Analisi dei mercati dell’8.02.2021

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Con l’inizio del mese di febbraio il clima sui mercati è diventato più positivo: esattamente gli stessi motivi che avevano creato preoccupazione ed erano stati alla base della correzione della settimana precedente questa volta hanno creato sollievo.

La campagna di vaccinazione prosegue abbastanza spedita pur con delle notevoli differenze geografiche e regionali: Ursula Von der Leyen, a capo dell’Unione Europea, ritiene che il 70% della popolazione europea sarà vaccinata entro l’estate; la cancelliera tedesca Angela Merkel vuole arrivare ad avere l’intera popolazione vaccinata entro fine settembre ma nel frattempo pensa di protrarre lo stato di emergenza (in scadenza a marzo) fino a giugno ed estendere le restrizioni fino a fine febbraio; il Regno Unito punta a vaccinare il 70% degli abitanti entro marzo e sta addirittura studiando se è possibile mischiare vaccini diversi (AstraZeneca e Pfizer), i risultati del test saranno pronti entro l’estate; negli Stati Uniti si procede con somministrazioni del vaccino ad una velocità doppia rispetto agli altri paesi e i risultati si cominciano a vedere sulla diminuzione delle ospedalizzazioni e sul fatto che il numero dei vaccinati ha superato quello dei contagiati. Israele, che sappiamo essere decisamente più avanti di tutti, dichiara che entro due settimane avrà vaccinato il 90% della popolazione sopra i 55 anni dopodiché comincerà a riaprire gradualmente l’economia e a vaccinare fasce di età via via più basse.

Anche le notizie provenienti dagli Stati Uniti sui progressi fatti sullo stimolo fiscale hanno avuto un impatto decisamente positivo. In un incontro tra Biden e alcuni senatori repubblicani si è cercato di formulare un piano per salvare il paese avvicinandosi a quello originario dei democratici pari a 1.900 miliardi di dollari. Sul tema controverso degli assegni ai cittadini l’accordo potrebbe arrivare su una cifra più bassa (1000 dollari invece di 1400) e scalettata in base al reddito. Sopra una certa soglia non dovrebbero essere previsti assegni (50k per single invece di 75k, 100k per coppie invece di 150k) e in questo modo circa il 75% della popolazione ne beneficerebbe (invece del 94%). Nel caso non si riuscisse a trovare un accordo i Democratici sarebbero disposti a proseguire anche senza il supporto repubblicano sul piano da 1.900 miliardi di dollari attraverso la procedura della riconciliazione del bilancio.

In un recente dibattito Janet Yellen (attualmente al Tesoro americano e precedentemente presidente della Fed) ha affermato che il piano da 1.900 miliardi di dollari consentirebbe di arrivare alla piena occupazione il prossimo anno. Il rischio di generare una rapida ripresa dell’inflazione esiste e va controllato sapendo che esistono strumenti per gestirlo, ma il costo sociale di una disoccupazione ancora elevata è troppo alto e quindi il piano fiscale deve assolutamente intervenire in tal senso.

La pressione al rialzo sulla curva dei tassi americana è evidente soprattutto nel tratto 5-30 anni. Proprio questa mattina il trentennale americano si è avvicinato al 2% raggiungendo così i livelli pre-pandemia di febbraio 2020. Tuttavia, i tassi reali (vero focus delle banche centrali) grazie al rialzo proporzionale delle aspettative di inflazione riescono a rimanere stabili dando così supporto ai mercati azionari.  

Anche in Asia i governi non si risparmiano con le politiche fiscali espansive: in Korea stanno preparando il quinto giro di “helicopter money” e in India il budget è decisamente più espansivo di quanto ci si aspettasse.

Abbiamo ribadito giusto la scorsa volta che i mercati sono estremamente dipendenti sia dal newsflow sulle politiche fiscali che da quello sulle politiche monetarie.

Partendo dall’Asia, in settimana, i dati pubblicati mostrano che la base monetaria giapponese è salita circa del 19% e la BOJ dichiara che c’è ancora spazio per abbassare ulteriormente i tassi nominali al fine di evitare shock economici; in Australia la banca centrale ha annunciato che ad aprile incrementerà il programma di acquisto titoli (QE) di altri sei mesi con 100 miliardi di dollari di target e i tassi rimarranno vicini allo zero finché la disoccupazione non avrà raggiunto un livello tale da fare salire stipendi e inflazione. La banca centrale cinese (PBOC) ha iniettato liquidità nel sistema facendo rientrare l’allarme sull’interbancario delle ultime settimane.

Passando all’Europa, la Bank of England, che ha lasciato la politica monetaria invariata, sebbene abbia tagliato le stime di crescita del Pil per il 2021 dal 7.5% (di novembre) al 5%, ha espresso un forte ottimismo sull’economia britannica grazie al buon andamento della campagna di vaccinazione. Ha ribadito, inoltre, che le banche devono prepararsi alla possibilità di tassi negativi (in relazione ai quali starebbe studiando un sistema “tiered” come la BCE) anche se attualmente non sono previsti perché giudicati poco attraenti. La sterlina ha beneficiato dell’ottimismo prospettico.

In Italia è stata accolta in modo decisamente positivo la notizia, circolata nella serata di martedì, sulla convocazione al Quirinale dell’ex governatore della BCE Mario Draghi. Anche prima che Draghi accettasse l’incarico i BTP hanno beneficiato di un notevole restringimento dello spread dovuto sia alla figura assolutamente outstanding di Draghi sia al fatto che, in questo modo, si dovrebbero evitare elezioni anticipate ed una possibile deriva antieuropeista del governo. In generale tutto il mercato azionario ha tratto giovamento dalla notizia (FtsiMib +7%) ma alcuni titoli sono stati comprati con più decisione perché ci si attende che alcuni dossier che li riguardano possano sbloccarsi con il nuovo potenziale primo ministro: parliamo di Atlantia +21% (Autostrade per l’Italia secondo il vecchio esecutivo dovrebbe essere ceduta a CdP), MPS +12.3% (la quota in mano al Tesoro deve essere ceduta in tempi brevi) e in generale dei titoli appartenenti ai settori che beneficeranno dei fondi del recovery plan ad esempio la digitalizzazione e quindi la nascita della rete unica di Tim (+8%).

Per quanto riguarda i dati macroeconomici usciti in settimana vale la pena citare quello sul Pil dell’eurozona che, rispetto agli Stati Uniti, ha dimostrato come la diversa gestione della pandemia ha effetto sulla crescita: le minori restrizioni in US e le diverse politiche di supporto della crisi stanno riportano la crescita sul sentiero precedente mentre in Europa la crescita è tornata, nel quarto trimestre, leggermente negativa e sarà tale anche nel primo trimestre.

Se guardiamo ai dati di fiducia delle imprese PMI per gennaio, indicatori più prospettici, la situazione è sostanzialmente stabile: il comparto manifatturiero è in fase di espansione (PMI maggiore di 50) quasi sia in Europa che negli Stati Uniti, mentre quello relativo ai servizi in Europa è in ripresa ma rimane sotto la soglia del 50 mentre negli Stati Uniti si conferma in fase di espansione.

Il mercato del lavoro americano per il mese di gennaio ha mostrato un aumento del numero di nuovi occupati inferiore rispetto alle attese e il dato precedente è stato rivisto al ribasso. Il tasso di disoccupazione passa dal 6.7% al 6.3% con un leggero incremento dei salari orari su base annuale (+5.4%). Proprio questi dati sono stati alla base delle argomentazioni della Yellen (citate sopra) circa la necessità di un nuovo sostegno fiscale.

La volontà dell’Opec+ di proseguire, in modo coeso, con la politica decisa finora e senza riduzione dei tagli, porta il WTI sopra i 56$ (Brent europeo sopra 59$). Inoltre, sia in US che in Cina stanno calando le scorte, segno che si sta riducendo l’eccesso di petrolio. Il prossimo incontro mensile è previsto per il 4 marzo. L’andamento del prezzo del petrolio merita di essere seguito con attenzione dato che impatta direttamente sull’inflazione.

Sembra essere, per il momento, rientrato il fenomeno descritto la scorsa volta relativo agli acquisti degli investitori retail su alcuni titoli americani e lunedì anche sull’argento. Per quanto riguarda quest’ultimo il CME (Chicago Mercantile Exchange – la piazza su cui vengono scambiati i contratti derivati) ha aumentato i margini richiesti per operare sui futures sull’argento a quasi il 18% rendendo quindi più onerosa la speculazione.

La reporting season prosegue decisamente bene: fra le principali società che hanno riportato segnaliamo che sia Alphabet (Google) che Amazon hanno superano abbondantemente le aspettative in termini di utili. Il CEO di Amazon, Jeff Bezos, ha annunciato che lascerà il ruolo di AD e andrà a ricoprire quello di Presidente.

Per quanto riguarda l’aggregato delle società che hanno riportato circa il 50% di quelle dell’S&P500 ha avuto una crescita del fatturato pari al 2.5% e degli utili pari al 5.5%; su entrambe le metriche circa l’80% delle società ha battuto le attese degli analisti con una sorpresa media sugli utili del 15% (ovvero gli utili pubblicati sono stati mediamente superiori alle attese del 15%). In Europa la stagione è ancora all’inizio (solo il 20% delle società ha riportato) ma i numeri sono decisamente più deludenti avendo, per ora, una crescita negativa sia di fatturato che di utili.

Abbiamo di recente parlato del tema dei buyback: questa settimana, dopo gli ottimi risultati favoriti anche dalle vendite consistenti di iPhone (circa un milione al giorno fra ottobre e dicembre 2020), Apple ha annunciato che procederà ad un buyback azionario attraverso il cash raccolto da emissioni di bond per 14 miliardi. Questa pratica ha il duplice vantaggio: da un lato consente di sfruttare tassi bassi per migliorare il costo dell’indebitamento medio dell’azienda (il famoso concetto di WACC – weighted average cost of capital) attraverso un migliore mix di azioni (più costose) e obbligazioni (meno costose), dall’altro permette di alzare la redditività aziendale agendo direttamente sul denominatore del ROE (Return of Equity = utili/patrimonio netto).

QUESTA SETTIMANA

La situazione pandemica nel mondo è abbastanza variegata: a fronte di casi in riduzione in alcuni paesi ci sono decisioni più o meno diffuse di mantenere in atto le restrizioni per scongiurare che le varianti (con virus più resistenti ai vaccini) possano diffondersi e in attesa che le campagne di vaccinazione rendano evidenti i primi effetti.

In Cina (e in qualche altro paese asiatico) questa sarà la settimana del Nuovo Anno Lunare, che inizierà venerdì 12 sotto il segno del bue (o bufalo). Solitamente in Cina la chiusura delle fabbriche e il ritorno dei lavoratori presso le loro abitazioni crea un notevole movimento di persone. Quest’anno il governo ha espressamente richiesto di limitare gli spostamenti ed alcune aziende hanno anche deciso di non chiudere.

Oggi, lunedì 8 febbraio, il Senato americano discuterà il secondo processo di impeachment dell’ex presidente Trump. La Camera si era espressa favorevolmente a tale provvedimento dopo i fatti drammatici di Capitol Hill del 6 gennaio.

Vista l’importanza prospettica del tema inflazione, mercoledì 10 febbraio, saranno guardati con interesse i dati sul CPI (consumer price index) negli Stati Uniti relativi al mese di gennaio.

La reporting season vedrà fra i protagonisti società come Twitter, Cisco, Astrazeneca, General Motors, Coca Cola e Walt Disney.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Dopo che il Presidente Mattarella ha affidato a Mario Draghi l’incarico di formare un governo molti hanno fatto il paragone tra lui e Mario Monti (Presidente del Consiglio dal 2011 al 2013). Al di là di una diversa formazione teorica, la grande differenza fra i due riguarda il momento congiunturale che stiamo vivendo e cosa l’Europa ci chiede di fare: con Monti andavano ricostruiti i rapporti con Bruxelles e, soprattutto, risistemati i conti pubblici, questa volta, invece, l’Europa chiede come il nostro paese intende utilizzare i soldi stanziati con il Recovery Plan.

Quindi, mentre a Monti era richiesto un programma di austerità, a Draghi viene chiesto un programma di spesa volto a fare ripartire l’economia, cosa completamente diversa anche dal punto di vista del consenso popolare.

Mario Draghi quando era a capo della BCE ha dimostrato un approccio molto diverso dall’ortodossia classica tedesca e ha lanciato un piano di Quantitative Easing enorme che ha salvato l’euro e l’unione europea. Draghi è, infatti, ricordato per la celebre frase “The ECB il ready to do whatever it takes to preserve the euro. And, believe me, it will be enough”.

Purtroppo, all’epoca, la politica monetaria estremamente accomodante è andata a braccetto con una politica fiscale estremamente rigorosa e con un sistema bancario che, dovendo rispettare severi vincoli patrimoniali, non poteva svolgere il ruolo chiave che avrebbe dovuto avere ovvero di moltiplicare la massa monetaria in circolazione a vantaggio dell’economia reale. Si è venuta a generare la famosa dicotomia (di cui abbiamo spesso discusso in questa sede) tra economia reale ed economia finanziaria, ovvero tra Main Street e Wall Street.

Questa volta, invece, la politica monetaria espansiva va a braccetto con una politica fiscale altrettanto espansiva. Per ora la liquidità in circolazione è tanta e sta ancora inflazionando gli asset finanziari (con i mercati sui massimi sia azionari che obbligazionari), tuttavia quando l’economia riuscirà a ripartire perché la pandemia sarà superata, o per lo meno arginata e controllata, tutta questa liquidità dovrà entrare in circolazione e creare finalmente inflazione.

Per ora ci sono dei timidi segnali: il petrolio in ripresa, un minimo di inflazione da generi alimentari e anche le componenti relativi ai prezzi di acquisto degli indici PMI rivelano qualche movimento. Si muovono, così, le aspettative di inflazione e, di converso, i tassi nominali (la combinazione dei due elementi mantiene bassi i tassi reali).

Negli Stati Uniti, il mix fra il democratico Biden e la Yellen al Tesoro, portando verso politiche fiscali espansive e più redistributive della ricchezza rendono ancora più evidente l’effetto sui tassi governativi soprattutto a lungo termine.

Potremmo assistere, auspicabilmente, ad un graduale riavvicinamento di Main Street verso Wall Street. Ovviamente ci auspichiamo, e riteniamo, che il riavvicinamento veda Main Street avvantaggiarsi di più e Wall Street beneficiarne ma in forma meno marcata. Sarebbe una c.d. “win win situation” che giustifica ancora la presenza dei risky assets in portafoglio.

Non sarà certo una strada lineare e quindi, ripetiamo fino allo sfinimento, l’andamento dei mercati non sarà unidirezionale. Ma ricordiamo che, se è vero che siamo all’inizio di un nuovo ciclo economico, le fasi di debolezza rappresentano opportunità di acquisto. Le condizioni di liquidità rimangono estremamente supportive per i mercati nonostante i rialzi recenti e l’irripidimento delle curve. Negli Stati Uniti, infatti, se guardiamo dove si trovano i rendimenti governativi, nonostante il recente rialzo, notiamo che sono a livelli decisamente inferiori sia a quelli pre-covid sia, soprattutto, ai quelli dei periodi di normalizzazione dei cicli precedenti (es. 2013 – 2015).

Ottima la performance delle nostre linee di gestione, soprattutto di quelle con una maggiore componente azionaria che recuperano abbondantemente quanto perso la settimana precedente.

Analisi dei mercati del 02.11.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana pesante per i mercati per i soliti due motivi: 1) la mancanza di un accordo sul pacchetto di stimolo in US e 2) l’aumento dei contagi da coronavirus, soprattutto in Europa. Per queste due ragioni le aree che riportano performance “meno” negative sono Giappone e Paesi Emergenti. La sempre maggiore incertezza si riflette sul c.d. “indice della paura” ovvero il Vix che esprime la volatilità implicita dell’indice S&P500: già da tempo, come avevamo indicato, i futures sul Vix (contratti derivati utilizzati dagli investitori ai fini di copertura o speculazione) segnalavano un picco di volatilità in prossimità della scadenza di novembre, per l’avvicinarsi delle elezioni americane, ma il fattore che sta complicando la situazione, e che i mercati prezzavano poco, è quello che adesso si sta gradualmente materializzando ovvero i lockdown delle economie.

A risollevare un po’ gli umori degli investitori giovedì è stata l’ottima la performance di Christine Lagarde che ha ribadito più volte il concetto che la BCE è disposta a fare tutto quanto in suo potere per supportare l’economia, che gli strumenti a disposizione non sono affatto esauriti e il loro utilizzo è estremamente flessibile.  La pandemia sta rendendo sicuramente la ripresa più complicata e gli effetti stimati dalla BCE li vedremo nelle previsioni che verranno rilasciate durante il meeting del 10 dicembre con il nuovo quadro economico. La ripresa economica sembrava ben avviata ma il ritorno (inatteso per dimensioni) della seconda ondata ha creato notevoli difficoltà e il Pil del quarto trimestre potrebbe essere negativo. Il mercato dei money market prezza un taglio dei tassi di 10bps entro luglio 2021.

Curioso il passaggio in cui dice che non è il caso di parlare di deflazione ma di inflazione negativa, in quanto la deflazione è un processo “self-fulfilling” non legato a eventi “one-off”, tipo calo del prezzo del petrolio o taglio tedesco dell’Iva, come quelli che stiamo vivendo ora e che manterranno l’inflazione negativa almeno fino ai primi mesi del 2021.  

La BOJ non ha modificato la propria politica monetaria, che è considerata “adeguata”, probabilmente perché, comunque, ci sono dei segnali positivi sul lato produzione e esportazioni (grazie alla Cina?) nonostante le stime economiche sul Pil siano state riviste al ribasso da -4.7% a -5.5%.

Rimanendo in tema banche centrali, sebbene il meeting ufficiale sia il 5 novembre già la scorsa settimana la Fed ha fatto un passo nella giusta direzione, tuttavia non proprio colto dai mercati, abbassando la soglia minima (da 250k a 100k) che permette alle imprese di rivolgersi direttamente all’istituto centrale per i finanziamenti.

In settimana sono stati pubblicati i dati sul Pil sia negli Stati Uniti che in Europa per il terzo trimestre:

– il Pil americano è uscito più forte delle attese a +33.1% trimestre/trimestre annualizzato (vs stime di +32%) grazie alla componente consumi e agli investimenti privati (giusto per fare riferimento a quanto riportato la scorsa settimana in questa sede circa l’importanza di questi fattori nella ripresa economica americana);

– anche il Pil in Europa è uscito più forte delle attese confermando quanto l’economia fosse ben avviata verso una ripresa a V: il dato aggregato segna un +12.7% trimestre/trimestre (da -11.8% del Q2 e attese per +9.6%) con la Francia che cresce del +18.2% (da -13.7%), la Germania dell’+8.2% (da -9.7% del secondo trimestre), l’Italia del +16.1% (da -13%) e la Spagna +16.7% da -17.8%.

In Cina i dati continuano a confermare che la ripresa prosegue in modo vigoroso: la scorsa settimana è stato pubblicato il dato sui profitti industriali che ha evidenziato una risalita per il quinto mese consecutivo (+10.1% anno/anno).

La conferma del migliore andamento dell’area asiatica la abbiamo avuta anche dal dato sul Pil della Korea del Sud che dopo due trimestri di crescita negativa (-1.3% il Q1 e -3.2% il Q2) si è riportato in territorio di espansione con il +1.9% del terzo trimestre grazie anche all’incremento dell’export (in particolare dalla domanda di chip da parte della Cina).

Quanto la Cina sia importante per la crescita globale (anche se non sufficiente) è emerso anche dalle parole del CEO di Volkswagen che afferma che l’industria dell’auto sta recuperando grazie soprattutto all’area asiatica (per VW la Cina è il principale mercato dell’area). Stessa cosa emersa dall’istituto IFO che la scorsa settimana ha segnalato che il settore auto tedesco sta ben performando in evidente controtendenza rispetto al resto dell’economia.

Sempre in Cina si è conclusa, con successo e in anticipo, l’IPO (Initial Pubblic offering) più grande di sempre (togliendo il primato a Saudi Aramco che nel 2019 raccolse 29 miliardi di dollari) : ANT (in italiano “formica”), la fintech che gestisce i pagamenti digitali dell’app Alipay ed è di proprietà di Jack Ma (il fondatore di Alibaba), è sbarcata sul mercato di Hong Kong e a Shanghai (non in US!) collocando circa 34 miliardi di dollari che attribuirebbero alla società un valore di 300 miliardi (più di Paypal). Quotazioni dal 5 novembre. Nel grey market di Hong Kong sembra giri già a premio del 50%.

Venerdì a mercati chiusi è arrivata la conferma del rating italiano da parte dell’agenzia DBRS: BBB-high con outlook negativo (il migliore fra le agenzie di rating, tre volte superiore al livello di high yield). Anche in questo caso la motivazione del non downgrade risiede nel supporto della BCE in grado di mitigare l’impatto dell’aumento della spesa pubblica sui conti italiani, l’outlook rimane negativo perché comunque il recente aumento dei contagi e relativo impatto sull’economia non sono certo buoni.

Sul tema bancario il consiglio direttivo della BCE sta esaminando la questione della sospensione dei dividendi per le banche anche perché diversi istituti stanno facendo pressione affinché ci sia selettività e non tutte le banche, anche quelle con una solida patrimonializzazione, siano penalizzate. Si parla, inoltre, di creazione di una bad bank regionale europea (proposta giunta da Enria) per affrontare le problematiche della seconda ondata della pandemia.

Sappiamo che in questo momento specifico la reporting season americana in corso è importante più che per i risultati per le guidance che i management danno e che ci aiutano ad avere un’idea sul futuro trimestre. A dimostrazione di quanto detto vi è, ad esempio, la trimestrale di Microsoft: sia utili che ricavi sono saliti (rispettivamente +30% e +12%) tuttavia il titolo non ha reagito bene in quanto la guidance sull’area considerata a più alta crescita da parte degli analisti (il cloud computing) ha deluso le aspettative.

In generale anche le “big four” del tech (Alphabet, Apple, Facebook e Amazon) hanno tutte battuto le stime sia per ricavi che per utili ma i titoli sono poi stati penalizzati dal mercato.

La settimana si è quindi conclusa con mercati azionari decisamente negativi (MSCI World -5.6%) a causa, come detto sopra, di Stati Uniti ed Europa mentre Paesi Emergenti e Giappone, pur con performance negative, si sono comportati decisamente meglio. Forte correzione anche per le commodities e in particolare per il petrolio (WTI -10%) che soffre per due motivi: da un lato le aspettative che i lockdown ai quali sta andando incontro l’economia possano portare ad un rallentamento marcato della domanda al quale l’offerta non sembra adeguarsi in tempo soprattutto considerato che la Libia (esentata dai tagli) è ritornata alla piena produzione.

Si parla di un rinvio dell’aumento della produzione previsto per gennaio da parte dell’Opec+ (secondo Russia e Arabia Saudita) ma il mercato non sembra credere che questo, e gli eventuali tagli, siano sufficienti a compensare il calo della domanda.

Sul fronte valutario l’euro si è indebolito verso le principali valute e questo è dovuto, soprattutto, al quadro economico che la BCE ha dipinto a tinte fosche per gli evidenti problemi che si trova ad affrontare e che richiederanno un massiccio intervento a supporto di politica monetaria.

QUESTA SETTIMANA

L’evento clou della settimana è indubbiamente il 3 novembre con le elezioni americane. I sondaggi sono ancora a favore di Biden ma dopo quanto successo nel 2016, anche se ora sembra meno probabile visto il margine (intorno ai 7 punti percentuali), tutto è possibile.

Una volta giunti i risultati finali e definitivi, gli scenari che si prospettano sono, di fatto, tre (sarebbero cinque ma due sono quasi impossibili) che riassumiamo, in ordine di probabilità attuale: 1) vittoria di Biden e “blue wave” (cioè intero congresso in mano ai Democratici); 2) vittoria di Biden ma Senato ancora repubblicano e Camera democratica; 3) vittoria di Trump con un basso margine, congresso spaccato con Senato ancora repubblicano e Camera democratica.

Nello scenario 1), soggetto a minori contestazioni perché più netto, il pacchetto fiscale sarà molto consistente (più di 2 trillions) focalizzato su infrastrutture, healthcare (anche per sostenere l’aumento della spesa sanitaria) ed energie rinnovabili. Per contro è previsto un aumento delle tasse (dal 21% al 28%) a imprese e privati e sul capitale. I settori più ciclici sarebbero i principali beneficiari.

Nello scenario 2) le contestazioni saranno molto probabili da parte dei repubblicani. Il pacchetto fiscale sarà minore (1.5 trillions circa) ma con anche un minore incremento delle tasse. Si tratta di uno scenario che non sembra piacere ai mercati perché implicherebbe decisioni meno nette e più incerte e quindi più difficilmente interpretabili.

Nello scenario 3) sono previste contestazioni in quanto il margine di vittoria di Trump sarebbe probabilmente minimo. Il pacchetto fiscale sarà inferiore (1-1.5 trillions) ma proseguirebbe la tendenza in corso di ulteriori tagli delle tasse e maggiore deregolamentazione. Da un punto di vista della politica economica sarebbe lo scenario migliore ma l’incertezza che comporta (nell’immediato) non piace ai mercati.

In generale consideriamo che in caso di Congresso diviso si farebbe un po’ più fatica ad approvare manovre fiscali espansive che, quindi, non potrebbero essere così immediate.

Invece, in caso di contestazioni, occorre tenere presente che anche il Senato americano ha confermato la nomina di Amy Coney Barret a giudice della Corte Suprema e questo rappresenta un elemento positivo per Trump in caso di contestazione dell’esito elettorale (in quanto i giudici conservatori diventano 6 verso 3 progressisti).

Ricordiamo che si tratta di un’elezione indiretta ovvero i cittadini scelgono i c.d. “grandi elettori” (538), che formano il “collegio elettorale degli Stati Uniti d’America e, a loro volta, il 14 dicembre voteranno, a maggioranza assoluta (quindi di 270) il presidente che entrerà poi in carica ufficialmente il 20 gennaio 2021.

L’andamento della pandemia rimarrà al centro dell’attenzione dei mercati soprattutto in Europa. Consideriamo che negli Stati Uniti siamo alla terza ondata, l’Europa sta affrontando la seconda mentre la Cina, da cui tutto sembra essere partito, ha superato la prima e la situazione sembra sotto controllo. In generale in Asia la situazione sembra essersi normalizzata.

Giovedì 5 novembre sono previste le riunioni della Fed e della Bank of England. Come nel caso della ECB neanche dalla Fed sono attese particolari decisioni che saranno, invece, rimandate a dicembre quando ci dovrebbe essere più chiarezza sull’economia e la pandemia, nonché sulla politica. Dalla BOE parecchi economisti, invece, si attendono un incremento negli acquisti di bond nel tentativo di fornire maggiori stimoli all’economia.

Dal punto di vista macroeconomico questa settimana è prevista la pubblicazione dei dati di fiducia delle imprese:

– per la Cina nel week-end sono stati pubblicati i PMI calcolati dall’agenzia statale e mostrano un marginale   miglioramento (composite da 55.1 a 55.3) soprattutto nel comparto dei servizi (56.2 da 55.9) mentre questa   mattina il PMI manifatturiero calcolato dalla privata Caixin evidenzia un miglioramento da 53 a 53.6 superiore   alle attese (52.8) registrando il livello più alto degli ultimi 10 anni grazie alla domanda interna.

– per gli Stati Uniti oggi saranno pubblicati sia i PMI che l’ISM, attesi stabili o in leggero rialzo;

– in Europa escono i dati PMI finali attesi, anche in questo caso, stabili e in linea, ove presenti, con quelli   preliminari.

Venerdì negli Stati Uniti verranno pubblicati i dati mensili sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione è stimato in discesa a 7.7% (da 7.9%).

Negli Stati Uniti usciranno i dati sulle vendite di auto. Consideriamo, in base anche a quanto detto prima, che grazie al traino della domanda cinese (come sottolineato anche da VW) il comparto sta andando bene. Negli Stati Uniti si stima in un ulteriore recupero, per il mese di ottobre, grazie al quale è possibile un incremento dei prezzi medi e una riduzione delle scorte.

In Eurozona i ministri delle finanze si incontreranno per discutere di Covid-19, della digitalizzazione dell’euro e dell’Unione bancaria.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Ci avviciniamo al periodo dell’anno che storicamente e statisticamente è favorevole ai mercati. Però ci stiamo avvicinando con delle incognite non indifferenti e questo spiega i movimenti particolarmente bruschi dei mercati.

Questa settimana abbiamo le elezioni americane e ripetiamo che, al di là del vincitore, una volta definito il presidente e la composizione del Congresso, si avrà comunque una manovra fiscale essenziale per risollevare l’economia americana e per sbloccare gli interventi monetari della Fed e, ripetiamo, l’impatto sull’economia (e quindi sui mercati) di un mix tra politiche fiscali e monetarie è estremamente potente.

Il vero problema, che i mercati soffrono maggiormente, è legato all’incertezza che si avrebbe qualora il risultato generasse delle contestazioni (probabili da parte di Trump) dovute soprattutto ai voti postali. Sappiamo infatti che, a causa del covid, i voti postali sono parecchi (la Corte Suprema ha autorizzato ad accettarli anche tre giorni dopo le elezioni) ed è facile immaginare che ci possano essere contestazioni relative al conteggio e ai possibili voti doppi.

Ipotizzando di superare in tempi relativamente brevi il tema elettorale rimane quello della pandemia che si porta dietro quello dei vaccini e quello dei lockdown.

Abbiamo visto dai dati economici che l’economia si stava avviando verso una ripresa piuttosto sostenuta che ora rischia una brusca frenata a causa del riacutizzarsi improvviso (e inatteso per entità) della diffusione dei contagi perché, ovviamente, l’impatto sull’attività economica delle misure di contenimento della pandemia potrebbero essere considerevoli.

E’ quindi essenziale evitare o comunque limitare i lockdown, arrivare presto alla formulazione e diffusione dei vaccini e permettere all’economia di ripartire supportata dagli interventi fiscali e monetari.

Inevitabile dire che le nostre linee di gestione hanno particolarmente sofferto, soprattutto nella componente azionaria, l’andamento dei mercati. Positivo, questa settimana, il contributo della diversificazione valutaria, soprattutto del dollaro.

Analisi dei mercati del 21.09.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIME DUE SETTIMANE

Andamento dei mercati piuttosto contrastato quello che ha caratterizzato le ultime due settimane: indice azionario globale MSCI World in calo a causa soprattutto dei listini americani all’interno dei quali il settore tecnologico non sembra ancora trovare stabilità. Per contro, i mercati europei (settore bancario a parte) e quelli emergenti e asiatici hanno mostrato una certa resilience. Sul fronte valutario decisamente stabile il cambio eur/usd mentre l’incertezza sulla Brexit pesa sulla sterlina; il rafforzamento dello Yen segnala la volontà degli investitori di coprire le posizioni di rischio.

Queste due settimane sono state caratterizzate dagli appuntamenti delle banche centrali: tutte hanno mantenuto tassi invariati e si sono dichiarate proattive circa il supporto della crescita economica.

La prima è stata la BCE che, nella prima riunione dopo la pausa estiva, ha lasciato invariati i tassi e l’attuale politica monetaria (come si attendeva il mercato). Il messaggio chiave che possiamo trarre dalle parole della Lagarde è che, nonostante il miglioramento dell’outlook (il Pil è, infatti, stato rivisto a -8% da -8.7%), l’intenzione della banca centrale è di restare pronta a fare di più qualora la situazione lo richieda dato che i rischi di peggioramento sono maggiori di quelli di miglioramento. Il programma PEPP (che ricordiamo essere il Pandemic Emergency Purchase Programme, ovvero il programma di acquisto titoli da parte della BCE finalizzato a supportare l’economia in crisi per il coronavirus), del quale i nostri BTP sono i principali beneficiari, probabilmente verrà utilizzato integralmente (si tratta di 1.350 miliardi in totale) a meno di sorprese particolarmente positive dell’economia così come l’APP (Asset purchase programme attraverso il quale la BCE attua il Quantitative Easing) che rimarrà attivo ben oltre il momento in cui si deciderà di agire al rialzo sui tassi. L’inflazione è stata confermata allo 0.3% per il 2020 e all’1% per il 2021 (la debolezza è da imputarsi essenzialmente all’andamento del prezzo del petrolio ma i rischi di deflazione sono diminuiti); nonostante ci sia consapevolezza che un cambio forte potrebbe rendere complesso perseguire il mandato della stabilità dei prezzi, non sono stati annunciati “ufficialmente” interventi per agire sul tasso di cambio che infatti si è riportato temporaneamente, per questo motivo, e per il miglioramento dell’outlook, sopra il livello di 1.19. La Lagarde ha semplicemente detto che gli sviluppi del tasso di cambio verranno valutati per le implicazioni a medio termine sull’inflazione. Il giorno seguente anche il capo economista Lane ha nuovamente ribadito che un apprezzamento della divisa unica rende più complesso il raggiungimento del target di inflazione facendo quindi, in qualche modo, intendere che la BCE è pronta ad agire se necessario. Stesso messaggio ribadito anche dall’esponente della BCE francese Villeroy.

Anche la riunione della Fed si è conclusa con tassi invariati così come il programma di acquisto titoli. La Banca Centrale si è impegnata a non rialzare i tassi prima del 2023 (la c.d. “forward guidance”) e, comunque, finché l’inflazione non andrà oltre il 2%. Fra le previsioni economiche è stata ipotizzata al 3.7% la contrazione dell’economia americana (invece del -6.5% stimato a giugno), ma l’incertezza rimane straordinariamente elevata e tale da giustificare una Fed disponibile ad utilizzare l’intero arsenale di strumenti a disposizione per sostenere l’economia. I rendimenti governativi sul mercato dovrebbero rimanere ancorati grazie agli acquisti della Fed che aumenterà il proprio bilancio per finanziare l’aumento del debito pubblico. La prossima riunione è prevista il 5 novembre, due giorni dopo le elezioni presidenziali.

Anche la BOJ (Bank of Japan) si è allineata alla Fed dichiarando che, oltre a monitorare i dati sull’inflazione, valuterà anche la crescita dell’occupazione al fine di orientare la propria politica monetaria. La politica rimane ultra-espansiva anche se le condizioni generali dell’economia sono state riviste leggermente in miglioramento. Il target di inflazione è stato confermato al 2% e dato che attualmente l’inflazione “core” è ancora negativa facile immaginare che il lavoro della BOJ sia ancora molto lungo.

La BOE (Bank of England) che ha deciso che per ora mantiene i tassi al 0.10% ma nel quarto trimestre comincerà a valutare l’ipotesi di tassi negativi. Quest’ultimo punto ha pesato parecchio contribuendo alla debolezza della sterlina.

Sulla sterlina, come avevamo detto, hanno impattato negativamente anche le notizie provenienti da UK relative alla Brexit. Il premier Johnson ha dichiarato che sta lavorando per annullare una parte dell’accordo relativa all’Irlanda del Nord. L’Internal Markets Bill, il disegno di legge di Boris Johnson che secondo la UE non rispetta affatto l’accordo firmato lo scorso ottobre (prevedendo decisioni unilaterali sui controlli delle merci che dalla Gran Bretagna arrivano in Irlanda del Nord), ha superato il primo test in Parlamento. Il rischio è che il 15 ottobre UK esca dalla UE senza un’intesa.

In area euro il Pil finale del secondo trimestre è uscito meglio della stima precedente e passa a -11.8% trimestre/trimestre (-14.7% anno/anno). Il terzo trimestre dovrebbe migliorare grazie alla graduale rimozione del lockdown.

Anche l’OCSE, nel suo Outlook di settembre, ha rivisto leggermente al rialzo le stime di crescita per il 2020 prevedendo una contrazione economica mondiale pari al -4.5% (a giugno la stima era di -6%). Per l’Area Euro la contrazione è prevista pari a -7.9% (da -9.1%) e in US pari a -3.8% (da -7.3% precedentemente).

Dalla Cina continuano ad arrivare segnali di miglioramento economico anche grazie alla crescita della produzione industriale (+5.6% anno/anno, al massimo da otto mesi) e delle vendite al dettaglio (+0.5 anno/anno) che, per la prima volta quest’anno, mostrano un progresso.

Rimanendo in Asia segnaliamo che in Giappone il partito di maggioranza LDP ha indicato come nuovo premier, dopo le dimissioni di Shinzo Abe, Yoshihide Suga che dovrebbe garantire la continuità della politica economica intrapresa da Abe.

Il petrolio ha tratto beneficio dalle dichiarazioni dell’OPEC circa un possibile meeting straordinario per il mese di ottobre lasciando intendere che sono possibili tagli alla produzione in caso di debolezza del prezzo dell’oro nero.

In Italia il tesoro ha annunciato l’emissione di un BTP ventennale via sindacato per 10 miliardi che il mercato ha accolto favorevolmente con ordini che hanno superato gli 84 miliardi (circa 77% in mano agli investitori esteri). Tasso 1.80% e scadenza 1/3/2041. In questo modo il Tesoro ha raggiunto l’80% della raccolta prevista per il 2020. Era parecchio che l’Italia non emetteva titoli ventennali.  Vediamo come si muoverà lo spread in occasione delle elezioni del 20/21 settembre

Dopo la fusione italiana tra IntesaSanpaolo e Ubi Banca, il risiko bancario si sposta in Spagna con l’ok del premier spagnolo Sanchez alla fusione tra Bankia e CaixaBank con nuova sede a Valencia. La fusione porterebbe alla nascita della prima banca del paese con asset per 600 miliardi di euro e una quota di mercato superiore al 20%, la copertura territoriale sarebbe ampia essendo Bankia di Madrid e CaixaBank della Catalogna. La quota dello stato in Bankia, pari al 61.8% (frutto del salvataggio del 2011 attraversi un’iniezione di liquidità pari a 24 miliardi), potrebbe scendere al 14% della nuova entità.

Sempre in tema di banche sono uscite indiscrezioni, decisamente positive, sulla BCE che potrebbe rimuovere il divieto di pagare dividendi l’anno prossimo.

Vane le aspettative di un’inclusione di Tesla nell’S&P500: il titolo viene inizialmente penalizzato, in un momento in cui tutto il comparto tech è sotto attacco, per poi rimbalzare ma senza tornare sui livelli massimi raggiunto a fine agosto.  

AstraZeneca ha fatto un po’ temere sul fronte della ricerca di un vaccino annunciando che risultati anomali hanno comportato la sospensione dei test in corso; la notizia ha, inizialmente, pesato sul titolo e sul sentiment di mercato. Fortunatamente, dopo una settimana, i test sono stati ripresi e questo insieme all’annuncio, da parte dell’americana Pfizer, del fatto che il suo vaccino sarà pronto per fine anno hanno riportato speranza. Tuttavia, i dati sulla diffusione dei contagi continuano a destare parecchie preoccupazioni.

Forte salita per il titolo azionario Nexi (fornitore di servizi di pagamento elettronico) dopo l’annuncio dell’ingresso di CDP e l’aggregazione con Sia.

Nota di colore: negli Stati Uniti per la prima volta nella storia una donna guiderà una delle prime sei grandi banche di Wall Street ovvero Citigroup. L’attuale AD, in carica da otto anni, andrà in pensione e cederà il comando a Jane Fraser che attualmente ricopre la carica di presidente.

QUESTA SETTIMANA

Anche questa settimana gli occhi degli investitori restano puntati sui dati relativi alla diffusione del Covid19 dopo che Israele ha imposto nuovamente il lockdown (unico paese per ora) e New York ha posticipato nuovamente la riapertura delle scuole al primo di ottobre. I dati in Europa non sembrano confortanti e vanno monitorati. In UK si sta decidendo su ulteriori restrizioni visto l’aumento dei casi riscontrato. Un’ipotesi simile in altri paesi europei sarebbe preoccupante.

Proseguono i contatti informali tra UK e UE per le negoziazioni sulla Brexit. Di nuovo il barometro della situazione sarà la sterlina.

Di Brexit si parlerà anche giovedì 24 e venerdì 25 durante il summit UE in cui i vari leader discuteranno anche delle strategie industriali per affrontare le conseguenze del Covid19 e delle tensioni con la Turchia e la Russia oltre alle relazioni con la Cina.

Fra i dati macro segnaliamo la pubblicazione dei dati PMI preliminari in US ed Eurozona oltre al dato IFO (dato di fiducia delle aziende tedesche) per settembre: è importante che tali dati confermino la ripresa in corso e non diano brutte soprese; l’andamento relativo dei dati fra US e Europa potrebbe avere un impatto sul cambio EUR/USD.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

La volatilità sui mercati, come previsto, è aumentata recentemente sia per l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane, previste per il 3 novembre, il cui esito rimane altamente incerto, sia per l’aumento dei dati di diffusione del coronavirus che fa temere altre forme di restrizione che, inevitabilmente, peserebbero sulla ripresa economica.

Sul tema Covid19 se, da un lato, un vaccino potrebbe essere disponibile in tempi relativamente brevi, dall’altro permangono i dubbi sia sulla reale efficacia (e quindi sulla capacità di immunizzare completamente i soggetti vaccinati) sia sulla volontà della popolazione di sottoporsi a vaccinazione. Per ottenere il risultato desiderato (ovvero la c.d. immunità di gregge) il vaccino deve essere somministrato ad un numero abbastanza elevato di persone: fra contagiati e vaccinati la percentuale della popolazione “coperta” si stima debba aggirarsi intorno al 60-70%. Ovviamente è poi indispensabile che l’immunità sia abbastanza forte da evitare ricadute (nei già contagiati) e malattia (nei vaccinati).

L’altro fattore che pesa sui mercati riguarda l’incertezza circa l’esito del voto in US e il rischio che si possa, successivamente, contestare il risultato con la conseguenza di un prolungamento ulteriore dell’incertezza (che i mercati non amano affatto) e un ritardo nella decisione sul pacchetto fiscale ritenuto necessario per superare la crisi.

Infatti, negli Stati Uniti deve essere ancora deciso il terzo giro di stimoli fiscali e si teme che nulla verrà fatto prima delle elezioni dato che ai Democratici conviene non avvantaggiare Trump autorizzando una spesa che tornerebbe a suo favore nei sondaggi.

Al netto di questi due temi, guardando solo gli indicatori economici, possiamo ritenere di essere verso la fine della recessione. I dati macro stanno uscendo in miglioramento e, generalmente, sopra le aspettative degli analisti. Ripetiamo, per l’ennesima volta, che le banche centrali sono estremamente di supporto e in queste due settimane lo hanno dimostrato e dichiarato apertamente. Tuttavia, di solito, nelle prime fasi di un ciclo al rialzo la volatilità è elevata e gli “stop&go”, citati anche la scorsa volta, sono inevitabili; in questi mesi che ci separano dalla fine dell’anno di motivazioni per passare dal pessimismo all’ottimismo ce ne sono parecchie,  quindi resta importante mantenere la calma, seguire attentamente le evoluzioni dei mercati e le motivazioni che le hanno determinate per decidere l’azione più opportuna.

Sostanzialmente stabili, nel periodo, le performance delle nostre linee di gestione. Fra quelle azionarie segnaliamo il proseguimento del recupero della ITA e un inevitabile ritracciamento della Chronos parecchio esposta al mercato americano.

Analisi dei mercati del 31.08.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Record storico anche per l’indice mondiale (MSCI World) grazie agli Stati Uniti e al settore tecnologico che continua a trainare i listini.

I motivi principali del movimento rialzista dei mercati sono da ricercarsi soprattutto nelle aspettative sul simposio di Jackson Hole (in particolare sull’intervento del presidente della Fed tenutosi giovedì), nella fiducia circa la produzione di un vaccino contro Cov-Sars 2 e in un non peggioramento dei rapporti fra Cina e Stati Uniti.

Nel suo discorso, in occasione del simposio di Jackson Hole, il presidente della Fed ha annunciato la revisione della strategia della banca centrale americana che è stata approvata all’unanimità dal FOMC. Per quanto riguarda il primo obiettivo, ovvero l’inflazione, l’azione di politica monetaria non deve più tendere ad un’inflazione puntuale del 2% ma ad una “media” del 2%, in questo modo verranno tollerati periodi con un livello più alto purché si arrivi ad avere la media intorno al 2%. Non viene indicato l’orizzonte temporale di riferimento ma si adotterà un approccio flessibile. Considerato l’attuale e persistente livello basso di inflazione i mercati si aspettano almeno due o tre anni di tassi estremamente bassi. Per l’altro obiettivo della Fed, ovvero l’occupazione, non è stato indicato un valore numerico preciso ma la Fed dovrà tenere conto della spinta inflattiva creata e contrastare solo gli “shortfall” dai massimi livelli. La politica monetaria deve quindi subordinare l’obiettivo dell’inflazione a quello dell’occupazione. Non si è parlato di controllo della curva dei tassi (l’altro argomento di discussione per i mercati) e dovremo aspettare almeno il prossimo meeting ufficiale del 18 settembre per avere notizie al riguardo.

Le aspettative di tassi di interesse a breve termine ancorati a livelli bassi per un periodo prolungato unitamente al possibile e auspicabile impatto positivo sulla crescita hanno portato ad un irripidimento delle curve dei rendimenti governativi con i rendimenti dei decennali in rialzo.

Per quanto riguarda i dati macroeconomici usciti segnaliamo i seguenti:

  • Pil tedesco per il secondo trimestre: -9.7% trimestre/trimestre (da -10.1% precedente). Analizzando le componenti si nota il contributo positivo della spesa pubblica e, ovviamente, quello fortemente negativo dei consumi. Il governo tedesco ha deciso di prorogare i sussidi di disoccupazione fino alla fine del 2021 anche attraverso i fondi Sure europei;
  • seconda revisione del dato sul Pil americano del secondo trimestre che è uscito leggermente migliore a -31.7% trimestre/trimestre annualizzato (rispetto a -32.9% precedente) ovvero -9.1% anno/anno.

Parziali segnali di distensione fra Cina e Stati Uniti dopo che i rispettivi funzionari, al termine di un colloquio telefonico, si sono detti positivi circa la risoluzione delle questioni relative alla fase uno dell’accordo firmato a gennaio. TikTok invece ha fatto causa all’amministrazione americana per il divieto sulle transazioni che è stato imposto. Ricordiamo che l’amministrazione americana ha imposto a ByteDance Ltd (la parent company di TikTok) di vendere gli asset americani entro metà settembre.

In Europa si comincia a pensare all’ipotesi di una bad bank: il prossimo 25 settembre si discuterà presso la Commissione Europea tra diverse istituzioni (vertici europei, BCE, asset management company, Eba, etc…) per valutare la costituzione di una bad bank europea che abbia l’obiettivo di ripulire i bilanci delle banche dai crediti deteriorati (soprattutto quelli generati dalla pandemia) che verrebbero ceduti a prezzi di mercato (quindi non scontati). Si vorrebbe evitare di arrivare a fallimenti di società con le conseguenti implicazioni sul mercato del lavoro.

In Giappone si dimette per problemi di salute il primo ministro Shinzo Abe al governo da otto anni. Il mercato il giorno stesso ha corretto sulla notizia e lo Yen si è rafforzato. I cambiamenti apportati all’economia e al mercato giapponese dal leader del partito LDP nell’ambito di quello che viene definito Abenomics probabilmente sono talmente radicati che rimarranno in essere: fra i principali citiamo la nuova politica monetaria (dopo che Kuroda è stato nominato presidente della BOJ), la minore tassazione alle imprese, la maggiore partecipazione al mercato del lavoro (soprattutto femminile), la maggiore immigrazione e il miglioramento della governance e redditività delle aziende.

A proposito di Giappone, è di oggi la notizia che Warren Buffet ha deciso di investire pesantemente proprio sulle trading companies giapponesi ritenute convenienti in termini valutativi e con un alto potenziale di dividendo.

Prezzi del petrolio in aumento dopo che alcune delle tempeste vicine al golfo del Messico si stavano trasformando in uragani. La zona è soggetta agli uragani ma la peculiarità attuale è che per la prima volta si tratta di due uragani gemelli (chiamati Marco e Laura!) che potrebbero arrivare a poca distanza l’uno dall’altro. I timori sono per la potenziale distruzione delle infrastrutture e per le attività di estrazione che verrebbero interrotte come già sta avvenendo in Texas e Louisiana. L’uragano Laura, avviatosi verso categoria 5, rischiava di superare quello Katrina del 2005 e diventare il peggiore uragano della storia ma raggiunta la terra giovedì scorso è stato poi classificato come livello 4.

In fermento il settore delle telecomunicazioni italiano. Il governo ha dato il via libera alla creazione di un’unica società di gestione della banda larga in Italia partecipata da Tim (50.1%) e CDP. L’infrastruttura dovrà essere integrata con quella di Open Fiber mentre al nuovo veicolo FiberCop verrà trasferita la rete secondaria di Tim, la partecipazione del fondo Kkr Infrastructure e le attività di FlashFiber (la JV tra Tim e Fastweb). La parte infrastrutturale sarà separata in una società controllata da Tim ma con una forte presenza di Cdp. Il progetto dovrà essere approvato dai CdA delle varie società coinvolte e infine ottenere il via libera dell’autorità antitrust.

QUESTA SETTIMANA

Questa mattina sono stati pubblicati i dati PMI cinesi che, pur in leggerissima discesa rispetto alla rilevazione di luglio, si mantengono sopra la soglia di espansione (PMI manifatturiero 51, servizi 55.2 e composite 54.5) confermando il cammino di ripresa intrapreso dalla Cina.

In settimana verranno pubblicati anche i PMI finali dell’Eurozona per il mese di agosto e PMI e ISM per gli Stati Uniti dove verranno monitorati con particolare attenzione i consueti dati sul mercato del lavoro (sussidi di disoccupazione) che ci si auspica proseguano nel trend di discesa intrapreso. La pubblicazione del Beige Book della Fed potrebbe dare ulteriori informazioni sulla forza del mercato del lavoro che potrebbe essere confermata venerdì 4 dai dati, riferiti al mese di agosto, sui nuovi occupati e da quello sulla disoccupazione atteso in calo a 9.8% da precedente 10.2%.

In Francia atteso l’annuncio di un piano da 100 miliardi per il 3 settembre.

Ricordiamo che oggi, lunedì 31 agosto, sono previsti gli stock split di Apple e Tesla: gli azionisti di Apple si ritroveranno con 4 azioni ogni 1 posseduta e conseguentemente il prezzo di riferimento sarà ¼ di quello di venerdì, mentre per Tesla il rapporto sarà di 5 azioni ogni una ricevuta. Gli stock split sono spesso utilizzati dalle società per aumentare la liquidità sul titolo rendendo il prezzo più accessibile a tutti. L’indice Dow Jones, che è un indice in cui la ponderazione dei titoli è in base al prezzo e non alla capitalizzazione di mercato (come invece avviene per la maggior parte degli indici), aveva come primo titolo Apple (circa 12%). Con lo stock split il peso di Apple scenderà (a circa 2.8%) così come il peso della tecnologia nell’indice. La società S&P Dow Jones Indices, leader globale della creazione di indici azionari, ha pertanto deciso di modificare la composizione del DJI sostituendo tre titoli (Pfizer, Exon e Rateyon) con Angen, Salesforce.com e Honeywell International. Con questi cambiamenti il peso della componente tech scende meno. Exon è un componente del Dow Jones dal 1928, ovvero da quando il numero dei titoli è passato da 20 a 30.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Come ogni tanto accade ripartono i confronti fra l’attuale crisi e quella del 2008. La differenza fondamentale che emerge è che all’epoca, a fronte di manovre monetarie espansionistiche, si sono susseguite misure fiscali di austerità che ne hanno quindi compensato gli effetti positivi. Attualmente, invece, le politiche fiscali sono molto pro-cicliche quindi abbiamo entrambe le leve dell’economia che agiscono nella stessa direzione. Ovviamente, all’auspicabile effetto positivo sulla crescita fa da contraltare un potenziale impatto sull’inflazione.

A tal proposito, dopo il simposio di questa settimana di Jackson Hole, i mercati si sono potuti tranquillizzare perché, dopo tanti rumors, è finalmente arrivata la conferma dell’obiettivo “simmetrico” di inflazione da parte della Fed e quindi del proseguimento della cosiddetta “repressione finanziaria”. I tassi dovrebbero rimanere fermi per ancora due o tre anni ma qualcuno arriva addirittura a sbilanciarsi parlando di tassi “perma-zero” o comunque vicino a zero per i prossimi 5-7 anni. Resta il fatto che la politica monetaria americana è ormai al servizio dell’obiettivo di occupazione e quindi, pur di raggiungerlo, è disposta a tollerare il rischio di una maggiore inflazione.

Torna quindi a guidare i mercati il tema della liquidità abbondante fornita dalle banche centrali: la conferma la troviamo nel fatto che a fronte di una capitalizzazione mondiale di circa 90 mila miliardi di dollari l’offerta di moneta complessiva (ovvero i vari M2) è pari a circa 89 mila miliardi.

Inoltre, se ci concentriamo sulla borsa americana, possiamo notare come la market cap sia ormai il doppio rispetto al Pil a dimostrazione di come sia stata sostenuta, soprattutto da marzo, dall’enorme liquidità riversata nel sistema (misurata dall’aggregato monetario M2). Appare evidente, ancora una volta, la disconnessione tra economia reale e mercati finanziari e il fatto che la famosa relazione market cap/gdp, individuata da Warren Buffet come uno dei principali indicatori di valutazione del mercato, non sia assolutamente stata presa in considerazione dagli investitori che hanno continuato a comprare le azioni di un’economia in rallentamento/recessione.

Questo elemento unitamente all’avvicinarsi della produzione di un vaccino efficace contro il corona-virus mantiene il buon sentiment sui mercati finanziari.

Positive le performance delle nostre linee di gestione con ancora la Chronos che spicca avendo una maggiore esposizione al mercato e al settore trainante da un po’ di tempo a questa parte, ovvero la tecnologia americana.

Sulle linee con componente azionaria in settimana è stata aumentata l’esposizione all’Europa, e in particolare al settore industriale, acquistando l’ETF SPDR MSCI Europe Industrials. In questo modo l’esposizione azionaria è stata avvicinata ulteriormente a quella dei benchmark di riferimento. Sulla linea Chronos sono state apportati dei cambiamenti alla composizione di portafoglio prendendo parzialmente profitto sui titoli della tecnologia e inserendone altri per ottenere una maggiore diversificazione settoriale.

Analisi dei mercati del 03.08.2020

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La settimana si è chiusa con mercati azionari nel complesso invariati ma con una forte differenziazione geografica dato che gli Stati Uniti (in particolare in Nasdaq con +4%) hanno sovraperformato l’Europa che ha sofferto soprattutto sul settore bancario (Eurostoxx Banks -9%). Poche variazioni sui rendimenti obbligazionari governativi mentre sono positive le performance dell’obbligazionario a spread. Ancora in ascesa il prezzo dell’oro che si avvicina ai 2000 dollari/oncia. E’ proseguita la debolezza del dollaro che è arrivato vicino a 1.18 contro euro.

L’andamento dei mercati è stato condizionato da un mix di dati macro (GDP) non particolarmente belli e da trimestrali che hanno penalizzato alcuni settori (es. energy).

Ma andiamo con ordine.

La Fed, come atteso, ha deciso di lasciare la politica monetaria invariata in quanto la situazione rimane “straordinariamente” incerta in termini di evoluzione della pandemia e impatto sulla ripresa economica. Eventuali modifiche verranno valutate in autunno quando la situazione sanitaria sarà auspicabilmente più chiara e i provvedimenti presi a sostegno della ripresa potranno avere dato gli effetti. E’ stato ribadito che si farà qualunque cosa sia necessaria per supportare l’economia (di nuovo una sorta di “whatever it takes”) e i tassi rimarranno a questi livelli (0%-0.25%) per tutto il tempo necessario. La forward guidance è stata mantenuta e se ne ridiscuterà a settembre.

La conferma della fase difficile attraversata dagli Stati Uniti la abbiamo avuta anche dalla pubblicazione del Pil del secondo trimestre: -32.9% trimestre/trimestre annualizzato (-8.25% se calcolato trimestre/trimestre) verso attese di -34.5%. Si tratta del peggiore dato della storia, per un valore distrutto pari all’intera economia tedesca! Molto negativo (-34.6%) anche il dato sui consumi personali.

Anche in Europa i dati sul Pil sono stati negativi: l’economia tedesca ha visto un Pil in calo del 10.1% trimestre/trimestre (vs aspettative di -9%) nel secondo trimestre e si tratta del peggiore dato dall’inizio della serie statistica (1970), quello francese è sceso del 13.8% (meglio delle attese di -15.2%), quello spagnolo del 18.5% (peggio delle attese di -16.6%) e quello italiano del 12.4% (meglio delle attese di -15.5%). Nel complesso l’eurozona ha visto una contrazione economica del 12.1% nel trimestre.

In Cina è stato pubblicato il dato sul PMI di luglio calcolato dall’agenzia governativa: in salita il dato complessivo (52.8 da 51.2) grazie al settore manifatturiero che si porta ai massimi da marzo (51.1 vs precedente di 50.9). E’ il quinto mese consecutivo di espansione, un buon segnale della ripresa dell’attività.

Il settore bancario europeo ha subito negativamente la decisione della BCE che, come anticipato la settimana scorsa, ha esteso a tutto il 2020 l’invito alle banche a non distribuire dividendi cash (solo eventualmente scrip dividend, ovvero attribuzione di azioni proprie), né riacquistare azioni proprie, ma aumentare, invece, le riserve di liquidità. La decisione verrà poi rivista nel quarto trimestre. La motivazione risiede negli stress test condotti dalla Bce che hanno misurato l’impatto di un eventuale ulteriore crisi pandemica sui ratio di capitale: secondo Andrea Enria (presidente del consiglio di vigilanza) lo scenario base (Pil area Euro in discesa dall’8.7% nel 2020 e rimbalzo del 5.2% e 3.3% rispettivamente nel 2021 e 2022) prevede un impatto sul capitale dell’1.9% con il Cet1 che scenderebbe a 12.6% da 14.5%, quindi gestibile dall’attuale situazione patrimoniale delle banche, invece, in caso di scenario peggiore, l’impatto sarebbe del 5.7% (Cet1 all’8.8%) e alcune banche avrebbero difficoltà a rispettare i requisiti minimi di capitale.

Rimanendo sul settore bancario segnaliamo che si è, finalmente, conclusa l’operazione ISP-UBI che ha fatto nascere un colosso da 5 miliardi di utili (atteso per il 2022), 1.1 trilioni di risparmio, 21 miliardi di ricavi e 460 miliardi di impieghi. Il settimo gruppo europeo per utili per ricavi dopo Santander, BNP Paribas, Bbva, Bpce, SocGen e DB, e terzo per market cap con 48 miliardi (dopo Bnp Paribas e Santander).

Le adesioni hanno raggiunto il 90.21% del capitale. In questo modo, superando il limite della maggioranza qualificata di 2/3 si può procedere alla fusione vera e propria e cedere, come previsto, 532 sportelli a Bper. Chi è rimasto ancora con le azioni Ubi le potrà cedere a Intesa (17 azioni ISP ogni 10 UBI più 0.57 euro per azione) o potrà richiedere il cambio in denaro ad un prezzo pari alla media del valore del titolo nelle ultime cinque chiusure di Borsa.

Lunedì il CdA di Ubi guidato da Victor Massiah dovrà approvare la semestrale, poi si deciderà per le eventuali dimissioni dato che a settembre dovrebbe arrivare il nuovo CdA nominato dall’assemblea ordinaria. Probabilmente nella primavera del 2021 verrà convocata quella straordinaria per la fusione.

Adesso il risiko bancario si sposta su MPS dalla quale il Tesoro (che ha il 68% del capitale) deve uscire entro il 2021 e si parla di una fusione prima tra Bper (che alle spalle ha Unipol con il 20%) e Banco Bpm dopodiché si procederebbe ad inglobare MPS.

L’altro elemento che ha causato un po’ di volatilità sui mercati è stata la reporting season che, con dati misti sulle trimestrali, conferma che alcuni settori sono stati molto penalizzati mentre altri addirittura avvantaggiati dal particolare trimestre che si è concluso: P&G, ad esempio, ha chiuso l’anno fiscale con il record di ricavi dal 2006, grazie al massiccio acquisto di prodotti per la cura della casa, mentre il settore energy ha parecchio sofferto il calo del prezzo del petrolio. Eni, ad esempio, ha tagliato il dividendo e il titolo ha corretto di oltre il 7% sulla notizia. Male anche il settore automotive.

Negli Stati Uniti hanno riportato, nel complesso bene, i big del tech:

  • Apple batte le stime e annuncia uno stock split (4 azioni ogni 1) per rendere accessibili le azioni ad un maggior numero di investitori: i ricavi sono saliti ad un risultato record di 59.7 miliardi di dollari (+11%) così come gli utili che salendo del 18% hanno superato le attese. Le vendite online hanno compensato la chiusura degli Apple Store. Secondo Cook dopo il crollo di aprile le vendite sono risalite a maggio e giugno grazie al lancio dell’iPhone SE;
  • anche per Amazon utili da record grazie alle vendite online. I ricavi sono saliti del 40% rispetto ad un anno fa e gli utili sono stati record nonostante i maggiori costi legati alle assunzioni e alle misure di sicurezza che ha dovuto implementare;
  • Facebook ha battuto le attese degli analisti sia in termini di fatturato che di profitti che di utenti. Stima un aumento del fatturato nel terzo trimestre del 10% anche se potrebbe rallentare nelle regioni in cui le restrizioni da covid vengono allentate;
  • Alphabet invece ha subito il primo declino di ricavi della storia (-2%) a causa del taglio dei budget pubblicitari delle imprese colpite dalla pandemia. Anche gli utili sono diminuiti. Sia fatturato che utili hanno però battuto le stime degli analisti.

Le big del tech (Apple, Amazon, Facebook e Google) sono state chiamate in audizione davanti alla commissione Giustizia della Camera per discutere di temi legati all’Antitrust. I timori sono che un’eccessiva crescita di queste società porti ad effetti anticoncorrenziali. I ceo delle quattro aziende sostengono di dovere affrontare una dura concorrenza che li porta a servire sempre meglio i clienti e innovare in continuazione. Se è vero, da un lato, che i potenziali entranti vengono spesso acquisiti (vedi Instagram o Whattsapp) è anche vero, dall’altro che si assiste ad una continua discesa dei prezzi di alcuni servizi che talvolta sono diventati addirittura gratuiti.

Il peso che tali società hanno sugli indici di borsa e sul Pil americano è tale che eventuali misure restrittive rischierebbero di avere impatti sui listini e sull’economia, cosa non particolarmente benvenuta durante questo anno elettorale.

A proposito delle elezioni americane di novembre il presidente Trump ha chiesto un rinvio a causa del dilagare dell’epidemia.

QUESTA SETTIMANA

Inizia il mese di agosto che statisticamente è caratterizzato da una diminuzione della liquidità e da una maggiore vulnerabilità del mercato ad eventi e notizie forti.

Fra i dati macro della settimana segnaliamo:

  • Cina: pubblicato oggi il dato su Caixin PMI manifatturiero di agosto in ripresa a 52.8 da 51.2.

Mercoledì 5 verranno pubblicati anche il dato sui servizi e aggregato composite;

  • Eurozona: questa mattina sono stati pubblicati i dati PMI manifatturieri riferiti al mese di luglio che vedono un rimbalzo del dato aggregato a 51.8 da 51 con un forte contributo positivo da Italia (51.9 da 47.5) e Spagna (53.5 da 49) che si riportano sopra la soglia di espansione;

Mercoledì 5 sarà la volta dei PMI servizi e composite attesi in linea con il dato precedente (54.8) ma un rimbalzo, come per i manifatturieri, per Italia e Spagna (che a differenza di Francia e Germania non pubblicano i dati preliminari);

  • Stati Uniti: lunedì pomeriggio verranno pubblicati i dati di fiducia ISM e mercoledì 5 quelli PMI servizi e complessivo. Importanti, venerdì 7, i dati sul mercato del lavoro americano per i quali si attende una crescita dei nuovi occupati per il terzo mese consecutivo con un tasso di disoccupazione che dovrebbe passare dall’11.1% al 10.5%.

In generale, una prosecuzione della ripresa nei dati di fiducia delle imprese e nel mercato del lavoro americano sarebbe importante per contrastare l’eventuale debolezza delle trimestrali e/o peggioramenti dei dati sui contagi.

Negli Stati Uniti l’attenzione sarà rivolta al Congresso dove si sta discutendo il quinto pacchetto di misure di stimolo fiscale in sostituzione delle misure che vanno verso la scadenza: ricordiamo che si parla di manovra da 1-1.5 trillioni di dollari.

Giovedì si riunirà la Bank of England: non sono attese particolari modifiche all’attuale politica monetaria (tassi fermi a 0.1%).

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Talvolta può succedere che il mercato prenda improvvisamente atto della difficile situazione economica e ritracci nella componente azionaria con flussi verso quella obbligazionaria governativa (“flight to quality”).

A metà della settimana appena trascorsa è successo esattamente così: il trigger della correzione sono stati i dati macroeconomici relativi soprattutto al Pil del terzo trimestre e qualche trimestrale particolarmente deludente.

Sappiamo bene che si tratta di dati riferiti ad un trimestre passato (quindi “backward looking”) e sappiamo anche che il mercato tende a scontare invece eventi futuri che, magari, si possono dedurre dai dati di fiducia delle imprese PMI (quindi “forward looking”).

Ma, come abbiamo già scritto in questa sede, quando il mercato tende a discostarsi troppo dai fondamentali ci sono dei momenti in cui si decide di fare il punto della situazione e cerca di riallinearsi alla dura realtà, da qui le correzioni (anche violente).

La stagionalità, ripetiamo, non è certamente favorevole dato che la liquidità tende a ridursi in agosto ed ogni notizia rischia di scatenare una reazione oggettivamente esagerata.

Agosto, infatti, statisticamente è stato un periodo in cui si sono verificati eventi particolarmente negativi (ad esempio la crisi finanziaria russa del 1998 o, più recentemente, la svalutazione del Renmimbi nel 2015) e gli investitori possono ritenere opportuno non prendere particolari rischi e magari mettere il portafoglio più in sicurezza.

Questo giustificherebbe il movimento di consolidamento di fine luglio così come il movimento dell’oro e del dollaro.

E’ importante, ribadiamo, mantenere una propria idea e impostazione di fondo per poi essere in grado di sfruttare le opportunità che il mercato crea. E’, però, altrettanto importante monitorare gli eventi per modificare tale impostazione di fondo, qualora si verifichi qualcosa che impatta sulle assunzioni alla base della costruzione del portafoglio e ne determina dei cambiamenti.

Le nostre linee di gestione hanno beneficiato, questa settimana, così come in tutto il mese di luglio, del forte movimento dell’oro e, ancora, del mercato azionario americano soprattutto nella componente tecnologica. La parte obbligazionaria ha proseguito nel suo recupero. Elementi di disturbo sono stati il dollaro, e in generale la diversificazione valutaria, e il settore bancario europeo.

Analisi dei mercati del 27.07.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La settimana era iniziata con una buona intonazione grazie alle aspettative, poi confermate, circa il raggiungimento di un accordo sul Recovery Fund: il Dax era quasi riuscito ad azzerare le perdite del 2020 e il rendimento del BTP a 10 anni era sceso sotto l’1%. Gli ultimi giorni, poi, un inasprimento delle tensioni fra Cina e Stati Uniti ha invertito la tendenza dei mercati azionari che poi hanno chiuso la settimana leggermente negativi nel complesso ma con una sottoperformance dell’Europa e della tecnologia americana. Forte il movimento dell’euro che si è rafforzato contro le principali valute, soprattutto verso dollaro con il cambio EUR/USD che, dopo avere rotto la resistenza a 1.15 si è portato deciso sopra 1.16. Positivi i mercati obbligazionari sia a spread che governativi.

Nella notte fra lunedì e martedì si è arrivati finalmente ad un accordo sul Recovery Fund (o Next Generation EU): la determinazione di Francia e Germania è stata fondamentale nel raggiungere un compromesso nel summit più lungo di sempre (quattro giorni invece di due): la dimensione rimane sempre di 750 miliardi di euro ma cambia la composizione, come avevamo anticipato la settimana scorsa si è deciso per 390 miliardi di sussidi (invece di 500) e 360 miliardi di prestiti (invece di 250). Modificandosi la composizione, si incrementa l’allocazione complessiva per alcuni paesi (es. Italia che otterrebbe il 28% dei fondi complessivi, 81 miliardi di sussidi e 127 di prestiti) dato che i paesi che emettono a tassi molto bassi (come la Germania) non hanno incentivo ad accedere ai loans che, quindi, aumentano per gli altri.

Il meccanismo di sorveglianza su come vengono utilizzati i fondi è da capire meglio ma dovrebbe essere in capo alla Commissione anche se i piani di ripresa saranno approvati a maggioranza qualificata dal Consiglio Europeo su proposta della Commissione. I singoli paesi non possono mettere veti ma solo chiedere l’intervento del Consiglio per bloccare l’esborso nel caso si ritenga che questo porti ad una deviazione risetto agli obiettivi prestabiliti, il cosiddetto “freno di emergenza”, tanto voluto dai paesi nordici. Le erogazioni saranno, quindi, in tranche e condizionate allo stato di avanzamento dei lavori. I paesi “frugali” ottengono che i “rebates” (rimborsi/sconti sul contributo al bilancio) rimangano e che per loro vengano aumentati (ovvero salga lo sconto).

L’aspetto positivo è che la commissione UE emetterà obbligazioni (quindi debito comune), per ottenere le risorse necessarie, anche se ogni paese rimarrà responsabile per la sua quota (mentre in ipotetici Eurobond ognuno è responsabile per tutto), resta comunque un intervento nella giusta direzione. L’intervento è pari a più del 5% del GDP eurozona.

Al fondo si andranno poi ad aggiungere altre risorse stanziate nel bilancio pluriennale 2021-27 per un totale di 1074 miliardi (leggermente meno dei 1100 miliardi proposti inizialmente dalla Commissione). Il finanziamento arriverà da nuove fonti tipo la tassa europea sulla plastica (dal 2021) e quella sulle emissioni inquinanti e sul digitale che dovrebbero entrare in vigore entro la fine del 2022.

Ora il pacchetto, dopo essere approvato dal Parlamento UE, dovrà passare dai singoli parlamenti nazionali per diventare definitivo tuttavia, sebbene in Olanda a causa della frammentazione del governo e delle elezioni l’anno prossimo ci potrebbero essere degli ostacoli, la sua approvazione dovrebbe essere quasi sicura. I singoli paesi poi dovranno predisporre dei piani di spesa per il triennio in linea con le direttive. Il piano sarà effettivo all’inizio del 2021.

Il 30% dei finanziamenti dovrà essere destinato a progetti “green” al fine di raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica (azzeramento delle emissioni nette di gas) entro il 2050. Una parte consistente sarà poi destinata alle infrastrutture, soprattutto digitali. I vari paesi dovranno ovviamente presentare dei piani di spesa coerenti con questi obiettivi e la Commissione li valuterà entro due mesi.

Per l’Italia, al di là della maggiore quota di prestiti e leggermente minore quota di sussidi, quello che conta è che i fondi del Recovery Fund potrebbero sostituire una spesa in conto capitale che avrebbe dovuto essere finanziata con l’emissione di titoli di stato a tassi ben più altri. Inoltre, le spese sostenute da febbraio per contrastare la crisi potranno rientrare sotto il cappello comunitario (ovviamente se in linea con il programma) e aiutare i saldi di finanza pubblica del 2020.

Questo fattore ha consentito al rendimento dei BTP di scendere (quindi al prezzo di salire) anche sotto l’1%, livello che non si vedeva da febbraio.

La festa sui mercati è stata interrotta quando le tensioni fra Cina e Stati Uniti hanno preso il sopravvento: sulla base di accuse di spionaggio (presunto attacco hacker), mercoledì Washington ha imposto la chiusura del consolato cinese a Huston in Texas, dando solo 72 ore di preavviso e minacciando di chiudere altre sedi diplomatiche. La Cina ha risposto alla provocazione lanciata unilateralmente dagli USA prima minacciando azioni legittime e necessarie quali la chiusura, ad esempio, del consolato americano a Wuhan e poi, venerdì, intimando all’ambasciata Usa di chiudere il consolato di Chengdu (capoluogo del Sichuan) nel sudovest del paese.

Si torna a parlare di Brexit dopo che il capo negoziatore britannico David Frost ha ammesso che entro fine luglio non si riuscirà ad arriverà ad un accordo, ma si auspica che si ottenga qualcosa per settembre. Il caponegoziatore per la UE Barnier rimane più scettico anche per settembre ritenendo che l’intesa è ancora lontana in quanto ci sono distanze significative che, se non si riescono a colmare, creano un oggettivo rischio di no-deal. I colloqui informali riprenderanno a Londra il 17 agosto.

Negli Stati Uniti il dato sui sussidi alla disoccupazione (jobless claims) ha leggermente deluso le aspettative uscendo più alto della settimana precedente (1.416 milioni vs 1.3) e interrompendo, quindi, la sequenza di ribassi in atto da aprile dopo che le richieste avevano raggiunto il livello massimo di 6.9 milioni.

I dati di fiducia delle imprese PMI per il mese di luglio hanno confermato il sentiero di ripresa in atto, più marcato in Europa rispetto agli Stati Uniti:

  • Eurozona: PMI composite arriva a 54.8 da 48.5 con entrambe le componenti in miglioramento (PMI manifatturiero 51.1 da 47.4, servizi 55.1 da 48.3). La scomposizione geografica disponibile solo per Francia e Germania evidenzia un miglioramento marcato in entrambi i paesi;
  • US: PMI composite 50 da 47.9 con entrambe le componenti leggermente in rialzo ma meno di quanto il mercato si attendeva (PMI manifatturiero 51.3 vs attese di 52 e PMI servizi 49.6 vs attese di 51).

Nelle scorse settimane abbiamo parlato del forte movimento del prezzo dell’oro che anche questa settimana è salito superando i 1900 dollari/oncia per la prima volta dal 2011. Oggi poniamo l’attenzione sull’argento: dai minimi di marzo è salito di oltre il 90% raggiungendo i 23 dollari/oncia ovvero i massimi dal 2013. Fondamentalmente i driver sono gli stessi (bassi tassi e rischio di inflazione) e storicamente l’argento si è sempre mosso con un lag temporale rispetto al metallo giallo. Esattamente come è successo per l’oro, è salita parecchio l’esposizione sia degli hedge fund sia dei normali investitori che utilizzano gli ETF come strumento per prendere posizione (675 milioni di dollari di flussi netti solo sull’ETF di iShares Silver Trust). L’argento beneficia anche di un utilizzo a livello industriale (52% rispetto al 10% dell’oro) dato che viene utilizzato nei pannelli solari e, soprattutto, nelle reti 5G ad esempio.

Buoni i risultati di Tesla che riporta dopo la chiusura e in after market segna un rimbalzo del 5% annullato il giorno successivo a causa della generale correzione del mercato. Riportando il quarto trimestre consecutivo di profitti può essere presa in considerazione ai fini dell’inclusione nell’indice S&P500 (i criteri sono: la società deve essere basata in US, quotata su NYSE/Nasdaq/Cboe, avere una capitalizzazione superiore a 8.2 miliardi di dollari e riportare quattro consecutivi trimestri di profitti secondo i principi contabili GAAP).

In settimana la svizzera UBS ha riportato i risultati del secondo trimestre: l’utile si è attestato a 1.2 miliardi (in calo dell’11% ma superiore alle attese degli analisti) e il merito va alla divisione trading (come per le banche d’affari americane) e wealth management. Le perdite su crediti hanno raggiunto i 272 milioni di dollari (erano 12 milioni l’anno scorso) ma, sia le attività di amministrazione patrimoniale, che quelle di asset management e investment banking, sono riuscite a contenerne i danni. Per quanto riguarda la solidità patrimoniale, con un Cet1 del 13.3% si conferma sopra la soglia minima stabilita dal regolatore. Per la seconda metà dell’anno l’AD Ermotti si aspetta ancora perdite su crediti ma meno del primo trimestre e spera di riuscire a distribuire dividendi o fare buyback.

Sul tema dei dividendi bancari in settimana è uscita una notizia circa l’intenzione della BCE di chiedere alle banche di mantenere la sospensione dei pagamenti (decisa a marzo) fino alla fine dell’anno (quindi oltre la scadenza di ottobre precedentemente fissata). Le posizioni non sono tutte allineate e si ipotizza anche di esonerare le banche più piccole o di consentire la remunerazione dei soci in azioni in modo da preservare comunque il capitale. Il presidente della vigilanza, Andrea Enria, ha garantito che entro fine luglio e comunque prima delle trimestrali, arriverà la raccomandazione definitiva.

Per quanto riguarda la fusione UBI-ISP (che, con l’aggiunta della quota cash, è diventata OPAS- offerta pubblica di acquisto e scambio) le adesioni sono arrivate al 32.6% del capitale, ma si parla di propensione superiore al 60% (secondo le proiezioni di ISP addirittura 70%). Il Patto dei Mille, che detiene l’1.6% delle azioni con soci in prevalenza bergamaschi, ha ritirato il “no” all’offerta e lasciato libera scelta agli aderenti. Rimane da capire la posizione del patto di sindacato dei soci industriali Car (20% del capitale) e del fondo Parvus (7.9% del capitale). Si ipotizza che parecchi investitori potrebbero avere venduto sul mercato le azioni che sarebbero andate in mano ad arbitraggisti che sfruttano i movimenti di prezzo di ISP e UBI per fare continuamente movimenti e trarre vantaggio dai disallineamenti.

Il Cda di Ubi, che ha nuovamente bocciato l’offerta in quanto non ancora in grado di riconoscere il valore della banca, ribadisce che, qualora non venisse raggiunta la maggioranza qualificata dei 2/3 del capitale (66.7%) Intesa non potrà vendere i 532 Ubi sportelli a Bper (un terzo del totale) dato che Ubi resterà una realtà autonoma e il suo board deciderà sull’ipotetica vendita del ramo d’azienda. Diventa evidente che, poiché la vendita degli sportelli è necessaria per l’autorità antitrust, il raggiungimento del 66.7% di adesioni è importante per poter portare effettuare la fusione. In caso contrario ISP sarà costretta a cedere i suoi sportelli.

L’agenzia di rating Moody’s ha posto in revisione il rating di MPS per un possibile miglioramento del giudizio sul merito di credito dopo che l’istituto di Siena ha ceduto crediti deteriorati ad AMCO per 8.1 miliardi di euro.

QUESTA SETTIMANA

In questo periodo, ovviamente, tema centrale rimane sempre l’evoluzione dei contagi nella speranza che si arrivi ad un contenimento nei paesi che ancora sono parecchio esposti. Gli sviluppi sui rapporti fra Cina e Stati Uniti sono ritornati prepotentemente sulla scena e quindi andranno monitorati con attenzione.

Mercoledì 29 si riunirà la Fed: i tassi rimarranno probabilmente invariati nel range 0%-0.25%. La Banca Centrale dovrebbe ribadire la volontà di mantenere la politica espansiva a sostegno di una ripresa che dipende sia dall’andamento della pandemia che dal possibile nuovo stimolo fiscale. La forward guidance potrebbe venire rafforzata legandola al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2% (simmetrico, quindi anche superabile verso l’alto) e magari si potrebbe parlare di introduzione del controllo della curva dei rendimenti.

Sempre negli Stati Uniti è atteso il rinnovo delle misure di sostegno fiscale in scadenza (tra luglio e dicembre) e magari un nuovo pacchetto fiscale che diventa necessario per il sostegno dei consumi (importante il rinnovo dei sussidi alla disoccupazione). Entro la metà di agosto ci si aspetta qualcosa, per ora si parla di manovra di 1-1.5 trilioni di dollari che porterebbe il totale degli interventi oltre il 20% del Pil pre-crisi.

Fra le società che riporteranno i risultati del secondo trimestre segnaliamo; Amazon, Apple, Facebook e Alphabet (Google) buona parte delle società appartenenti al settore automobilistico (FCA, Audi, Ford, VW, GM…).

Oggi (lunedì) è stato pubblicato l’indice IFO tedesco salito in tutte le componenti: business climate passa a 90.5 da 86.3 (superiore alle aspettative), expectations passa a 97 da 91.6 (superiore alle aspettative) e current assessment arriva a 84.5 da 81.3 (in linea con le aspettative).

Fra gli altri dati che usciranno in settimana segnaliamo il Pil US per il secondo trimestre (giovedì), i dati settimanali sul mercato del lavoro americano (giovedì), Pil secondo trimestre per l’eurozona (venerdì).

Martedì 28 luglio si chiuderà l’OPS di ISP su UBI. Dopo tale data gli scenari saranno i seguenti: a) sotto il 50% di adesione l’operazione non va a buon fine (Ubi e ISP rimangono due banche separate e magari Ubi diventerà l’aggregatore di un terzo polo bancario); b) sopra il 50% (ma sotto il 67%) di adesione chi accetta lo scambio ottiene azioni ISP più il cash (0.57 euro per azione), chi non lo accetta si tiene le azioni UBI che rimarranno quotate ma probabilmente saranno meno liquide e senza il diritto al dividendo più alto offerto da ISP; c) oltre il 67% si procede alla fusione vera e propria, chi non ha aderito vedrà convertite le proprie azioni ma non otterrà il premio cash.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Sappiamo bene quali sono i driver a supporto dell’investimento azionario in una fase come questa. Siamo anche ben consapevoli che i mercati possono muoversi in una fase laterale pur rimanendo fondamentalmente ben supportati.

A ciò aggiungiamo che il periodo estivo, per la tipica minore liquidità, può essere caratterizzato da una maggiore volatilità in quanto bastano volumi ridotti per muovere i prezzi.

Un assaggio lo abbiamo avuto la scorsa settimana con il ritorno dei timori geopolitici. Consideriamo che con l’avvicinarsi delle elezioni politiche di novembre è facile che per contrastare sondaggi, magari non di supporto, il gioco di Trump torni ad essere quello di cercare di fare fronte comune contro il “nemico” rappresentato dalla Cina.

Per quanto riguarda l’Europa, invece, qualcuno ha paragonato la nascita del Recovery Fund al famoso “whatever it takes”, le parole di Mario Draghi pronunciate nel pieno della crisi sul debito sovrano europeo nel 2012 che posero fine alla crisi degli spread. Il motivo risiede nella maggiore credibilità del disegno dell’Unione Europea. Ovviamente il focus ora si sposterà su come le risorse saranno utilizzate e l’Italia deve sforzarsi di approfittare di questa occasione irripetibile. 

Come indicato all’inizio del commento il piano apre la strada all’utilizzo futuro di strumenti fiscali comuni a livello europeo. Questo fattore, unito ai fondamentali relativamente migliori dell’Europa e alla migliore risposta alla pandemia rendono molti investitori ottimisti sul futuro del continente europeo rispetto agli Stati Uniti.

Quindi mentre sugli Stati Uniti c’è parecchia incertezza, l’Europa ha l’occasione della vita per dare una svolta alla propria economia con un impatto positivo sui mercati finanziari, speriamo non la sprechi questa volta!

La correzione dei mercati azionari ha penalizzato soprattutto le linee azionarie pure: la linea ITA, inoltre, soffre ancora per la generale diminuzione della liquidità del particolare segmento in cui investe (small cap italiane), la linea Chronos ha risentito della correzione della tecnologia americana e della debolezza del dollaro. Le altre linee bilanciate hanno affrontato decisamente meglio la correzione grazie anche al contributo dell’oro. Le linee obbligazionarie hanno beneficiato del buon andamento del comparto bond.

Analisi dei mercati del 06.11.2019

Ancora una settimana positiva, soprattutto per i mercati azionari grazie alle buone notizie circa i negoziati fra Cina e Stati Uniti ma anche grazie alla reporting season americana che sorprende le aspettative degli analisti.

Riguardo al primo punto siamo molto vicini alla Fase 1 dell’accordo.

Nonostante i disordini in Cile abbiano portato alla cancellazione del meeting APEC, durante il quale USA e Cina avrebbero dovuto incontrarsi per la firma, e nonostante la Cina metta in dubbio la possibilità di raggiungere un accordo di lungo periodo con Trump, a causa di una certa diffidenza sulla controparte soprattutto riguardo alla cancellazione totale di tutti i dazi, il presidente americano riporta ottimismo dichiarando che verrà trovata un’altra location per la firma (la Cina sembra abbia proposto Macao) e che comunque l’accordo di primo livello smarcherà circa il 60% delle questioni.

Secondo Reuters la Cina avrebbe, tra l’altro, intenzione di togliere il divieto all’importazione di pollami dagli Stati Uniti come primo passo verso un accordo (l’importazione di polli è stata vietata nel 2015 a causa dell’influenza aviaria). Intanto l’agenzia del commercio americana (USTR) valuta se estendere la sospensione dei dazi, in scadenza a fine mese, su 34 miliardi di dollari di beni cinesi. Quindi l’aumento pre-natalizio delle tariffe potrebbe essere nuovamente posticipato al 2020.

Certo i dubbi su una Fase 2 dell’accordo rimangono ma i mercati hanno letto positivamente la notizia.

Per quanto riguarda la reporting season americana, con il 72% delle società (che rappresentano circa l’80% della market cap) che hanno pubblicato il risultato per il terzo trimestre del 2019, la crescita degli utili è, nel complesso, nulla. La buona notizia è che gli analisti si aspettavano una contrazione dei profitti nell’ordine di circa il 5% quindi la “sorpresa” è stata positiva e il mercato l’ha premiata.

In settimana si sono riunite un po’ di banche centrali: Fed, Bank of Japan e Bank of Canada.

La Fed ha, come atteso, tagliato i tassi di 25bps portandoli nel range 1.50%-1.75%. La decisione è stata presa a maggioranza e dal comunicato è scomparsa la frase secondo cui la Fed “agirà in modo appropriato per sostenere l’espansione economica”. Durante la conferenza stampa il presidente Powell ha confermato che l’orientamento di politica economica rimarrà verosimilmente appropriato finché l’economia manterrà una crescita moderata, un mercato del lavoro forte e un’inflazione vicina al target del 2%. Si conferma, quindi, quanto abbiamo scritto nell’ultimo commento, ovvero un’attitudine “data driven” della Fed.

Source: Bloomberg

Gli acquisti dei titoli proseguiranno fino alla metà del 2020 mentre la forward guidance non verrà più utilizzata. Eventuali rialzi dei tassi ci saranno solo quando l’inflazione salirà in modo sostanziale.

Riguardo alle tensioni sull’interbancario, la Fed sta indagando sui motivi che limitano le banche dal rimettere in circolazione la liquidità in eccesso; non è quindi emersa una soluzione strutturale del problema.

La BOJ ha lasciato, come atteso, i tassi invariati (a -0.10%) segnalando che potrebbe tagliarli nel prossimo futuro qualora l’economia dovesse indebolirsi ulteriormente. Il target per il rendimento del decennale nipponico è stato confermato intorno allo zero. Il programma di acquisto titoli è confermato al ritmo di 80.000 miliardi di yen all’anno ma la forward guidance è stata modificata in senso più accomodante indicando che la Banca Centrale è pronta ad un nuovo allentamento monetario se necessario.

Anche la Bank of Canada ha mantenuto i tassi invariati ma confermando la disponibilità a tagliarli nei prossimi mesi qualora l’economia lo richieda.

Per quanto riguarda i dati macro pubblicati in settimana segnaliamo i seguenti:

  • I PMI cinesi sono usciti misti: quelli calcolati dall’agenzia statale (relativi soprattutto alle grandi imprese, principalmente pubbliche) mostrano cali superiori alle attese mentre quelli calcolati da Caixin (agenzia privata la cui survey ha come focus aziende più piccole e non pubbliche) sono in miglioramento e superiori alle stime.
  • Hong Kong entra ufficialmente in recessione tecnica dopo la pubblicazione del dato sul Pil per il terzo trimestre a -2.9% anno/anno (verso attese di -0.3%).
  • Il Pil US per il terzo trimestre (+1.9%) è uscito in calo rispetto al dato precedente (+2%) ma meglio delle aspettative (+1.6%) soprattutto grazie ai consumi (+2.9%) che, seppure in calo, hanno sorpreso in positivo e, rappresentando il 70% dell’economia, sono ancora il principale motore di crescita.
  • I consumi sono sostenuti da un solido mercato del lavoro i cui dati, usciti venerdì 1° novembre, risultano molto positivi: i nuovi occupati crescono più delle aspettative, il tasso di disoccupazione rimane stabile a 3.6% e non c’è pressione salariale.
  • Pil in Eurozona relativi al terzo trimestre: il dato aggregato passa da +1.2% a +1.1% (in linea con le aspettative) ma a livello geografico sorprende positivamente quello italiano (+0.3% da un precedente +0.1% e attese per +0.2%) grazie alla domanda interna.
Source: Bloomberg

Infine, qualche aggiornamento sulla Brexit: il Parlamento britannico ha deliberato che il 12 dicembre si terranno le elezioni. Dopo che la proposta di Boris Johnson è stata bocciata lunedì sera, il premier ha presentato una mozione di revoca della legge del 2011 ottenendo, quindi, di fare passare la proposta con una maggioranza semplice (e non più qualificata).

A questo punto spetta alla Regina sciogliere le Camere 25 giorni prima rispetto al giorno delle elezioni, quindi il Governo resterà in carica fino al 7 novembre. In caso di vittoria alle elezioni Johnson si ripresenterà in Parlamento con un nuovo accordo.

A livello settoriale, in Europa, segnaliamo un po’ di fermento nel settore auto con la notizia di una possibile fusione tra la francese PSA Group e FCA NV che creerebbe un potente rivale di Volkswagen e il quarto gruppo automobilistico mondiale; inoltre, sembra che le negoziazioni con gli americani stiano procedendo bene e il temuto rialzo dei dazi potrebbe essere rimandato. Soffre, invece, il settore bancario dopo la pubblicazione dei risultati di Banco Santander (a causa di pesanti oneri straordinari) e di Deutsche Bank.

QUESTA SETTIMANA

Anche questa settimana avremo la pubblicazione di una serie di dati macro utili per testare lo stato del ciclo economico: in area Euro verranno pubblicati i PMI manifatturieri e relativi ai servizi; negli Stati Uniti l’ISM non manifatturiero e i PMI servizi e composite e in Cina i Caixin services PMI.

Fra le Banche centrali, si riunirà la Reserve Bank of Australia (attesi tassi invariati a 0.75%) e giovedì 7 novembre sarà la volta della Bank of England (attesi tassi invariati a 0.75%), rilevante alla luce dei recenti sviluppi sulla Brexit: uno studio inglese, infatti, quantifica in circa 70 miliardi all’anno, la perdita per l’economia britannica in caso di uscita dall’Unione Europea (circa 3.5% del Pil) su un orizzonte di dieci anni.

L’OPEC, riunito a Vienna, pubblicherà il World Oil Outlook.

Questa settimana riporteranno i dati trimestrali parecchie società italiane tra le quali segnaliamo le banche (Intesa Sanpaolo, Banco BPM, Banca Monte dei Paschi di Siena, Unicredit e UBI tra le principali), Poste Italiane, Assicurazioni Generali e Ferrari.

POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Come abbiamo spesso commentato il posizionamento degli investitori talvolta è sproporzionato rispetto al reale stato dell’economia. La conseguenza di un posizionamento troppo sbilanciato sono i flussi che si generano quando tutti gli investitori decidono di ricalibrare l’asset allocation. Un esempio di riposizionamento lo stiamo vedendo in queste settimane anche se da alcune survey sembra che la negatività dei portafogli sia ancora elevata.

Cosa ha determinato il riposizionamento? Sicuramente la percezione di un miglioramento nelle trattative USA-Cina, in quella, cioè, che rappresenta la principale incognita per gli investitori e per l’economia, poi la constatazione che, per ora, gli utili aziendali tengono e, infine, per quanto riguarda soprattutto gli Stati Uniti, una conferma del buono stato dell’economia e la notizia di un possibile sgravio fiscale per le famiglie americane a partire dal 2020.

Abbiamo, quindi, almeno per gli Stati Uniti, una banca centrale accomodante (anche se “data dependent”), una politica fiscale probabilmente ancora espansiva e un’economia che tiene discretamente bene. Non deve, quindi, sorprendere che il mercato azionario abbia raggiunto nuovi massimi.

In Europa gli ingredienti sono un po’ diversi: la politica monetaria è sì molto accomodante ma con le armi un po’ spuntate e l’economia non è sicuramente in buono stato. Nonostante ciò la performance, pur non ai massimi assoluti, da inizio anno è di poco inferiore a quella americana. Sicuramente la mancanza di alternativa, lato obbligazionario, ha svolto un discreto ruolo. Ulteriore upside potrebbe derivare dall’elemento mancante rispetto agli stati Uniti, ovvero la politica fiscale espansiva. A tal proposito, in settimana, anche la presidente entrante della BCE ha dichiarato che i paesi della zona euro con un avanzo di bilancio (vedi Germania) dovrebbero fare di più per spingere la crescita, dimostrando di essere perfettamente allineata al suo predecessore.

Analisi dei mercati del 23.10.2019

Sabato scorso il Parlamento britannico si è riunito in una sessione speciale, non accadeva dall’invasione delle Isole Falklands da parte dell’Argentina nel 1982, per votare l’accordo sulla Brexit raggiunto fra il premier Johnson e l’Unione Europea. L’accordo non è stato votato e il Parlamento ha emanato una legge che impone di chiedere il rinvio della Brexit a gennaio 2020. Il premier Johnson, quindi, ha inviato a Bruxelles una lettera nella quale viene chiesto il rinvio, ma senza apporre la sua firma, e, successivamente, ne ha inviata un’altra, questa volta firmata, nella quale chiede di non considerare la precedente poiché l’accordo sarà votato in tempo.

Proseguono le negoziazioni fra cinesi e americani che continuano a lavorare alla “Fase 1” dell’accordo commerciale; secondo Trump difficilmente verrà siglato prima dell’incontro, previsto per il 16-17 novembre, con il presidente Xi Jingping al prossimo forum Apec in Cile.

Il clima fra Cina e Stati Uniti rischia di riscaldarsi nel caso in cui il Congresso americano promuova la legge “Hong Kong Human Rights and Democracy”, approvata alla Camera e non ancora al Senato: il supporto americano alle proteste ad Hong Kong sarebbe visto come un’interferenza negli affari cinesi.

Il Fondo Monetario Internazionale ha abbassato, in generale e come atteso, le stime di crescita economica. La crescita per il 2019 è solo leggermente limata al 3% (minimi dalla crisi finanziaria del 2008) ma la cosa importante è il messaggio lanciato dalla nuova presidente dell’IMF Georgieva Kristalina : il rallentamento in atto è “sincronizzato”, riguarda quasi il 90% dell’economia mondiale, quindi non limitato ad un singolo parse o area, e il fatto che le banche centrali siano a corto di munizioni rende ancora più importante evitare errori politici. La politica monetaria è importante che rimanga favorevole ma quella fiscale deve svolgere un ruolo più attivo.

In Cina, venerdì, è stato pubblicato il dato sul Pil del terzo trimestre: 6% da un precedente 6.2%. Si conferma il rallentamento in atto, che garantirà un atteggiamento ancora accomodante da parte della banca centrale. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha, in settimana, stimato una crescita inferiore al 6% per il 2020. La crescita cinese si pone nella parte bassa del range target indicato dal governo, 6%-6.5%, e al livello minimo di sempre, da quando la Cina ha iniziato a pubblicare i dati trimestrali nel 1992, e inferiore anche a quello raggiunto con la crisi del 2008, 6.4%.

Source: Bloomberg

Per contro, però, sono positivi i dati sulla produzione industriale, che risale dopo il minimo da 17 anni di agosto, così come le vendite al dettaglio, segno che i consumi, per ora, tengono.

Mentre l’Italia approva la legge di Bilancio 2020, “salvo intese”in quanto ci sono ancora dei nodi da sciogliere, e la invia a Bruxelles, l’FMI prende di mira i conti italiani e ribadisce che è necessario un piano credibile di riduzione del debito pubblico e misure per rilanciare la produttività. Il basso tasso di crescita del paese non è dovuto all’inefficacia della politica monetaria espansiva ma dai problemi strutturali del paese.

Il tasso minimo garantito del BTP Italia 2027 in emissione è stato fissato a 0.60% e potrebbe essere rivisto al rialzo. L’indicizzazione, come sempre, è all’inflazione italiana, escluso il tabacco, ed è previsto un bonus pari allo 0.40% per chi detiene il titolo fino alla scadenza, otto anni. I risparmiatori hanno potranno sottoscriverlo lunedì 21 e martedì 22.

In Germania il dato ancora deludente sullo ZEW aumenta le probabilità di una manovra fiscale espansiva. La Merkel guarda al dato sul GDP, in pubblicazione il 14 novembre, che potrebbe confermare una recessione tecnica. Intanto il governo rivede al ribasso le stime di crescita per il 2019 a +0.5% e per il 2020 a +1%.

A pesare sull’Europa anche l’entrata in vigore dei dazi americani sui prodotti europei pari al 25%.

Per quanto riguarda la reporting season americana il messaggio è misto: le banche riportano nel complesso non male. Alcoa, principale produttore di alluminio, non mostra risultati brillanti e taglia ancora la stima della domanda mondiale a causa di un probabile rallentamento dell’industria automobilistica. Nei consumi si segnala J&J che alza la guidance di fine anno (positivo quindi il giudizio sui consumi).

Torna a fare parlare Saudi Aramco per l’ennesimo rinvio di quella che è definita come “l’IPO del secolo”. La motivazione, questa volta, sembra essere legata alla verifica del potenziale impatto sul bilancio degli attacchi contro gli impianti petroliferi subiti un mese fa. L’obiettivo è raccogliere più di 25 miliardi di dollari, motivo principale della più grande IPO mai effettuata, al fine di diversificare l’economia saudita che è troppo dipendente dal petrolio.

Il difficile contesto macroeconomico e l’incertezza relativa hanno bloccato, negli ultimi venti giorni, una decina di IPO tra Europa e Stati Uniti. Due hanno riguardato anche l’Italia: si tratta di Ferretti e RCF, per entrambe le offerte sono state deludenti e si è preferito rimandare l’operazione.

I movimenti più significativi sui mercati, in settimana, hanno riguardato le valute: l’allontanamento dell’ipotesi di una “hard brexit” ha permesso alla sterlina di guadagnare contro euro, per contro il mercato azionario è sceso in virtù della correlazione inversa con la valuta, e all’euro di guadagnare contro le altre valute, soprattutto USD e Yen.

Source: Bloomberg

QUESTA SETTIMANA

Giovedì 24 si riunirà la Banca Centrale Europea. Si tratta dell’ultimo meeting con la presidenza di Mario Draghi. Non sono attese decisioni sui tassi: il tasso principale dovrebbe rimanere allo 0% mentre quello sui depositi al -0.50%. Fra 10 giorni la BCE riprenderà l’acquisto di titoli di stato al ritmo di 20 miliardi al mese.

Si riunirà anche la Banca Centrale Svedese, attesi tassi fermi a -0.25%, e quella Norvegese, attesi tassi fermi a 1.25%. Negli Stati Uniti verranno pubblicati i dati relativi agli ordini di beni durevoli e alla fiducia delle famiglie mentre in Europa avremo i PMI preliminari di ottobre e l’IFO tedesco.

Prosegue la reporting season americana, riporteranno società pari a circa il 31% della market cap, e anche quella europea si comincia a fare più interessante: fra le big americane si segnalano Amazon, Intel, Verizon, Microsoft, Twitter, Ford, Tesla, Mc Donald’s, Caterpillar, Boeing. In Europa, fra gli altri, verranno pubblicati i numeri di UBS, Basf, Saipem, Eni.

Sul fronte Brexit, in settimana, Boris Johnson dovrà cercare di fare approvare l’intesa con Bruxelles al Parlamento, come promesso pubblicamente. Intanto i rappresentanti dell’Unione Europea hanno deciso di proseguire, come se niente fosse, il processo di ratifica europeo. A questo punto abbiamo, di nuovo, due scenari: 1) Johnson riesce a fare approvare l’accordo di recesso, una volta approvato anche dal Parlamento Europeo la Brexit potrebbe avere luogo il 31 ottobre; 2) rinvio tecnico (per permettere di completare l’iter di ratifica) o politico (in caso di bocciatura da parte del parlamento britannico) seguito da elezioni anticipate. Guardando i movimenti della Sterlina il mercato sembra scommettere su un accordo.