INDICI DI MERCATO
COMMENTO ULTIMA SETTIMANA
Con l’inizio del mese di febbraio il clima sui mercati è diventato più positivo: esattamente gli stessi motivi che avevano creato preoccupazione ed erano stati alla base della correzione della settimana precedente questa volta hanno creato sollievo.
La campagna di vaccinazione prosegue abbastanza spedita pur con delle notevoli differenze geografiche e regionali: Ursula Von der Leyen, a capo dell’Unione Europea, ritiene che il 70% della popolazione europea sarà vaccinata entro l’estate; la cancelliera tedesca Angela Merkel vuole arrivare ad avere l’intera popolazione vaccinata entro fine settembre ma nel frattempo pensa di protrarre lo stato di emergenza (in scadenza a marzo) fino a giugno ed estendere le restrizioni fino a fine febbraio; il Regno Unito punta a vaccinare il 70% degli abitanti entro marzo e sta addirittura studiando se è possibile mischiare vaccini diversi (AstraZeneca e Pfizer), i risultati del test saranno pronti entro l’estate; negli Stati Uniti si procede con somministrazioni del vaccino ad una velocità doppia rispetto agli altri paesi e i risultati si cominciano a vedere sulla diminuzione delle ospedalizzazioni e sul fatto che il numero dei vaccinati ha superato quello dei contagiati. Israele, che sappiamo essere decisamente più avanti di tutti, dichiara che entro due settimane avrà vaccinato il 90% della popolazione sopra i 55 anni dopodiché comincerà a riaprire gradualmente l’economia e a vaccinare fasce di età via via più basse.
Anche le notizie provenienti dagli Stati Uniti sui progressi fatti sullo stimolo fiscale hanno avuto un impatto decisamente positivo. In un incontro tra Biden e alcuni senatori repubblicani si è cercato di formulare un piano per salvare il paese avvicinandosi a quello originario dei democratici pari a 1.900 miliardi di dollari. Sul tema controverso degli assegni ai cittadini l’accordo potrebbe arrivare su una cifra più bassa (1000 dollari invece di 1400) e scalettata in base al reddito. Sopra una certa soglia non dovrebbero essere previsti assegni (50k per single invece di 75k, 100k per coppie invece di 150k) e in questo modo circa il 75% della popolazione ne beneficerebbe (invece del 94%). Nel caso non si riuscisse a trovare un accordo i Democratici sarebbero disposti a proseguire anche senza il supporto repubblicano sul piano da 1.900 miliardi di dollari attraverso la procedura della riconciliazione del bilancio.
In un recente dibattito Janet Yellen (attualmente al Tesoro americano e precedentemente presidente della Fed) ha affermato che il piano da 1.900 miliardi di dollari consentirebbe di arrivare alla piena occupazione il prossimo anno. Il rischio di generare una rapida ripresa dell’inflazione esiste e va controllato sapendo che esistono strumenti per gestirlo, ma il costo sociale di una disoccupazione ancora elevata è troppo alto e quindi il piano fiscale deve assolutamente intervenire in tal senso.
La pressione al rialzo sulla curva dei tassi americana è evidente soprattutto nel tratto 5-30 anni. Proprio questa mattina il trentennale americano si è avvicinato al 2% raggiungendo così i livelli pre-pandemia di febbraio 2020. Tuttavia, i tassi reali (vero focus delle banche centrali) grazie al rialzo proporzionale delle aspettative di inflazione riescono a rimanere stabili dando così supporto ai mercati azionari.
Anche in Asia i governi non si risparmiano con le politiche fiscali espansive: in Korea stanno preparando il quinto giro di “helicopter money” e in India il budget è decisamente più espansivo di quanto ci si aspettasse.
Abbiamo ribadito giusto la scorsa volta che i mercati sono estremamente dipendenti sia dal newsflow sulle politiche fiscali che da quello sulle politiche monetarie.
Partendo dall’Asia, in settimana, i dati pubblicati mostrano che la base monetaria giapponese è salita circa del 19% e la BOJ dichiara che c’è ancora spazio per abbassare ulteriormente i tassi nominali al fine di evitare shock economici; in Australia la banca centrale ha annunciato che ad aprile incrementerà il programma di acquisto titoli (QE) di altri sei mesi con 100 miliardi di dollari di target e i tassi rimarranno vicini allo zero finché la disoccupazione non avrà raggiunto un livello tale da fare salire stipendi e inflazione. La banca centrale cinese (PBOC) ha iniettato liquidità nel sistema facendo rientrare l’allarme sull’interbancario delle ultime settimane.
Passando all’Europa, la Bank of England, che ha lasciato la politica monetaria invariata, sebbene abbia tagliato le stime di crescita del Pil per il 2021 dal 7.5% (di novembre) al 5%, ha espresso un forte ottimismo sull’economia britannica grazie al buon andamento della campagna di vaccinazione. Ha ribadito, inoltre, che le banche devono prepararsi alla possibilità di tassi negativi (in relazione ai quali starebbe studiando un sistema “tiered” come la BCE) anche se attualmente non sono previsti perché giudicati poco attraenti. La sterlina ha beneficiato dell’ottimismo prospettico.
In Italia è stata accolta in modo decisamente positivo la notizia, circolata nella serata di martedì, sulla convocazione al Quirinale dell’ex governatore della BCE Mario Draghi. Anche prima che Draghi accettasse l’incarico i BTP hanno beneficiato di un notevole restringimento dello spread dovuto sia alla figura assolutamente outstanding di Draghi sia al fatto che, in questo modo, si dovrebbero evitare elezioni anticipate ed una possibile deriva antieuropeista del governo. In generale tutto il mercato azionario ha tratto giovamento dalla notizia (FtsiMib +7%) ma alcuni titoli sono stati comprati con più decisione perché ci si attende che alcuni dossier che li riguardano possano sbloccarsi con il nuovo potenziale primo ministro: parliamo di Atlantia +21% (Autostrade per l’Italia secondo il vecchio esecutivo dovrebbe essere ceduta a CdP), MPS +12.3% (la quota in mano al Tesoro deve essere ceduta in tempi brevi) e in generale dei titoli appartenenti ai settori che beneficeranno dei fondi del recovery plan ad esempio la digitalizzazione e quindi la nascita della rete unica di Tim (+8%).
Per quanto riguarda i dati macroeconomici usciti in settimana vale la pena citare quello sul Pil dell’eurozona che, rispetto agli Stati Uniti, ha dimostrato come la diversa gestione della pandemia ha effetto sulla crescita: le minori restrizioni in US e le diverse politiche di supporto della crisi stanno riportano la crescita sul sentiero precedente mentre in Europa la crescita è tornata, nel quarto trimestre, leggermente negativa e sarà tale anche nel primo trimestre.
Se guardiamo ai dati di fiducia delle imprese PMI per gennaio, indicatori più prospettici, la situazione è sostanzialmente stabile: il comparto manifatturiero è in fase di espansione (PMI maggiore di 50) quasi sia in Europa che negli Stati Uniti, mentre quello relativo ai servizi in Europa è in ripresa ma rimane sotto la soglia del 50 mentre negli Stati Uniti si conferma in fase di espansione.
Il mercato del lavoro americano per il mese di gennaio ha mostrato un aumento del numero di nuovi occupati inferiore rispetto alle attese e il dato precedente è stato rivisto al ribasso. Il tasso di disoccupazione passa dal 6.7% al 6.3% con un leggero incremento dei salari orari su base annuale (+5.4%). Proprio questi dati sono stati alla base delle argomentazioni della Yellen (citate sopra) circa la necessità di un nuovo sostegno fiscale.
La volontà dell’Opec+ di proseguire, in modo coeso, con la politica decisa finora e senza riduzione dei tagli, porta il WTI sopra i 56$ (Brent europeo sopra 59$). Inoltre, sia in US che in Cina stanno calando le scorte, segno che si sta riducendo l’eccesso di petrolio. Il prossimo incontro mensile è previsto per il 4 marzo. L’andamento del prezzo del petrolio merita di essere seguito con attenzione dato che impatta direttamente sull’inflazione.
Sembra essere, per il momento, rientrato il fenomeno descritto la scorsa volta relativo agli acquisti degli investitori retail su alcuni titoli americani e lunedì anche sull’argento. Per quanto riguarda quest’ultimo il CME (Chicago Mercantile Exchange – la piazza su cui vengono scambiati i contratti derivati) ha aumentato i margini richiesti per operare sui futures sull’argento a quasi il 18% rendendo quindi più onerosa la speculazione.
La reporting season prosegue decisamente bene: fra le principali società che hanno riportato segnaliamo che sia Alphabet (Google) che Amazon hanno superano abbondantemente le aspettative in termini di utili. Il CEO di Amazon, Jeff Bezos, ha annunciato che lascerà il ruolo di AD e andrà a ricoprire quello di Presidente.
Per quanto riguarda l’aggregato delle società che hanno riportato circa il 50% di quelle dell’S&P500 ha avuto una crescita del fatturato pari al 2.5% e degli utili pari al 5.5%; su entrambe le metriche circa l’80% delle società ha battuto le attese degli analisti con una sorpresa media sugli utili del 15% (ovvero gli utili pubblicati sono stati mediamente superiori alle attese del 15%). In Europa la stagione è ancora all’inizio (solo il 20% delle società ha riportato) ma i numeri sono decisamente più deludenti avendo, per ora, una crescita negativa sia di fatturato che di utili.
Abbiamo di recente parlato del tema dei buyback: questa settimana, dopo gli ottimi risultati favoriti anche dalle vendite consistenti di iPhone (circa un milione al giorno fra ottobre e dicembre 2020), Apple ha annunciato che procederà ad un buyback azionario attraverso il cash raccolto da emissioni di bond per 14 miliardi. Questa pratica ha il duplice vantaggio: da un lato consente di sfruttare tassi bassi per migliorare il costo dell’indebitamento medio dell’azienda (il famoso concetto di WACC – weighted average cost of capital) attraverso un migliore mix di azioni (più costose) e obbligazioni (meno costose), dall’altro permette di alzare la redditività aziendale agendo direttamente sul denominatore del ROE (Return of Equity = utili/patrimonio netto).
QUESTA SETTIMANA
La situazione pandemica nel mondo è abbastanza variegata: a fronte di casi in riduzione in alcuni paesi ci sono decisioni più o meno diffuse di mantenere in atto le restrizioni per scongiurare che le varianti (con virus più resistenti ai vaccini) possano diffondersi e in attesa che le campagne di vaccinazione rendano evidenti i primi effetti.
In Cina (e in qualche altro paese asiatico) questa sarà la settimana del Nuovo Anno Lunare, che inizierà venerdì 12 sotto il segno del bue (o bufalo). Solitamente in Cina la chiusura delle fabbriche e il ritorno dei lavoratori presso le loro abitazioni crea un notevole movimento di persone. Quest’anno il governo ha espressamente richiesto di limitare gli spostamenti ed alcune aziende hanno anche deciso di non chiudere.
Oggi, lunedì 8 febbraio, il Senato americano discuterà il secondo processo di impeachment dell’ex presidente Trump. La Camera si era espressa favorevolmente a tale provvedimento dopo i fatti drammatici di Capitol Hill del 6 gennaio.
Vista l’importanza prospettica del tema inflazione, mercoledì 10 febbraio, saranno guardati con interesse i dati sul CPI (consumer price index) negli Stati Uniti relativi al mese di gennaio.
La reporting season vedrà fra i protagonisti società come Twitter, Cisco, Astrazeneca, General Motors, Coca Cola e Walt Disney.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
Dopo che il Presidente Mattarella ha affidato a Mario Draghi l’incarico di formare un governo molti hanno fatto il paragone tra lui e Mario Monti (Presidente del Consiglio dal 2011 al 2013). Al di là di una diversa formazione teorica, la grande differenza fra i due riguarda il momento congiunturale che stiamo vivendo e cosa l’Europa ci chiede di fare: con Monti andavano ricostruiti i rapporti con Bruxelles e, soprattutto, risistemati i conti pubblici, questa volta, invece, l’Europa chiede come il nostro paese intende utilizzare i soldi stanziati con il Recovery Plan.
Quindi, mentre a Monti era richiesto un programma di austerità, a Draghi viene chiesto un programma di spesa volto a fare ripartire l’economia, cosa completamente diversa anche dal punto di vista del consenso popolare.
Mario Draghi quando era a capo della BCE ha dimostrato un approccio molto diverso dall’ortodossia classica tedesca e ha lanciato un piano di Quantitative Easing enorme che ha salvato l’euro e l’unione europea. Draghi è, infatti, ricordato per la celebre frase “The ECB il ready to do whatever it takes to preserve the euro. And, believe me, it will be enough”.
Purtroppo, all’epoca, la politica monetaria estremamente accomodante è andata a braccetto con una politica fiscale estremamente rigorosa e con un sistema bancario che, dovendo rispettare severi vincoli patrimoniali, non poteva svolgere il ruolo chiave che avrebbe dovuto avere ovvero di moltiplicare la massa monetaria in circolazione a vantaggio dell’economia reale. Si è venuta a generare la famosa dicotomia (di cui abbiamo spesso discusso in questa sede) tra economia reale ed economia finanziaria, ovvero tra Main Street e Wall Street.
Questa volta, invece, la politica monetaria espansiva va a braccetto con una politica fiscale altrettanto espansiva. Per ora la liquidità in circolazione è tanta e sta ancora inflazionando gli asset finanziari (con i mercati sui massimi sia azionari che obbligazionari), tuttavia quando l’economia riuscirà a ripartire perché la pandemia sarà superata, o per lo meno arginata e controllata, tutta questa liquidità dovrà entrare in circolazione e creare finalmente inflazione.
Per ora ci sono dei timidi segnali: il petrolio in ripresa, un minimo di inflazione da generi alimentari e anche le componenti relativi ai prezzi di acquisto degli indici PMI rivelano qualche movimento. Si muovono, così, le aspettative di inflazione e, di converso, i tassi nominali (la combinazione dei due elementi mantiene bassi i tassi reali).
Negli Stati Uniti, il mix fra il democratico Biden e la Yellen al Tesoro, portando verso politiche fiscali espansive e più redistributive della ricchezza rendono ancora più evidente l’effetto sui tassi governativi soprattutto a lungo termine.
Potremmo assistere, auspicabilmente, ad un graduale riavvicinamento di Main Street verso Wall Street. Ovviamente ci auspichiamo, e riteniamo, che il riavvicinamento veda Main Street avvantaggiarsi di più e Wall Street beneficiarne ma in forma meno marcata. Sarebbe una c.d. “win win situation” che giustifica ancora la presenza dei risky assets in portafoglio.
Non sarà certo una strada lineare e quindi, ripetiamo fino allo sfinimento, l’andamento dei mercati non sarà unidirezionale. Ma ricordiamo che, se è vero che siamo all’inizio di un nuovo ciclo economico, le fasi di debolezza rappresentano opportunità di acquisto. Le condizioni di liquidità rimangono estremamente supportive per i mercati nonostante i rialzi recenti e l’irripidimento delle curve. Negli Stati Uniti, infatti, se guardiamo dove si trovano i rendimenti governativi, nonostante il recente rialzo, notiamo che sono a livelli decisamente inferiori sia a quelli pre-covid sia, soprattutto, ai quelli dei periodi di normalizzazione dei cicli precedenti (es. 2013 – 2015).
Ottima la performance delle nostre linee di gestione, soprattutto di quelle con una maggiore componente azionaria che recuperano abbondantemente quanto perso la settimana precedente.