Anche questa settimana gli elementi di volatilità sui mercati non sono stati strettamente attinenti alla sfera economico- finanziaria: al centro dell’attenzione degli investitori rimane il Corona Virus e il conseguente bilancio delle vittime e contagiati. Il WHO (o OMS – Organizzazione mondiale della sanità) ha aggiornato quotidianamente il numero delle vittime e, a fine settimana, ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria mondiale. Per ora il tasso di mortalità si attesta al 2% (sotto il 10% della Sars nel 2002/2003) ma la velocità di diffusione è abbastanza alta. Vediamo come si attesterà il numero nei prossimi giorni quando dovrebbe essere atteso il picco.
Un economista del governo cinese ha stimato che un’ulteriore diffusione del virus potrebbe impattare sul GDP del primo trimestre, portandone la crescita sotto il 5% ma, in tal caso, la Banca Centrale sarà pronta ad intervenire con misure a sostegno così come la politica fiscale potrebbe intervenire portando il rapporto deficit/pil sopra il 3% per supportare l’economia.
Passando agli eventi più “finanziari”, in settimana si è riunita la Banca Centrale americana: come atteso, la Fed non ha modificato i tassi di interesse, che rimangono nel corridoio 1.50%-1.75%, ritenendo che è necessaria una significativa rivalutazione dell’outlook economico affinché si possa modificare la politica monetaria. Un “aggiustamento tecnico” è stato fatto sul reverse repo rate, passato da 1.45% a 1.50%, e sul tasso di remunerazione delle riserve, passato da 1.55% a 1.60%, ovvero 10 bps sopra il tasso ufficiale, ma solo per migliorare il funzionamento dell’interbancario. Il mercato del lavoro è considerato robusto e l’inflazione ancora bassa ma ai rischi si è aggiunto anche l’elemento di incertezza del Corona Virus.
Il PIL americano, secondo la stima preliminare del quarto trimestre 2019, è pari a 2.1%, superiore alle attese del 2%. Le componenti consumi e investimenti hanno leggermente deluso, mentre è risultato positivo il contributo della componente net-export, grazie ad una riduzione delle importazioni, e della componente relativa alla spesa pubblica. Delude molto il dato sull’inflazione, rappresentato dal PCE deflator, 0.3% vs 1.3% atteso. Nel complesso quindi un dato di stima della crescita economica non eccezionale. Ma si tratta di una stima destinata a subire, spesso, revisioni.
La Bank of England non ha tagliato i tassi, con decisione presa con sette membri a favore e due contrari, ma si dichiara pronta ad intervenire qualora l’espansione fiscale, annunciata dal governo, non si rivelasse sufficiente a sostenere l’economia post Brexit. Positiva la reazione della sterlina che si è rafforzata nei confronti dell’euro.
La Gran Bretagna venerdì 31 gennaio ha ufficialmente lasciato l’Unione Europea dopo averne fatto parte per 47 anni. Non tutti hanno festeggiato questo giorno dato che il paese è ancora spaccato in due come ai tempi del referendum che ha decretato la Brexit nel 2016: due terzi degli scozzesi erano e sono ancora contrari all’uscita dalla UE e chiedono un nuovo referendum. Come segno di dissenso sul Parlamento scozzese rimarrà la bandiera UE.
Per quanto riguarda il petrolio, il cui prezzo ha corretto di circa 10 dollari dal picco di inizio gennaio, l’OPEC ha dichiarato che intende estendere gli attuali tagli alla produzione fino a giugno con la possibilità di incrementarli qualora ciò sia reso necessario dal contesto macroeconomico (considerato l’impatto dell’attività manifatturiera in stallo da gennaio).
Deludenti i dati sul PIL dell’Eurozona: +0.1% trimestre/trimestre, atteso +0.2%, e +1% anno/anno, atteso +1.1%: particolarmente brutto il dato dell’Italia la cui economia rallenta di -0.3% trimestre/trimestre, attese per crescita di +0.1%. E’, ancora una volta, evidente la divergenza di crescita rispetto agli Stati Uniti.
Nonostante il deludente dato sul Pil italiano, la performance del BTP è stata ottima: in settimana il rendimento del decennale è sceso di circa 30 bps e lo spread verso bund si è attestato a 136 bps. I governativi italiani prezzano un minore rischio politico per l’Italia e la generale discesa dei rendimenti obbligazionari tende a portare maggiore domanda laddove il rendimento è un po’ più consistente.
In tema di reporting season segnaliamo gli ottimi i risultati di Apple: il gigante americano ha superato le stime sia in termini di EPS (utili per azione) che di ricavi, annunciando il pagamento di un dividendo di 0.77$ per azione da pagarsi il 13 febbraio 2020.
Ha colpito positivamente il fatto che le guidance per l’anno prossimo siano state alzate sia in termini di range di ricavi che di gross margin. Il range di ricavi, oltre ad essere stato alzato, è stato anche ampliato per tenere conto delle maggiori incertezze anche legate al corona virus. La società ha comunque dichiarato che ha dei fornitori sostitutivi nel caso si bloccassero quelli cinesi.
Buoni risultati anche per Microsoft, che riporta numeri superiori alle attese degli analisti, e per Tesla, che sorprende gli analisti sia sul fatturato sia sugli utili sia sul cashflow. Entrambi i titoli, soprattutto Tesla, sono stati premiati dagli investitori con variazioni di prezzo molto positive. Penalizzata dai risultati, invece, Facebook, che riporta nuovi utenti ai minimi storici e costi in aumento.
In aggregato, con il 45% delle società dell’S&P che ha riportato i risultati, la crescita dei ricavi è pari a 1.3% e quella degli utili a 0.3%, entrambe superiori alle attese degli analisti.
La settimana si è conclusa, quindi, con una decisa correzione dei mercati azionari che hanno azzerato le performance da inizio anno. Solo il Nasdaq risulta ancora positivo. Il clima di avversione al rischio ha portato beneficio al comparto obbligazionario governativo, e in parte al corporate investment grade, mentre ha un po’ sofferto il segmento degli high yield.
QUESTA SETTIMANA
I mercati cinesi locali hanno riaperto dopo la pausa per il Capodanno: l’indice azionario aggregato CSI300, che comprende le borse di Shanghai e Shenzhen, ha chiuso con una discesa di circa 7.9%. La Banca Centrale è intervenuta immediatamente con iniezioni di liquidità pari a 1200 miliardi di yua (circa 170 miliardi di dollari) sia attraverso operazioni di reverse repo (maggiore intervento dal 2004) che tagliando i relativi tassi. L’intervento è decisamente massiccio e le autorità sono determinate a dare il massimo supporto. Il cambio Renminbi vs Dollaro si è riportato velocemente sopra la soglia di 7 (livello che era stato superato, al ribasso, in occasione della firma dell’accordo come segnale di distensione dei rapporti commerciali) riallineandosi a quanto il mercato off-shore già segnalava la settimana scorsa.
La UE Inizia ufficialmente le contrattazioni per la Brexit: il mandato è affidato a Michel Barnier. Secondo un sondaggio di Schroders il 52% degli intervistati ritiene che si arriverà ad un’estensione delle trattative oltre la fine del 2020 in uno scenario definito “limbo Brexit”. Nei prossimi undici mesi non cambierà nulla per la libertà di circolazione di persone, beni, capitali e servizi.
Durante la settimana verranno pubblicati, per diversi paesi, i dati finali degli indici di fiducia delle imprese PMI e ISM (per gli Stati Uniti) relativi al mese di gennaio.
Martedì si riunirà la Banca centrale australiana: nessuna variazione attesa al tasso overnight di riferimento pari a 0.75%: il mercato attualmente attribuisce ad un taglio di 0.25% una probabilità del 17%.
La settimana si chiude con i consueti dati mensili sul mercato del lavoro americano: atteso un tasso di disoccupazione stabile a 3.5%, un leggero aumento dei salari orari e del numero di nuovi occupati.
Per ora il Corona Virus sembra essere un facile catalyst di correzione e derisking, in un mercato che aspettava un motivo per allontanarsi un po’ dai massimi raggiunti. I media, che amplificano l’effetto panico, ovviamente, aiutano ad incrementare la volatilità sul mercato. Se facciamo il paragone con il 2002/2003 quando c’è stato il virus della Sars, questa volta la reazione delle autorità è stata decisamente più imponente e intensa e questo, da un lato, fa ben sperare sulla risoluzione della pandemia, dall’altro, fa temere ai più pessimisti che la situazione sia ben peggiore di quanto trapela dalle comunicazioni ufficiali.
Ovviamente non possiamo sapere ora che cosa succederà, possiamo solo tentare di stimare l’impatto sull’economia, in primis quella cinese. Il peso dell’economia cinese sulla crescita globale è alto e il nervosismo degli investitori risiede nel fatto che questo anno ci si aspettava proprio da quell’area il principale contributo alla crescita mondiale.
La reazione dei mercati è alquanto schizofrenica ma ci sta: si è in bilico fra la tentazione di sfruttare ogni correzione per entrare sull’unico mercato che offre potenzialmente un rendimento (ricordiamoci di TINA e FOMO – Fear of missing out) e il timore che la situazione precipiti e l’impatto sull’economia, e conseguentemente sui mercati, sia superiore e spropositato.