteggono dall’inflazione sono diventati rari e quindi i gestori, che devono necessariamente averli in portafoglio, si accalchino sulle poche offerte disponibili.

Sul fronte Brexit il piano del premier Johnson è stato bocciato dall’Unione Europea, che ha concesso una settimana per riproporre una soluzione migliore per il confine con l’Irlanda. Era stata proposta la rimozione del back-stop e la creazione di una zona regolamentare comune nel territorio irlandese, al fine di evitare che le uniche due opzioni siano un’estensione o una no-deal brexit.

A inizio settimana abbiamo assistito ad un generale rialzo dei rendimenti governativi, che sembra avere avuto origine in Giappone a causa di due notizie: 1) la BOJ ha comunicato l’intenzione di ridurre gli acquisti di JGB, titoli di stato giapponesi, con scadenza superiore ai 2 anni, mentre per quelli nel range 25-40 anni potrebbero addirittura essere azzerati gli acquisti; 2) Il GPIF, ovvero fondo pensione dei dipendenti pubblici con 1500 miliardi di dollari, sarebbe in procinto di classificare gli investimenti in bond stranieri a cambio coperto equivalenti a quelli domestici; in questo modo aggirerebbe il limite tecnico del 19% sul totale di portafoglio attualmente imposto dal mandato. La conseguenza di tutto ciò è un generalizzato rialzo dei rendimenti con irripidimento della curva, limitato però alla prima parte della settimana, dopodiché sono prevalsi i timori sulla crescita e i rendimenti sono tornati ai livelli iniziali.

Source: Bloomberg

QUESTA SETTIMANA

In Germania è stato pubblicato il dato sugli ordinativi alle imprese: -6.7%, precedente -5%, atteso -6.4%. Siamo al quindicesimo mese consecutivo di contrazione.

Martedì riapre il mercato locale cinese e vedremo la reazione ad un miglioramento dell’attività economica.

In UK il Parlamento verrà sospeso, come di consueto, nella settimana precedente al discorso della regina previsto per il 14 ottobre. A causa della questione Brexit la pausa non era mai stata fatta negli ultimi due anni, ma questa volta, non senza polemiche, Johnson ha chiesto la sospensione dei lavori e l’inizio di una nuova sessione il 14 ottobre.

Mercoledì verranno pubblicate le minute del FOMC del 17/18 settembre durante il quale si è deciso di tagliare i tassi di 25 bps, con 3 membri contrari.

Giovedì partono le negoziazioni a Washington tra il Vice-Premier cinese Liu He e la controparte americana, il giorno prima dell’aumento di altre tariffe sulle importazioni cinesi. Abbiamo da un lato Trump che dichiara che “un accordo è più vicino di quanto si pensi” e dall’altro la Cina che dichiara che non accetterà diktat sulla politica industriale e i sussidi governativi alle imprese.

Importante la pubblicazione dell’inflazione americana, CPI attesa 2.4% anno/anno.

Analisi dei mercati del 01.10.2019

Dopo un periodo dominato dalle notizie sulle Banche Centrali questa settimana la protagonista del newsflow è stata la politica.

Partiamo con la Gran Bretagna dove la Corte Suprema ha definito “contraria alla legge” la mossa di Boris Johnson di chiedere e ottenere dalla regina la sospensione dei lavori del Parlamento per cinque settimane a partire dal 10 settembre. L’illegalità è legata al fatto che si è impedito al Parlamento di svolgere la sua funzione costituzionale senza giustificazioni ragionevoli. Rendendosi conto che, ormai, sarà difficile arrivare ad un accordo con la UE, come richiesto dal Parlamento, e, quindi, occorrerà chiedere un rinvio, Johnson dichiara che occorre andare a nuove elezioni al più presto. Effettivamente, per evitare di chiedere il rinvio della Brexit il Premier può solo dare le dimissioni e sperare in nuove elezioni.

Negli Stati Uniti, invece, si è cominciato a parlare di impeachment contro il Presidente: la causa sarebbe da attribuirsi al rifiuto, da parte di Trump, di rispondere alle domande di chiarimento, da parte del Congresso, circa la sua richiesta al presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy di indagare sull’ex vice-presidente e attuale candidato democratico Joe Biden. Trump è quindi accusato di avere abusato del suo potere, sollecitando l’aiuto di un Paese straniero al fine di mettere in cattiva luce lo sfidante democratico.

Ovviamente dalla richiesta di impeachment alla condanna i passaggi sono tanti e richiedono tempo; occorrono, infatti, 2/3 passaggi del Senato, dove i repubblicani hanno ancora la maggioranza. Quello che però ha spaventato i mercati è la possibilità di un rinvio dei negoziati. La Cina potrebbe tirare per le lunghe la questione, con l’obiettivo di dialogare con un possibile nuovo Presidente e ottenere un risultato più favorevole.

L’incontro fra il Vicepremier cinese e i rappresentanti americani a Washington è previsto per il 10 ottobre. Durante la settimana passata si sono intervallate diverse dichiarazioni di Trump e della controparte cinese molto altalenanti: da un lato, le aziende cinesi si dichiarano pronte ad aumentare gli acquisti di carne di maiale dagli Stati Uniti, dall’altro Trump continua a puntare il dito sul tema della proprietà intellettuale, poi però dichiara che l’accordo potrebbe essere fatto prima del previsto.

Venerdì Bloomberg ha pubblicato la notizia secondo cui funzionari dell’amministrazione Trump stanno valutando il delisting di società cinesi dai mercati USA e limiti ai flussi di investimenti statunitensi verso la Cina. La situazione rimane quindi estremamente fluida e gli algo-trades creano una volatilità non certo favorevole.

Dall’assemblea ONU Trump ha sollecitato le altre Nazioni a unirsi a lui per esercitare pressioni sull’Iran dopo gli attacchi agli impianti petroliferi sauditi. Nel frattempo, gli Stati Uniti aumentano la pressione su Teheran sanzionando le società cinesi per avere ricevuto petrolio iraniano.

Il prezzo del petrolio torna ai livelli pre-attacco ai pozzi sauditi sulla notizia che le riparazioni procedono velocemente e le scorte di greggio negli Stati Uniti sono aumentate. Oggi il principe ereditario saudita, in un’intervista, avverte che i prezzi potrebbero impennarsi con “numeri inconcepibilmente alti” se il Mondo non si unirà per fermare l’Iran.

In Austria, nel fine settimana, si sono tenute le elezioni anticipate che hanno portato il Partito Popolare ad avere il 37% dei voti e i Verdi al 14%. Anche in questo caso non sarà facilissimo formare un governo.

Tornando in tema, invece, di Banche Centrali, Draghi, durante l’audizione (l’ultima prima della fine del mandato) davanti al Parlamento Europeo conferma che l’economia è debole e non ci sono convincenti segnali di ripresa. Tale debolezza contribuisce a mantenere l’inflazione persistentemente sotto i livelli target. Pertanto, la politica monetaria deve rimanere molto accomodante e pronta ad utilizzare tutti gli strumenti che non hanno esaurito l’efficacia ma che sarebbero più efficienti e rapidi nell’azione qualora fossero affiancati da un’adeguata politica fiscale; inoltre, le regole di bilancio andrebbero rivisitate per evitare un’applicazione pro-ciclica, implicitamente si esortano i paesi con “spazi nei bilanci” ad implementare manovre a favore degli investimenti e dei consumi. Vedremo la futura governatrice Lagarde se saprà/vorrà creare un maggiore legame tra politica monetaria e fiscale. Ha, anche, accennato anche alla possibilità di attuare la MMT (Modern Monetary Theory) pur ammettendo che dovrebbe essere compito della politica fiscale redistribuire le risorse.

Nella BCE fanno discutere le dimissioni di Sabine Lautenschlaeger: si tratta del quarto membro tedesco dimissionario negli ultimi anni, la cui decisione viene vista come segnale di dissenso rispetto alle misure di stimolo adottate da Francoforte. La Germania intende mantenere la rappresentanza nel board dell’esecutivo e quindi a breve comunicherà il sostituto.

Da un punto di vista macro, in settimana abbiamo avuto una serie di dati che confermano un quadro di generalizzata debolezza, ma con una forza relativa, di Stati Uniti verso Europa, che spinge l’Euro ad indebolirsi ulteriormente.

Dalla Germania, dopo i deludenti dati sui PMI, anche la pubblicazione dell’IFO delude le aspettative nella componente “attese future di business”.

Anche in Giappone i dati sui PMI escono in deterioramento a 48.9 rispetto al 49.3 di agosto.

In US viene pubblicata la terza revisione del PIL del secondo trimestre che conferma la crescita a +2% con i consumi che continuano a fare da traino per l’economia.

In Cina la pubblicazione del Beige Book evidenzia come l’economia cinese stia rallentando soprattutto a causa della produzione.

Per tornare al tema di sostenibilità, è di venerdì la notizia che la Banca dei Regolamenti Internazionali ha annunciato la costituzione di un fondo aperto per le Banche Centrali dedicato agli investimenti in green bond. Anche la prossima presidente della BCE Christine Lagarde aveva annunciato che la Banca Centrale avrebbe aumentato gli acquisti sui green bond. Il fondo sarà denominato in dollari e strutturato secondo la legge svizzera. I bond acquistabili dovranno avere un rating minimo di A- e rispettare i principi dell’Associazione del Mercato dei Capitali per i green bond o i Climate Bond Standard.

L’incertezza generata dalle tensioni politiche a livello internazionale che ha caratterizzato la settimana ha determinato una correzione dei principali indici azionari e dei segmenti obbligazionari a maggiore rischio, High Yield ed Emergenti. Per contro le valute rifugio rappresentate da Yen giapponese e Franco svizzero si sono apprezzate contro Euro così come il Dollaro Americano che ha, in parte, beneficiato anche delle tensioni sul mercato monetario. Rendimenti governativi ancora in riduzione.

QUESTA SETTIMANA

In Cina sono stati pubblicati i dati PMI relativi al mese di settembre: l’attività manifatturiera è risultata in contrazione per il quinto mese consecutivo (anche se in leggero miglioramento: 49.8 rispetto a 49.5 di agosto) mentre il settore dei servizi rimane in area di espansione ma ad un livello di poco inferiore rispetto a quello di agosto (53.7 vs 53.8). Da notare come il medesimo indicatore, calcolato da Caixin (più rivolto al settore privato e alle piccole/medie imprese), mostri un miglioramento per il settore manifatturiero da 50.4 a 51.4.

Sempre in Cina, martedì 1 ottobre, si terrà il Congresso del Partito che festeggerà il settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Per l’occasione i mercati finanziari locali saranno chiusi per 7 giorni.

Il prossimo fine settimana parte il nuovo round di negoziati a Washington durante il quale si discuterà di scambi commerciali e proprietà intellettuale.

In Italia è in corso la discussione per cercare un’intesa di governo sul NADEF (nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) necessario per la stesura della Legge di Bilancio: occorre trovare i fondi per evitare gli aumenti selettivi dell’Iva senza fare salire il rapporto deficit/Pil sopra il 2.2%.

Sia in Europa che negli Stati uniti verranno pubblicati i dati definitivi sulla fiducia delle imprese. Venerdì avremo la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro americano.

Analisi dei mercati del 23.09.2019

La settimana è stata dominata dal newsflow circa le decisioni delle varie banche centrali.


Partiamo da quella americana: la Fed ha tagliato, come atteso, i tassi di 25 bps a 1.75%-2%. A differenza della BCE, il messaggio della Fed non è risultato così forte. Anche andando ad analizzare i “dots”, ovvero le previsioni dei singoli membri circa il posizionamento dei tassi in futuro, emerge solo un possibile altro taglio entro fine anno e molta dispersione per il periodo successivo. Otto membri si attendono dei tagli mentre 7 dei rialzi. Il mercato dei futures sui Fed Fund sconta, invece, uno o due tagli anche nel 2020. Powell ha sottolineato che sebbene l’economia americana sia solida, il taglio dei tassi è giustificato da debolezza negli investimenti e tensioni commerciali. Per questo motivo, ancora in ambito “insurance cuts”, altri nuovi e più profondi tagli non sono certi ma la Banca Centrale rimane pronta ad intervenire in caso di necessità. Non sono mancate, ovviamente, le critiche da parte di Trump che continua a giudicare inadeguata la politica monetaria americana.

Anche la BOJ ha rispettato le attese, lasciando i tassi invariati e confermando l’obiettivo di riportare verso lo 0% il tasso decennale dei JGB ma ha anche aggiunto che, in caso di peggioramento del quadro generale, è sempre pronta ad utilizzare misure addizionali e che vorrebbe ottenere una curva più inclinata. In questo caso, a differenza della FED, emerge una maggiore propensione ad agire.

Tassi invariati, 0.75%, anche da parte della Bank of England, che si dichiara pronta ad agire qualora le incertezze relative alla Brexit dovessero persistere. Stesso discorso ha fatto la Banca Centrale Svizzera, tassi invariati a -0.75%, che ha tagliato le stime di crescita lasciando intendere che i tassi potranno ulteriormente scendere. Anche la banca svizzera, come la BCE, ha introdotto un sistema di tiering per ridurre il peso dei tassi negativi sulle banche.

L’unica Banca in controtendenza è quella norvegese, che ha alzato i tassi per la quarta volta in un anno portandoli all’1.5%, livello più alto degli ultimi 5 anni, con l’obiettivo di raffreddare l’economia. Quest’ultima, infatti, è sostenuta dagli investimenti petroliferi, da una moneta debole e una politica economica espansiva del governo, in quanto la Norvegia, grazie alle entrate derivanti dal settore energetico, dispone del fondo sovrano più grande del mondo.

Source: Bloomberg

Un po’ di preoccupazione fra qualche operatore è stata destata, nel mercato monetario, dall’impennata dei tassi pronti contro termine overnight che sono arrivati quasi al 10% e che hanno richiesto tre iniezioni di liquidità. Un Repo da 53 miliardi e due da 75, da parte della FED per riportarli ai livelli in linea con i Fed Funds. La causa scatenante sembra si possa attribuire al concatenarsi di due elementi: eccesso di emissioni di Treasury e contestuale pagamento delle imposte per conto delle società che hanno drenato liquidità in dollari. I parallelismi con la crisi del 2008 non sono ovviamente mancati, anche se le circostanze sono evidentemente diverse. Nel 2008 la liquidità non circolava perché c’era sfiducia da parte delle banche e questo rappresentava un rischio sistemico, ora invece il motivo è da ricercarsi nella riduzione del bilancio della Fed e nella politica fiscale espansiva che richiede grandi emissioni di titoli di stato.

Certo in un mondo “inondato” di liquidità sentire che mancano i dollari necessari per fare funzionare il sistema interbancario americano fa impressione. A tale proposito in sede di FOMC si è discusso della possibile ripresa di acquisti di Treasury, una sorta di QE “light”, al fine di mantenere stabili le riserve bancarie. Nel frattempo, la Fed è pronta a fare aste giornaliere per iniettare liquidità fino al 10 ottobre. Vuole evitare che il mercato si innervosisca.

L’azione accomodante delle banche centrali sta incentivando sempre più aziende a collocare obbligazioni per approfittare dei tassi bassi, in certi casi in sostituzione di bond che vengono richiamati. E’ il caso, ad esempio, di Generali che ha annunciato l’emissione sia del suo primo green bond subordinato Tier2 a tasso fisso con scadenza 2030 e il contestuale riacquisto di 3 obbligazioni per circa un miliardo. Si ottiene il duplice obiettivo di abbassare il costo del finanziamento ricalibrando la scadenza.

Le banche italiane, che nel 2018 non hanno quasi emesso bond, viste le tensioni fra Roma e Bruxelles, stanno recuperando: Unicredit ha collocato un’obbligazione subordinata Tier2 per 1.25 miliardi con cedola 2% (240bps sopra mid- swap, livello più basso dal 2011) a dieci anni con call dopo cinque. Si tratta della terza emissione da gennaio che ha permesso alla banca di superare il target del piano di finanziamento per il 2019 e avviato il pre-funding per il 2020.

Banca Intesa ha invece guardato al mercato americano emettendo un bond senior preferred per due miliardi di dollari, prima emissione da gennaio 2018. Anche in questo caso, come per Generali, l’operazione va vista insieme al buyback, fatto a febbraio per analogo ammontare, in quanto consente di abbassare il costo del funding.

Anche Monte dei Paschi è tornata sul mercato con un prestito obbligazionario, senior preferred, coupon 3.625%, di 500 milioni che è stato ben visto dagli investitori.

Il tema dei green bond sembra essere sempre più diffuso: anche Enel ha di recente cavalcato l’onda lanciando un bond da 1.5 miliardi di dollari legato al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. La domanda è stata elevata soprattutto perché sempre più investitori seguono criteri ESG nella selezione e perché tali strumenti sembrano essere più stabili. Da inizio anno le emissioni “green” sono state 10 per un controvalore di 4.25 miliardi, più del doppio del 2018.

Le banche europee hanno cominciato a fare richiesta dei fondi messi a disposizione tramite il nuovo TLTRO3: nell’ultimo meeting BCE sono state rese più favorevoli le condizioni di rifinanziamento estendendole a tre anni, invece di due, e azzerando lo spread che si sarebbe dovuto pagare sul tasso sui depositi. Dai primi dati sembra che la partecipazione sia stata inferiore alle aspettative, 3.4 miliardi di euro a fronte di attese fra i 20 e i 100, ma probabilmente il motivo è opportunistico e una maggiore richiesta emergerà intorno a dicembre. Per partecipare a questa asta, le banche avrebbero dovuto fare richiesta prima di conoscere i nuovi termini fissati dalla BCE e quindi non sarebbe stato molto sensato.

Per quanto riguarda il petrolio il prezzo è tornato in area 58 dollari, dal picco di 63: in base alla prime analisi, Aramco ha stimato che occorreranno due o tre settimane per ripristinare il grosso della produzione, circa il 70%. Il tema delicato rimane quello geopolitico, dato che Stati Uniti e Arabia Saudita sono concordi nel ritenere l’Iran responsabile degli attacchi.

Source: Bloomberg

Sul tema Brexit nessun passo avanti dopo l’incontro tra premier Johnson e Juncker, il punto critico rimane quello del backstop relativo al confine tra le due Irlande. Alcune fonti parlano di Brexit posticipata fino a gennaio 2021. Secondo il presidente dell’Unione Europea, il finlandese Antti Rinne, il premier britannico deve presentare una proposta scritta sulla Brexit entro fine settembre. Johnson, invece, ritiene che il vertice dell’Unione Europea del prossimo 17 ottobre sarà il momento e il luogo giusto per trovare un accordo per un divorzio consensuale ma che è comunque pronto ad affrontare anche una no-deal Brexit.

In Europa è stato pubblicato lo ZEW tedesco che ha mostrato un peggioramento della situazione attuale ma un miglioramento delle aspettative.

Sul fronte commerciale gli Stati Uniti hanno raggiunto un parziale accordo con il Giappone che consente di evitare l’imposizione di dazi sulle auto.

In Spagna il Partito Socialista di Podemos non riesce a formare un governo, il Re Felipe ne prende atto e indice nuove elezioni per il 10 novembre. La “resilienza” dell’economia spagnola è stata alla base del giudizio di Standard&Poor’s che ha alzato il merito di credito da A-/A-2 a A/A-1 con outlook stabile.

La settimana nel complesso si è chiusa con un leggero ritracciamento degli indici azionari, soprattutto americani. Il comparto obbligazionario governativo ha visto una riduzione dei rendimenti (soprattutto americani) che è andata a beneficio delle obbligazioni a spread. L’euro si è indebolito contro quasi tutte le valute.

QUESTA SETTIMANA

Questa mattina in Europa sono stati pubblicati i dati sui PMI preliminari: l’ulteriore debolezza per quelli manifatturieri, dato per Eurozona da 47 a 45.6, e un inizio di debolezza per quelli relativi ai servizi, 52 da 53.5, portano il dato aggregato vicino alla soglia di demarcazione tra espansione e contrazione, siamo a 50.4. Il dato tedesco è particolarmente brutto e, oltre a non lasciare ben sperare sulla ripresa della manifattura tedesca, trascina al ribasso anche la fiducia sui servizi.

I dati sui PMI verranno resi pubblici anche per gli Stati Uniti. Giovedì vedremo anche la terza stima del dato sulla crescita del GDP del secondo trimestre, atteso a 2%, e venerdì i dati su inflazione e ordini durevoli e spese personali che aiuteranno a valutare la tenuta dell’economia americana.

Source: Bloomberg

Sul fronte geopolitico, all’assemblea ONU di questa settimana si incontreranno anche Stati Uniti ed Iran.

Il newsflow in merito alla questione Brexit rimane il driver principale della sterlina. Oggi la Corte Suprema dovrebbe rendere nota la data in cui emetterà la sentenza sulla legittimità o meno della sospensione del parlamento.

L’attenzione rimane sempre puntata sui negoziati tra Cina e Stati Uniti: se da un lato gli Stati Uniti hanno, nei giorni scorsi, sospeso i dazi su 400 beni di importazioni cinesi, la cattiva notizia è la cancellazione di una visita da parte di una delegazione cinese. Situazione sempre molto fluida.

Analisi dei mercati del 10.09.2019

Settimana positiva per i mercati azionari, con l’Italia nuovamente sugli scudi. L’indice FtseMib ha segnato un +2.93%, grazie all’ulteriore restringimento dello spread e alla compressione dei rendimenti governativi, in controtendenza rispetto ai mercati obbligazionari globali.

Il nostro paese beneficia sia della minore incertezza politica, dopo il giuramento del Governo giallo-rosso davanti al Presidente della Repubblica, sia della “relativa” maggiore attrattività dei rendimenti. A differenza degli altri titoli governativi dell’area euro, quelli italiani sono positivi oltre la scadenza dei 5 anni e sono inferiori solo a quelli della Grecia.

L’agenzia di rating Moody’s, come attese, ha lasciato rating e outlook sull’Italia invariati a Baa3 e stabile, ritenendo che la legge di bilancio 2020 sarà determinante per l’evoluzione del merito creditizio italiano.

BTP a parte, abbiamo assistito ad un generale e leggero incremento dei rendimenti obbligazionari governativi e ad una “rotazione” verso l’azionario. Ciò conferma il forte sbilanciamento dei portafogli globali, tendenzialmente sotto-pesati sull’azionario a vantaggio delle obbligazioni.

Gran parte delle buone notizie della settimana sono arrivate dalla Cina:

1) vista l’incertezza circa i negoziati con gli Stati Uniti, la Cina ha dichiarato che avrebbe dato supporto all’economia attraverso accurati tagli dei coefficienti di riserva obbligatoria, RRR. Venerdì mattina, tenendo fede all’annuncio, è avvenuto il taglio dell’RRR di 0.5%, e per alcune banche di 1%, in modo da rilasciare all’economia circa 900 miliardi di yuan in liquidità;

2) il PMI servizi è cresciuto al ritmo più rapido in tre mesi, da 51.6 a 52.1, consentendo al composite di raggiungere 51.6, da 50.9;

3) ad Hong Kong la governatrice Lam ha dichiarato che la legge sull’estradizione per reati da Hong Kong alla Cina verrà definitivamente annullata;

4) ad ottobre sembra possibile un nuovo incontro Cina-USA.

Il mix dei fattori sopra elencati ha dato slancio ai mercati locali e in generale all’azionario globale.

Sul fronte macro, negli Stati Uniti, la pubblicazione dell’indice ISM manifatturiero ha deluso le aspettative a causa della componente ordinativi. L’indice è passato per la prima volta dal 2016 sotto la soglia dei 50. Poiché il settore manifatturiero conta per il 15% dell’economia, l’attenzione dei mercati era rivolta soprattutto alla pubblicazione dell’ISM servizi che invece ha battuto le aspettative.

Venerdì i dati sul mercato del lavoro hanno confermato un tasso di disoccupazione stabile a 3.7%, livello minimo dagli anni ’60, così come stabile è risultata la crescita dei salari orari +3.2%.

Il mix dei dati conferma il buono stato di salute dell’economia americana e il mercato è andato, quindi, a prezzare per il meeting della Fed del 18 settembre un taglio dei tassi pari a 0.25%, e non più 0.50%.

In Europa si assiste ancora ad una debolezza dai dati tedeschi: la produzione industriale per il mese di luglio delude le attese e rafforza l’idea di una possibile recessione tecnica per la Germania. I dati PMI servizi per l’Eurozona, invece, sono in leggero miglioramento e hanno consentito all’aggregato composite di salire leggermente a 51.9.

In UK il primo ministro Boris Johnson, con il passaggio di un membro dei Tories ai Libdem, perde la maggioranza alla camera dei comuni e si è visto costretto ad annunciare la richiesta di nuove elezioni. Intanto, in Parlamento si cerca di approvare un provvedimento che costringa il governo a chiedere alle UE il rinvio della Brexit fino al 31 gennaio in assenza di un accordo. La sterlina ha beneficiato dell’ipotesi di rinvio dell’uscita dall’Unione Europea.

In Argentina, per fare fronte alla fuga di riserve valutarie, sono stati introdotti controlli sui capitali.

La Banca Centrale australiana, come atteso, ha lasciato i tassi invariati all’1% dopo i tagli di giugno e luglio.

Il clima di maggiore tranquillità sui mercati ha fatto scendere gli indicatori di volatilità azionari e obbligazionari così come lo yen giapponese.

QUESTA SETTIMANA

L’evento principale della settimana è indubbiamente la riunione della BCE prevista per giovedì 12: per indirizzare le aspettative, fonti anonime della BCE hanno dichiarato che la tendenza è verso un ulteriore taglio dei tassi, con il tasso sui depositi da -0.4% a -0.5%, tiering dei depositi (per non penalizzare eccessivamente le banche), rafforzamento della forward guidance e, magari, un nuovo QE.

Ad Abu Dhabi si riunisce l’OPEC+ per discutere, anche, dell’aumento dell’output di agosto, nonostante la decisione di tagliare la produzione da parte dei paesi membri.

Martedì 10 Apple comunicherà il lancio dei nuovi prodotti.

Venerdì 13 in US verranno pubblicati i dati sulle vendite al dettaglio per il mese di agosto importanti per valutare lo stato della domanda per consumi.

Analisi dei mercati del 03.09.2019

Settimana molto positiva sui mercati finanziari: sugli scudi l’Italia grazie al forte rally dei BTP, che hanno trainato anche il listino azionario.

Al centro dell’attenzione i soliti temi: guerra commerciale, situazione politica italiana, Brexit.

Ma andiamo con ordine.

Sul primo fronte, fondamentale è stato l’atteggiamento della Cina che, dopo avere dichiarato l’intenzione di varare misure a supporto dei consumi, ha confermato di volere continuare a trattare con gli Stati Uniti senza arrivare a misure di rivendicazione contro l’aumento di tariffe. La consapevolezza che una trade war non andrà a beneficio di nessuno, ha portato la Cina a discutere anche sulla rimozione delle nuove tariffe.

Per quanto riguarda la politica italiana, il clamoroso rally dei BTP ha portato i rendimenti ai minimi storici. Tutta la curva è scesa e il rendimento del decennale è andato sotto l’1%, quando neanche 9 mesi fa era al 3.5%. Ciò che ha sortito l’effetto è stata la speranze circa la nascita di un nuovo esecutivo, guidato da Conte e supportato da PD e Movimento 5 Stelle. L’endorsement a Conte è arrivato sia da Trump, ovviamente via Tweet, che dal ministro delle finanze tedesco Peter Altmaier.

Source: Bloomberg

A sostegno del rally dei BTP sono intervenute anche indiscrezioni relative alla volontà della BCE di acquistare titoli di Stato, ove necessario, e della Commissione Europea circa l’allentamento dei vincoli di Bilancio. Tutto a vantaggio dei collocamenti in corso, e in programmazione, che daranno una boccata di ossigeno al Tesoro.

Il livello estremamente basso dei rendimenti tedeschi ha portato Allianz, il gruppo assicurativo più grande al mondo, a dichiarare di non avere più intenzione di acquistare titoli di stato tedeschi. Più che un messaggio diretto a Francoforte, quello di Allianz è diretto alla BCE.

Implicitamente viene criticata la politica monetaria che, con tassi negativi, non ha aiutato l’economia reale e non ha risollevato l’inflazione ma ha semplicemente contribuito a risanare i bilanci pubblici dei paesi più indebitati del Sud Europa.

La Germania, in agosto, è riuscita a collocare un bund trentennale, con scadenza 2050 e una cedola pari a 0% (zero!) e attualmente il rendimento è già negativo di -0.17%.

Source: Bloomberg

I dati relativi all’inflazione, CPI, per il mese di agosto in Eurozona sono stabili ma inferiori alle aspettative, 0.9% vs 1%, mentre per gli Stati Uniti il PCE, per il mese di luglio, è come da attese stabile a 1.4%

In UK il primo ministro Boris Johnson ha ottenuto l’approvazione della Regina circa una sospensione del Parlamento dal 10 settembre al 14 ottobre, quindi, riducendo al minimo i tempi tecnici per consentire all’apparato legislativo di interferire nell’esecuzione dei piani sulla Brexit. La notizia ha reso più probabile una non-deal Brexit e la sterlina, il giorno della notizia, ne ha pagato le conseguenze.

Il Pil tedesco, riferito al secondo trimestre, si conferma negativo di 0.1% trimestre/trimestre, soprattutto a causa della componente export che ha sottratto mezzo punto alla crescita. La Bundesbank si attende una contrazione anche per il terzo trimestre e questo alimenta le aspettative di una BCE molto accomodante.

Negli Stati Uniti il PIL del secondo trimestre, in seconda lettura, registra un incremento del 2%. L’economia americana si conferma solida.

Tornando alla politica, ricordiamoci che in Spagna il candidato premier Sanchez non è ancora riuscito a formare un governo e si rischia di andare a nuove elezioni, qualora non si arrivi ad una soluzione entro un mese.

In Germania, nel fine settimana, si sono tenute le elezioni regionali per Brandeburgo e Sassonia: il partito di estrema destra, Alternative for German, ha ottenuto un grande successo ma non sufficiente da permettergli di diventare il partito più forte in entrambi i Land. La CDU della cancelliera Merkel rimane al primo posto. Il risultato, tuttavia, potrebbe consentire all’estrema destra di destabilizzare l’attuale coalizione anche a livello nazionale.

In India, a proposito di politiche fiscali e monetarie, la banca centrale ha deciso di trasferire la cifra record di 1.76 trillion di rupie, circa 22 milioni di euro, al governo a titolo di dividenti e di capital gain. La manovra ha come obiettivo compensare il calo delle entrate fiscali, derivanti da una minore crescita, e avere più margini di manovra per la spesa pubblica.

In Argentina, intanto, ci si avvia verso il nono default sovrano. Il governo, infatti, ha, annunciato una serie di misure per “ri-profilare” il debito, che è pari a circa 100 miliardi di dollari. Sul debito a breve termine verrà allungata la scadenza di 3/6 mesi per la quota in mano a investitori istituzionali locali, mentre saranno regolarmente pagati invece gli altri. Sul debito a medio-lungo termine inizieranno le negoziazioni con IMF e privati per modificare le scadenze. La causa di tutto è stata un’asta governativa non particolarmente sottoscritta che ha innescato una crisi di liquidità nel breve termine.

S&P ha immediatamente abbassato di tre notch il rating sovrano portandolo a CCC-, selective default. La principale differenza rispetto al 2001 è che oggi solo il 15% del debito è in mano a investitori privati, contro il 60% nel 2001. Inoltre, non avendo più un cambio fisso contro il dollaro, era 1:1 nel 2001, ed essendo in buona parte in pesos, il regime di cambio può permettere attraverso la svalutazione di ridurlo.

Il mese di agosto si è concluso con un calo, pari a circa il 2%, per i mercati azionari, al quale è corrisposto un vigoroso rally di quelli obbligazionari, soprattutto governativi, con 55 bps di compressione dei rendimenti per i BTP. Le valute rifugio, soprattutto lo Yen giapponese con un +3%, si sono apprezzate contro euro, così come il dollaro americano +0.8. La risk- aversion, che ha caratterizzato soprattutto la prima parte del mese ha portato gli indicatori di volatilità VIX e VSTOXX dai livelli minimi di 12% a punte di 24/25% per poi attestarsi agli attuali 17/18%. Rally anche per i metalli preziosi, +7% nel mese di agosto, fra i quali spiccano l’argento, +11%, e l’oro, +6.5%.

Source: Bloomberg

QUESTA SETTIMANA

Scattano i dazi americani, pari al 15%, su importazioni cinesi per 110 miliardi di dollari.

Il 2 settembre sono stati pubblicati i dati sul PMI manifatturiero cinese, che riesce a riportarsi sopra quota 50, a 50.4, contrariamente alle aspettative che lo vedevano in ulteriore calo. Il risultato positivo è da attribuire soprattutto alla componente relativa alla produzione, mentre quella relativa agli ordini resta ancora debole. I dati relativi ai servizi e l’aggregato composite verranno pubblicati mercoledì 4 settembre.

Sempre questa mattina sono stati pubblicati anche i dati PMI manifatturieri relativi all’Eurozona: il dato aggregato rimane stabile a 47, a livello geografico leggero miglioramento per il dato spagnolo e italiano, entrambi ancora in territorio di contrazione, mentre quello tedesco cala ulteriormente. Francia e Olanda sono gli unici paesi con PMI superiori a 50 e in miglioramento.

Martedì si riunirà la Reserve Bank of Australia: attesi tassi invariati all’1%, livello minimo storico. Nella stessa giornata, negli Stati Uniti, verranno pubblicati i dati su PMI manifatturiero, atteso 50 da 49.9 precedente, e ISM.

Source: Bloomberg

In UK partono le due settimane di lavoro per il Parlamento prima della sospensione, fino al 14 ottobre, richiesta dal Primo Ministro Boris Johnson e autorizzata dalla regina.

Venerdì verranno pubblicati i dati sul mercato del lavoro americano: nuovi occupati, tasso di disoccupazione e salari orari.

Analisi dei mercati del 23.07.2019

La settimana che si è appena conclusa ha visto un leggero ritracciamento dei mercati azionari soprattutto negli Stati Uniti, con la complicità di qualche trimestrale deludente, e in Italia, a causa delle tensioni politiche al governo. I rendimenti obbligazionari sono calati, soprattutto in Europa, a causa delle aspettative sulle imminenti decisioni della BCE, che peseranno sul settore bancario e sull’Euro.

Mercoledì sera è stato pubblicato il Beige Book, ovvero il report sullo stato dell’economia preparato per la riunione del FOMC di fine luglio. Emerge che gli Stati Uniti si trovano in discreta forma, con un ritmo “modesto” di espansione delle attività, ma con preoccupazioni sulle prospettive future. La causa principale è quella dei dazi: il 28% delle aziende intervistate ha dichiarato di essere stata danneggiata dalle misure protezionistiche ad oggi applicate.

Diversi membri della Fed questa settimana si sono espressi a favore di politiche monetarie molto accomodanti: mercoledì il presidente della Fed di Chicago Charles Evans ha dichiarato che un taglio di 50 bps potrebbe essere appropriato già per fine mese, nella riunione Fed 31 luglio. Anche il presidente della Fed di New York, John Williams, e quello della Fed di Kansas City, Esther George, hanno confermato un atteggiamento molto “dovish”, portando il mercato dei Fed Fund Futures a scontare un rialzo di 50bps al meeting di luglio con una probabilità che è passata dal 20% della settimana precedente al 45%. Nelle ore successive, sono poi giunti chiarimenti che hanno ridimensionato le aspettative.

Mentre negli Stati Uniti c’è qualche segnale macro in miglioramento, in Europa i dati confermano ancora la debolezza dalla Germania. Lo ZEW segnala un ulteriore rallentamento sia nella “current situation” che nelle “expectations”. Inoltre, i dati sui prezzi alla produzione relativi al mese di giugno calano dello 0.4% mese/mese.

Source: Bloomberg

Prosegue la reporting season negli Stati Uniti. Fin ora hanno riportato i dati il 16% delle aziende. Anche se in aggregato sia dai livello di utili che dei ricavi non generano preoccupazioni, alcuni nomi specifici sono stati pesantemente colpiti. Gli utili crescono del 2% superando del 5% le attese, i ricavi crescono del 2.5% superando dell’1% e, inoltre, il 73% delle società ha battuto le stime degli analisti. CSX, società operante nel settore dei trasporti, il giorno in cui ha riportato i risultati, ha perso circa il 10% a causa delle guidance poco incoraggianti sul 2019. Netflix ha riportato un numero di abbonati pari alla metà di quelli attesi per il trimestre e il titolo ha corretto del 10%. Alcoa, principale produttore di alluminio, ha tagliato le stime di crescita della domanda per la seconda volta in tre mesi citando sempre le dispute commerciali.

Per quanto riguarda le banche, Citigroup ha riportato EPS, ovvero gli utile per azione, superiori alle attese degli analisti. Nonostante minori ricavi derivanti dalle attività di trading, a migliorare i risultati hanno contribuito l’operazione straordinaria relativa alla quotazione di Tradeweb market, il buyback dei mesi scorsi e da un tax rate più favorevole. Morgan Stanley, nonostante il calo degli utili pari al 10%, ha battuto le stime sia dei ricavi che di EPS, grazie alla divisione di Wealth Management. Solo Wells Fargo, fra le banche principali, ha sottolineato il problema a livello di sostenibilità dei margini, in caso di tassi in ulteriore ribasso.

Nello scorso commento avevamo sottolineato come varie società stessero approfittando dei tassi bassi per emettere nuovi bond. Questa settimana è stata la volta di Banca Monte dei Paschi di Siena che ha emesso un bond subordinato per 300 milioni ad un tasso del 10.5%.

Il contesto di tassi bassi continua a favorire le quotazioni dell’oro che si mantengono ormai stabilmente superiori ai 1400 dollari/oncia. E’ interessante osservare, a conferma di quanto detto, la correlazione positiva tra oro e il valore totale dei bond con negative yield. Questi ultimi arrivano a superare i 13 trillions di dollari.

Souce: Bloomberg

In UK, infine, il parlamento sta varando delle misure per impedire a Boris Johnson, che probabilmente diventerà primo ministro entro la fine dell’estate, un No-Deal Brexit. La sterlina, che si era indebolita fino a superare il livello di 0.90 contro l’euro, sulla notizia ha marginalmente recuperato.

QUESTA SETTIMANA

L’evento principale della settimana è la riunione della BCE che si terrà giovedì 25 . Ci si attende un impegno a mantenere i tassi negativi fino a quando sarà necessario e l’apertura a portarli, eventualmente, ancora più in negativo, downturn bias.

Il possibile taglio immediato del deposit rate, da -0.40% a -0.50%, attualmente è scontato dal mercato con probabilità del 35%. Il rischio però è di avere un impatto negativo sulla credibilità della banca stessa. E’ probabile, e auspicabile, l’annuncio di nuove misure sull’Asset Purchase Programme, ovvero il programma di acquisto di titoli pubblici e privati. Si ipotizza che, in un nuovo round di QE, si possano includere anche i bond senior bancari.

Souce: Bloomberg

Sembra che la BCE stia pensando di adottare un target “simmetrico” di inflazione. In questo modo, si tollererebbero periodi di inflazione superiore al target del 2% dopo periodi di inflazione inferiore. La reazione sui mercati obbligazionari è stata, ovviamente, molto positiva.

In settimana avremo anche la pubblicazione dei dati sui PMI preliminari per il mese di luglio, sia in Europa che in USA, che contribuiranno a dare un’idea sul generale quadro macro. Le attese sono per una sostanziale stabilizzazione in Eurozona e un parziale recupero negli Stati Uniti.

Venerdì verrà pubblicato il dato preliminare sul Pil americano del secondo trimestre: le attese sono per un rallentamento dal 3.1%, trimestre/trimestre annualizzato, all’1.8%.

Sul fronte politico da monitorare la tenuta del Governo in Italia, l’iter di insediamento del nuovo governo in Spagna e la possibile indicazione di Boris Johnson come nuovo premier britannico.