Analisi dei mercati del 19.11.2019

Questa settimana i mercati azionari, nel complesso, sono stati ancora positivi: gli Stati Uniti raggiungono“territori inesplorati” con i tre indici principali (S&P 500, Dow Jones e Nasdaq) su nuovi massimi assoluti.

Il comparto obbligazionario governativo vede un allargamento dello spread tra periferia e Germania. Sul fronte cambi segnaliamo il rafforzamento della sterlina, sulla notizia che Farage non presenterà candidati, dove i Conservatori hanno vinto le scorse elezioni (2017), confermando quindi un’alleanza con i Tories. Johnson, in questo modo, ha maggiore probabilità di vittoria.

Il news-flow proveniente dalle negoziazioni commerciali continua ad essere molto“volatile” e, vista l’importanza del tema, i mercati si muovono di conseguenza. I temi di discussione sui quali si incagliano le due controparti riguardano sempre l’ammontare degli acquisti di derrate agricole e la gestione delle proprietà intellettuali da parte della Cina. Secondo il consigliere economico alla Casa Bianca Larry Kudlow Cinae Stati Uniti sono vicini ad un accordo sul commercio dato che il dialogo sembra essere “molto costruttivo per mettere fine a 16 mesi di guerra commerciale”, tuttavia non ci sono ancora dettagli sulle tempistiche.

Sul tema dei dazi, invece, sulle auto europee e giapponesi non è stata ancora presa una decisione da parte di Trump. Per quanto riguarda Huawei, indiscrezioni riportano che l’amministrazione americana sarebbe pronta ad introdurre una proroga di 90 giorni della licenza che consente, alle società americane, di continuare i rapporti con la società cinese.

La Cina è alle prese, da un lato, con dati macro economici relativi alla produzione industriale e alle vendite al dettaglio non particolarmente brillanti, e dall’altro con le proteste di Hong Kong che proseguono inesorabilmente e fanno temere l’approvazione, da parte del Congresso americano, del progetto di legge “Hong Kong Human Rights and Democracy Act” che ha come obiettivo la valutazione del rispetto degli accordi del 1997 circa l’autonomia di Hong Kong dalla Cina. La questione, come abbiamo già sottolineato, è delicata perché rischia di essere considerata un’indebita ingerenza degli Stati Uniti nella politica cinese.

Per fare fronte alla scarsa liquidità del mercato interbancario che sta alzando i costi del credito, la PBOC (banca centrale cinese), per la seconda volta in un mese, ha immesso nel sistema 200 miliardi di yuan tramite il sistema di prestiti a medio termine.

Si conferma, quindi, che l’economia cinese sta attraversando sotto molti punti di vista una fase di debolezza e di difficoltà (politiche, economiche e sociali), ma le autorità sono determinate nell’affrontarle, con i mezzi a disposizione, in modo mirato e graduale. Le politiche fiscali e monetarie sono entrambe in espansione ma senza il “bazooka” utilizzato durante la crisi del 2008 e che ha poi creato delle situazioni di bolle speculative.

In tema di banche centrali, in settimana si è riunita quella norvegese che ha sorpreso gli analisti mantenendo i tassi invariati al minimo storico di 1%, mentre le attese erano per un taglio di 25bps, sostenendo che non c’è l’urgenza di un ulteriore allentamento monetario.

Negli Stati Uniti l’inflazione al consumo per il mese di ottobre sale dello 0.4% mese/mese (+1.8% anno/anno) a causa di prezzo più alti di benzina e generi alimentari, mentre la componente “core” (che non considera le componenti più volatili di food&energy) sale solo dello 0.2% mese/mese (2.3% anno/anno).

Source: Bloomberg

L’inflazione, quindi, sotto controllo e l’economia in buona salute sono alla base del discorso al Congresso del governatore della Fed Powell che conferma un atteggiamento di wait & see da parte della Banca Centrale americana che non richiede al momento mosse sui tassi.

Passando all’Europa, in settimana è stato pubblicato lo Zew tedesco (indice di fiducia di operatori finanziari e analisti) in notevole miglioramento nella componente “aspettative” e in marginale miglioramento in quella relativa alla situazione corrente: oltre alle buone notizie circa le trattative Cina-Stati Uniti e il negoziato sulla Brexit, anche il buon andamento dei mercati finanziari potrebbe avere aiutato. Positiva la stima del Pil del terzo trimestre (+0.1%) che permette all’economia tedesca di “schivare” la recessione tecnica.

Anche la stima del Pil per l’intera Eurozona sorprende leggermente in positivo con +1.2% (rispetto ad attese di +1.1%) confermando le ipotesi di stabilizzazione del quadro macro-economico europeo (e non ulteriore deterioramento). L’inflazione al consumo rimane stabile con il CPI di ottobre che segna un +0.7% anno/anno e +1.1% anno/anno nel dato “core”.

Ancora debolezza per i BTP italiani che pagano l’incertezza politica aggravata, ultimamente, dalle questioni relative al tema Ilva-Arcelor Mittal e conseguenti scontri all’interno del governo. Inoltre, alcuni analisti fanno notare come il sistema di “tiering”, introdotto dalla BCE per non penalizzare troppo gli istituti di credito che detengono riserve presso la banca centrale, induca quelli italiani ad indebitarsi sul mercato interbancario (a tassi negativi) e depositare presso la BCE (a tasso zero) lucrando sulla differenza. Il risultato è una risalita dei tassi sull’interbancario e, di conseguenza, sui BTP.

Nessuna variazione né sul rating (BBB (high) né sull’outlook (stabile) da parte di DBRS relativamente al debito italiano: l’agenzia canadese aveva, ad agosto dopo la formazione del governo conte bis, espresso positività sulla situazione debitoria del paese, considerato il migliore rapporto che si sarebbe creato con la UE. Sottolineava, però, il rischio di una crescita bassa e di un esecutivo fragile data la scarsa maggioranza in Senato e le divisioni interne. Stesse considerazioni reiterate anche venerdì sera.

Difficoltà politiche anche in Spagna dopo il recente esito elettorale: il partito del premier Sanchez sta cercando di firmare un accordo con Podemos per creare un governo di coalizione. La combinazione dei due non sarà comunque sufficiente ad assicurarsi la maggioranza in parlamento motivo per cui dovranno cercare il sostegno di altri partiti.

Per Piazza Affari inizia la stagione di stacco delle cedole “autunnali”: si parla di circa 21 miliardi di euro di dividendi che verranno distribuiti dalle 40 blue chips italiane, in crescita rispetto ai 19 miliardi del 2018 e al livello più altro dalla crisi finanziaria del 2008.

Per quanto riguarda l’IPO di Aramco dal prospetto informativo risulta che è prevista per il periodo 17 novembre/4 dicembre, poco prima della riunione OPEC del 5/6 dicembre.

QUESTA SETTIMANA

Ieri mattina, la PBOC (Banca centrale cinese) ha tagliato, a sorpresa, uno dei tassi di interesse, il “reverse repurchase rate” a sette giorni che è passato da 2.55% a 2.50%. Si tratta del primo intervento in quattro anni, sul tasso al quale la banca centrale prende a prestito denaro dalle banche commerciali, e conferma la disponibilità dell’autorità monetaria ad agire per stimolare la crescita e fornire liquidità al sistema.

Mercoledì 20 verranno pubblicate le minute della Fed, relative al meeting del 30 ottobre, che dovrebbero confermare l’approccio attendista e “data dependent” della banca centrale.

Giovedì, in UK, il partito laburista pubblicherà il proprio programma elettorale.

Sempre giovedì l’OCSE presenterà il suo outlook per il 2020.

Alla luce dei dati tedeschi leggermente migliori delle aspettative usciti durante la scorsa settimana, ci potrebbero essere miglioramenti anche per i dati preliminari di PMI di Francia, Germania ed Eurozona (in aggregato) la cui pubblicazione è prevista venerdì.

Questa settimana sono in programma vari discorsi di banchieri centrali fra i quali si segnala quello di Christine Lagarde venerdì.

Da monitorare, come sempre, gli sviluppi sul fronte commerciale Cina – Stati Uniti.

Parliamo anche oggi di posizionamento degli investitori e del conseguente impatto sugli asset finanziari: a conferma di quanto detto nelle settimane scorse, dall’ultima Fund Manager Survey di Merrill Lynch di novembre è emerso che, effettivamente, la quota detenuta in cash si è ridotta, a vantaggio dell’azionario, grazie alla percezione del miglioramento dello stato dell’economia e dell’inflazione. Questo spiegherebbe il rally dei mercati dell’ultimo mese: gli investitori rimasti scarichi di azionario per i timori di rallentamento/recessione si sono dovuti ricoprire.

Una considerazione riguardo l’ottima performance azionaria di questo anno contribuisce a spiegare il posizionamento scarico degli investitori: in base ai libri di testo i mercati azionari dovrebbero salire sulle aspettative di miglioramento del ciclo economico, e quindi degli utili, mentre quello che attualmente stiamo vivendo non è certo un contesto di crescita robusta o di utili in straordinaria ascesa. Ecco perché gli investitori erano sottopesati sull’equity e sovrappesati sulla liquidità, perché i normali driver di crescita non erano ritenuti così potenti da generare un rally apprezzabile.

Il punto è che, come scritto spesso in questa sede, siamo in un paradigma del tutto nuovo per i mercati, in cui i tassi estremamente bassi e talvolta negativi creano dei comportamenti ai quali non si è abituati e non si hanno regole da seguire o esperienze passate cui attingere come riferimento.

Ecco che il mercato obbligazionario diventa come una ZTL (paragone sentito di recente e che rende l’idea) dove si paga per entrare (paradossalmente il debitore viene pagato per prendere soldi a prestito) e si inverte lo scopo per cui si comprano certi strumenti finanziari: oggi il rendimento delle azioni (guardando al dividend yield o all’earnings yield) è superiore a quello delle obbligazioni e quindi i bond possono essere comprati per ottenere un apprezzamento in conto capitale (capital gain) mentre l’equity per il flusso monetario che genera! Esattamente l’opposto di quello a cui si è abituati a pensare.

Quest’anno entrambe le asset class, bond ed equity, sono salite ma per motivi diversi rispetto a quelli canonici.
Questo è vero soprattutto in Europa dove i rendimenti obbligazionari sono estremamente bassi, mentre negli Stati Uniti è un po’ più semplice la composizione di portafogli bilanciati dato che un minimo di flusso cedolare esiste.