Analisi dei mercati del 10.12.2019

E’ stata una settimana movimentata per i mercati, soprattutto a causa delle dichiarazioni di Trump. Il presidente USA ha prima annuncia il ripristino dei dazi sui metalli per Argentina e Brasile, accusati di avere valute troppo deboli, poi minaccia di imporne altri sulle merci francesi in risposta alla “digital tax”, istituita a luglio e considerata un danno elevato per le aziende americane, ed infine, dichiara che non ha alcuna scadenza in merito ai negoziati con la Cina, prorogabili anche dopo le elezioni presidenziali del 2020.

La Francia risponde a tono dichiarandosi pronta a reagire, mentre altri paesi, come l’Italia, temono le stesse misure. La Cina da un lato annuncia che pubblicherà a breve l’elenco delle “entità non affidabili”, che, come indicato a maggio, potrebbero subire sanzioni, poi, con più calma, dichiara che la prima fase dell’accordo potrebbe concludersi entro il 15 dicembre.

A tutto ciò si è aggiunto pure il leader nord-koreano Kim Jong Un, che pretende offerte migliori per la denuclearizzazione della penisola. Trump, ovviamente, non teme di dovere usare la forza in caso di escalation delle tensioni.

Venerdì il report sul mercato del lavoro americano, estremamente brillante, ha consentito agli indici azionari di recuperare e chiudere la settimana intorno alla parità.

Il Renminbi, la divisa cinese, ha dimostrato ancora una volta la sua funzione di barometro delle tensioni, indebolendosi a metà settimana per poi recuperare sul finale.

Fra i vari dati macroeconomici usciti in settimana, segnaliamo i PMI manifatturieri in miglioramento per diversi paesi, come Cina, Francia, Germania, UK, USA, e in leggero indebolimento per Italia, livello minimo da maggio. I PMI servizi, anche se in territorio di espansione, ovvero sopra 50, hanno mostrato un leggero indebolimento. In generale, si conferma una convergenza tra le due componenti degli indici di fiducia delle imprese. Ciò ha portato ad una stabilizzazione, leggero miglioramento, del dato aggregato. Come sintesi segnaliamo PMI composite per Eurozona che passa da 50.3 a 50.6 e per US che passa da 51.9 a 52.

Data source: Bloomberg

Gli occhi degli investitori erano puntati sul report relativo al mercato del lavoro americano pubblicato venerdì. I dati sono stati molto forti, con il tasso di disoccupazione tornato al minimo degli ultimi 50 anni, 3.5%, i nuovi occupati che salgono di 266.000 unità, sopra le aspettative di 180.000, e i salari orari che salgono del 3.1% anno su anno. In questo modo l’inflazione salariale dovrebbe continuare a sostenere i consumi.

Data source: Bloomberg

I factory orders tedeschi, invece, deludono le aspettative, scendendo del 5.5% anno su anno, contro le attese di -5%, così come la produzione industriale, -5.3% contro le attese di -4.5% anno su anno. L’attività industriale tedesca rimane debole e questo fattore potrebbe giocare a favore della proposta dell’SPD di un aumento degli investimenti pubblici pari all’1.3% del GDP, anche a costo di non rispettare la politica di pareggio del bilancio.

Positiva è la notizia proveniente dal Giappone circa il possibile pacchetto fiscale di 13 trillion di Yen, 120 miliardi di dollari, a sostegno dell’economia. A ottobre risulta che i consumi giapponesi si siano ridotti per la prima volta in quasi un anno, a causa dell’aumento delle imposte sulle vendite.

Christine Lagarde, davanti alla Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo, si è dichiarata determinata nel perseguire l’obiettivo di inflazione, come da mandato BCE, ma ha anche affermato che non può trascurare altri temi quali la crescita, l’occupazione, i mercati finanziari e i cambiamenti climatici. Ha pertanto deciso di effettuare una revisione, la prima dal 2003, degli obiettivi della Banca Centrale e degli strumenti a disposizione, indicando che i cambiamenti climatici avranno uno spazio importante. L’approccio delle imprese a questo tema dovrà essere considerato nel programma di acquisti dei titoli da parte della BCE, con l’obiettivo di eliminare, gradualmente, dal portafoglio i bond di imprese “carbon intensive”.

Fra le banche centrali riunitesi in settimana segnaliamo la Banca Centrale Australiana, che ha lasciato i tassi invariati al minimo storico di 0.75%, rimanendo aperta ad ulteriori tagli se necessario. La Bank of Canada, che ha lasciato i tassi invariati a 1.75%, intravedendo segnali di stabilizzazione della crescita nonostante le incertezze commerciali.

In Italia proseguono le tensioni all’interno del governo, soprattutto relativamente alla riforma del MES, fondo salva-stati, la cui firma è stata rimandata da dicembre al primo trimestre del 2020.

Moody’s, nel frattempo, ha alzato l’outlook per le banche italiane da “negativo” a “stabile”, grazie alla continua diminuzione dei crediti deteriorati, che comunque all’8% sono in media il doppio rispetto alla media europea, e alle migliori condizioni di finanziamento, minore spread e quindi minori costi che migliorano i ratio patrimoniali.

Durante il vertice OPEC di Vienna, la Russia e i Paesi produttori guidati dall’Arabia Saudita, hanno deciso di tagliare la produzione di ulteriori 500.000 barili al giorno nel primo trimestre del 2020. Qualche ministro ha chiesto un taglio maggiore, nel timore che la domanda debole possa essere ancor più debole e tale da generare un eccesso di offerta.

La settimana si è quindi conclusa con poche variazioni, nonostante la volatilità infrasettimanale: degno di nota il rialzo della sterlina inglese che beneficia dei sondaggi elettorali e che porta debolezza al listino azionari, a causa della composizione molto export-oriented. I rendimenti obbligazionari governativi sono leggermente saliti, soprattutto in Italia a causa delle tensioni governative.

QUESTA SETTIMANA

La settimana che è appena iniziata sarà molto importante, in quanto densa di eventi che potrebbero determinare le sorti dei mercati per il fine anno.

In tema di politiche monetarie segnaliamo le riunioni di tre banche centrali:

– mercoledì 11 dicembre si riunirà la Fed: i tassi non dovrebbero cambiare, nonostante le rinnovate pressioni di Trump, dall’attuale 1.75%, dopo il taglio di 25bps del mese scorso. Dovrebbe essere confermata la fase di pausa sui tassi votata a fine ottobre. La Fed ha tagliato tre volte i tassi nel 2019 e non intende muoverli ulteriormente, se non in presenza di un “material change” dell’economia;

– giovedi 12 dicembre toccherà alla BCE con la prima riunione presieduta da Christine Lagarde: attesi tassi invariati a 0% e tasso sui depositi a -0.50%. All’interno del board i nuovi candidati sembrano essere più rigidi sul tema dei tassi negativi, sottolineando come, andando avanti, gli effetti collaterali potrebbero controbilanciare quelli positivi. Verranno fornite le nuove stime di crescita e inflazione per l’Area Euro;

– sempre giovedì si riunirà anche la Swiss National Bank, che è attesa mantenere i tassi invariati al minimo storico di – 0.75%.

Giovedì 12 dicembre ci saranno le elezioni in UK per il rinnovo del Parlamento: i sondaggi sembrano essere a favore dei conservatori e questo rappresenterebbe il migliore scenario per gli asset finanziari britannici, in quanto permetterebbe una Brexit, come concordato con l’Unione Europea, a gennaio. Scenari alternativi, ovvero una vittoria dei laburisti o il cosiddetto “hung parliament”, senza una chiara maggioranza, sarebbero visti negativamente dai mercati perché prolungherebbero il clima di incertezza.

Domenica 15 dicembre dovrebbe entrare in vigore l’ultima tranche di dazi USA su prodotti cinesi, 15% su 160 miliardi. In questo modo, la totalità dell’import cinese sarebbe soggetta alle tariffe americane e si andrebbero a colpire proprio i beni più venduti durante la stagione natalizia, ovvero giocattoli e smartphone. La convinzione dei mercati è che i dazi verranno posticipati e si porterà a termine la fase uno dell’accordo. Ovviamente, in caso contrario, si entrerebbe in un momento molto incerto e volatile per i mercati e si tornerebbe a parlare di rischio recessione economica.

In settimana la Cina pubblicherà i dati su money supply, loans e inflazione CPI e PPI: si tratta di dati importanti che indicano quanto gli stimoli di politica monetaria si trasmettono alla massa di moneta in circolazione. Questi sono indispensabili per il recupero dell’attività economica.

Martedì in Germania verrà pubblicato lo ZEW, indice di fiducia sul futuro dell’economia tedesca. L’economia tedesca è fondamentale che esca dalla fase di stallo in cui si trova.

Infine, mercoledì partirà la quotazione di Saudi Aramco sulla borsa saudita, prezzo IPO fissato a 32 SAR, e l’OPEC pubblicherà l’Oil Market Report, che fornisce stime su domanda e produzione di petrolio.

Come ciclicamente succede, si torna a parlare di Eurobond per finanziare direttamente i governi e fare, finalmente, ripartire gli investimenti.

La consapevolezza che le banche non sono in grado di trasferire l’enorme liquidità al sistema e con i due nuovi vertici delle principali istituzioni europee, BCE e Unione Europea, allineate sul tema, gli Eurobond potrebbero essere realizzati e i proventi utilizzati laddove sono necessari. Si tratta di un tema su cui in Europa si dovrebbe riflettere.

Intanto le banche centrali continuano a regalare tempo al ciclo economico, evitando di fare temere rialzi dei tassi o restrizioni nei bilanci e lo spettro della recessione sembrerebbe lontano, almeno per gli Stati Uniti in virtù della forza dei dati usciti. Qualora anche gli eventi cardine della settimana, come la decisione sui dazi e elezioni UK, non dovessero regalare sorprese negative, potremmo godere di un’ulteriore fase positiva di un ciclo economico che ormai è il più lungo della storia, 11 anni. Ricordiamo che tale ciclo economico era dichiarato essere arrivato a fine corsa già tre anni fa. Questo dimostra come guardare alla storia e alle statistiche passate, sebbene sia corretto per fare analisi, rischia di essere fuorviante se non si è in grado di contestualizzare la fase che si sta vivendo cercando di capire le differenze rispetto al passato.

Analisi dei mercati del 03.12.2019

Con la scorsa settimana si è concluso un mese decisamente positivo per i “risky assets”: i mercati azionari hanno guadagnato circa il 3% mentre gli obbligazionari governativi sono scesi, con rendimenti saliti ovunque, soprattutto nella periferia europea. Il dollaro americano e la sterlina inglese hanno guadagnato più di un punto percentuale. Il dollaro si è apprezzato in virtù dei buoni dati macroeconomici mentre la sterlina per i sondaggi elettorali favorevoli.

Andando nello specifico, dell’ultima settimana segnaliamo il buon andamento degli indici americani, soprattutto il Russel 2000 con le small-cap che stanno recuperando rispetto alla big. La sterlina ha raggiunto il livello massimo degli ultimi sei mesi su attese di una vittoria dei conservatori alle prossime elezioni, che consentirà di realizzare il piano di uscita dall’Unione Europea, concordato tra Johnson e Bruxelles, evitando una no-deal Brexit.

Source: Bloomberg

Rimanendo in tema elettorale, negli Stati Uniti Michael Bloomberg ha ufficialmente annunciato la sua candidatura alle presidenziali americane, correndo tra le fila dei democratici. Ha dichiarato che non accetterà donazioni e rinuncerà allo stipendio se eletto. La notizia della sua candidatura è positiva perché riduce le possibilità di elezione dei due candidati meno “market friendly” ovvero la Warren e Sanders.

Negli Stati Uniti i dati macroeconomici confermano la forza dell’economia: il Pil del terzo trimestre, seconda stima, segna un miglioramento a 2.1%, da 1.9% della stima precedente. Continuano a crescere i consumi ad ottobre, con un +0.3% come da attese, e sorprendono positivamente gli ordini di beni durevoli, che erano attesi in calo e invece sono saliti di 0.6%. L’inflazione rimane sotto controllo con il PCE deflator, misura di inflazione preferita dalla FED, che sale di 1.3% ad ottobre, contro le attese di 1.4%. Anche secondo il Beige Book, ovvero il report che analizza i dati, raccolti fino a metà novembre per il prossimo meeting della FED, pubblicato mercoledì sera, l’economia mondiale continua a espandersi a ritmo “moderato”, in linea con il mese precedente, e sostenuto da consumi stabili o in leggero aumento.

Source: Bloomberg

Come anticipato la settimana scorsa, visto l’ampio consenso nel Congresso circa la questione di Hong Kong, il presidente Trump non si è potuto astenere dal firmare la legge “Hong Kong human rights and democracy act”. Lo ha però fatto, in modo astuto, il giorno prima della chiusura delle borse americane per le festività del Thanksgiving (forse per evitare un impatto immediato e lasciare un po’ di tempo ai mercati per digerirla?). Ovviamente, la mossa ha “irritato” Pechino che minaccia ritorsioni nel caso gli Stati Uniti continuino ad interferire sul tema della democrazia di Hong Kong.

Passando al nostro continente, segnaliamo che mercoledì 27 il Parlamento Europeo ha votato la fiducia alla nuova Commissione Europea, presieduta da Ursula Von der Leyen, che entrerà in carica il primo di dicembre. Nel discorso la Presidente ha citato le sfide che l’Europa dovrà affrontare, che vanno dalla rivoluzione digitale alla trasformazione climatica. Ha annunciato a breve un piano di mille miliardi di euro in un “Green New Deal”, con l’obiettivo di creare una politica industriale europea veramente federale e non data dalla somma delle singole politiche nazionali. Nella Commissione, per la prima volta, non ci sarà un rappresentante per ogni paese membro dato che il Regno Unito ha deciso di non essere rappresentato.

In Italia continua il dibattito sul MES (o ESM o “fondo salvastati”), con il Movimento 5 stelle che preme affinché vengano apportate delle modifiche alla riforma; il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ritiene che il trattato verrà firmato, molto probabilmente, in febbraio e non ci sono, attualmente, le condizioni per riaprire il negoziato, anche perché sarebbe considerato negativo per l‘Italia non sottoscrivere la riforma.

A livello societario segnaliamo Unicredit che, dopo avere “dismesso” Pioneer, Pekao, Fineco e Mediobanca, si appresta a uscire dalla Turchia sciogliendo la joint venture con Koc Holding e cominciando a ridurre la partecipazione in Yapi ve Kredi Bankasi, dall’attuale 42%, al circa 30%. Attualmente, in base ai principi contabili prudenziali, Unicredit deve utilizzare, prima della svalutazione, una quantità importante di capitale regolamentare per la quota in Yapi. Una cessione del 20% di Yapi migliorerebbe il capital ratio di circa 60bps e consentirebbe a Mustier di avviare il piano di buyback che ha in mente da tempo.

Oggi la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, testimonierà davanti alla Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo. Come sempre, gli occhi sono puntati su possibili spunti relativi alla politica monetaria. In settimana si avranno due riunioni di banche centrali: martedì la Reserve Bank of Australia, con un’attesa di tassi invariati al minimo storico al 0.75%, e mercoledì la Bank of Canada, con tassi attesi invariati a 1.75%.

Sempre per testare lo stato dell’economia e valutare segnali di stabilizzazione o ripresa del ciclo, durante la settimana verranno pubblicati i dati sui PMI in vari paesi. Abbiamo iniziato con quelli cinesi, sia elaborati dall’agenzia pubblicache da quella privata Caixin: entrambi segnalano un deciso miglioramento dell’attività economica, con la componente “new export orders” che sale al livello più alto degli ultimi sette mesi, rimanendo tuttavia in contrazione a 48.8, e la componente manifatturiera che si riporta in territorio di leggera espansione.

In leggero miglioramento anche gli indici di fiducia dei paesi europei per il mese di novembre: il dato aggregato manifatturiero passa da 46.6 a 46.9. A livello geografico il dato italiano è debole a 47.6, mentre si conferma forte quello francese a 51.7. La Germania, piano piano e restando in territorio di contrazione, risale a 47.6.

Il PMI manifatturiero americano, atteso stabile a 52.2, e l’ISM a 48.1.

QUESTA SETTIMANA

In Europa martedì si riunirà l’Ecogruppo per discutere della riforma del MES e dell’unione bancaria mentre mercoledì i ministri delle finanze dell’Area Euro si incontreranno a Bruxelles.

Giovedì verrà pubblicato il dato sul PIL dell’Area Euro e i Factory orders in Germania.

Venerdì la settimana si concluderà con il report sul mercato del lavoro americano: il tasso di disoccupazione è stimato stabile a 3.6% mentre è attesa una crescita dei nonfarm payrolls (libri paga).

Giovedì partirà la due giorni di meeting OPEC a Vienna. Il mercato petrolifero è stimato andare in surplus durante il 2020 ma non necessariamente questo comporterà un taglio della produzione. Ci si aspetta solo una breve proroga, da marzo a giugno, degli attuali tagli. Sempre giovedì verrà fissato il prezzo dell’IPO di Saudi Aramco. L’obiettivo del governo saudita è di raccogliere più di 25 miliardi di dollari attraverso la vendita di una quota dell’1.5% del più grosso produttore al mondo di petrolio, valutato tra 1.6 e 1.7 trillions USD.

Si avvicina la data del 12 dicembre, che prevede l’introduzione dei nuovi dazi americani sui beni cinesi, e rimane quindi estremamente importante monitorare gli sviluppi sul fronte USA-Cina.

Il paradosso dei tassi negativi, oltre ai risvolti negativi per le banche, le assicurazioni e i clienti, scatena considerazioni di più alto livello per le implicazioni che crea sulle generazioni future. Gli Stati che emettono obbligazioni a rendimento negativo generalmente ad un prezzo sopra la pari, pagando la cedola, più o meno alta, e rimborsano a 100 dopo un certo numero di anni: il risultato è un profitto di emissione che confluisce nel bilancio pubblico invece di essere diluito nel tempo. Maggiore è la cedola, maggiore è il profitto immediato, in quanto il prezzo di emissione sarà molto sopra la pari. Si tratta un tema che dovrebbe essere più attentamente considerato, dato che danneggia le generazioni future. Si stima che in questo modo la Germania sia in grado di “gonfiare” il bilancio statale di 7.5 miliardi di euro, avendo la curva con rendimenti negativi fino a oltre 20 anni. L’unica eccezione è l’Austria che preferisce contabilizzare, correttamente, gli utili su più esercizi.

Inizia ora l’ultimo mese dell’anno e mentre i mercati azionari continuano a prezzare una crescita, seppur modesta, dell’economia, quelli obbligazionari prezzano una recessione, anche se in misura minore rispetto ad un paio di mesi fa. La verità è che, come sottolinea Barclays nel suo outlook 2020, nonostante il rally azionario, il 2019 non si può definire un anno da “bull market”. Il sentiment degli investitori non è euforico e i rendimenti obbligazionari sono estremamente bassi.

Il posizionamento, la migliore valutazione relativa ai bond e la stima di una ripresa degli utili sono i principali elementi a supporto all’asset-class azionaria anche in questa ultima parte dell’anno. Il cauto atteggiamento degli investitori potrebbe anche essere legato al timore che si possa ripetere il crollo dei mercati che ha caratterizzato l’ultimo mese del 2018.

Questo è il periodo in cui tutte le case di investimento e di asset management si apprestano a fornire il proprio outlook per il 2020: in generale, come dall’esempio citato di Barclays, si predilige l’azionario e qualche nicchia di obbligazionario (es. paesi emergenti).

Le considerazioni a supporto dell’equity, oltre alla mancanza di alternative profittevoli e convenienti, è rappresentato da uno scenario non di recessione ma di crescita, modesta, supportata da una politica monetaria che rimane espansiva e da una politica fiscale che deve esserlo. Su quest’ultimo punto il grande ostacolo, in Europa, è rappresentato dalla Germania, tuttavia, si parla sempre di più di “green new deal” e del fatto che la più ampia presenza di partiti “verdi” e la maggiore sensibilità alle tematiche ambientali rende possibili e più probabili investimenti di questo tipo. La BEI ha, recentemente, deciso di non finanziare più investimenti “energivori”; inoltre, le due donne alla guida delle due principali istituzioni europee, la tedesca Ursula Von der Leyen, Presidente della nuova Commissione Europea, e la francese Christine Lagarde, Presidente della BCE, spingono in questa direzione. Speriamo.

Analisi dei mercati del 29.10.2019

Settimana positiva per i mercati finanziari, soprattutto azionari. Leggero rialzo per i rendimenti governativi. Dal punto di vista valutario si segnala il rafforzamento del dollaro e delle valute emergenti.

Analizziamo con ordine i principali eventi della settimana partendo dalle decisioni delle banche centrali.

Nulla di nuovo dalla conferenza stampa della BCE presieduta per l’ultima volta da Mario Draghi. I tassi sono rimasti invariati, tasso sui depositi: -0.50%, e si è confermato il programma di QE per 20 miliardi al mese a partire dal primo di novembre e “finché sarà necessario”. Christine Lagarde, prossimo governatore della BCE, ha partecipato alla riunione come ospite. Draghi ha ribadito che il quadro macro è debole e la politica monetaria resterà accomodante ma ha, nuovamente, sottolineato la necessità di stimoli fiscali, soprattutto per i paesi con più margine di manovra.

In nord Europa la Riksbank, banca centrale svedese, lascia, come atteso, i tassi invariati a -0.25%, ma comunica che intende portarli a zero a dicembre in un’ottica di normalizzazione della politica monetaria. Il rallentamento dell’economia domestica è visto semplicemente come un ritorno al trend dopo molti anni di forte crescita; la Banca Centrale Norvegese lascia i tassi invariati a 1.50%, dopo il rialzo del mese scorso.

Anche fra i mercati emergenti ci sono state decisioni sui tassi: il Cile ha tagliato il tasso base di 25bps a 1.75%, la Russia lo ha tagliato di 25bps a 6.50% e infine la Turchia ha abbassato il one-week repo rate al 14% (da 16.50%).

Si confermano, quindi, politiche monetarie molto accomodanti, con spazi per ulteriori tagli soprattutto nei paesi emergenti, visto il generale basso livello dell’inflazione.

Passando ai dati macroeconomici i PMI preliminari usciti in settimana sono misti. In Giappone hanno deluso parecchio ma sono giustificati, in parte, dal tifone che ha colpito il paese nelle scorse settimane e dall’aumento dell’Iva. In Europa, nel complesso, sono usciti PMI stabili e, geograficamente, la Francia è andata molto bene mentre la Germania arranca ancora nel manifatturiero; in USA rimangono stabili con il settore manifatturiero che prosegue nel rimbalzo.

In Germania, venerdì è stato pubblicato l’IFO tedesco, in linea con le attese e con il precedente: analizzando la composizione migliora la parte “expectations” mentre delude quella “current assesment”.

Source: Bloomberg

La Bundesbank ipotizza che nel terzo trimestre ci sarà un’ulteriore riduzione del Pil ma esclude una recessione intesa come ampio e durevole declino della produzione.

In generale possiamo ipotizzare una generale stabilizzazione del quadro economico.

Il Parlamento britannico ha votato a favore dell’accordo sulla Brexit ma, nello stesso tempo, ha bloccato la possibilità di una risoluzione rapida, escludendo, quindi, un’uscita il 31 ottobre. Visto che, probabilmente, l’Europa concederà un’estensione fino a gennaio il primo ministro Boris Johnson ha chiesto elezioni anticipate il prossimo 12 dicembre.

Sul fronte dei negoziati commerciali, indiscrezioni suggeriscono che Washington e Pechino sono vicine a finalizzare alcune parti dell’accordo.

Riguardo alla manovra finanziaria italiana, la Commissione Europea ha chiesto chiarimenti sul budget 2020 in modo da valutare se sussiste il rischio di “deviazione significativa” rispetto alle raccomandazioni del Consiglio dello scorso 9 luglio. La richiesta è in ottica di dialogo costruttivo con l’Italia, infatti, Moscovici ha dichiarato non si chiedono modifiche ma solo spiegazioni.

Venerdì, a mercati chiusi, S&P si è espressa sull’Italia: il rating, come atteso, è stato lasciato invariato a BBB con outlook negativo. L’agenzia di rating considera credibili gli obiettivi fiscali del governo anche se la debolezza della domanda, sia interna che estera, e la bassa inflazione rendono più complicato abbassare il debito. Le stime di crescita sono per uno 0.1% quest’anno e 0.4% nel 2020.

Source: Bloomberg

La quindicesima emissione del BTP Italia si conclude con successo, oltre le aspettative, a quota 6.75 miliardi. Il tasso minimo garantito è stato alzato da 0.60% a 0.65%; è stata una novità di questa emissione la possibilità di rivedere il tasso prima della fase riservata agli investitori istituzionali.

Passando al micro la stagione dei risultati negli Stati Uniti è arrivata a quasi la metà e mostra utili in discesa di circa 0.5% ma in misura inferiore a quanto atteso dagli analisti, che si aspettavano una contrazione nell’ordine del 3/4%. E’ vero che le stime degli analisti erano state riviste parecchio al ribasso ma è altrettanto vero che la sorpresa positiva c’è ed è generalmente ben vista dai mercati.

QUESTA SETTIMANA

Anche questa settimana sarà moto movimentata, visti i diversi eventi in programma.

Saranno ancora le banche centrali le protagoniste, iniziando mercoledì con la riunione della Fed: è atteso, con una probabilità di quasi il 91%, un taglio. Sarebbe il terzo consecutivo di 25 bps, che porterebbe i tassi nel range 1.50-1.75%. L’attenzione del mercato sarà sulle indicazioni circa le prossime mosse: potrebbe essere annunciato il ritorno ad una politica monetaria “data driven”. Powell potrà dare anche dei dettagli su come fornire liquidità, in modo permanente, al sistema. Ricordiamoci che, attualmente, la Fed acquista T-bill, quindi titoli di stato a breve termine, nella misura di 60 miliardi al mese.

Source: Bloomberg

Nello stesso giorno anche la Bank of Canada comunicherà la sua decisione: si attendono tassi invariati.

Giovedì toccherà alla Bank of Japan deliberare sui tassi e fornire un’indicazione circa l’outlook per l’economia giapponese: sono attesi tassi invariati, attuale livello -0.10%, e una forward guidance che ribadisca l’importanza di tenerli bassi fino almeno alla prossima primavera.

La UE sembra intenzionata a stabilire un’estensione della Brexit fino al 31 gennaio. Il parlamento britannico oggi vota per andare ad elezioni anticipate il 12 dicembre ma anche per cambiare la legge che richiede una maggioranza di due terzi del parlamento affinché la mozione di elezioni anticipate possa avere successo. Johnson dichiara che, comunque, in caso di vittoria alle elezioni farà ratificare l’accordo già firmato da lui.

In Cina verranno pubblicati i PMI, che potrebbero confermare la fase di debolezza dell’economia. Si terrà il plenum del Partito Comunista durante il quale, probabilmente, si parlerà anche delle proteste di Hong Kong oltre alle misure per supportare l’economia.

Mercoledì verrà pubblicato il dato sul PIL americano atteso in rallentamento a 1.6%
Venerdì avremo la pubblicazione dei dati su ISM manifatturiero americano e mercato del lavoro.

Source: Bloomberg

Analisi dei mercati del 08.10.2019

Dopo la settimana delle banche centrali e dopo quella della politica, la settimana appena conclusa ha avuto come tema dominante, che ha pesato sugli asset rischiosi, il quadro macro-economico.

I dati finali sui PMI europei e, soprattutto, quelli sull’ISM americano hanno lasciato temere l’avvicinarsi di una fase recessiva per le economie e i mercati azionari e, in generale, gli asset rischiosi ne hanno sofferto a vantaggio soprattutto dell’obbligazionario governativo americano.

Il dato sul PMI manifatturiero per l’area euro sale leggermente, da 45.6 a 45.7, ma rimane in territorio di rallentamento. Solo il dato tedesco è superiore al precedente ma, partendo da un livello molto basso, non è in grado di risollevare molto l’aggregato. Anche il PMI servizi scende, a 51.6 da 52, ma in questo caso, stranamente, il contributo positivo è venuto dall’Italia che passa da 50.6 a 51.4. Il dato composite per l’Eurozona rimane, per poco, in territorio di espansione a 50.1.

In Germania a fronte di un quadro macro in continuo deterioramento è intervenuta anche la Confindustria tedesca, che ha invitato il governo ad abbandonare la politica di pareggio fiscale. La costituzione federale prevede, attualmente, un limite massimo al rapporto deficit/pil pari a 0.35%.

In US, l’ISM manifatturiero di settembre, pubblicato martedì, sorprende negativamente le attese e scende al livello minimo degli ultimi 10 anni, 47.8 rispetto al 49.1 precedente: la reazione immediata dei mercati è stata da manuale, con i rendimenti governativi ed il mercato azionario in ribasso, risk-off trades in rialzo (oro, vix e valute rifugio). A gravare ulteriormente sul quadro giovedì è stata la volta dell’ISM non manifatturiero, cioè relativo ai servizi, che rappresentano circa l’85% dell’economia: il livello attuale è di 52.6, da 56.4 precedente e attese per 55, e si tratta del più basso degli ultimi tre anni. Conferma che la debolezza del manifatturiero si sta trasferendo anche ai servizi con il rischio che l’indice aggregato composite passi, prima o poi, sotto il 50 segnalando, cioè, un’economia in contrazione.

Interessante notare come i dati di fiducia degli Stati Uniti siano peggiorati mentre quelli cinesi sono marginalmente migliorati. Se da un lato questa considerazione dovrebbe fare riflettere Trump sugli effetti della guerra commerciale, dall’altro crea ulteriore pressione alla Fed. Attualmente i tassi impliciti sui Fed Funds danno probabile al 75% un taglio di altri 25 bps al FOMC del 30 ottobre.

Source: Bloomberg

Abbiamo avuto, quindi, una settimana di dati sulla fiducia delle imprese in indebolimento: si tratta però di “soft data” e vanno, quindi, comparati con quelli reali “hard” dell’economia, che potrebbero, si spera, mostrare un quadro un po’ diverso.

Ne abbiamo avuto un assaggio venerdì con i numeri sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello minimo degli ultimi 50 anni a 3.5%, la creazione di nuovi posti di lavoro ha sorpreso in positivo, se si guarda il dato aggregato dei due mesi, mentre l’inflazione salariale è stabile al 2.9%.

A conferma che il rallentamento e i timori circa la frenata dell’economia globale frenano la fiducia delle aziende il Financial Times riporta che fusioni e acquisizioni a livello globale sono in calo dell’11% rispetto a un anno fa e sono ai minimi dal 2017.

A pesare sul sentiment cupo dei mercati è stata anche la notizia relativa alla decisione del WTO in merito alla contesa Boeing-Airbus relativa agli aiuti di stato: ha deciso che gli Stati Uniti possono imporre 7.5 miliardi di dollari di dazi contro i prodotti europei. I prodotti colpiti sarebbero aerei e componentistica prodotta in Europa e una serie di prodotti alimentari e beni di lusso. La preoccupazione è che, come ipotizzavamo già tempo fa, la guerra commerciale possa allargarsi anche all’Europa.

Nel frattempo in Italia il Consiglio dei Ministri ha approvato il NADEF (nota di aggiornamento del documento di economia e finanza): il rapporto deficit/pil tendenziale per il 2020 è stimato all’1.4%, da precedente 2.1%, grazie a maggiori entrate fiscali per lotta all’evasione, risparmi su reddito di cittadinanza, quota 100 e minore spesa per interessi.
La manovra vale circa 30 miliardi, di cui 23 servono per evitare l’aumento dell’IVA, totalmente per il 2020 e parzialmente per gli anni 2021-2022, e circa 3 servono per finanziare il taglio del cuneo fiscale.

La crescita del Pil, a politiche invariate, per il 2019 arriverebbe a +0.1% e per il 2020 a +0.6%, mentre, tenendo conto delle misure decise, si arriva a +0.2% per il 2019 e +0.8% per il 2020. Vedremo se la manovra incontrerà i favori di Bruxelles.

Nel NADEF si accenna anche alla possibilità di emettere appositi strumenti per finanziare il Green New Deal: si tratterebbe dei c.d. BTP green utilizzati per raccogliere risorse da destinare al settore delle rinnovabili, economia circolare, prevenzione rischio geologico, mobilità elettrica. L’obiettivo è anche di scorporare dai bilanci degli Stati gli investimenti per la sostenibilità ambientale.

Sul mercato obbligazionario italiano è curioso che un BTP decennale legato all’inflazione europea, emesso in settimana, abbia riscosso un successo impensabile fino a poco tempo fa: a fronte di 4 miliardi di offerta la domanda degli investitori è stata pari a 22 miliardi. La giustificazione può risiedere nel fatto che prodotti che proteggono dall’inflazione sono diventati rari e quindi i gestori, che devono necessariamente averli in portafoglio, si accalchino sulle poche offerte disponibili.

Sul fronte Brexit il piano del premier Johnson è stato bocciato dall’Unione Europea, che ha concesso una settimana per riproporre una soluzione migliore per il confine con l’Irlanda. Era stata proposta la rimozione del back-stop e la creazione di una zona regolamentare comune nel territorio irlandese, al fine di evitare che le uniche due opzioni siano un’estensione o una no-deal brexit.

A inizio settimana abbiamo assistito ad un generale rialzo dei rendimenti governativi, che sembra avere avuto origine in Giappone a causa di due notizie: 1) la BOJ ha comunicato l’intenzione di ridurre gli acquisti di JGB, titoli di stato giapponesi, con scadenza superiore ai 2 anni, mentre per quelli nel range 25-40 anni potrebbero addirittura essere azzerati gli acquisti; 2) Il GPIF, ovvero fondo pensione dei dipendenti pubblici con 1500 miliardi di dollari, sarebbe in procinto di classificare gli investimenti in bond stranieri a cambio coperto equivalenti a quelli domestici; in questo modo aggirerebbe il limite tecnico del 19% sul totale di portafoglio attualmente imposto dal mandato. La conseguenza di tutto ciò è un generalizzato rialzo dei rendimenti con irripidimento della curva, limitato però alla prima parte della settimana, dopodiché sono prevalsi i timori sulla crescita e i rendimenti sono tornati ai livelli iniziali.

Source: Bloomberg

QUESTA SETTIMANA

In Germania è stato pubblicato il dato sugli ordinativi alle imprese: -6.7%, precedente -5%, atteso -6.4%. Siamo al quindicesimo mese consecutivo di contrazione.

Martedì riapre il mercato locale cinese e vedremo la reazione ad un miglioramento dell’attività economica.

In UK il Parlamento verrà sospeso, come di consueto, nella settimana precedente al discorso della regina previsto per il 14 ottobre. A causa della questione Brexit la pausa non era mai stata fatta negli ultimi due anni, ma questa volta, non senza polemiche, Johnson ha chiesto la sospensione dei lavori e l’inizio di una nuova sessione il 14 ottobre.

Mercoledì verranno pubblicate le minute del FOMC del 17/18 settembre durante il quale si è deciso di tagliare i tassi di 25 bps, con 3 membri contrari.

Giovedì partono le negoziazioni a Washington tra il Vice-Premier cinese Liu He e la controparte americana, il giorno prima dell’aumento di altre tariffe sulle importazioni cinesi. Abbiamo da un lato Trump che dichiara che “un accordo è più vicino di quanto si pensi” e dall’altro la Cina che dichiara che non accetterà diktat sulla politica industriale e i sussidi governativi alle imprese.

Importante la pubblicazione dell’inflazione americana, CPI attesa 2.4% anno/anno.

Analisi dei mercati del 01.10.2019

Dopo un periodo dominato dalle notizie sulle Banche Centrali questa settimana la protagonista del newsflow è stata la politica.

Partiamo con la Gran Bretagna dove la Corte Suprema ha definito “contraria alla legge” la mossa di Boris Johnson di chiedere e ottenere dalla regina la sospensione dei lavori del Parlamento per cinque settimane a partire dal 10 settembre. L’illegalità è legata al fatto che si è impedito al Parlamento di svolgere la sua funzione costituzionale senza giustificazioni ragionevoli. Rendendosi conto che, ormai, sarà difficile arrivare ad un accordo con la UE, come richiesto dal Parlamento, e, quindi, occorrerà chiedere un rinvio, Johnson dichiara che occorre andare a nuove elezioni al più presto. Effettivamente, per evitare di chiedere il rinvio della Brexit il Premier può solo dare le dimissioni e sperare in nuove elezioni.

Negli Stati Uniti, invece, si è cominciato a parlare di impeachment contro il Presidente: la causa sarebbe da attribuirsi al rifiuto, da parte di Trump, di rispondere alle domande di chiarimento, da parte del Congresso, circa la sua richiesta al presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy di indagare sull’ex vice-presidente e attuale candidato democratico Joe Biden. Trump è quindi accusato di avere abusato del suo potere, sollecitando l’aiuto di un Paese straniero al fine di mettere in cattiva luce lo sfidante democratico.

Ovviamente dalla richiesta di impeachment alla condanna i passaggi sono tanti e richiedono tempo; occorrono, infatti, 2/3 passaggi del Senato, dove i repubblicani hanno ancora la maggioranza. Quello che però ha spaventato i mercati è la possibilità di un rinvio dei negoziati. La Cina potrebbe tirare per le lunghe la questione, con l’obiettivo di dialogare con un possibile nuovo Presidente e ottenere un risultato più favorevole.

L’incontro fra il Vicepremier cinese e i rappresentanti americani a Washington è previsto per il 10 ottobre. Durante la settimana passata si sono intervallate diverse dichiarazioni di Trump e della controparte cinese molto altalenanti: da un lato, le aziende cinesi si dichiarano pronte ad aumentare gli acquisti di carne di maiale dagli Stati Uniti, dall’altro Trump continua a puntare il dito sul tema della proprietà intellettuale, poi però dichiara che l’accordo potrebbe essere fatto prima del previsto.

Venerdì Bloomberg ha pubblicato la notizia secondo cui funzionari dell’amministrazione Trump stanno valutando il delisting di società cinesi dai mercati USA e limiti ai flussi di investimenti statunitensi verso la Cina. La situazione rimane quindi estremamente fluida e gli algo-trades creano una volatilità non certo favorevole.

Dall’assemblea ONU Trump ha sollecitato le altre Nazioni a unirsi a lui per esercitare pressioni sull’Iran dopo gli attacchi agli impianti petroliferi sauditi. Nel frattempo, gli Stati Uniti aumentano la pressione su Teheran sanzionando le società cinesi per avere ricevuto petrolio iraniano.

Il prezzo del petrolio torna ai livelli pre-attacco ai pozzi sauditi sulla notizia che le riparazioni procedono velocemente e le scorte di greggio negli Stati Uniti sono aumentate. Oggi il principe ereditario saudita, in un’intervista, avverte che i prezzi potrebbero impennarsi con “numeri inconcepibilmente alti” se il Mondo non si unirà per fermare l’Iran.

In Austria, nel fine settimana, si sono tenute le elezioni anticipate che hanno portato il Partito Popolare ad avere il 37% dei voti e i Verdi al 14%. Anche in questo caso non sarà facilissimo formare un governo.

Tornando in tema, invece, di Banche Centrali, Draghi, durante l’audizione (l’ultima prima della fine del mandato) davanti al Parlamento Europeo conferma che l’economia è debole e non ci sono convincenti segnali di ripresa. Tale debolezza contribuisce a mantenere l’inflazione persistentemente sotto i livelli target. Pertanto, la politica monetaria deve rimanere molto accomodante e pronta ad utilizzare tutti gli strumenti che non hanno esaurito l’efficacia ma che sarebbero più efficienti e rapidi nell’azione qualora fossero affiancati da un’adeguata politica fiscale; inoltre, le regole di bilancio andrebbero rivisitate per evitare un’applicazione pro-ciclica, implicitamente si esortano i paesi con “spazi nei bilanci” ad implementare manovre a favore degli investimenti e dei consumi. Vedremo la futura governatrice Lagarde se saprà/vorrà creare un maggiore legame tra politica monetaria e fiscale. Ha, anche, accennato anche alla possibilità di attuare la MMT (Modern Monetary Theory) pur ammettendo che dovrebbe essere compito della politica fiscale redistribuire le risorse.

Nella BCE fanno discutere le dimissioni di Sabine Lautenschlaeger: si tratta del quarto membro tedesco dimissionario negli ultimi anni, la cui decisione viene vista come segnale di dissenso rispetto alle misure di stimolo adottate da Francoforte. La Germania intende mantenere la rappresentanza nel board dell’esecutivo e quindi a breve comunicherà il sostituto.

Da un punto di vista macro, in settimana abbiamo avuto una serie di dati che confermano un quadro di generalizzata debolezza, ma con una forza relativa, di Stati Uniti verso Europa, che spinge l’Euro ad indebolirsi ulteriormente.

Dalla Germania, dopo i deludenti dati sui PMI, anche la pubblicazione dell’IFO delude le aspettative nella componente “attese future di business”.

Anche in Giappone i dati sui PMI escono in deterioramento a 48.9 rispetto al 49.3 di agosto.

In US viene pubblicata la terza revisione del PIL del secondo trimestre che conferma la crescita a +2% con i consumi che continuano a fare da traino per l’economia.

In Cina la pubblicazione del Beige Book evidenzia come l’economia cinese stia rallentando soprattutto a causa della produzione.

Per tornare al tema di sostenibilità, è di venerdì la notizia che la Banca dei Regolamenti Internazionali ha annunciato la costituzione di un fondo aperto per le Banche Centrali dedicato agli investimenti in green bond. Anche la prossima presidente della BCE Christine Lagarde aveva annunciato che la Banca Centrale avrebbe aumentato gli acquisti sui green bond. Il fondo sarà denominato in dollari e strutturato secondo la legge svizzera. I bond acquistabili dovranno avere un rating minimo di A- e rispettare i principi dell’Associazione del Mercato dei Capitali per i green bond o i Climate Bond Standard.

L’incertezza generata dalle tensioni politiche a livello internazionale che ha caratterizzato la settimana ha determinato una correzione dei principali indici azionari e dei segmenti obbligazionari a maggiore rischio, High Yield ed Emergenti. Per contro le valute rifugio rappresentate da Yen giapponese e Franco svizzero si sono apprezzate contro Euro così come il Dollaro Americano che ha, in parte, beneficiato anche delle tensioni sul mercato monetario. Rendimenti governativi ancora in riduzione.

QUESTA SETTIMANA

In Cina sono stati pubblicati i dati PMI relativi al mese di settembre: l’attività manifatturiera è risultata in contrazione per il quinto mese consecutivo (anche se in leggero miglioramento: 49.8 rispetto a 49.5 di agosto) mentre il settore dei servizi rimane in area di espansione ma ad un livello di poco inferiore rispetto a quello di agosto (53.7 vs 53.8). Da notare come il medesimo indicatore, calcolato da Caixin (più rivolto al settore privato e alle piccole/medie imprese), mostri un miglioramento per il settore manifatturiero da 50.4 a 51.4.

Sempre in Cina, martedì 1 ottobre, si terrà il Congresso del Partito che festeggerà il settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. Per l’occasione i mercati finanziari locali saranno chiusi per 7 giorni.

Il prossimo fine settimana parte il nuovo round di negoziati a Washington durante il quale si discuterà di scambi commerciali e proprietà intellettuale.

In Italia è in corso la discussione per cercare un’intesa di governo sul NADEF (nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza) necessario per la stesura della Legge di Bilancio: occorre trovare i fondi per evitare gli aumenti selettivi dell’Iva senza fare salire il rapporto deficit/Pil sopra il 2.2%.

Sia in Europa che negli Stati uniti verranno pubblicati i dati definitivi sulla fiducia delle imprese. Venerdì avremo la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro americano.