Analisi dei mercati del 01.03.2021

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Il mercato americano è stato parecchio volatile durante la settimana a causa, principalmente, dell’innalzamento dei redimenti governativi (soprattutto a lungo termine) legato alle maggiori prospettive di crescita e, quindi, alle crescenti aspettative di inflazione; questo elemento spinge gli investitori verso prese di profitto sui titoli/settori più “tirati” in termini di performance (vedi Nasdaq e titoli legati allo “stay at home” business) e rotazioni settoriali a favore di ciò che beneficia di una maggiore crescita (commodities e settori ciclici) o di tassi di interesse più alti (settore finanziario). Il mercato europeo, invece, soffre sia il più lento ritmo della campagna vaccinale (siamo circa al 5% contro il 30% di UK e il 15% degli Stati Uniti) che allontana, rispetto alle altre aree geografiche, l’uscita dalla crisi, sia il generalizzato rialzo dei rendimenti che rende il bilancio più pesante.

Avevamo preannunciato che la settimana sarebbe stata caratterizzata da parecchi interventi di esponenti delle banche centrali e così è stato, più o meno ogni giorno sono uscite dichiarazioni che in alcuni casi sono riuscite a calmare i mercati, in altre meno.

Già lunedì abbiamo avuto la Lagarde che, affermando che la ECB sta attentamente monitorando i rendimenti obbligazionari nominali a lungo termine, è riuscita ad invertire, nella giornata, l’andamento del mercato dei governativi ridando un minimo di slancio anche all’azionario. La banca centrale europea intende mantenere favorevoli le condizioni di finanziamento soprattutto perché, spesso, i tassi a lungo termine sono alla base dei mutui alle famiglie e dei prestiti alle imprese. Tra le parole della Lagarde si poteva leggere la disponibilità a intervenire rafforzando il programma di acquisti (PEPP) per frenare eventuali incrementi incontrollati dei rendimenti.  

Giovedì è stato il capo economista della BCE Philip Lane ad intervenire dichiarando espressamente che l’istituto centrale utilizzerà la flessibilità di cui è dotato per gestire gli acquisti di obbligazioni al fine di prevenire un restringimento, non desiderato, delle condizioni finanziarie.

Nei giorni successivi sono intervenuti altri esponenti della Fed a confermare che, prima di intervenire in senso restrittivo sulla politica monetaria, il mercato del lavoro americano dovrà tornare al livello di pieno impiego.

È evidente come il ruolo delle banche centrali sia di mantenere sotto controllo la curva dei rendimenti (Yield Curve Control) per rendere più semplice il lavoro alla politica fiscale.

A proposito di politica fiscale, negli Stati Uniti, la commissione finanza della Camera ha approvato il pacchetto fiscale da 1.900 miliardi che poi è stato approvato dalla Camera.

In Italia il Tesoro si sta preparando per l’emissione del primo BTP green (atteso entro marzo e riservato ad investitori istituzionali), con probabile scadenza di dieci anni, che ha l’obiettivo di finanziare spese relative alle fonti di energia rinnovabili, al risparmio energetico, ai trasporti a basse emissioni e all’economia circolare e i prodotti riciclabili. Secondo il regolamento le spese finanziabili saranno quelle dell’anno di emissione, di quello successivo e dei tre precedenti. Quindi, su 35 miliardi stimati, una buona fetta sarà riconducibile a spese sostenute fra il 2018 e il 2020 e in parte a quelle che si sosterranno nel 2021. Il 2022 non è stato considerato perché dovrebbe già beneficiare dei fondi del Recovery Plan.

L’FDA (l’autorità di controllo sui farmaci americana) ha dichiarato che non sono necessari tempi e sperimentazioni lunghe per adattare i vaccini esistenti alle nuove varianti. Quindi, nel caso si renda necessario, gli eventuali richiami verranno fatti senza particolari problematiche.

Sempre l’FDA ha finalmente dichiarato che il vaccino di Johnson&Johnson (che prevede la singola somministrazione) è considerato sicuro ed efficace e presto sarà approvato per l’utilizzo di emergenza.

Buono il movimento della sterlina inglese che rimane sempre il barometro per le tensioni in UK: durante il periodo dell’incertezza totale su Brexit e quindi sul destino dell’economia britannica scivolava ad ogni cattiva notizia, ora beneficia dell’andamento veloce delle vaccinazioni che porterà presto (si spera) ad una ripresa economica consistente.

Un po’ di turbolenza sul Bovespa (indice azionario brasiliano) in seguito alla decisione del presidente Bolsonaro di sostituire l’ad di Petrobras con un generale di sua conoscenza ma senza competenze in campo petrolifero. Le azioni di Petrobras sono scese del 20% e anche il real (la divisa brasiliana) ne ha risentito come tutto il mercato in generale.

È bastato che Elon Musk dichiarasse che le quotazioni del bitcoin fossero un po’ “alte” per causare una brusca reazione intraday della criptovaluta nella giornata di lunedì. Ovviamente, visto il consistente investimento che Tesla ha fatto sui bitcoin il movimento si è riversato anche sui titoli della casa automobilistica. Qualcuno parlava di una bolla che investe in una bolla, sicuramente quello che è vero è che la volatilità di Tesla (che già non era bassa) in questo modo sale.

Il bitcoin, inoltre, continua ad essere preso di mira dai policy maker: il segretario al Tesoro americano Janet Yellen continua a definire il bitcoin un asset “altamente speculativo” ed “estremamente inefficiente” e sottolinea la necessita di una maggiore regolamentazione. Ovvio, comunque, che sia politici che esponenti delle banche centrali non vedano di buon occhio le criptovalute in quanto non riescono a controllarne i movimenti e le dinamiche. Evidente, però, che è in corso un processo che sembra quasi diventato irreversibile per le dimensioni che sta assumendo e per i sempre maggiori attori coinvolti.

QUESTA SETTIMANA

Siamo ancora in un periodo in cui le notizie sulla pandemia sono importanti anche perché denotano forti differenze geografiche: ci sono alcuni paesi, più avanti nelle vaccinazioni, che stanno cominciando a riaprire le loro economie per tornare verso una sorta di normalità (tipo US e UK) mentre altri sono ancora costretti ad adottare forme di lockdown più o meno circoscritto (soprattutto in area Euro). Questa condizione potrebbe portare ad una differenza sempre più marcata fra l’andamento economico delle diverse aree con conseguenze anche sui mercati finanziari.

Il Senato americano sarà chiamato ad esprimersi sul programma di Biden in merito al pacchetto fiscale da 1.900 miliardi di dollari: il punto critico è quello relativo all’innalzamento del salario minimo che vede contrari i Repubblicani e non necessariamente tutti i Democratici a favore. Importante (e probabile) che siano garantiti gli assegni ai cittadini (1.400 dollari a chi ha redditi inferiori ai 75.000) soprattutto in vista della scadenza dei sussidi alla disoccupazione il 14 marzo.

In settimana verranno pubblicati i dati di fiducia delle imprese PMI e ISM (negli Stati Uniti) relativi al mese di febbraio: le attese sono per dati sostanzialmente stabili ma che potrebbero confermare, soprattutto in Eurozona, una maggiore debolezza del comparto dei servizi. Negli Stati Uniti, inoltre, il report mensile sul mercato del lavoro aiuterà a valutarne le dinamiche.

Giovedì 4 è previsto il consueto appuntamento mensile dell’OPEC+ per eventualmente ricalibrare l’offerta di petrolio: potrebbe essere deciso di ridurre un po’ i tagli programmati e quindi aumentare la produzione per fare fronte ad una maggiore domanda.

Venerdì 5, in Cina, prenderà il via la sessione annuale del National People’s Congress che probabilmente sarà più breve rispetto alle consuete due settimane considerato il rischio sanitario.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Il pacchetto fiscale che sta per essere approvato dal Congresso americano sappiamo che è enorme e dovrebbe garantire una crescita dal pil intorno a 6%/7% (lo sostiene anche lo stesso Powell). Ricollegandoci a quanto scritto la scorsa volta (“too much of a good thing”) il rischio è, quindi, che paradossalmente ci sia troppa crescita che non è ancora pienamente prezzata dai mercati obbligazionari. Effettivamente il livello attuale del Treasury è ritenuto dagli analisti abbastanza incongruente con le prospettive di crescita economica e di inflazione, segno che il QE della Fed svolge ancora discretamente il suo lavoro.

Qualora il repricing avvenisse in modo graduale e fosse legato alla consapevolezza di una sempre più vicina e sostenibile ripresa economica allora non sarebbe particolarmente preoccupante né destabilizzante. Lo diventerebbe, invece, nel caso in cui il mercato arrivasse a pensare che la Fed stia commettendo un errore di policy oppure in caso di salita fuori controllo dell’inflazione. In questo ultimo caso le banche centrali sarebbero in serie difficoltà.

L’inflazione, quindi, è l’elemento estremamente delicato e a cui prestare maggiore attenzione in questo periodo. Possiamo ragionevolmente ritenere che fino a certi livelli (intorno al 3%, tenendo conto del concetto di “simmetria” ribadito dalle banche centrali) può creare volatilità ma è tollerabile dalle asset class quali l’azionario e le materie prime, oltre certi livelli, soprattutto se ci arriva velocemente, rischia di essere un po’ uno shock e causare un repentino aumento dei rendimenti e una forte correzione azionaria.

Spesso citiamo gli indicatori di volatilità azionari VIX e VSTOXX, ma vale la pena cominciare a guardare anche quello obbligazionario MOVE che esprime la volatilità implicita nelle opzioni sul Treasury (titolo di stato statunitense) cha da qualche tempo sta dando segnali di tensione (per dare un’idea viaggiava nel range 40-50 da novembre e nell’ultima settimana si è spostato sopra i 60).

Che l’economia si stia avviando verso una normalizzazione dell’attività economica lo vediamo anche dalle quotazioni del rame (ai massimi degli ultimi dieci anni). Tempo fa avevamo ricordato come questo metallo fosse chiamato il “dr Copper” in quanto è considerato un indicatore dello stato di salute dell’economia. Il ruolo da padrone lo gioca la Cina, ovviamente, che sorpreso tutti per il timing e l’entità degli acquisti. Volendo poi essere sofisticati, per il piacere dei più esperti, diciamo che la curva dei contratti futures sul rame si trova in “backwardation”: ovvero i prezzi dei contratti più vicini sono più alti di quelli dei contratti più a lungo termine, segno che c’è una carenza di offerta (rispetto al picco della domanda) che potrebbe essere legata agli stop alla produzione dovuti ai lockdown. Tante volte abbiamo citato proprio questo elemento come fattore di rischio per la c.d. inflazione “cattiva”.

Un corretto (e auspicabile) scenario economico da qua a fine anno vedrebbe la concatenazione dei seguenti elementi: vaccinazioni à calo dei contagi à riapertura dell’economia à ripresa economica à ripresa dell’inflazione.

I governi dovrebbero contribuire a far partire il volano della crescita, attraverso la spesa pubblica, finché le economie non sono al sicuro nella fase della ripresa.

Le banche centrali dovrebbero finanziare i governi e garantire con i programmi di acquisto (QE) il mantenimento di condizioni finanziarie agevoli. Importanti saranno le riunioni di BCE e FED rispettivamente il 7 e 17 marzo dove, soprattutto per la BCE, si capirà se prevale l’impostazione di chi vuole controllare i tassi nominali (ad es. Lane) o quelli reali (ad es. Schnabel) e un’eventuale estensione del programma PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme). Questo punto è estremamente delicato e importante per i mercati (ne abbiamo avuto una conferma la settimana scorsa) che richiedono che l’inevitabile pressione al rialzo dei rendimenti governativi sia sapientemente controllata dall’azione delle banche centrali.

In questo modo i mercati potrebbero proseguire la loro strada: quelli azionari beneficiare della crescita economica e della ripresa degli utili (che aiuterebbe a calmierare i multipli), quelli obbligazionari tornare gradualmente ad avere rendimenti più consoni allo stato dell’economia (quindi più alti) e più interessanti per gli investitori.

Magari, un giorno, si riuscirà anche a tornare a costruire portafogli bilanciati con la componente obbligazionaria che svolge il ruolo che dovrebbe avere da libro di testo e la componente azionaria che offre l’opportunità di un rendimento maggiore.

Nel frattempo, però, i mercati che non sono mai lucidi e graduali nei movimenti, potrebbero essere soggetti a movimenti irrazionali e violenti, andando in “overshooting” per effetto dello spostamento di enormi flussi conseguenti ai posizionamenti troppo allineati e simili tra gli investitori. Bisogna farsene una ragione e mantenere, come sempre consigliamo, i nervi saldi e una chiara strategia in mente!

Le linee di gestione hanno risentito della volatilità presente sui mercati e dell’aumento dei rendimenti dei governativi, ed hanno fatto registrare una performance negativa nell’ultima settimana.