Analisi dei mercati del 03.05.2021

INDICI DI MERCATO

ULTIMA SETTIMANA

Market

Avvio di settimana timido per i principali listini, la borsa americana ha chiuso la seduta di lunedì in leggero rialzo principalmente grazie alla spinta fornita da Tesla in attesa delle trimestrali dei colossi tech. I listini europei, sostenute dall’apertura in rialzo di Wall Street hanno tenuto molto bene, Madrid (+0.8%). Parigi, Londra e Milano ferme sul +0.3%. Lo Stoxx 600 guadagna lo 0.2%, trainato dal comparto finanziario e dalle commodities, al contrario in rosso le principali case automobilistiche.

La giornata di martedì è stata caratterizzata dall’uscita del dato sulla Consumer Confidence statunitense. La stima delle aspettative si è registrata ben al di sopra delle previsioni degli analisti, infatti, il dato ha superato di oltre di oltre 8 punti le aspettative (Surv. 113.0; Actual 121.7). La notizia non ha mosso i mercati, che sono stati stazionari per tutta la giornata.

In attesa della conferenza stampa di Jerome Powell, della quale nessuno si aspetta un minimo cambiamento di rotta della politica monetaria, nella giornata di mercoledì tengono banco le trimestrali delle società. Infatti, la sera prima a mercato chiuso sono state presentate le trimestrali di Alphabet e Microsoft. Nonostante i risultati positivi riportati dalle big tech, la giornata di contrattazione si è conclusa con i principali listini in negativo.

Come previsto la conferenza stampa del numero uno della FED ha confermato le attese in materia di politica monetaria, inoltre, è stato precisato che i tassi di riferimento rimarranno a zero e che il programma di acquisti continuerà con una frequenza di 120 miliardi di dollari mensili. Sempre nella serata di mercoledì Joe Biden ha presentato l’America Families Plan, il quale prevede una serie di provvedimenti a sostegno dell’inclusione sociale.

L’apertura di giovedì del mercato europeo è stata positiva, spinta soprattutto dalla politica americana e dalle trimestrali di Facebook e Apple. A fronte delle trimestrali dopo una giornata “flat” il Future sul Nasdaq nella mattinata di giovedì è stato in rialzo di oltre un punto percentuale. Bene anche in chiusura la borsa americana che guadagna mediamente oltre mezzo punto, non altrettanto bene i listini europei. Nel corso della notte si è registrata un’inversione sul mercato asiatico, le indiscrezioni relative a una maximulta da 10 miliardi di yen ai colossi dell’Internet Economy cinesi ha fatto scendere, nella mattinata di venerdì, l’Hang Seng di oltre 1,50%. Alla fine della giornata di contrattazioni il titolo ha perso il 2% circa.

Sulla scia dei ribassi asiatici anche l’Europa ha aperto la giornata di contrattazioni in territorio negativo. In America prosegue la stagione delle trimestrali, giovedì sera, a borsa chiusa, anche Amazon ha riportato i dati relativi al primo trimestre, incrementando del +44% i propri ricavi e triplicando l’utile a 8,1 miliardi di dollari. La spinta dagli earnings e il balzo del PIL non sono bastati per concedere un’apertura in positivo, infatti, la borsa americana all’indomani della trimestrale di Twitter, apre con segno meno su tutti i principali indici. L’aumento delle vendite di Twitter del 28% non è risultato soddisfacente, agli occhi degli investitori, che scontano un 13% nel pre-market.

L’ultimo giorno del mese si è chiuso con un moderato calo sul fronte statunitense. L’S&P 500, il Dow Jones e il Nasdaq sono allineati su una perdita intorno al mezzo punto percentuale. I dati macro pubblicati nel pomeriggio non hanno orientato le scelte degli investitori. La spesa personale, a marzo è cresciuta del 4,2%, appena sopra le attese di 4,1%. Sul fronte europeo la seduta ha chiuso in modo contrastante, il Ftse Mib e il Cac hanno perso lo 0,4% mentre il Dax di Francoforte ha chiuso in parità.

Single stocks

TESLA so and so – nella giornata di lunedì, a mercato chiuso, sono stati riportati i risultati del primo trimestre 2021. Le vendite sono più che raddoppiate raggiungendo quota 184.000 veicoli, domanda supportata soprattutto dal mercato asiatico. I ricavi sono aumentati del 74% ma nonostante i risultati positivi il titolo paga la mancanza di una guidance precisa sulle consegne attese per il 2021.

ALPHABET on the top – come riportato nella trimestrale pubblicata nella serata di martedì, il confinamento negli spazi domestici ha provocato un boom delle ricerche su Google, con quel che ne deriva in termini di raccolta pubblicitaria. I ricavi generati dal motore di ricerca sono aumentati del 30% raggiungendo i 32 miliardi di dollari, mentre il risultato netto è esploso a +163% (17,9 miliardi). Nel suo insieme, contando anche la piattaforma YouTube, i ricavi sono aumentati del 34% superando di molto le aspettative. Forte di questo risultato la società ha stanziato 50 miliardi di dollari per il riacquisto di azione proprie, il doppio rispetto a all’operazione di due anni fa.

MICROSOFT bene ma già prezzato – la trimestrale positiva presentata da Microsoft non sembra entusiasmare il mercato. Alla notizia di un incremento dei ricavi del 20%, il titolo ha perso due punti percentuali nell’afterhours. Ovviamente resta positiva la view sull’azienda che riporta un aumento del 50% dell’area cloud.

APPLE boom – nella nottata di mercoledì il colosso di cupertino ha deciso di lasciare tutti a bocca aperta annunciando un aumento dei ricavi per il primo trimestre 2021 del +54% pari a 90 miliardi circa. Nonostante gli analisti avessero già rivisto le proprie stime al rialzo nelle settimane passate, i dati sono andati oltre le aspettative. La spinta è riconducibile al boom delle vendite dell’iPhone che hanno registrato un +66%. Grazie al buon andamento, la società ha deciso di portare a 90 miliardi di dollari il riacquisto di proprie azioni, una cifra ancora mai vista.

FACEBOOK flies – nella trimestrale presentata si legge un +48% dei ricavi pari a 26,2 miliardi di dollari, tre miliardi oltre le aspettative medie degli analisti. L’utile netto è raddoppiato raggiungendo quota 9,5 miliardi e gli utenti mensili sono aumentati del 10%. L’operazione di buyback in corso è per un ammontare di 30 miliardi e solamente nell’afterhours il titolo guadagna il 6%.

Monetary Policy

Al termine della riunione di politica monetaria la Bank of Japan ha annunciato che lascerà invariata la sua linea ultra-accomodante, dicendo che l’inflazione non centrerà il target del 2% ancora per un lungo periodo, soprattutto a fronte di un paese che fa i conti con un aumento della curva dei contagi e a misure restrittive maggiori.

Nella giornata di martedì è iniziata la consueta due-giorni del Federla Open Market Committee della FED. Il messaggio che uscirà dal meeting, nelle attese, dovrebbe riecheggiare i toni “dovish” usati la scorsa settimana del presidente della BCE Christine Lagarde.

Come preventivato dagli analisti nella giornata di giovedì il Presidente Powell, al termine della due-giorni del FOMC, ha dichiarato che una riduzione dello stimolo è prematura e che una politica accomodante resterà in campo per un periodo prolungato.

Nella giornata di giovedì è uscito il dato relativo all’inflazione tedesca attestatasi sul livello target di lungo periodo, il 2% registrato ha superato di 10 basis point la previsione degli analisti. Nella giornata di venerdì proseguiranno anche gli altri paesi europei. Sempre sul fronte macroeconomico è stato pubblicato il GDP Price Index americano ben al di sopra del previsto 2.6%. Infatti, spinto dall’inflazione e dai consumi si è attestato sul 4.1%.

Come previsto la giornata di venerdì è stata caratterizzata dall’uscita dei dati macroeconomici europei. Nella mattinata sono stati pubblicati i dati relativi al GDP tedesco e italiano attestatesi rispettivamente a -3,0% e -1,4% di poco al di sopra delle aspettative. La giornata è proseguita con la pubblicazione del dato sulla disoccupazione a livello europeo.

COVID-19

Sul fronte COVID continua ad essere critica la situazione in India, il Consiglio dei Ministri italiano ha deliberato lo stato d’emergenza per la missione in India. Mentre nella penisola continua la campagna vaccinale a ritmi serrati, nella sola giornata di giovedì sono state somministrate oltre 490 mila dosi. Nonostante le precauzioni del caso, i governi occidentali confidano di tornare in una situazione di normalità prima dell’estate.

COSA ATTENDERCI DA QUESTA SETTIMANA

Appuntamenti

La prossima settimana si aprirà con la pubblicazione dei dati PMI sul settore manifatturiero, si inizierà dal dato relativo all’Italia e successivamente tutti gli altri paesi europei, arrivando verso metà mattinata con il dato relativo a tutta la zona euro. Verrà invece pubblicato nel pomeriggio il dato relativo agli Stati Uniti. La settimana proseguirà con l’uscita del Producer Price Index (PPI) relativo alla variazione dei prezzi di un paniere di beni destinati alla produzione nella zona euro.

Nella giornata di giovedì la Banca Centrale Europea provvederà alla pubblicazione del bollettino economico, traendo le somme da tutti i dati macro pubblicati questa settimana.

A seguire gli stati uniti pubblicheranno il dato settimanale sulle richieste di sussidi, sia quelle nuove che quelle di mantenimento.

Nel fine settimana sul fronte economico gli stati uniti provvederanno a pubblicare diversi dati relativi al mercato del lavoro, tra cui anche il tasso di disoccupazione.

Tra gli appuntamenti della settimana nella giornata di venerdì Banca d’Italia pubblicherà il report relativo alle posizioni delle banche italiane, con focus particolare all’aggregato monetario derivante dalla Banca Centrale Europea.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

THE FUTURE STARTS TODAY, NOT TOMORROW..

I mercati finanziari hanno affrontato la settimana più intensa della “Earning Season” andando a demolire qualsiasi previsione fatta. Tra i colossi che hanno riportato, alcuni sopracitati, circa l’87% ha battuto le stime con una sovraperformance media del19,8%. Chiaramente il consenso sugli utili per l’intero 2021 è aumentato considerevolmente.

La settimana, nonostante il moto propulsore delle trimestrali americane si è conclusa con tutte le principali piazze debolmente in negativo. Rimangono sempre sui massimi i principali indici quali Nasdaq e S&P 500 che nella settimana hanno toccato i massimi da inizio anno.

In Europa si intravedono segnali di ripresa, anche a fronte del miglioramento della situazione sanitaria, ma per vedere solidi miglioramenti anche sul mercato dovremo attendere la ripresa degli industriali, leggermente più indietro rispetto al settore bancario.

Sul fronte valutario, a fronte di diversi fattori il cambio euro dollaro ha chiuso la settimana a 1,2021 registrando una diminuzione dal picco di inizio settimana. Si denota che nel corso della settimana, supportato dalle politiche monetarie statunitensi il cambio ha toccato quota 1,2150.

Sul fronte obbligazionario governativo, lato europeo, abbiamo assistito ad un movimento altalenante con una sostanziale tendenza al rialzo dei tassi di tutti i principali paesi. Il BUND tedesco ha avuto una crescita ma in misura più contenuta rispetto agli altri paesi europei, comportando un allargamento dello SPREAD. In America, questa settimana si è registrato un movimento al rialzo portando il decennale a quota 1.6259 ma toccando nella giornata di giovedì 1.6825.

In generale, gli ottimi risultati riportati dall’America sono stati assorbiti solo parzialmente dalle piazze europee che trainate solamente dai bancari hanno chiuso la settimana in rosso. Negli States la pesante chiusura di venerdì ha minato tutti gli ottimi risultati registrati in settimana. Il cattivo andamento dei mercati finanziari non ha impattato sulle nostre linee di gestione che si confermano sui livelli massimi da inizio anno e mantengono una volatilità inferiore al mercato. Molto bene le linee a partecipazione azionaria, che trainate dalle trimestrali americane hanno guadagnato mediamente mezzo punto percentuale.

La situazione statunitense sembra aver scontato un ritorno alla normalità imminente. Il miglioramento sotto il fronte epidemiologico e il riscontro finanziario hanno lanciato un segnale di ripresa ben avviata. La FED ha comunicato che nonostante vi sia ripresa le politiche rimarranno accomodanti fino a quando i dati non risulteranno soddisfacenti per una crescita di lungo periodo.

Più complicata la situazione Europea: i dati macroeconomici sono anche qui moderatamente incoraggianti ma il rialzo dei tassi governativi si sta già manifestando e bisognerà continuare a monitorarli soprattutto qualora l’inflazione dovesse manifestarsi più importante del previsto.

Per molti analisti entro la fine del 2021 il tasso free risk relativo all’area euro tornerà a 0. In questi termini sarà compito del Gouverning Council monitorare sul rialzamento dei tassi in ottica di una efficiente gestione dell’inflazione. 

Analisi dei mercati dell’ 08.03.2021

INDICI DI MERCATO

LA SCORSA SETTIMANA

La settimana passata è stata caratterizzata dai soliti eventi legati alla pandemia e dalle crescenti preoccupazioni per il riaffacciarsi sul mercato dell’inflazione.

Sul fronte dell’evoluzione della pandemia e del procedere delle campagne vaccinali, prima la Francia, e poi anche la Germania, dichiarano che il vaccino Astrazeneca può essere somministrato ai cittadini ultrasessantenni, basandosi su dati aggiornati provenienti dai paesi che non hanno mai limitato la somministrazione del vaccino inglese. La decisione avrà un effetto positivo sul numero di vaccinazioni al fine di garantire il prima possibile la copertura contro il virus per la maggior parte della popolazione e, conseguentemente, una più rapida uscita dai lockdown. Il governo italiano, per far fronte alle inefficienze riscontrate da più parti, ha deciso di cambiare i vertici della cabina di regia ideata per distribuire i vaccini.

L’agenzia europea per i medicinali (EMA), ha deciso di iniziare il processo di revisione del vaccino russo Sputnik, al fine di verificarne la sicurezza e l’efficacia prima di autorizzarne l’uso anche nei paesi della Comunità Europea. Nel frattempo, Slovacchia e Ungheria, che avevano iniziato trattative private con la Russia per il vaccino, hanno dichiarato di averne ricevuto le prime dosi; altri paesi comunitari, come Austria e Repubblica Ceca, hanno deciso di aprire un canale con la Russia per poter ottenere lo Sputnik prima del via libera dell’autorità UE ed accelerare le vaccinazioni.

Sempre sul fronte vaccini, l’amministrazione americana ha dichiarato che per la fine di maggio saranno disponibili dosi sufficienti per vaccinare tutta la popolazione adulta, grazie anche ad un accordo tra Merck e Johnson&Johnson, caldeggiato dal governo, per aumentare la produzione.

Sul versante dati macroeconomici, da sottolineare:

Sul versante Europeo i dati PMI Europei pubblicati da IHS Markit segnalano un timido miglioramento delle aspettative da parte delle imprese. Sebbene il dato composito europeo rimanga in territorio di contrazione (48.8 vs 47.8 del mese di gennaio, e attese di 48.1 per il mese di febbraio), raggiunge il valore più alto da due mesi. Il dato composito è pesato dalla componente dei servizi che si attesta a 45.7 nel mese di febbraio, confermando le difficoltà del settore a causa delle restrizioni imposte dai governi del Vecchio Continente per far fronte al riacutizzarsi dei contagi. Il dato manifatturiero, invece, si conferma in territorio di espansione a 57.9 vs 54.8 del mese di gennaio, consegnando il dato più alto da febbraio 2018. La fotografia che ne emerge è di un comparto industriale più positivo per il futuro, questo anche in considerazione del fatto che le ultime restrizioni hanno interessato maggiormente il settore dei servizi.

Giovedì 4 marzo è stato inoltre pubblicato il tasso di disoccupazione dell’Eurozona, calcolato da Eurostat: per il mese di gennaio la disoccupazione europea è scesa all’8.1%, invariata rispetto alla revisione del mese di dicembre, che ha portato il dato dall’8.3% all’8.1%, e con aspettative di disoccupazione in crescita all’8.3%. Il tasso di disoccupazione per l’Unione Europea, quindi comprendente anche le nazioni non-euro, si è attestato al 7.3%, anche in questo caso invariato rispetto a dicembre 2020.

Sul versante USA altrettanto buono l’indice ISM Manufacturing US, più osservato negli Stati Uniti rispetto al corrispettivo indice Markit, che cresce di 2.1 punti a febbraio da 58.7 a 60.8, e si posiziona sopra le attese di 58.9 rafforzando le aspettative di una ripresa a “V” dell’economia americana. Dal commento relativo ai dati ISM, diversi manager comunicano difficoltà nel reperimento delle forniture, che potrebbe avere un riflesso temporaneo sui prezzi finali dei prodotti, e quindi sull’inflazione. Per quanto riguarda l’indice ISM Services US, invece, il dato per il mese di febbraio è 55.3, in calo rispetto al 58.7 di gennaio e disattendendo le attese per una non variazione rispetto al mese precedente.

Venerdì 5 marzo è stata la volta dei dati sul mercato del lavoro: nel mese di febbraio, gli Stati Uniti hanno aggiunto 379’000 posti di lavoro, molto sopra le attese di 200’000 nuovi occupati e superiori al dato rivisto di gennaio che è passato da 49’000 a 166’000. Il dato evidenzia una ripresa del mercato occupazionale dopo alcuni mesi con più ombre che luci, soprattutto grazie ad una crescita di 355’000 unità nel settore del tempo libero e dell’ospitalità, una delle componenti più duramente colpite dalla pandemia. Il dato sui nuovi occupati, unito ad un tasso di partecipazione stabile al 61.4%, ha portato ad una riduzione del tasso di disoccupazione dal 6.3% al 6.2%.

Se quindi la situazione covid continua a tenere banco e tendenzialmente a mantenersi in equilibrio precario tra nuove infezioni e ottimismo sui vaccini, a condividere la scena, e tenere in apprensione i mercati finanziari ci ha pensato il rinnovato timore dell’inflazione, soprattutto sul versante statunitense. Nell’ultimo periodo le aspettative d’inflazione si sono mosse al rialzo principalmente a causa di un aumento del prezzo delle materie prime dovuto alla riapertura delle principali economie utilizzatrici a cui però non ha fatto seguito un parallelo aumento dell’offerta, poiché molte delle economie produttrici ed esportatrici sono tuttora soggette a restrizioni.

Un fattore molto importante da tenere in considerazione, come ripetuto più volte, è legato alle aspettative di inflazione da parte degli investitori. Esse, infatti, si riflettono sulle valutazioni azionarie, perché un aumento dell’inflazione causa tassi futuri in rialzo, i quali, a loro volta, comportano una riduzione delle previsioni degli utili e quindi un calo dei listini azionari. Il fenomeno appena descritto è ben visibile nell’andamento recente dell’indice Nasdaq, che, comprendendo società tendenzialmente con multipli elevati, ha sottoperformato gli altri indici americani, soprattutto l’indice Dow Jones Industrial Average, i cui membri presentano, in media, multipli più bassi.

Fig.1  Nello stesso periodo di osservazione l’indice Nasdaq ha riportato una performance negativa di circa  -8% contro un rendimento dell’indice Dow-Jones di +1.4%.

Uno dei principali listini azionari USA in calo non rappresenta certamente una buona notizia, nemmeno per le autorità economiche e monetarie.

Per calmierare gli animi, Intervenendo in un’intervista al Wall Street Journal, il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha dichiarato che la banca centrale sta seguendo con attenzione la recente dinamica dei rendimenti governativi ed ha ribadito che la FED non sta prendendo in considerazione un rialzo dei tassi d’interesse. L’intento naturalmente è quello di far percepire al mercato che la Banca Centrale Statunitense ha il pieno controllo dell’evoluzione della curva dei tassi e rimane espansiva per continuare a favorire il processo di ripresa economica in atto.

In Europa, più indietro rispetto agli Usa per quanto riguarda la ripresa economica, l’inflazione resta un tema sostanzialmente sotto controllo

La narrazione Europea rimane molto distante da quella americana: una ripresa dell’inflazione a livello europeo è tutto sommato ben vista da parte delle autorità monetarie, in quanto, come sappiamo, una crescita stabile dei prezzi vicino, ma sotto, il 2% annuale che è il target fissato dalla Banca Centrale Europea.

L’indice di inflazione “core” europeo di martedì 2 è risultato in calo a 1.1% da 1.4%, confermando le attese.

Leggermente al rialzo invece i dati nazionali: In Germania il dato preliminare armonizzato pubblicato Lunedi 1 rimane invariato a 1.6% anno su anno, il livello più alto raggiunto in un anno. In Italia, lo stesso dato CPI armonizzato ha fatto registrare una ripresa attestandosi a 1.0% annuale contro previsioni di 0.7%.

La settimana si è infine chiusa con un’altra importante notizia.

Nela notte di domenica il senato americano ha approvato il pacchetto fiscale da $1.9 trilions fortemente voluto dall’amministrazione Biden. Si tratta della sesta iniezione di spesa pubblica dall’inizio della pandemia, che porta il totale degli aiuti governativi al 25% del PIL americano. La nuova misura contiene un insieme di provvedimenti di carattere assistenziale che puntano ad aumentare il reddito delle famiglie, prolungare le indennità di disoccupazione, e trasferire circa $350 miliardi nelle casse delle amministrazioni locali più colpite dalla crisi. Più nel dettaglio, sono in arrivo $1’400 dollari alla maggioranza dei cittadini americani, sono previsti $130 miliardi per la scuola, $14 per i vaccini, e $300 miliardi settimanalmente per la disoccupazione, prorogata fino a settembre. Ora la palla torna alla camera per l’approvazione finale. Lo stimolo fiscale è ritenuto eccessivo da diversi investitori, ma anche dai membri più conservatori del congresso, in considerazione delle già buone condizioni dell’attività a stelle e strisce, e pertanto potrebbe comportare un surriscaldamento dell’economia, che si rifletterebbe su un aumento dei prezzi dei beni.

Infine, tra gli eventi segnalati nello scorso commento e degni di menzione ricordiamo:

In settimana, il governo italiano ha emesso il suo primo titolo di stato green, per una size di 8,5 miliardi di euro. L’obbligazione ha scadenza 30 aprile 2045 e una cedola di 1,50%. La domanda per questa prima emissione sostenibile è stata di circa 80 miliardi, oltre il doppio rispetto alla domanda generata dall’emissione green della Germania nel 2020, dimostrando che, nonostante il recente rialzo dei rendimenti governativi, la componente green/sostenibile attrae sempre di più l’interesse degli investitori.

La riunione dei membri del cartello OPEC+ si è conclusa con la decisione di non ridurre i tagli alla produzione, nonostante la crescente domanda di greggio conseguente alla graduale ripresa economica. La decisione ha spiazzato molti analisti, i quali, invece, si attendevano un rilassamento dei tagli proprio per soddisfare tale crescente domanda. In particolare, oltre al mantenimento del livello generale di produzione attuale, l’Arabia Saudita manterrà in essere il proprio taglio volontario di 1 milione di barili giornalieri deciso nella precedente riunione. La prima reazione dell’oro nero è stata di portarsi sopra quota $65 al barile, per la prima volta da gennaio 2020, per poi proseguire al rialzo e chiudere la settimana a $66.

QUESTA SETTIMANA

L’evolversi della situazione pandemica ha sempre la massima importanza per gli investitori, anche a fronte delle già citate differenze tra aree geografiche. Lo scenario maggiormente sposato dai mercati è quello della ripresa economica, grazie all’intensificarsi degli sforzi dei diversi governi mondiali per procedere ad una rapida vaccinazione e raggiungere il più rapidamente possibile l’immunità di gregge per far cadere definitivamente ogni restrizione.

Mercoledì 10 e giovedì 11 marzo si riunirà la Banca Centrale Europea. La presidente Christine Lagarde sarà chiamata a conciliare le posizioni tra i membri del consiglio direttivo che osservano con attenzione il recente aumento dei rendimenti governativi, e quelli che non ritengono la recente dinamica preoccupante perché segnale di ripresa economica. Gli investitori osserveranno attentamente anche i flussi di acquisti da parte della banca centrale per verificarne le decisioni, dato il calo dei flussi della settimana passata.

Tra i dati economici principali troviamo il PIL giapponese per il 4Q in pubblicazione il 9 marzo, che permetterà di avere un’idea dell’impatto del virus su uno dei paesi che meglio ha gestito la crisi sanitaria. A seguire, lo stesso giorno, verrà pubblicato il PIL per l’Eurozona, il quale darà una rappresentazione dello stato delle economie del Vecchio Continente.

Durante la settimana saranno pubblicati i dati riguardanti la produzione industriale di gennaio in Europa: lunedì mattina è toccato alla Germania, la quale ha riportato un calo del 2.5% rispetto a dicembre 2020, e del 3.9% rispetto a gennaio 2020. Martedì 9 sarà la volta dell’Italia; le attese sono di un calo del 4.1% rispetto allo stesso mese dell’anno passato, ma di una crescita di +0.7% rispetto a dicembre. Infine, mercoledì 10, toccherà alla Francia: anche in questo caso le aspettative sono per un calo rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, ma di una crescita rispetto al mese precedente.

Come sempre, il giovedì sarà la volta dei dati settimanali sulle richieste di disoccupazione negli Stati Uniti: le previsioni sono di un’ulteriore riduzione delle richieste di sussidi, anche in considerazione della situazione del mercato occupazionale delineata dai dati mensili della settimana scorsa, e delle recenti decisioni di diversi stati di eliminare le restrizioni in essere.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Con l’approvazione del pacchetto fiscale da parte del senato, dove, ricordiamo, l’attuale amministrazione ha una maggioranza di un solo voto, gli Stati Uniti si apprestano a dare il massimo supporto ad un’economia che già stava reagendo molto bene agli sviluppi della campagna vaccinale, come evidenziato anche dai dati del mercato del lavoro. Se da un lato lo stimolo è sicuramente ben visto dal mercato, la necessità di finanziare il piano di aiuti attraverso l’emissione di debito potrebbe portare ad un ulteriore rialzo dei rendimenti americani e quindi nel breve periodo potrebbe portare ad ulteriori rivalutazioni delle aspettative inflattive.

Restano molto importanti le parole dalle autorità monetarie nelle le riunioni di questa settimana e delle successive: in generale ci si attende che rafforzino il loro impegno a mantenere i tassi di riferimento bassi.

 La FED in primis è attesa dal compito più arduo di rassicurare gli investitori che l’attuale aspettativa d’inflazione è perfettamente tollerata, anche in considerazione della “simmetria” nel raggiungere il livello obiettivo. In estrema ratio le autorità monetarie americane potrebbero perfino pensare di intervenire con strumenti di controllo della curva dei rendimenti (il cosiddetto yield curve control, YCC), attraverso l’acquisto di titoli a specifiche scadenze.

Per il momento sembrano bastare le rassicurazioni di diversi membri della FED di mantenere i tassi ai livelli attuali per ancora qualche tempo e sembra tutto sommato ragionevole considerare la recente dinamica dell’inflazione transitoria:

In Europa la BCE potrebbe accelerare il programma di acquisti fino a €100 miliardi al mese, al fine di mantenere bassi i rendimenti.

Rassicurazioni sia sul fronte pandemico, sia da parte delle banche centrali saranno essenziali per poter riprendere il percorso interrotto nelle scorse settimane dai mercati.

I mercati azionari hanno presentato un andamento molto volatile soprattutto nella loro componente legata al settore tecnologico. Nonostante negli ultimi mesi avessimo già ridotto il peso dei titoli tecnologici americani, il loro peso percentuale all’interno della linea Chronos rimane comunque rilevante e per questo motivo la linea è risultata la più volatile tra le linee azionarie.

La performance da inizio anno di tutte le linee azionarie rimane comunque positiva e restiamo costruttivi sull’asset class.

Le linee obbligazionarie, anch’esse positiva da inizio anno, hanno risentito solo marginalmente della risalita dei rendimenti governativi in quanto non abbiamo particolari esposizioni a titoli con scadenze a medio/lungo termine e vi siano invece in posizione diversi bond in dollari con cedola a tasso variabile.

La sicav Scm Stable Return mantiene invece un rendimento decisamente positivo grazie alla gestione tattica del tasso di cambio Euro/Dollaro e all’elevata diversificazione del portafoglio titoli.

Analisi dei mercati del 22.12.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIME DUE SETTIMANE

Anche durante la settimana che si è appena conclusa i mercati azionari sono rimasti ben intonati (MSCI World +1.4%) con una sovraperformance, in US, della tecnologia e del segmento delle small cap. Il comparto obbligazionario governativo, invece, è stato penalizzato da un leggero incremento dei rendimenti (che però non ha compromesso il livello dello spread fra il Bund tedesco e il BTP italiano compressosi ulteriormente) che ha impattato anche sulla parte investment grade dell’obbligazionario a spread. Bene le commodities con il petrolio che è salito ulteriormente e bene anche i metalli preziosi. Il dollaro si è indebolito rompendo il livello di 1.22.

Analizziamo più nel dettaglio cosa è successo partendo con il commento delle decisioni delle principali banche centrali riunitesi in settimana.

In generale possiamo dire che le banche centrali non hanno fatto altro che confermare che la politica monetaria rimane, ovunque, estremamente accomodante e disponibile ad essere ulteriormente rafforzata:

  • la Fed ha mantenuto i tassi nel range 0-0.25% con la “dot plot” (ovvero la rappresentazione grafica delle intenzioni dei singoli membri per il prossimo futuro) che li ipotizza invariati almeno fino al 2022/2023; il programma di acquisto titoli proseguirà all’attuale ritmo finché non ci saranno progressi sostanziali nell’economia (sia in termini di inflazione che di occupazione). Anche la Fed ha aggiornato le stime di crescita del Pil rivedendole al rialzo sia per il 2020 (-2.4% da -3.7% di settembre) che per l’anno prossimo (+4.2% dal +4% stimato a settembre), così come quelle di inflazione riviste leggermente al rialzo: è stato proprio il mix di questi fattori, politica monetaria invariata (e che rimarrà accomodante ancora a lungo) e inflazione in possibile aumento (legate a migliori prospettive di crescita) che ha portato il cambio euro/dollaro sopra il livello di 1.22. Powell ha ribadito che, a fronte di rischi immediati molto alti, la Fed si mantiene pronta ad intervenire pur nella consapevolezza che la situazione dovrebbe esser destinata a migliorare nel medio termine. Il mercato, nell’immediato, è rimasto un po’ deluso dalla non proattività ma poi si è ripreso;
  • la Bank of England ha deciso, all’unanimità, di mantenere l’attuale stance di politica monetaria lasciando i tassi invariati (a 0.10%) così come il programma di acquisto titoli almeno finché non ci saranno evidenti progressi sull’inflazione e chiarezza sul fronte Brexit (in tal caso si potrebbe valutare anche l’introduzione di tassi negativi). Secondo il comitato l’outlook rimane fortemente incerto anche se il vaccino dovrebbe ridurre notevolmente il downside risk;
  • la Bank of Japan ha dichiarato, prima del meeting ufficiale, che acquisterà 6 miliardi di dollari di debito direttamente dal ministero delle Finanze per potere essere pronta ad evitare che un’eventuale ripresa della pandemia metta a rischio la chiusura dell’anno fiscale giapponese (a marzo). Si tratterebbe di un primo importante passo verso la c.d. “monetizzazione” del debito pubblico direttamente legata alla tanto spesso citata MMT (Modern Monetary Theory), ovvero il finanziamento diretto dello Stato da parte della Banca Centrale. Ancora una volta il Giappone si dimostra più avanti nelle politiche di intervento monetarie, forse perché ha vissuto una grande crisi in passato che ha portato ad una cronica deflazione; dalla riunione ufficiale, invece, non sono emersi cambiamenti nella politica monetaria né in termini di tassi di interesse (che rimangono negativi a -0.10%) né di programma di acquisti (enfatizzando, su questo punto, che un’uscita dalla strategia di acquisto di ETF azionari è prematura).

Rimanendo sempre in tema banche centrali torniamo a parlare di quanto commentato più volta in questa sede, ovvero del tema critico dei dividendi per il settore finanziario.

La Bank of England ha deciso che le banche inglesi potranno tornare a distribuire i dividendi agli azionisti ma con dei vincoli. Gli stress test della BOE hanno consentito di valutare le banche britanniche sufficientemente solide (i coefficienti patrimoniali tripli rispetto alla crisi finanziaria del 2008-2009) da permettere il pagamento delle cedole nel 2021 ma con la limitazione del 15%-25% in termini di payout ratio o 0.2% del valore patrimonio primario o attività ponderate per il rischio (Cet1). Il messaggio che la BOE ha voluto dare è positivo e cioè le banche sono ritenute solide per sostenere l’economia in una fase così difficile ma si tiene comunque un cuscinetto di sicurezza.

Il giorno successivo la BCE si è allineata alla BOE confermando quanto già emerso la settimana precedente: il divieto alla distribuzione dei dividendi viene stato rimosso ma viene imposto un tetto pari al 15% degli utili cumulati nel periodo 2019-2020 e 0.20% in termini di Cet1 (si applica il minore fra i due vincoli). Tale regola varrà fino al 30 settembre 2021. Le banche non potranno, però, distribuire acconti sui dividendi relativi agli utili 2021. Le valutazioni su dividendi e buyback (modo alternativo di remunerare gli azionisti acquistando azioni sul mercato) verranno valutate caso per caso dal Consiglio di Vigilanza della Bce guidato da Andrea Enria.

In generale si tratta di una cauta riapertura (si stima che la distribuzione dei dividendi sarà pari ad un terzo di quello che sarebbe normalmente avvenuto) che tiene conto, da un lato, del fatto che potremmo essere avviati verso una normalizzazione e verso la fine della crisi e, dall’altro, che l’andamento altalenante della pandemia e dei contagi rende lo scenario ancora incerto e il problema delle sofferenze dei crediti potrebbe solo essere rimandato.

Altra considerazione da fare è la seguente: sebbene, in linea teorica, sia corretto limitare la distribuzione di dividendi (o il buyback) considerato i fondi che l’istituto centrale mette a disposizione delle banche a tassi negativi, è anche vero che, spesso, gli azionisti delle banche sono le fondazioni che utilizzano proprio i dividendi incassati per erogare servizi sul territorio importanti, a maggior ragione, in un momento di particolare fragilità come quello attuale.

Occorre, poi, aggiungere il fatto che fra i soggetti con licenza bancaria ci sono anche i c.d. “asset gatherer” o banche rete (tipo Mediolanum, Banca Generali, Fineco…) e, paradossalmente, il doppio vincolo tende a penalizzare proprio coloro che hanno meno attività di rischio (le attività bancarie sono legate al risparmio gestito e solo minimamente ai prestiti verso famiglie e imprese).

Ricordiamo che la sospensione al pagamento dei dividendi è stata introdotta a marzo di quest’anno per permettere alle banche di essere pronte a fronteggiare le conseguenze negative della pandemia. Sebbene questa crisi, come più volte ribadito, non abbia avuto origine dal settore bancario (come invece accadde nel 2007-2008) le sue ripercussioni potrebbero ricadere sulle banche in termini di maggiori NPL (non-performing loans); le banche centrali hanno cercato di salvaguardare il settore attraverso diverse misure (es. il TLTRO) e abbassando i tassi di interesse ma è normale che questi soldi debbano essere utilizzati per creare un cuscinetto indispensabile per non affogare nei quasi inevitabili crediti incagliati.

Il buon andamento dei mercati azionari e il leggero incremento dei rendimenti obbligazionari governativi sono legati anche alle attese di un imminente ritorno alla normale attività economica legata ai vaccini. Negli Stati Uniti l’FDA ha approvato anche il vaccino prodotto da Moderna mentre, in Europa, l’EMA ha annunciato che potrebbe approvare il vaccino di Pfizer/BioNTech il 21 dicembre, in anticipo rispetto alla data prevista del 29 dicembre. Se così fosse in Europa si potrebbe ipotizzare quello che alcuni chiamano V-day, l’inizio della campagna di vaccinazioni, già il 27 dicembre.

Della positività legata ad un eventuale ritorno alla normalità beneficia anche il petrolio con il WTI che supera i 49 dollari al barile nonostante l’OPEC, nel suo report mensile, tagli le previsioni sulla domanda del primo trimestre 2021 di un milione di barili al giorno a causa dell’impatto delle misure restrittive sulla prima parte del trimestre.

Con i Grandi Elettori americani che hanno confermato la vittoria di Biden alla presidenza degli Stati Uniti arriva anche l’accordo sul pacchetto da 900 miliardi di dollari per dare sostegno all’economia e ai cittadini colpiti dalla pandemia. Il voto finale è previsto per oggi.

In tema di stimolo fiscale il Giappone si distingue con una cifra record: la bozza di bilancio prevede, infatti, la spesa di 1.030 miliardi di dollari per il prossimo anno fiscale (da aprile) destinata sia alle necessità legate al coronavirus e alle conseguenti misure per cercare di rilanciare l’economia, che le normali spese militari e di welfare.

La debolezza del dollaro può essere anche, in parte, legata al recente andamento migliore dei dati macroeconomici europei rispetto a quelli americani come emerge dall’andamento degli Economic Surprise Indices delle due aree. In settimana sono stati pubblicati i dati di fiducia delle imprese PMI: in Eurozona, pur rimanendo sotto la soglia critica del 50 il dato composite è passato da 45.3 a 49.8 grazie, soprattutto, al comparto dei servizi (passato da 41.7 a 47.3) e al contributo della Francia. Per gli Stati Uniti, invece, il dato aggregato è passato da 58.6 a 55.7 a causa proprio del comparto dei servizi.

Non si arresta la corsa del bitcoin che sale sopra i 24.000 dollari per la prima volta in assoluto e oro che ne risente. Due sono le notizie rilevanti sul tema bit-coin uscite in settimana:

  • Banca Generali ha avviato una partnership con la fintech Conio Inc. (che fornisce servizi di “wallet provider” ovvero custodia, negoziazione e reporting di bitcoin) acquisendone il 9.9% (per 14 milioni di dollari). Oltre a supportarne la crescita partecipando all’aumento di capitale, Banca Generali intende distribuire i prodotti di Conio arricchendo la propria offerta digitale:
  • l’americana Coinbase, la maggiore piattaforma di scambi di criptovalute, ha depositato i documenti per quotarsi a Wall Street con una valutazione stimata iniziale pari a 8 miliardi di dollari.

Diamo qualche numero sul tema: la capitalizzazione totale delle criptovalute (che sono in totale 8.ooo) ha raggiunto la cifra di 580 miliardi di dollari (di cui 1/3 sono relativi ai Bitcoin), gli scambi giornalieri sono pari a circa 280 miliardi di dollari e gli utenti circa 60 milioni.

Società del big tech americano ancora sotto attacco sia in US che in Europa: la Federal Trade Commission americana ha aperto un’inchiesta chiedendo maggiore trasparenza sull’utilizzo di dati sensibili a Facebook, Google e YouTube confermando la tendenza ad un approccio più duro da parte del regolatore. Inoltre, in Texas il procuratore generale ha avviato una causa antitrust contro Google accusandola di collusione con Facebook sul mercato della pubblicità online che sarebbe stato manipolato per creare, di fatto, un duopolio. In Europa, la UE stabilisce multe, fino ad un massimo del 10% del fatturato, se le società del big tech non rispettano le regole sull’utilizzo dei dati e la concorrenza. Inoltre, si parla di multe fino al 6% del fatturato per coloro che non controllano e rimuovono la propaganda terroristica ed eventuali altri contenuti illegali.

Nonostante il newsflow non sia particolarmente positivo il Nasdaq raggiunge nuovi massimi: segnaliamo, fra i principali titoli, l’ottima la performance di Apple dopo che l’agenzia di stampa giapponese Nikkey ha pubblicato che la produzione di iPhone aumenterà del 30% nella prima metà del 2021.

Da manuale la performance di Tesla, che da oggi fa parte dell’indice S&P500 con un peso pari a 1.5% circa: il titolo, dopo essere stato parecchio volatile e avere fatto segnare il record di scambi superiori a 200 milioni di titoli (pari a 148 miliardi di dollari) passati di mano in un solo giorno, ha toccato il massimo di 695$ esattamente in chiusura quando si sono concentrati gli acquisti degli etf e dei fondi passivi (pari a più di 50 milioni di dollari) che da oggi devono replicare la nuova composizione dell’indice americano.

QUESTA SETTIMANA

Settimana ridotta con le borse che venerdì saranno chiuse per il Natale (tranne Giappone e Cina, fra le principali) e, nella maggior parte dei casi, il 24 opereranno metà giornata.

Nel week-end la notizia che è circolata, e che è destinata ad impattare negativamente i mercati finché non ci sarà maggiore chiarezza, riguarda la comparsa nel Regno Unito di una nuova variante del coronavirus, che pare essere anche arrivata in Italia dove è stata immediatamente isolata. Questo elemento aggiunge notevole incertezza al quadro generale, occorre assolutamente avere la conferma della validità del vaccino anche su questa variante e della non maggiore gravità rispetto a quello visto finora.

Oggi 21 dicembre l’agenzia europea dei farmaci EMA ha approvato vaccino di Pfizer/BioNTech che consentirebbe l’inizio della campagna vaccinale subito dopo Natale.

Nel week-end è scaduta l’ennesima deadline fissata per arrivare ad un accordo sulla Brexit. I negoziati proseguiranno questa settimana. Per alcuni le posizioni sono ancora troppo distanti, questa settimana dovrebbe essere cruciale e si spera che il governo britannico sia chiamato a ratificare l’eventuale accordo raggiunto con la UE.

Tra martedì e mercoledì la pubblicazione di parecchi dati macroeconomici americani ci aiuterà ad avere un’idea più precisa dell’attuale stato dell’economia US: nello specifico, oltre alla terza stima del Pil per il terzo trimestre, verranno rilasciati i dati relativi al personal income, al personal spending e quelli sul mercato del lavoro settimanali.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Si sta avvicinando la fine di un anno veramente difficile e particolare per i mercati; come abbiamo potuto constatare dalle notizie sulla variante del virus nel week-end, non si può mai abbassare la guardia e, quindi, anche gli ultimi giorni dell’anno potranno riservare sorprese, speriamo solo positive. La liquidità, solitamente, si riduce quindi i mercati diventano più vulnerabili a qualunque notizia esasperando le variazioni.

In generale, comunque, possiamo dire che si sta passando dall’anno del virus all’anno dei vaccini e, quindi, dall’anno caratterizzato da diversi stadi di quello che abbiamo definito “coma farmacologico” indotto, attraverso le diverse sfumature di lockdown, dai governi alle economie, all’anno che dovrebbe vedere la normalizzazione dell’attività economica. Normalizzazione che sarà tanto più facile quanto più elevata sarà la numerosità dei vaccini e l’efficacia risultata nei test.

Esattamente per questo motivo i mercati sono rimasti “scombussolati” questa mattina dalla notizia della mutazione del vaccino, perché allontanerebbe la ripresa che si ipotizzava potesse avvenire nella seconda parte dell’anno. I vaccini sono fondamentali, infatti, per agevolare il ritorno ad una normale attività economica e favorire, così, la sostenibilità del ciclo economico.

In questo modo grazie al supporto delle banche centrali (che aiutano a giustificare le valutazioni del mercato azionario rendendolo più interessante di quello obbligazionario) e alle spese dei governi si potrà innescare il volano che guiderà la ripresa degli utili delle aziende e renderà più “sana” la salita dei listini. Più “sana” ovvero non drogata da tassi nominali mantenuti forzatamente bassi e che, con aspettative di inflazione in crescita, si traducono in tassi reali negativi che, a loro volta, si traducono in valutazioni azionarie migliori.

Nella seconda metà dell’anno, se tutto andrà come ci si auspica e da un punto di vista sanitario saremo vicini all’immunità di gregge, ci avvicineremo al “redde rationem” ovvero al momento in cui i mercati prenderanno atto di come stati e aziende avranno utilizzato l’enorme mole di denaro che è entrata in circolazione nel sistema sia sottoforma di massa monetaria che di spesa pubblica e solo i più virtuosi potranno venire premiati.

Le nostre linee di gestione hanno continuato a beneficiare del buon andamento degli asset rischiosi (sia azionari, che obbligazionari high yield o commodities): ottima la performance della linea ITA che si riporta positiva da inizio anno.

Analisi dei mercati del 09.11.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana in balia del risultato elettorale che è arrivato, ufficialmente, solo nel fine settimana: Biden è il nuovo presidente americano e, per la prima volta, la vicepresidente sarà una donna: Kamala Harris. Trump minaccia azioni legali (in teoria è possibile un riconteggio fino all’8 dicembre) e sembra che non abbia fatto ancora la consueta e rituale telefonata al vincitore come prevede la prassi per il passaggio ufficiale del testimone. Il Congresso sembrerebbe rimanere spaccato con la Camera in mano ai Democratici e il Senato ai Repubblicani, l’uso del condizionale è dovuto al fatto che in Georgia a gennaio è previsto il ballottaggio quindi la reale e definitiva composizione la avremo solo l’anno prossimo, ma si stima che, nel peggiore dei casi, si dovrebbe arrivare ad una situazione di parità con la vicepresidente democratica a fare da ago della bilancia.

Nonostante non ci sia stata la tanto attesa “blue wave” la reazione del mercato è stata molto positiva con l’azionario in grande spolvero e l’obbligazionario che vede una generalizzata discesa dei rendimenti governativi.

Il mercato obbligazionario governativo americano, in particolare, ha visto notevoli oscillazioni: la probabile e ampia vittoria di Biden aveva portato ad un aumento considerevole dei rendimenti sulle scadenze più lunghe, in relazione alla maggiore spesa fiscale che si prospettava, poi il ridimensionamento dei margini di vittoria e l’ipotesi di un Congresso spaccato ha portato i rendimenti a livelli medi precedenti. Nel comparto azionario la tecnologia (Nasdaq) ha reagito decisamente bene al minore rischio regolamentare legato ad una non schiacciante vittoria democratica.

L’appuntamento con la Fed non ha dato particolari spunti al mercato che era decisamente più attratto dal newsflow elettorale. Powell ha lasciato invariata la politica monetaria, come ci si attendeva, ma ha ripetuto, come ormai tutti i banchieri sempre fanno, che farà tutto il necessario per sostenere l’economia. Ha ribadito che lo stimolo fiscale è estremamente importante perché, nonostante l’economia sia in ripresa, i rischi legati alla pandemia, che non è ancora passata, permangono e occorre tenerne conto.

Fra le altre banche centrali si è riunita anche quella australiana e quella inglese: la RBA ha tagliato i tassi di 15bps portandoli allo 0.10% ed incrementando il QE (programma di acquisto titoli) per aiutare l’economia dato che la recessione “non è finita”; la BOE ha anticipato (di orario) la sua decisione alla mattina presto e ha annunciato di lasciare i tassi fermi allo 0.1% ma di alzare di 150 miliardi di sterline il programma di acquisto di asset (QE) mentre le attese erano per 100 miliardi.

Sul fronte macroeconomico sono usciti forti i dati PMI (indici di fiducia delle imprese) sia in Europa che, soprattutto, negli Stati Uniti con l’indice ISM manifatturiero che arriva a quota 59.3 dai 55.4 di settembre (sopra le attese degli analisti).

Sempre negli Stati Uniti sono stati molto buoni i dati sul mercato del lavoro: i nuovi occupati sono stati pari a 635k (superiore al consenso di 580k) con un tasso di disoccupazione che passa da 7.9% a 6.9%.

Venerdì a mercati chiusi Moody’s si è pronunciata sul rating italiano lasciandolo invariato a Baa3 con outlook stabile. Le motivazioni della decisione di non apportare alcun cambiamento sono legate, come negli altri casi, al fatto che l’Italia beneficia del sostegno della BCE e dell’Unione Europea.

Riassumiamo i vari giudizi che abbiamo avuto nell’ultimo periodo: S&P ha lasciato invariato il rating ma ha alzato l’outlook a stabile; DBRS ha confermato la valutazione pari a BBB high e trend negativo. All’appello manca l’ultima, Fitch, che si esprimerà il 4 dicembre (ricordiamo che ad aprile, in piena emergenza covid, proprio Fitch aveva tagliato il giudizio a BBB- con oultook stabile).

L’IPO di Ant Group (34 miliardi totale) sia a Shanghai che ad Hong Kong sembra essere sospesa (ordine firmato addirittura dal presidente Xi Jinping) per problemi regolamentari. Evento senza precedenti. La sospensione potrebbe essere di almeno sei mesi ed è motivata dal fatto che il regolatore vuole imporre agli istituti di credito online cinesi di accumulare più del proprio capitale per effettuare prestiti. Il business di Ant, che si baserebbe sul microlending (40% dei ricavi nei primi sei mesi di quest’anno), verrebbe quindi danneggiato.

QUESTA SETTIMANA

Continuiamo a monitorare l’evoluzione della pandemia nel mondo. In Asia sembra sotto controllo e anche l’Australia non ha praticamente più misure di contenimento in atto. In Europa sono stati avviati vari lockdown più o meno light e occorre aspettare qualche giorno per vederne i risultati.

Di questa mattina la notizia che il vaccino di Pfizer e BioNTech si è dimostrato efficace nel 90% dei casi studiati nella fase di test. La reazione immediata dei mercati è molto positiva. Sappiamo infatti che un vaccino efficace potrebbe ridurre, se non eliminare, il principale rischio ad oggi presente sui mercati.

Mercoledì 11 e giovedì 12 novembre è in programma il simposio di Sintra (equivalente al Jackson Hole americano della Fed) e la BCE, che ufficialmente si riunirà il 10 dicembre, potrebbe dare degli spunti e delle anticipazioni che sarebbero assolutamente gradite dai mercati. Sono previsti gli interventi di Christine Lagarde (BCE), Andrew Bailey (BOE) e Jerome Powell (Fed).

Oggi lunedì 9, e fino a venerdì 13 novembre, inizia il collocamento riservato agli investitori retail della seconda edizione del BTP futura (Isin IT0005425753) i cui proventi saranno destinati al finanziamento delle misure per affrontare gli effetti della pandemia. La scadenza è di otto anni (invece dei dieci della prima edizione) e le cedole nominali sono staccate semestralmente con tassi prefissati e crescenti (“step up”): 0.35% dal primo al terzo anno, 0.60% dal quarto al sesto e 1% gli ultimi due anni, si tratta di tassi minimi che verranno poi confermati o eventualmente alzati. Nel caso in cui il titolo fosse detenuto fino a scadenza è previsto un premio fedeltà (minimo 1% massimo 3%) che dipende dalla variazione media annua del Pil nominale italiano e che, quindi, aggiunge un rendimento ulteriore tra 0.125% a 0.375% per anno. Il rendimento a scadenza è pertanto 0.76% circa + l’eventuale premio fedeltà; il tutto si confronta con il rendimento a scadenza di un BTP nominale a otto anni che attualmente è intorno a 0.45%. Bisogna considerare due elementi: essendo dedicato ai risparmiatori la volatilità dovrebbe essere inferiore rispetto ai BTP nominali ma non può essere comprato dalla BCE nel suo programma di QE.

Ci avviciniamo alla metà del mese di novembre, dead-line fissata per un accordo sulla Brexit, vedremo se le trattative porteranno da qualche parte o se occorrerà procrastinare di nuovo la scadenza. Ricordiamo che, comunque, la decisione deve essere presa entro la fine dell’anno.

Apple presenterà i nuovi Mac con processore progettato internamente e che andrà a sostituire quello di Intel che è stato usato dal 2006.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

E finalmente le elezioni americane ce le siamo “forse” tolte… da davanti agli occhi!

Nonostante l’incertezza, che è proseguita per giorni, circa il vincitore e considerate le probabili contestazioni e il fatto che non si è verificata la blue wave o blue sweep democratico, il mercato ha decisamente reagito bene.

Quali possono essere le motivazioni? Come abbiamo più volte evidenziato il programma economico repubblicano è generalmente meglio visto dai mercati (soprattutto per il discorso della tassazione) e il fatto che, anche in caso di Biden presidente, il Congresso diviso impedisca di applicare politiche fiscali aggressive dal punto di vista dell’aumento delle imposte, è gradito ai mercati. Inoltre, indipendentemente dal risultato, un elemento di incertezza è venuto meno e la cosa può solo essere gradita ai mercati.

Adesso dovrà essere annunciato il pacchetto fiscale (non ha più alcun senso procrastinarne la decisione) e la Fed, tutto sommato in stand-by finora, potrà rimettere in moto il suo programma di sostegno utilizzando anche quello di acquisto di obbligazioni societarie (totale 750 miliardi) e quello rivolto a “Main Street” ovvero a sostegno dell’erogazione di prestiti per le PMI (totale 600 miliardi) che finora sono stati decisamente sottoutilizzati (solo 45 miliardi la prima e 4 miliardi la seconda).

Nella prima frase di questa sezione abbiamo usato il termine “forse”, questo perché esiste comunque il rischio che Trump non accetti la sconfitta e quindi non lasci la Casa Bianca con ripercussioni negative sui mercati. Altro motivo di possibile turbolenza, sempre legato alla politica americana, riguarda un possibile passaggio del Senato ai Democratici con conseguenze negative soprattutto per il settore tecnologico.

Intanto sembra che i mercati vogliano godersi il venire meno delle due fonti di preoccupazione e volatilità degli ultimi mesi ovvero le elezioni e la pandemia. Ricordiamoci che i mercati non sono unidirezionali e tendono spesso a iper-reagire. Fasi di correzione o di presa di profitto ci possono essere e andrebbero sfruttate.

Chiaramente molto positive le performance delle nostre linee di gestione, soprattutto quelle azionarie, che fanno un bel balzo in avanti grazie all’ottimo andamento degli indici azionari e obbligazionari. Buono il contributo sia delle commodities che dell’oro. Solo la diversificazione valutaria non ha premiato con l’euro che ha guadagnato nei confronti delle principali divise.

Analisi dei mercati del 02.11.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana pesante per i mercati per i soliti due motivi: 1) la mancanza di un accordo sul pacchetto di stimolo in US e 2) l’aumento dei contagi da coronavirus, soprattutto in Europa. Per queste due ragioni le aree che riportano performance “meno” negative sono Giappone e Paesi Emergenti. La sempre maggiore incertezza si riflette sul c.d. “indice della paura” ovvero il Vix che esprime la volatilità implicita dell’indice S&P500: già da tempo, come avevamo indicato, i futures sul Vix (contratti derivati utilizzati dagli investitori ai fini di copertura o speculazione) segnalavano un picco di volatilità in prossimità della scadenza di novembre, per l’avvicinarsi delle elezioni americane, ma il fattore che sta complicando la situazione, e che i mercati prezzavano poco, è quello che adesso si sta gradualmente materializzando ovvero i lockdown delle economie.

A risollevare un po’ gli umori degli investitori giovedì è stata l’ottima la performance di Christine Lagarde che ha ribadito più volte il concetto che la BCE è disposta a fare tutto quanto in suo potere per supportare l’economia, che gli strumenti a disposizione non sono affatto esauriti e il loro utilizzo è estremamente flessibile.  La pandemia sta rendendo sicuramente la ripresa più complicata e gli effetti stimati dalla BCE li vedremo nelle previsioni che verranno rilasciate durante il meeting del 10 dicembre con il nuovo quadro economico. La ripresa economica sembrava ben avviata ma il ritorno (inatteso per dimensioni) della seconda ondata ha creato notevoli difficoltà e il Pil del quarto trimestre potrebbe essere negativo. Il mercato dei money market prezza un taglio dei tassi di 10bps entro luglio 2021.

Curioso il passaggio in cui dice che non è il caso di parlare di deflazione ma di inflazione negativa, in quanto la deflazione è un processo “self-fulfilling” non legato a eventi “one-off”, tipo calo del prezzo del petrolio o taglio tedesco dell’Iva, come quelli che stiamo vivendo ora e che manterranno l’inflazione negativa almeno fino ai primi mesi del 2021.  

La BOJ non ha modificato la propria politica monetaria, che è considerata “adeguata”, probabilmente perché, comunque, ci sono dei segnali positivi sul lato produzione e esportazioni (grazie alla Cina?) nonostante le stime economiche sul Pil siano state riviste al ribasso da -4.7% a -5.5%.

Rimanendo in tema banche centrali, sebbene il meeting ufficiale sia il 5 novembre già la scorsa settimana la Fed ha fatto un passo nella giusta direzione, tuttavia non proprio colto dai mercati, abbassando la soglia minima (da 250k a 100k) che permette alle imprese di rivolgersi direttamente all’istituto centrale per i finanziamenti.

In settimana sono stati pubblicati i dati sul Pil sia negli Stati Uniti che in Europa per il terzo trimestre:

– il Pil americano è uscito più forte delle attese a +33.1% trimestre/trimestre annualizzato (vs stime di +32%) grazie alla componente consumi e agli investimenti privati (giusto per fare riferimento a quanto riportato la scorsa settimana in questa sede circa l’importanza di questi fattori nella ripresa economica americana);

– anche il Pil in Europa è uscito più forte delle attese confermando quanto l’economia fosse ben avviata verso una ripresa a V: il dato aggregato segna un +12.7% trimestre/trimestre (da -11.8% del Q2 e attese per +9.6%) con la Francia che cresce del +18.2% (da -13.7%), la Germania dell’+8.2% (da -9.7% del secondo trimestre), l’Italia del +16.1% (da -13%) e la Spagna +16.7% da -17.8%.

In Cina i dati continuano a confermare che la ripresa prosegue in modo vigoroso: la scorsa settimana è stato pubblicato il dato sui profitti industriali che ha evidenziato una risalita per il quinto mese consecutivo (+10.1% anno/anno).

La conferma del migliore andamento dell’area asiatica la abbiamo avuta anche dal dato sul Pil della Korea del Sud che dopo due trimestri di crescita negativa (-1.3% il Q1 e -3.2% il Q2) si è riportato in territorio di espansione con il +1.9% del terzo trimestre grazie anche all’incremento dell’export (in particolare dalla domanda di chip da parte della Cina).

Quanto la Cina sia importante per la crescita globale (anche se non sufficiente) è emerso anche dalle parole del CEO di Volkswagen che afferma che l’industria dell’auto sta recuperando grazie soprattutto all’area asiatica (per VW la Cina è il principale mercato dell’area). Stessa cosa emersa dall’istituto IFO che la scorsa settimana ha segnalato che il settore auto tedesco sta ben performando in evidente controtendenza rispetto al resto dell’economia.

Sempre in Cina si è conclusa, con successo e in anticipo, l’IPO (Initial Pubblic offering) più grande di sempre (togliendo il primato a Saudi Aramco che nel 2019 raccolse 29 miliardi di dollari) : ANT (in italiano “formica”), la fintech che gestisce i pagamenti digitali dell’app Alipay ed è di proprietà di Jack Ma (il fondatore di Alibaba), è sbarcata sul mercato di Hong Kong e a Shanghai (non in US!) collocando circa 34 miliardi di dollari che attribuirebbero alla società un valore di 300 miliardi (più di Paypal). Quotazioni dal 5 novembre. Nel grey market di Hong Kong sembra giri già a premio del 50%.

Venerdì a mercati chiusi è arrivata la conferma del rating italiano da parte dell’agenzia DBRS: BBB-high con outlook negativo (il migliore fra le agenzie di rating, tre volte superiore al livello di high yield). Anche in questo caso la motivazione del non downgrade risiede nel supporto della BCE in grado di mitigare l’impatto dell’aumento della spesa pubblica sui conti italiani, l’outlook rimane negativo perché comunque il recente aumento dei contagi e relativo impatto sull’economia non sono certo buoni.

Sul tema bancario il consiglio direttivo della BCE sta esaminando la questione della sospensione dei dividendi per le banche anche perché diversi istituti stanno facendo pressione affinché ci sia selettività e non tutte le banche, anche quelle con una solida patrimonializzazione, siano penalizzate. Si parla, inoltre, di creazione di una bad bank regionale europea (proposta giunta da Enria) per affrontare le problematiche della seconda ondata della pandemia.

Sappiamo che in questo momento specifico la reporting season americana in corso è importante più che per i risultati per le guidance che i management danno e che ci aiutano ad avere un’idea sul futuro trimestre. A dimostrazione di quanto detto vi è, ad esempio, la trimestrale di Microsoft: sia utili che ricavi sono saliti (rispettivamente +30% e +12%) tuttavia il titolo non ha reagito bene in quanto la guidance sull’area considerata a più alta crescita da parte degli analisti (il cloud computing) ha deluso le aspettative.

In generale anche le “big four” del tech (Alphabet, Apple, Facebook e Amazon) hanno tutte battuto le stime sia per ricavi che per utili ma i titoli sono poi stati penalizzati dal mercato.

La settimana si è quindi conclusa con mercati azionari decisamente negativi (MSCI World -5.6%) a causa, come detto sopra, di Stati Uniti ed Europa mentre Paesi Emergenti e Giappone, pur con performance negative, si sono comportati decisamente meglio. Forte correzione anche per le commodities e in particolare per il petrolio (WTI -10%) che soffre per due motivi: da un lato le aspettative che i lockdown ai quali sta andando incontro l’economia possano portare ad un rallentamento marcato della domanda al quale l’offerta non sembra adeguarsi in tempo soprattutto considerato che la Libia (esentata dai tagli) è ritornata alla piena produzione.

Si parla di un rinvio dell’aumento della produzione previsto per gennaio da parte dell’Opec+ (secondo Russia e Arabia Saudita) ma il mercato non sembra credere che questo, e gli eventuali tagli, siano sufficienti a compensare il calo della domanda.

Sul fronte valutario l’euro si è indebolito verso le principali valute e questo è dovuto, soprattutto, al quadro economico che la BCE ha dipinto a tinte fosche per gli evidenti problemi che si trova ad affrontare e che richiederanno un massiccio intervento a supporto di politica monetaria.

QUESTA SETTIMANA

L’evento clou della settimana è indubbiamente il 3 novembre con le elezioni americane. I sondaggi sono ancora a favore di Biden ma dopo quanto successo nel 2016, anche se ora sembra meno probabile visto il margine (intorno ai 7 punti percentuali), tutto è possibile.

Una volta giunti i risultati finali e definitivi, gli scenari che si prospettano sono, di fatto, tre (sarebbero cinque ma due sono quasi impossibili) che riassumiamo, in ordine di probabilità attuale: 1) vittoria di Biden e “blue wave” (cioè intero congresso in mano ai Democratici); 2) vittoria di Biden ma Senato ancora repubblicano e Camera democratica; 3) vittoria di Trump con un basso margine, congresso spaccato con Senato ancora repubblicano e Camera democratica.

Nello scenario 1), soggetto a minori contestazioni perché più netto, il pacchetto fiscale sarà molto consistente (più di 2 trillions) focalizzato su infrastrutture, healthcare (anche per sostenere l’aumento della spesa sanitaria) ed energie rinnovabili. Per contro è previsto un aumento delle tasse (dal 21% al 28%) a imprese e privati e sul capitale. I settori più ciclici sarebbero i principali beneficiari.

Nello scenario 2) le contestazioni saranno molto probabili da parte dei repubblicani. Il pacchetto fiscale sarà minore (1.5 trillions circa) ma con anche un minore incremento delle tasse. Si tratta di uno scenario che non sembra piacere ai mercati perché implicherebbe decisioni meno nette e più incerte e quindi più difficilmente interpretabili.

Nello scenario 3) sono previste contestazioni in quanto il margine di vittoria di Trump sarebbe probabilmente minimo. Il pacchetto fiscale sarà inferiore (1-1.5 trillions) ma proseguirebbe la tendenza in corso di ulteriori tagli delle tasse e maggiore deregolamentazione. Da un punto di vista della politica economica sarebbe lo scenario migliore ma l’incertezza che comporta (nell’immediato) non piace ai mercati.

In generale consideriamo che in caso di Congresso diviso si farebbe un po’ più fatica ad approvare manovre fiscali espansive che, quindi, non potrebbero essere così immediate.

Invece, in caso di contestazioni, occorre tenere presente che anche il Senato americano ha confermato la nomina di Amy Coney Barret a giudice della Corte Suprema e questo rappresenta un elemento positivo per Trump in caso di contestazione dell’esito elettorale (in quanto i giudici conservatori diventano 6 verso 3 progressisti).

Ricordiamo che si tratta di un’elezione indiretta ovvero i cittadini scelgono i c.d. “grandi elettori” (538), che formano il “collegio elettorale degli Stati Uniti d’America e, a loro volta, il 14 dicembre voteranno, a maggioranza assoluta (quindi di 270) il presidente che entrerà poi in carica ufficialmente il 20 gennaio 2021.

L’andamento della pandemia rimarrà al centro dell’attenzione dei mercati soprattutto in Europa. Consideriamo che negli Stati Uniti siamo alla terza ondata, l’Europa sta affrontando la seconda mentre la Cina, da cui tutto sembra essere partito, ha superato la prima e la situazione sembra sotto controllo. In generale in Asia la situazione sembra essersi normalizzata.

Giovedì 5 novembre sono previste le riunioni della Fed e della Bank of England. Come nel caso della ECB neanche dalla Fed sono attese particolari decisioni che saranno, invece, rimandate a dicembre quando ci dovrebbe essere più chiarezza sull’economia e la pandemia, nonché sulla politica. Dalla BOE parecchi economisti, invece, si attendono un incremento negli acquisti di bond nel tentativo di fornire maggiori stimoli all’economia.

Dal punto di vista macroeconomico questa settimana è prevista la pubblicazione dei dati di fiducia delle imprese:

– per la Cina nel week-end sono stati pubblicati i PMI calcolati dall’agenzia statale e mostrano un marginale   miglioramento (composite da 55.1 a 55.3) soprattutto nel comparto dei servizi (56.2 da 55.9) mentre questa   mattina il PMI manifatturiero calcolato dalla privata Caixin evidenzia un miglioramento da 53 a 53.6 superiore   alle attese (52.8) registrando il livello più alto degli ultimi 10 anni grazie alla domanda interna.

– per gli Stati Uniti oggi saranno pubblicati sia i PMI che l’ISM, attesi stabili o in leggero rialzo;

– in Europa escono i dati PMI finali attesi, anche in questo caso, stabili e in linea, ove presenti, con quelli   preliminari.

Venerdì negli Stati Uniti verranno pubblicati i dati mensili sul mercato del lavoro: il tasso di disoccupazione è stimato in discesa a 7.7% (da 7.9%).

Negli Stati Uniti usciranno i dati sulle vendite di auto. Consideriamo, in base anche a quanto detto prima, che grazie al traino della domanda cinese (come sottolineato anche da VW) il comparto sta andando bene. Negli Stati Uniti si stima in un ulteriore recupero, per il mese di ottobre, grazie al quale è possibile un incremento dei prezzi medi e una riduzione delle scorte.

In Eurozona i ministri delle finanze si incontreranno per discutere di Covid-19, della digitalizzazione dell’euro e dell’Unione bancaria.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Ci avviciniamo al periodo dell’anno che storicamente e statisticamente è favorevole ai mercati. Però ci stiamo avvicinando con delle incognite non indifferenti e questo spiega i movimenti particolarmente bruschi dei mercati.

Questa settimana abbiamo le elezioni americane e ripetiamo che, al di là del vincitore, una volta definito il presidente e la composizione del Congresso, si avrà comunque una manovra fiscale essenziale per risollevare l’economia americana e per sbloccare gli interventi monetari della Fed e, ripetiamo, l’impatto sull’economia (e quindi sui mercati) di un mix tra politiche fiscali e monetarie è estremamente potente.

Il vero problema, che i mercati soffrono maggiormente, è legato all’incertezza che si avrebbe qualora il risultato generasse delle contestazioni (probabili da parte di Trump) dovute soprattutto ai voti postali. Sappiamo infatti che, a causa del covid, i voti postali sono parecchi (la Corte Suprema ha autorizzato ad accettarli anche tre giorni dopo le elezioni) ed è facile immaginare che ci possano essere contestazioni relative al conteggio e ai possibili voti doppi.

Ipotizzando di superare in tempi relativamente brevi il tema elettorale rimane quello della pandemia che si porta dietro quello dei vaccini e quello dei lockdown.

Abbiamo visto dai dati economici che l’economia si stava avviando verso una ripresa piuttosto sostenuta che ora rischia una brusca frenata a causa del riacutizzarsi improvviso (e inatteso per entità) della diffusione dei contagi perché, ovviamente, l’impatto sull’attività economica delle misure di contenimento della pandemia potrebbero essere considerevoli.

E’ quindi essenziale evitare o comunque limitare i lockdown, arrivare presto alla formulazione e diffusione dei vaccini e permettere all’economia di ripartire supportata dagli interventi fiscali e monetari.

Inevitabile dire che le nostre linee di gestione hanno particolarmente sofferto, soprattutto nella componente azionaria, l’andamento dei mercati. Positivo, questa settimana, il contributo della diversificazione valutaria, soprattutto del dollaro.

Analisi dei mercati del 12.10.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana positiva per gli asset di rischio: i mercati azionari hanno chiuso con un rialzo complessivo pari al 3.6% (MSCI World) che ha trainato anche il comparto obbligazionario a spread. Buono il restringimento dello spread fra la periferia dell’eurozona e il bund tedesco. Rimbalzo deciso anche per le commodities grazie al balzo del prezzo del petrolio.

Il presidente americano Donald Trump esce dall’ospedale, dopo tre giorni di terapia per il Covid19, torna alla Casa Bianca e i mercati tirano un respiro di sollievo. Tutto finché lo stesso presidente, in uno dei suoi tweet, non afferma che i negoziati con i Democratici sono stati interrotti e quindi il pacchetto fiscale è sospeso fino a dopo le elezioni. Poi, però, rimedia al danno affermando che, comunque, si sta lavorando a singole misure, quindi provvedimenti mirati che comprendono nuovi assegni per i consumatori (si parla di 1200$) da rilasciare prima delle elezioni e aiuti al settore aereo. Il tira e molla è proseguito nella settimana con Nancy Pelosi che si dichiara contraria a singoli provvedimenti ma vorrebbe un serio pacchetto di aiuti o nulla.

L’indecisione sullo stimolo fiscale, con Democratici e Repubblicani che stentano a trovare un punto di accordo, contrasta ancora una volta con le dichiarazioni del numero uno della Fed Powell che ribadisce i rischi di una ripresa economica incompleta ovvero che potrebbe innescare dinamiche recessive; ripete che non è il momento di abbassare la guardia e la politica fiscale, soprattutto, deve fare la sua parte perché in questo momento è meglio correre il rischio di fare troppo che troppo poco.

Sulla campagna elettorale americana in settimana c’è stato il faccia a faccia tra i due vice candidati Kamala Harris (vice Biden) e Mike Pence (vice Trump): il primo ha puntato il dito contro la gestione della pandemia mentre il secondo ha usato la leva delle maggiori tasse che i Democratici intendono introdurre. I sondaggi si sono mossi di poco e continuano ad avvantaggiare Biden.

Trump che dichiara che non intende fare il prossimo dibattito da remoto e risponde alle polemiche, circa un trattamento medico privilegiato nei suoi confronti dichiarando che l’anticorpo monoclonale utilizzato per la sua terapia (il Regeneron, un trattamento sperimentale a base di anticorpi sintetici prodotto da Eli Lilly) sarà disponibile gratuitamente per tutti gli americani.

La Lagarde (presidente della BCE) continua con le dichiarazioni “dovish” affermando che la ripresa potrebbe essere più lenta a causa della seconda ondata di Covid19 e, quindi, la politica monetaria deve rimanere a disposizione ed essere pronta a varare nuovi stimoli. La ripresa, invece della auspicata forma a V, potrebbe essere una sorte di W allontanando così il ritorno ai livelli pre-Covid19. Anche il capo economista Lane ribadisce che la politica monetaria sarà sufficientemente accomodante da assicurare il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione anche dopo il possibile superamento dei danni legati alla pandemia.

L’accondiscendenza delle banche centrali emerge anche dai verbali delle ultime riunioni: da quelli della BCE, relativi al meeting di settembre, è emerso che un approccio “a mano libera” da parte di Francoforte è assolutamente preso in considerazione per contrastare i danni provocati dalla pandemia, non si escludono ulteriori tagli dei tassi o modifiche alle attuali condizioni dei prestiti. L’andamento dell’euro e l’impatto sull’inflazione vengono costantemente monitorati.

Per quanto riguarda le minute della Fed emerge un board spaccato su quali metodi utilizzare per applicare i nuovi principi (facendo riferimento probabilmente anche alla “forward guidance”) ma un’uniformità di vedute sul fatto che sia necessario mantenere i tassi vicino allo zero finché non si avrà nuovamente la piena occupazione nel mercato del lavoro e quindi, ipoteticamente, fino al 2023/2024.

Evidente il sostegno della BCE sui nostri titoli di stato con il BTP che ha visto restringere ancora lo spread verso il Bund (arrivato a 121bps) e scendere in termini di rendimento a nuovi minimi storici (il decennale ha chiuso la settimana a 0.72%). Il Tesoro ne sta approfittando per emettere nuovi titoli e/o sostituire quelli già in circolazione. Questa settimana è prevista la prima emissione di un BTP a tre anni con cedola zero!

Un interessante articolo de Il sole 24 ore riporta una tabella con i costi medi delle emissioni per i vari anni dal 2000 ad oggi: per ora il 2020 si colloca a 0.69% e sarebbe ottimo se, da qua a fine anno, il Tesoro riuscisse ad abbassare ulteriormente questo livello (il minimo è stato raggiunto nel 2016 ed era pari a 0.55%).

Qualche analista sottolinea come il livello al quale sono arrivati i rendimenti dei nostri BTP potrebbe creare dei problemi alle compagnie assicurative italiane: nei prossimi quattro anni, infatti, scadranno circa la metà dei titoli detenuti che attualmente hanno una cedola media nell’ordine del 4.4% e, dovessero essere sostituiti oggi, il rendimento si ridurrebbe drasticamente allo 0.8% circa. Le assicurazioni dovranno cercare alternative più remunerative (tipo le azioni) che però richiedono maggiori assorbimenti di capitale in base alla normativa europea Solvency II.

Anche il comparto obbligazionario governativo spagnolo si è mosso bene in settimana grazie all’annuncio di un taglio di 15 miliardi di euro al programma di emissioni nette per il 2020.

La Commissione Europea, in settimana, ha annunciato che dalla seconda metà di ottobre partirà il programma Sure (“Support mitigating Unemployment Risks in Emergency” ossia la cassa integrazione europea) e verranno emesse le prime obbligazioni ESG (quindi che rientrano nel piano di acquisti della BCE) per finanziare il progetto. Ricordiamo che la capienza del programma è di 100 miliardi e quindi le emissioni di bond arriveranno massimo fino a questo ammontare. Ad oggi le richieste sono state per 87.4 miliardi e i fondi verranno trasferiti sotto forma di prestiti (l’Italia ne ha richiesti 27.4 miliardi); gli stati dovranno poi rendicontare circa l’utilizzo dei fondi. Se la raccolta dei finanziamenti inizia a metà ottobre (quindi un mese oltre il previsto) si stima che gli aiuti non verranno erogati prima della fine del 2021. Da notare che man mano che la Commissione Europea si finanzierà sul mercato obbligazionario per finanziare progetti di questo tipo le obbligazioni emesse rientreranno nel panorama degli emittenti più sicuri e potranno rappresentare un’alternativa al Bund tedesco, considerato oggi il “risk-free” in eurozona.

Citiamo spesso, in questa sede, il mondo dei green bond: è di questa settimana la notizia che le emissioni hanno superato il triliardo di dollari di cui solo 200 miliardi emessi nel 2020. È evidente come le società stiano cavalcando questa onda che è anche alimentata dalle dichiarazioni della BCE e della Commissione Europea che stanno e intendono continuare ad acquistare questa tipologia di obbligazioni.

In ripresa il prezzo del petrolio per i rumors sui possibili tagli dell’OPEC e per due fattori transitori ovvero l’uragano Delta in arrivo sul Golfo del Messico (categoria 4), che ha fatto stoppare il 92% della produzione dell’area, e lo sciopero nel settore Oil&Gas in Norvegia.

In settimana, Borsa Italiana è stata venduta dal LSE (London Stock Exchange), che la aveva acquistata nel 2007 per 1.6 miliardi, ad Euronext per circa 4.3 miliardi di euro. Sebbene Euronext non possa ancora essere considerata la Borsa della UE (in quanto quella di Madrid è stata acquisita un anno fa dalla Borsa di Zurigo e quella di Francoforte e altri paesi minori non sono comprese) diventa ora la maggiore piazza azionaria di Europa, con circa 1800 società quotate, comprendendo le borse di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Oslo e Dublino. Borsa Italiana apporterà l’MTS (Mercato telematico dei titoli di stato) facendo diventare Euronext leader nella negoziazione all’ingrosso dei titoli di Stato. Fra gli azionisti italiani di Euronext figurano IntesaSanpaolo con l’1.3% e CDP con il 7.3%.

Approvata dall’autorità Antitrust la fusione fra Sia e Nexi che farebbe nascere uno chi dei grandi player europei dei pagamenti digitali del valore di 15 miliardi di euro, presenza in quattro continenti e 50 paesi e ricavi pari a oltre 1.8 miliardi di euro: Sia (la ex CartaSi partecipata da IntesaSanpaolo al 10%) si fonderebbe per incorporazione con Nexi (controllata da CDP) con un azionariato diviso fra Nexi al 70% e Sia al 30%; CDP avrà circa il 25% della nuova entità. La firma dell’accordo è prevista per dicembre.

QUESTA SETTIMANA

Nel mondo siamo arrivati a più di 37 milioni di persone contagiate dal coronavirus e i decessi superano il milione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità si stima che il 10% della popolazione globale potrebbe avere contratto il virus. I vari paesi stanno cercando di correre al riparo con chiusure mirate. Ripetiamo che è essenziale che non si arrivi ad un nuovo lockdown.

Oggi il mercato obbligazionario americano sarà chiuso per il Columbus Day.

La PBOC (Banca centrale cinese) ha ufficializzato oggi la decisione di azzerare (dal 20% precedente) il coefficiente di riserva obbligatoria per le istituzioni finanziarie nel trading di contratti valutari nell’ottica di alleviare la pressione al rialzo per la valuta (lo Yuan aveva raggiunto venerdì i livelli di inizio 2019 contro dollaro). Il coefficiente del 20% era stato introdotto due anni fa quando la valuta si era indebolita troppo superando la soglia di 7 contro dollaro e aveva lo scopo di rendere più costoso scommettere contro la valuta cinese.

Oggi, lunedì 12, la presidente delle ECB Christine Lagarde presenzierà al meeting annuale dell’IMF e della World Bank e il giorno successivo l’IMF pubblicherà il World Economic Outlook che darà un’idea dello stato di salute delle principali economie alla luce della pandemia.

Martedì 13 Apple annuncerà i nuovi quattro iPhone con il 5G, migliori fotocamere e un maggiore range di schermi. Ricordiamo che l’iPhone genera circa la metà dei ricavi di Apple.

Il 15 ottobre è previsto il secondo dibattito fra Trump e Biden, potrebbe essere virtuale anche se Trump si è opposto.

Sempre il 15 ottobre era prevista la deadline per la Brexit: durante il summit si spera che le parti trovino un accordo. Indiscrezioni di Reuters parlano di progressi tra Londra e Bruxelles che potrebbero protrarre le negoziazioni fino a metà novembre.

Inizia ufficialmente la reporting season americana con le varie società che pubblicheranno gli utili per il terzo trimestre: come sempre le prime saranno le banche (JPM, Citigroup, GS, MS, Wells Fargo e Bank of America). I risultati di Alcoa (leader mondiale dell’alluminio) ci aiuteranno ad avere il polso dell’attività economica. In generale sono attesi utili in calo anno/anno del 20% circa ma in rialzo rispetto al secondo trimestre del 19% circa.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Anche questa settimana abbiamo avuto due conferme: 1) in questo periodo gli Stati Uniti sono al centro dell’attenzione degli investitori e guidano il resto dei mercati; 2) i mercati dipendono ancora molto dai supporti monetari e fiscali.

Le correzioni, infatti, tendono ad avvenire o quando il mercato prende atto che la Fed non si muoverà fintanto che non lo farà il Congresso americano, o quando aumenta l’incertezza sulla scena politica americana, mentre le risalite si hanno esattamente nei casi opposti ovvero quando si ipotizza che la Fed possa muoversi prima, o quando si percepisce che il pacchetto fiscale si fa sempre più concreto, o quando si delinea con maggiore precisione lo scenario politico.

Riguardo alle elezioni, a prescindere da quale sarà il prossimo presidente americano la sua capacità di portare avanti la propria agenda politica dipenderà fortemente dal sostegno del Congresso, motivo per cui sarà importante vedere se i Democratici riusciranno a prendere anche il controllo del Senato.

Ripetiamo che i principali elementi che impatteranno i mercati, e che dipendono dalle elezioni americane, sono: a) la tassazione: se, ad esempio, ipotizziamo che gli utili dell’S&P500 siano stimati in crescita del 21% per il 2021, qualora dovesse vincere Biden la maggiore tassazione potrebbe eroderli del 9.2% (stima di Bofa) e impattare negativamente soprattutto i settori tech, telecom e dei consumi non discrezionali mentre settori come quello delle energie rinnovabili o delle infrastrutture sarebbero avvantaggiati; b) il pacchetto fiscale: consideriamo che, a prescindere dal vincitore, verrà deliberato un pacchetto fiscale ingente che per l’effetto moltiplicativo potrebbe tradursi in una cifra anche vicina ai 5.000 miliardi di dollari. In caso di vittoria dei Repubblicani l’aumento della spesa sarebbe ridotto ma in compenso non verrebbero introdotte nuove tasse, in caso di una vittoria Democratica a fronte di un consistente aumento della spesa pubblica si avrebbe anche un aumento della tassazione (da 21% a 28%).

Alla fine, “net net” ci sarebbe comunque un considerevole aumento della spesa pubblica e a quel punto la Fed si muoverebbe per finanziarlo e potremmo quindi cominciare a parlare di MMT (Modern Monetary Theory) e fare anche ipotesi sulla possibile evoluzione dell’inflazione, tema ad oggi abbastanza ignorato dei mercati.

Settimana decisamente positiva per le nostre linee di gestione che traggono vantaggio soprattutto dal buon andamento dei listini azionari e degli obbligazionari high yield.

Analisi dei mercati del 05.10.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

L’inizio di settimana spumeggiante sui mercati trova le sue motivazioni nella possibilità di un accordo sullo stimolo fiscale: Nancy Pelosi, presidente della Camera dei rappresentanti ed esponente democratico, spinge per una seconda versione del pacchetto da 2.200 miliardi di dollari (invece dei 2.400 miliardi precedenti) che comprenderebbe aiuti alle piccole imprese, ristoranti, compagnie aeree e nuovi assegni per i consumatori. La proposta repubblicana, a detta del segretario al Tesoro Steven Mnuchin, sarebbe di 1.500 miliardi che, però, potrebbero salire a 2.000 miliardi qualora l’epidemia dovesse tornare a minacciare la ripresa economica. Il mercato è ottimista perché ritiene che un accordo sia possibile.

Quindi, tutto nella norma fino a giovedì notte quando è uscita la notizia, giunta come un fulmine a ciel sereno, della positività di Donald Trump e della First Lady al Covid19. Nel week-end il presidente americano è stato ricoverato in ospedale ma le sue condizioni sembrano già in miglioramento tanto da parlare di possibili dimissioni.

La settimana si è conclusa, alla fine, con mercati azionari nel complesso positivi. Le materie prime hanno corretto considerevolmente a causa del petrolio che ha sofferto sia per i dubbi sulla tenuta del ciclo economico che per l’incertezza sui tagli alla produzione.

L’evento principale della settimana, ovvero il primo dei dibattiti fra il presidente americano Donald Trump e lo sfidante Joe Biden, non è stato particolarmente positivo e determinante ai fini dei sondaggi poiché si è svolto in modo un po’ troppo animato e con insulti reciproci. Si è discusso dello stato dell’economia, dei rapporti commerciali con la Cina, della gestione dell’emergenza sanitaria. Consideriamo che poiché Trump è ufficialmente più indietro nei sondaggi può mostrarsi più aggressivo mentre Biden, non particolarmente forte sulla strategia comunicativa, rischia di essere sopraffatto dall’avversario. Per ora sembra che le preferenze degli elettori non si siano modificate.

Passando all’Europa non è molto piaciuto quanto dichiarato dalla Germania, ovvero che ritardi nel Recovery Fund sono sempre più probabili a causa di divergenze interne (sembra di Ungheria e Polonia e dei paesi nordici).

Per contro abbastanza positivi i discorsi della Lagarde che in settimana è intervenuta in più occasioni (al Parlamento Europeo e all’annuale conferenza “ECB and its watchers”) ribadendo l’importanza del PEPP (il programma lanciato a marzo con 750 miliardi di euro saliti di altri 600 miliardi a giugno scorso) che è considerato uno strumento estremamente efficace e senza effetti collaterali significativi anche se all’interno del consiglio ci sono delle divisioni fra i c.d “falchi” e “colombe”. Ha, inoltre, sottolineato che il cambio è costantemente monitorato per le evidenti ripercussioni sullo scenario inflattivo. La Lagarde sostiene che non è il momento di guardare al debito pubblico che è aumentato significativamente in Eurozona: la sostenibilità non va valutata con il rapporto debito/Pil ma guardando al servizio del debito ovvero ai costi che lo Stato sostiene ogni anno per gli interessi e che, considerando il livello attuale dei tassi, è basso e ragionevole. Ha ribadito la simmetria del target di inflazione quindi nella revisione strategica della ECB si andrà esattamente nella direzione di un obiettivo di inflazione “media”, come ha recentemente stabilito anche la Fed.

Per quanto riguarda Covid19 non sono uscite notizie particolarmente buone dato che il CEO di Moderna (l’azienda farmaceutica americana che sta studiano un vaccino anti-Covid19) ha dichiarato al Financial Times che probabilmente non riuscirà ad ottenere l’approvazione prima delle elezioni di novembre e AstraZeneca, pur riconoscendo di andare avanti rapidamente, dichiara che non intende “prendere scorciatoie” ma vuole assicurare i normali standard di efficacia, sicurezza e qualità.

Sul fronte Brexit, dopo che il governo britannico non ha ritirato il progetto di legge che è considerato una palese violazione del protocollo Irlanda/Irlanda del Nord, la Commissione Europea ha deciso di volere lanciare una procedura di infrazione contro il Regno Unito cominciando con l’invio di una lettera di costituzione in mora al governo UK.

Dalla Cina il miglioramento dell’attività economica è confermato sia dal dato sui profitti delle aziende industriali, salito per il quarto mese consecutivo (+19,1% a agosto) e che ha trainato i settori più ciclici, sia dai buoni PMI di settembre che si confermano in crescita grazie soprattutto al traino della domanda estera (la componente “new export orders” è stata particolarmente forte). Il dato calcolato dall’agenzia governativa relativo ai servizi si attesta a 51.9 (in crescita a differenza di quello europeo), quello manifatturiero a 51.5 e quello calcolato dalla privata Caixin a 53.

I PMI europei finali di settembre hanno visto una conferma del 53.7, uscito in via preliminare, per il comparto manufatturiero (con il dato spagnolo che si porta a 50.8 da 49.9 e quello italiano che passa da 53.1 a 53.2) quindi una situazione sostanzialmente stabile ma positiva. Deludenti, invece, i numeri relativi all’inflazione in eurozona usciti peggiori delle aspettative (in Germania si è visto l’impatto del taglio dell’iva) e rimarcando il problema dell’influenza del cambio sull’obiettivo di inflazione.

Passando agli Stati Uniti migliora leggermente l’ultima revisione del Pil americano per il secondo trimestre che si attesta a -31.4% trimestre/trimestre annualizzato. A differenza dell’Europa, il dato sull’inflazione, PCE deflator, di agosto esce in crescita e leggermente superiore alle aspettative (1.6% anno/anno da 1.4% precedente e atteso). L’ISM manifatturiero invece delude ma rimane su livelli decisamente buoni.

Dati misti quelli sul mercato del lavoro con il tasso di disoccupazione che scende a 7.9% ma nuovi occupati che salgono meno delle attese.

Ancora in restringimento lo spread fra BTP e Bund che si sta riportando sui minimi degli ultimi due anni. In settimana è stato collocato un nuovo BTP decennale che per un solo centesimo non ha registrato il minimo storico di rendimento: 4.5 miliardi di euro (la richiesta è stata di 5.7 miliardi) sono stati infatti piazzati a 0.89% di rendimento (il minimo è stato 0.88% un anno fa). Oltre al decennale è stato anche collocato un BTP a 5 anni per 2.5 miliardi allo 0.35% e un CCTeu febbraio 2024 per 1.25 miliardi a 0.11%. Da qua a fine anno il tesoro dovrà ancora raccogliere circa 40 miliardi di euro. Se nell’immediato il Tesoro non dovrebbe avere problemi in quanto le prospettive sono ancora favorevoli e il costo medio potrebbe ancora ridursi allargando l’orizzonte temporale dobbiamo considerare che nel 2023 il debito in scadenza potrebbe superare i 300 miliardi di euro e bisognerà valutare a quel punto quanto la BCE sarà ancora di sostegno.

Sul settore bancario mentre negli Stati Uniti si invitano le banche a non pagare i dividendi fino a fine anno (né a fare buyback), in Europa le banche fanno pressing affinché si decida di sbloccare il pagamento dei dividendi. Si stima che i dividendi “bloccati” e quindi non distribuiti valgano circa 20 miliardi di euro solo per i primi dieci gruppi bancari. La BCE probabilmente deciderà a fine anno, quando scadrà il veto, ma nel frattempo tre istituti cooperativi tedeschi decidono di muoversi in autonomia e preparano lo stacco del dividendo ritenendo di avere sufficiente solidità. C’è da dire che le banche cooperative tedesche essendo “less significant” rientrano sotto la sorveglianza della Banfin (più elastica) mentre, da noi, Bankitalia si è subito allineata alle direttive della BCE. Questa situazione rischia di creare delle asimmetrie fra paesi e, inoltre, indebolisce le banche nel lungo termine mettendo a rischio gli aumenti di capitale.

La settimana scorsa avevamo citato il gruppo Chanel nell’ambito delle emissioni di green bond, questa settimana è stata Adidas la protagonista con un collocamento di 500 milioni di euro di obbligazioni “verdi” con scadenza a otto anni e che finanzieranno progetti ambientali e sociali di Adidas.

La scorsa settimana avevamo citato HSBC per la debolezza che l’aveva travolta, di questa settimana la notizia che Ping An (colosso assicurativo cinese) ha aumentato la sua partecipazione portandola dal 7% all’8% approfittando della debolezza e consolidando, così, la sua posizione di principale azionista.

QUESTA SETTIMANA

Golden Week per la Cina per commemorare l’anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949. I mercati locali sono pertanto chiusi dall’1 all’8 di ottobre. Sarà interessante, successivamente, valutare come certe attività (soprattutto il turismo) si sono mosse durante il periodo di festa.

Stamattina sono stati pubblicati i dati PMI composite in eurozona in leggero miglioramento soprattutto per l’Italia e la Germania che salgono entrambe sopra la soglia del 50. I corrispondenti dati americani saranno pubblicati nel pomeriggio.

Con anche Trump positivo al Covid19 l’attenzione è, ora più che mai, sulla diffusione dei contagi e sui potenziali lockdown o comunque misure restrittive a cui i vari governi stanno pensando.

Le negoziazioni formali tra UK e EU si sono concluse ma fino al 15 ottobre si andrà avanti a discutere informalmente per arrivare ad una soluzione. Sembra che Boris Johnson e Ursula Van del Leyen si siano accordati per un’estensione delle trattative di un altro mese, quindi oltre la deadline del 15 ottobre che il premier britannico si era imposto.

Il presidente della Fed Jerome Powell e il capo economista BCE Philip Lane sono attesi all’annuale NABE conference (National Association for Business Economics) mentre la presidente della BCE Christine Lagarde parteciperà alla panel discussion orgranizzata dal Bridge Forum Dialogue. Sappiamo quanto, in questo periodo, le banche centrali siano importanti nel dare sostegno all’economia e ai mercati.

Sempre in tema banche centrali mercoledì verranno pubblicate le minute della Fed dello scorso meeting FOMC dal quale si potranno analizzare le eventuali discussioni circa le condizioni necessarie affinché si modifichi la politica monetaria e il potenziale incremento del programma di QE.

Giovedì avremo le minute della BCE relative al meeting del 9-10 settembre

L’IMF pubblicherà uno studio all’interno del suo World Economic Outlook relativo agli impatti economici del lockdown e ai cambiamenti climatici.

L’OPEC pubblicherà il suo World Oil Outlook.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Anche questa settimana abbiamo avuto la conferma di quali sono i fattori che dominano i mercati in questo periodo: pacchetto fiscale americano, elezioni presidenziali americane e l’andamento del Covid19.

I tre fattori si sono magicamente intrecciati in una giornata: Trump positivo al coronavirus ha messo a rischio le elezioni di novembre e creato incertezza sul pacchetto fiscale.

Si è pertanto aggiunga incertezza su incertezza e sappiamo bene che la cosa innervosisce i mercati (come il Vix, indice di volatilità dell’S&P500, ha dimostrato).

Per quanto riguarda le elezioni è noto che, statisticamente, il mercato soffre prima ma poi si riprende dopo l’esito elettorale. Questa volta potrebbe essere prolungata l’incertezza per le possibili contestazioni. I programmi dei due candidati sono, ovviamente, diversi prevedendo una maggiore tassazione (si stima che l’aliquota per le imprese potrebbe passare dal 21% al 28%), ma anche una maggiore spesa fiscale (pacchetto di stimoli di 2.400 miliardi di dollari tra gennaio e febbraio 2021), in caso di vittoria di Biden. Da osservare anche come si modificherà il Congresso dato che c’è la possibilità che anche il Senato passi in mano democratica. Un congresso diviso renderebbe più complessa l’attuazione delle decisioni, indipendentemente dal presidente. A seconda quindi del “colore” che assumerà la politica americana i mercati/settori si muoveranno di conseguenza.

La positività al coronavirus di Trump crea dubbi sul resto della campagna elettorale ma, a meno che non degeneri nello scenario peggiore ovviamente, potrebbe addirittura arrivare ad avvantaggiare l’attuale presidente mettendo in difficoltà l’avversario in una campagna elettorale sospesa e, magari “addolcendo” un po’ l’immagine di Trump. In caso di aggravamento della malattia si ipotizza che il suo vice, Mike Pence, potrebbe prendere il suo posto. Ci sono dubbi sui c.d. “swing states”, ovvero sugli stati che non sono ancora chiaramente schierati, e quindi in assenza di campagna elettorale potrebbero rimanere nel limbo fino alla fine.

La maggiore incertezza, si potrebbe trasformare in un qualcosa di positivo qualora il Congresso dovesse decidere di dare un supporto all’economia e al mercato, in un momento di impasse politico, arrivando a formulare una decisione sul tanto atteso pacchetto fiscale.

Se poi Trump, come sembra dalle ultime notizie, dovesse uscirne sano e salvo si avrebbe un ulteriore dimostrazione della minore aggressività del CovSars2.

Tutto ciò per dire che, nonostante si debba usare il condizionale, non necessariamente l’attuale situazione, alla luce degli ultimi eventi, si tramuterà in qualcosa di negativo per i mercati. Certo la volatilità continuerà ad essere protagonista finché qualche elemento dello scenario non si inizierà a delineare con maggiore precisione.

Tutto ciò per dire che, nonostante si debba usare il condizionale, l’attuale situazione, alla luce anche degli ultimi eventi, non è necessariamente destinata a trasformarsi in qualcosa di negativo per i mercati. Certo la volatilità continuerà ad essere protagonista finché qualche elemento dello scenario non si inizierà a delineare con maggiore precisione.

Le nostre linee di gestione sono riuscite a chiudere la settimana positivamente avvantaggiandosi del buon andamento dei mercati sia azionari che obbligazionari.

Analisi dei mercati del 28.09.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana caratterizzata da debolezza diffusa sia sui mercati azionari che obbligazionari a spread, mentre su quelli governativi abbiamo assistito ad un restringimento dello spread dell’Italia in un contesto di generalizzato calo dei rendimenti. Sul fronte valutario il dollaro si è comportato da valuta risk-off rafforzandosi contro euro. Il movimento del dollaro ha, poi, determinato un calo dell’oro e delle materie prime in generale.

Le cause della debolezza sono da imputarsi, inizialmente, a notizie pesanti sul settore bancario e poi dal tema di fondo che pesa sui mercati ultimamente, ovvero lo stallo della politica fiscale americana e le dichiarazioni degli esponenti della Fed (Powell in primis) che hanno più volte sottolineato come sia proprio la politica fiscale a dover agire ora più di quella monetaria.

Partendo dal primo punto, ovvero la debolezza del settore bancario di inizio settimana, sembra che questa sia stata innescata dai timori su HSBC, la più grossa banca europea (il cui prezzo di borsa ha toccato i minimi dal 1996) per due motivi: dal China Global Times risulta che la Cina la voglia includere nella cosiddetta “unreliable entity list” che ha l’obiettivo di punire le aziende/organizzazioni/privati che rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale, in questo modo la strategia di espansione in Cina, sulla quale HSCB ha basato la propria strategia, verrebbe messa in discussione; inoltre, in un’inchiesta giornalistica dell’International Consortium of Investigative Journalists (noto in passato per la diffusione dei Panama Papers), figura fra le banche che hanno tratto profitto da attività criminali e di riciclaggio di denaro di evidente sospetta provenienza con entità ritenute pericolose tra il 1999 al 2017. Le banche stesse avevano segnalato come sospette le transazioni (per oltre 2.000 miliardi di dollari) ma evidentemente i controlli non hanno poi funzionato. Fra le 90 istituzioni finanziarie coinvolte figurano anche DB, JPM, Standard Chartered, Bank of New York Mellon, Barclays, State Street Corporation e Commerzbank; fra le banche italiane qualche transazione sospetta sembra passata da Unicredit, Intesa e Ubi ma circa la metà del totale sembra transitata dalla piccola BCC Pianfei e Rocca de Baldi (di Cuneo). Ricordiamo che, ad esempio, DB aveva già dovuto pagare una sanzione pari a 258 milioni di dollari agli Stati Uniti per avere violato le sanzioni contro l’Iran; ora sembra che nonostante ciò la banca abbia continuato a movimentare denaro legato all’Iran.

Circa lo stallo della politica fiscale americana l’attenzione dal tema (sul quale non sono giunte neanche questa settimana buone notizie) è stata deviata dalle tensioni fra Repubblicani e Democratici per la scelta del giudice che dovrà sostituire Ruth Bader Ginsburg alla Corte Suprema Americana: alla fine, disattendendo le ultime volontà della giudice (che aveva chiesto di essere sostituita dopo il risultato delle elezioni presidenziali), Trump ha nominato Amy Coney Barret alla Corte Suprema: si tratta della più giovane di sempre ed è considerata ultra-conservatrice. Trump ha voluto sostituirla immediatamente in modo da avere maggiori possibilità di vittoria in caso di contestazione del voto.

Durante la settimana c’è stata la testimonianza di Powell alla Commissione Servizi Finanziari del Congresso: se da un lato è stata confermata, nuovamente, la disponibilità della Fed a fare tutto il possibile per favorire la ripresa, dall’altro è stata ribadita la necessità che anche il Congresso faccia di più per sostenere le imprese più colpite e i disoccupati.

Per quanto riguarda la forza del biglietto verde, oltre alla sua natura di risk-off currency, la giustificazione può anche essere cercata nelle dichiarazioni di un membro della Fed (Kaplan) che ritiene che un dollaro forte sia preferibile in quanto garantisce sottoscrizioni dell’ingente, e in crescita, debito americano: infatti, in caso di debolezza, il rischio sarebbe quello di una salita dei tassi legata alla richiesta di un maggiore rendimento da parte degli investitori a fronte di un maggiore rischio percepito derivante dalla debolezza della valuta. Inoltre, a favorire la debolezza dell’euro è intervenuto il capoeconomista della BCE Lane che ha ribadito, ancora una volta, che un euro troppo forte impedisce il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione.

Per quanto riguarda lo scenario macro-economico, dalla pubblicazione dei dati PMI in settimana è emerso un quadro misto: in area euro, mentre il comparto manifatturiero continua a fornire segnali positivi (aiutato dalla ripresa della domanda estera) quello dei servizi cala sotto la soglia del 50 (e deludendo le aspettative degli analisti); in aggregato il PMI manifatturiero preliminare di settembre segna un 53.7 (massimo di 25 mesi, vs 51.7 di agosto), grazie soprattutto al contributo della Germania, mentre quello relativo ai servizi scende a 47.6 (minimo di quattro mesi, da 50.5 precedente e attese per 50.6), probabilmente a causa della ripresa dei contagi; il dato composite, quindi, ne risente e passa a 50.1 (da 51.9). Negli Stati Uniti la situazione è, invece, sostanzialmente stabile con il dato composite a 54.4 (da 54.6) e sia la componente manifatturiera (53.5 da 53.1) che quella servizi (54.6 da 55) sono in linea con le aspettative degli analisti.

In Germania è stato pubblicato l’IFO che passa da 92.5 di agosto a 93.4 di settembre (leggermente meno delle stime, 93.8).

Sul fronte vaccini Johnson&Johnson annuncia che è pronta per la fase 3 i cui risultati potrebbero arrivare entro la fine dell’anno o l’inizio del prossimo. Nel 2021 potrebbero esserne prodotte un miliardo di dosi la cui somministrazione richiede una singola iniezione a differenza delle due richieste da quelli rivali di Moderna, Pfizer e AstraZeneca. Con questo i vaccini per Covid19 in fase 3 sono arrivati a nove (oltre alle società citate abbiamo Novovax, CureVac, GSK/Sanofi, Arcturus e Merck).

Sulla disponibilità di un vaccino a breve si gioca anche la campagna elettorale: infatti Trump ha dichiarato che con un ordine presidenziale potrebbe andare contro alla disposizione della FDA (Food and Drug Administration) che invita ad attendere risultati certi dei test anche oltre la data di novembre.  

In Italia l’esito del referendum e delle elezioni sembrerebbe avere allontanato i timori sulla tenuta del governo (forse fino a fine legislatura, ovvero al 2023) e gli effetti li abbiamo visti sullo spread (intorno ai 140 bps) e, quindi, sui rendimenti dei BTP: il trentennale, ad esempio, ha toccato i minimi storici in termini di rendimento a scadenza (1.77%).

Ci sono altri due elementi che possiamo considerare positivi per il movimento dei titoli di stato italiani: 1) asta TLTRO3 (i prestiti al tasso agevolato di -1% che la BCE eroga periodicamente alle banche che ne fanno richiesta): nell’operazione di giugno la partecipazione era stata consistente (circa 1.300 miliardi di euro) ora invece sono stati assegnati 174.5 miliardi a 388 banche (parte alta delle attese degli analisti) segno che il sistema bancario ha, al momento, abbondante liquidità e che le tensioni finanziarie si sono attenuate. L’effetto positivo sui BTP deriva dal fatto che le banche, per partecipare all’asta, devono consegnare alla BCE i BTP come garanzia e quindi li comprano sul mercato qualche giorno prima. L’operazione per la banca è profittevole dato che si indebita ad un tasso negativo (-1%) e ottiene tassi positivi dai BTP acquistati. Fra le banche italiane hanno partecipato BancoBPM (per 1 miliardo) e Bper (per 2.71 miliardi). Le prossime aste sono previste per dicembre e marzo; 2) altro elemento di favore le attese di un potenziale incremento del programma di acquisti PEPP alla luce del peggioramento della situazione dei contagi in Europa.

Ora che in il referendum e le elezioni regionali sono alle spalle, il governo italiano deve affrontare il tema legato alla privatizzazione del Monte dei Paschi di Siena: il primo dicembre, su richiesta della BCE, la banca dovrà essere ricapitalizzata per circa un miliardo a fronte della cessione ad Amco (la bad bank italiana) di crediti deteriorati per circa 8.1 miliardi. Il Tesoro risulta essere il primo azionista con una quota pari al 68.5% del capitale ottenuta dopo la partecipazione all’aumento di capitale avvenuto nel 2017 per circa 7 miliardi (attualmente BMPS capitalizza 1.5 miliardi) ed entro maggio 2022 la banca deve essere privatizzata come da impegni presi con la UE. Il problema è essenzialmente legato alla contropartita che verrebbe richiesta dal potenziale acquirente: avendo come precedente quello di IntesaSanPaolo, che nel 2017 per rilevare le banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) ottenne dallo stato 4.98 miliardi, perché l’operazione diventi neutrale dal punto di vista dell’impatto sul capitale, si ipotizza una cifra di circa 4 miliardi al fine di mantenere un ratio patrimoniale CET1 sopra il 13%. Fra le papabili risulta Unicredit, che tuttavia ha negato di essere interessata ad acquisizioni, BancoBPM che potrebbe avere la necessità di aumentare dimensionalmente per non essere preda di acquisizioni (come successo ad UBI), ma anche BPER. Il titolo BMPS ovviamente si muove sui rumors.

Interessante l’indiscrezione secondo la quale Credit Agricole starebbe valutando acquisizioni in Italia tra le banche di piccola/media dimensione: la reazione si è vista soprattutto su BancoBPM e Creval che trattano parecchio a sconto rispetto al valore di libro (P/BV) e, quindi, risultano particolarmente appetibili. Attualmente Credit Agricole detiene il 5% di Creval e fra le due c’è “un’ottima collaborazione” (a detta dell’AD di Creval Luigi Lovaglio). BancoBPM, invece, è attraente perché è posizionata nelle aree più strategiche del paese ed è a tutti gli effetti una public company con un azionariato molto diffuso (quindi nessun azionista ha una posizione sufficiente per governare l’impresa) inoltre, ha dichiarato di essere aperta a valutare possibili aggregazioni.

Sempre sul fronte bancario, ma questa volta fintech, in settimana è stata annunciata la prima operazione di consolidamento industriale in Italia nell’Open Banking; si tratta di una JV tra il gruppo Sella e Illimity (la banca fondata da Corrado Passera) che vedrebbe Hype, precedentemente controllata al 100% da Fabrick (la società del gruppo Sella specializzata nell’Open Banking) passare per il 50% a Illimity attraverso la sottoscrizione di aumento di capitale riservato pari a 30 milioni. Fabrick conferirebbe azioni Hype in cambio di azioni Illimity (di nuova emissione) pari al 7.5% del capitale. Fabrick potrebbe ottenere un ulteriore 2.5% di Illimity, al raggiungimento di determinati target di redditività nel periodo 2023/2024, mentre Banca Sella Holding riceverà un ulteriore 2.5% di Illimity in cambio della sottoscrizione (cash) di 16.5 milioni e salirebbe al 10% di Illimity. L’obiettivo dell’operazione è favorire la crescita di Hype, che attualmente ha 1.3 milioni di clienti, grazie alle soluzioni Open Banking di Illimity e al conferimento cash che consente di finanziare il piano industriale di Hype.

Passando al tema degli investimenti sostenibili, la BCE ha annunciato che dal primo gennaio fra i titoli accettati come collaterale e quelli privilegiati del suo piano di acquisti ci saranno non solo quelli i cui proventi sono destinati a tematiche “green” ma soprattutto quelli che hanno una struttura delle cedole legata al raggiungimento di determinati target di sostenibilità. Un esempio ne sono i sustainability-linked bond (a 5 e 10 anni) che il gruppo francese del lusso Chanel sta collocando sul mercato: le cedole sono collegate al raggiungimento di determinati obiettivi prefissati dal gruppo in tema di sostenibilità ambientale e sociale. I bond in questione non avendo rating non potrebbero essere acquistati dalla BCE ma, in base alla nuova direttiva di cui sopra, da gennaio potranno esserlo.

Il previsto summit UE è stato posticipato al 10 ottobre a causa di un caso di coronavirus all’interno dello staff del presidente Michel.

Sul CME (mercato delle materie prime di Chicago) verrà quotato entro l’anno il primo future sul prezzo dell’acqua. L’obiettivo è consentire a chi utilizza l’acqua nella propria attività produttiva di coprirsi dal rischio di oscillazioni del prezzo. Ovviamente, verrà poi usato anche da investitori e speculatori per scommettere sul prezzo dell’acqua. La società britannica Veles è riuscita a creare un indice di prezzi utilizzando i dati degli acquisti nei mercati delle acque superficiali della California che è il principale mercato americano. I contratti avranno regolamento cash e quindi non si incorrerà nel caso visto sul WTI questo anno quando per i problemi di stoccaggio il petrolio ha raggiunto prezzi negativi.

QUESTA SETTIMANA

I casi di Covid19 nel mondo hanno superato la soglia dei trenta milioni con circa 1 milione di morti: alcuni paesi, come sta avvenendo in Europa, stanno inasprendo le misure di contenimento nella speranza di evitare un altro lockdown, mentre altri, come la Cina, stanno allentando le restrizioni ai confini, a New York i ristoranti consentiranno di mangiare all’interno. Ovviamente è importante che la situazione non sfugga di mano anche se si ritiene, ragionevolmente e auspicabilmente, che difficilmente potremo rivivere le difficoltà sanitarie incontrate da marzo in poi.

Le negoziazioni sulla Brexit tra UK e EU vedranno l’ultimo round di negoziazioni e il Parlamento britannico voterà l’Internal Market Bill. Alcune aziende si stanno portando avanti in via precauzionale: ad esempio, in settimana JPM ha annunciato che sposterà circa 230 miliardi di dollari di asset in Germania oltre a banker e impiegati, stessa cosa GS che intende ricollocare nel resto d’Europa i suoi dipendenti, mentre altre aziende stanno facendo scorta di prodotti di produzione inglese. Se consideriamo che l’Unione Europea è destinataria di circa il 43% dell’export britannico e che il Regno Unito importa per il 51% della UE è facile rendersi conto di quanto sia importante la questione. Ricordiamo che il termine stabilito da Boris Johnson per arrivare ad un accordo è il 15 ottobre ma la posizione di Bruxelles si è irrigidita dopo che il premier britannico ha rimesso in discussione gli accordi prestabiliti relativi al confine fra le due Irlande.

Martedì negli Stati Uniti si terrà il primo dibattito tra l’attuale presidente Donald Trump e il candidato democratico Joe Biden: si tratterà di un dibattito a due della durata di 90 minuti all’Università di Cleveland. Intanto, a pesare su Trump la notizia pubblicata dal New York Times (già dichiarata “fake” da Trump) che accusa il presidente di non avere pagato in dieci anni dei 15 precedenti al 2017 alcuna tassa federale sul reddito pur avendo ricevuto 427.4 miliardi di dollari fino al 2018 in proventi diversi.

In settimana la presidente della BCE Christine Lagarde terrà un discorso davanti al Parlamento Europeo.

Fra i dati macro in uscita segnaliamo i seguenti:

  • in US: la terza stima del GDP per il secondo trimestre (attesa la conferma di -31.7% trimestre/trimestre annualizzato), il dato sull’inflazione PCE (attesa a +1.2% anno/anno), l’ISM manifatturiero di settembre (atteso a 56) ma, soprattutto, il report sul mercato del lavoro (l’ultimo previsto prima delle elezioni di novembre) e dal quale ci si attende che i nuovi occupati salgano, per il quinto mese consecutivo, di altre 900.000 unità e il tasso di disoccupazione scenda a 8.2% (da 8.4%) con un’inflazione salariale sostanzialmente stabile a  +4.8% anno/anno;
  • in Eurozona: la pubblicazione dei dati PMI definitivi di settembre (con il dettaglio anche per l’Italia e la Spagna che non pubblicano le anticipazioni) e quelli sull’inflazione di settembre (attesi in larga parte negativi);
  • in Cina: dati PMI calcolati sia dall’agenzia governativa che dalla privata Caixin.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Lo stallo nella formulazione del terzo pacchetto di supporto fiscale all’economia, come abbiamo più volte detto è fra le possibili cause della turbolenza sui mercati di questo periodo.

Se da un lato non vi è la volontà politica, per motivi elettorali, di trovare un accordo fra Democratici e Repubblicani, dall’altro vi è la più volte ribadita volontà, da parte di Powell, di non intervenire ulteriormente finché la politica fiscale non si muove nella giusta direzione.

Powell, che già viene accusato di avere salvato Wall Street (quindi la finanza) e non Main Street (l’economia reale) non intende immettere nel sistema ulteriore liquidità se non per finanziare una maggiore spesa governativa quando questa verrà deliberata. Il presidente della Fed sostiene che gli interventi fiscali, tra l’altro, consentirebbero a più aziende di soddisfare i criteri di solvibilità e quindi di accedere ai prestiti previsti che per ora non sono stati totalmente utilizzati (proprio per la mancanza dei requisiti di solvibilità).

La Fed vuole, quindi, mettere pressione sul governo affinché vari il pacchetto di aiuti a Main Street e per questo lascia intendere che non immetterà ulteriore liquidità nel sistema.

Quello che gli investitori giustamente temono è che un ulteriore intervento da parte della Fed (e delle banche centrali in generale) avvenga solo a fronte di un peggioramento della situazione economica o sanitaria (quindi in uno scenario non proprio brillante) e, in mercati drogati dalla liquidità, questo elemento è pesantemente negativo.

Poiché i principali elementi di incertezza attualmente sono la diffusione del coronavirus e la Brexit per l’Europa e il pacchetto fiscale e le elezioni in US, è inevitabile che qualunque notizia relativa a questi temi muova il mercato.

Consideriamo anche, ma questo è puramente un fattore tecnico e non fondamentale, che ci stiamo avvicinando alla scadenza di fine trimestre ovvero a quel momento i cui i fondi bilanciati fanno i ribilanciamenti e quindi muovono pesantemente le asset class a seconda della performance relativa del periodo. Nel trimestre che si sta concludendo i ribilanciamenti trimestrali porterebbero ad alleggerimenti della parte azionaria e incrementi di quella obbligazionaria. Sembra, inoltre, che a livello geografico il più grande fondo sovrano al mondo (quello norvegese) stia ribilanciando la componente azionaria a favore dei mercati americani e a scapito di quelli europei.

Settimana un po’ difficile per le nostre linee di gestione dato che tutte le asset class hanno riportato performance negative. Unico contributo positivo viene dall’esposizione, ove presente, al dollaro americano.

Analisi dei mercati del 21.09.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIME DUE SETTIMANE

Andamento dei mercati piuttosto contrastato quello che ha caratterizzato le ultime due settimane: indice azionario globale MSCI World in calo a causa soprattutto dei listini americani all’interno dei quali il settore tecnologico non sembra ancora trovare stabilità. Per contro, i mercati europei (settore bancario a parte) e quelli emergenti e asiatici hanno mostrato una certa resilience. Sul fronte valutario decisamente stabile il cambio eur/usd mentre l’incertezza sulla Brexit pesa sulla sterlina; il rafforzamento dello Yen segnala la volontà degli investitori di coprire le posizioni di rischio.

Queste due settimane sono state caratterizzate dagli appuntamenti delle banche centrali: tutte hanno mantenuto tassi invariati e si sono dichiarate proattive circa il supporto della crescita economica.

La prima è stata la BCE che, nella prima riunione dopo la pausa estiva, ha lasciato invariati i tassi e l’attuale politica monetaria (come si attendeva il mercato). Il messaggio chiave che possiamo trarre dalle parole della Lagarde è che, nonostante il miglioramento dell’outlook (il Pil è, infatti, stato rivisto a -8% da -8.7%), l’intenzione della banca centrale è di restare pronta a fare di più qualora la situazione lo richieda dato che i rischi di peggioramento sono maggiori di quelli di miglioramento. Il programma PEPP (che ricordiamo essere il Pandemic Emergency Purchase Programme, ovvero il programma di acquisto titoli da parte della BCE finalizzato a supportare l’economia in crisi per il coronavirus), del quale i nostri BTP sono i principali beneficiari, probabilmente verrà utilizzato integralmente (si tratta di 1.350 miliardi in totale) a meno di sorprese particolarmente positive dell’economia così come l’APP (Asset purchase programme attraverso il quale la BCE attua il Quantitative Easing) che rimarrà attivo ben oltre il momento in cui si deciderà di agire al rialzo sui tassi. L’inflazione è stata confermata allo 0.3% per il 2020 e all’1% per il 2021 (la debolezza è da imputarsi essenzialmente all’andamento del prezzo del petrolio ma i rischi di deflazione sono diminuiti); nonostante ci sia consapevolezza che un cambio forte potrebbe rendere complesso perseguire il mandato della stabilità dei prezzi, non sono stati annunciati “ufficialmente” interventi per agire sul tasso di cambio che infatti si è riportato temporaneamente, per questo motivo, e per il miglioramento dell’outlook, sopra il livello di 1.19. La Lagarde ha semplicemente detto che gli sviluppi del tasso di cambio verranno valutati per le implicazioni a medio termine sull’inflazione. Il giorno seguente anche il capo economista Lane ha nuovamente ribadito che un apprezzamento della divisa unica rende più complesso il raggiungimento del target di inflazione facendo quindi, in qualche modo, intendere che la BCE è pronta ad agire se necessario. Stesso messaggio ribadito anche dall’esponente della BCE francese Villeroy.

Anche la riunione della Fed si è conclusa con tassi invariati così come il programma di acquisto titoli. La Banca Centrale si è impegnata a non rialzare i tassi prima del 2023 (la c.d. “forward guidance”) e, comunque, finché l’inflazione non andrà oltre il 2%. Fra le previsioni economiche è stata ipotizzata al 3.7% la contrazione dell’economia americana (invece del -6.5% stimato a giugno), ma l’incertezza rimane straordinariamente elevata e tale da giustificare una Fed disponibile ad utilizzare l’intero arsenale di strumenti a disposizione per sostenere l’economia. I rendimenti governativi sul mercato dovrebbero rimanere ancorati grazie agli acquisti della Fed che aumenterà il proprio bilancio per finanziare l’aumento del debito pubblico. La prossima riunione è prevista il 5 novembre, due giorni dopo le elezioni presidenziali.

Anche la BOJ (Bank of Japan) si è allineata alla Fed dichiarando che, oltre a monitorare i dati sull’inflazione, valuterà anche la crescita dell’occupazione al fine di orientare la propria politica monetaria. La politica rimane ultra-espansiva anche se le condizioni generali dell’economia sono state riviste leggermente in miglioramento. Il target di inflazione è stato confermato al 2% e dato che attualmente l’inflazione “core” è ancora negativa facile immaginare che il lavoro della BOJ sia ancora molto lungo.

La BOE (Bank of England) che ha deciso che per ora mantiene i tassi al 0.10% ma nel quarto trimestre comincerà a valutare l’ipotesi di tassi negativi. Quest’ultimo punto ha pesato parecchio contribuendo alla debolezza della sterlina.

Sulla sterlina, come avevamo detto, hanno impattato negativamente anche le notizie provenienti da UK relative alla Brexit. Il premier Johnson ha dichiarato che sta lavorando per annullare una parte dell’accordo relativa all’Irlanda del Nord. L’Internal Markets Bill, il disegno di legge di Boris Johnson che secondo la UE non rispetta affatto l’accordo firmato lo scorso ottobre (prevedendo decisioni unilaterali sui controlli delle merci che dalla Gran Bretagna arrivano in Irlanda del Nord), ha superato il primo test in Parlamento. Il rischio è che il 15 ottobre UK esca dalla UE senza un’intesa.

In area euro il Pil finale del secondo trimestre è uscito meglio della stima precedente e passa a -11.8% trimestre/trimestre (-14.7% anno/anno). Il terzo trimestre dovrebbe migliorare grazie alla graduale rimozione del lockdown.

Anche l’OCSE, nel suo Outlook di settembre, ha rivisto leggermente al rialzo le stime di crescita per il 2020 prevedendo una contrazione economica mondiale pari al -4.5% (a giugno la stima era di -6%). Per l’Area Euro la contrazione è prevista pari a -7.9% (da -9.1%) e in US pari a -3.8% (da -7.3% precedentemente).

Dalla Cina continuano ad arrivare segnali di miglioramento economico anche grazie alla crescita della produzione industriale (+5.6% anno/anno, al massimo da otto mesi) e delle vendite al dettaglio (+0.5 anno/anno) che, per la prima volta quest’anno, mostrano un progresso.

Rimanendo in Asia segnaliamo che in Giappone il partito di maggioranza LDP ha indicato come nuovo premier, dopo le dimissioni di Shinzo Abe, Yoshihide Suga che dovrebbe garantire la continuità della politica economica intrapresa da Abe.

Il petrolio ha tratto beneficio dalle dichiarazioni dell’OPEC circa un possibile meeting straordinario per il mese di ottobre lasciando intendere che sono possibili tagli alla produzione in caso di debolezza del prezzo dell’oro nero.

In Italia il tesoro ha annunciato l’emissione di un BTP ventennale via sindacato per 10 miliardi che il mercato ha accolto favorevolmente con ordini che hanno superato gli 84 miliardi (circa 77% in mano agli investitori esteri). Tasso 1.80% e scadenza 1/3/2041. In questo modo il Tesoro ha raggiunto l’80% della raccolta prevista per il 2020. Era parecchio che l’Italia non emetteva titoli ventennali.  Vediamo come si muoverà lo spread in occasione delle elezioni del 20/21 settembre

Dopo la fusione italiana tra IntesaSanpaolo e Ubi Banca, il risiko bancario si sposta in Spagna con l’ok del premier spagnolo Sanchez alla fusione tra Bankia e CaixaBank con nuova sede a Valencia. La fusione porterebbe alla nascita della prima banca del paese con asset per 600 miliardi di euro e una quota di mercato superiore al 20%, la copertura territoriale sarebbe ampia essendo Bankia di Madrid e CaixaBank della Catalogna. La quota dello stato in Bankia, pari al 61.8% (frutto del salvataggio del 2011 attraversi un’iniezione di liquidità pari a 24 miliardi), potrebbe scendere al 14% della nuova entità.

Sempre in tema di banche sono uscite indiscrezioni, decisamente positive, sulla BCE che potrebbe rimuovere il divieto di pagare dividendi l’anno prossimo.

Vane le aspettative di un’inclusione di Tesla nell’S&P500: il titolo viene inizialmente penalizzato, in un momento in cui tutto il comparto tech è sotto attacco, per poi rimbalzare ma senza tornare sui livelli massimi raggiunto a fine agosto.  

AstraZeneca ha fatto un po’ temere sul fronte della ricerca di un vaccino annunciando che risultati anomali hanno comportato la sospensione dei test in corso; la notizia ha, inizialmente, pesato sul titolo e sul sentiment di mercato. Fortunatamente, dopo una settimana, i test sono stati ripresi e questo insieme all’annuncio, da parte dell’americana Pfizer, del fatto che il suo vaccino sarà pronto per fine anno hanno riportato speranza. Tuttavia, i dati sulla diffusione dei contagi continuano a destare parecchie preoccupazioni.

Forte salita per il titolo azionario Nexi (fornitore di servizi di pagamento elettronico) dopo l’annuncio dell’ingresso di CDP e l’aggregazione con Sia.

Nota di colore: negli Stati Uniti per la prima volta nella storia una donna guiderà una delle prime sei grandi banche di Wall Street ovvero Citigroup. L’attuale AD, in carica da otto anni, andrà in pensione e cederà il comando a Jane Fraser che attualmente ricopre la carica di presidente.

QUESTA SETTIMANA

Anche questa settimana gli occhi degli investitori restano puntati sui dati relativi alla diffusione del Covid19 dopo che Israele ha imposto nuovamente il lockdown (unico paese per ora) e New York ha posticipato nuovamente la riapertura delle scuole al primo di ottobre. I dati in Europa non sembrano confortanti e vanno monitorati. In UK si sta decidendo su ulteriori restrizioni visto l’aumento dei casi riscontrato. Un’ipotesi simile in altri paesi europei sarebbe preoccupante.

Proseguono i contatti informali tra UK e UE per le negoziazioni sulla Brexit. Di nuovo il barometro della situazione sarà la sterlina.

Di Brexit si parlerà anche giovedì 24 e venerdì 25 durante il summit UE in cui i vari leader discuteranno anche delle strategie industriali per affrontare le conseguenze del Covid19 e delle tensioni con la Turchia e la Russia oltre alle relazioni con la Cina.

Fra i dati macro segnaliamo la pubblicazione dei dati PMI preliminari in US ed Eurozona oltre al dato IFO (dato di fiducia delle aziende tedesche) per settembre: è importante che tali dati confermino la ripresa in corso e non diano brutte soprese; l’andamento relativo dei dati fra US e Europa potrebbe avere un impatto sul cambio EUR/USD.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

La volatilità sui mercati, come previsto, è aumentata recentemente sia per l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane, previste per il 3 novembre, il cui esito rimane altamente incerto, sia per l’aumento dei dati di diffusione del coronavirus che fa temere altre forme di restrizione che, inevitabilmente, peserebbero sulla ripresa economica.

Sul tema Covid19 se, da un lato, un vaccino potrebbe essere disponibile in tempi relativamente brevi, dall’altro permangono i dubbi sia sulla reale efficacia (e quindi sulla capacità di immunizzare completamente i soggetti vaccinati) sia sulla volontà della popolazione di sottoporsi a vaccinazione. Per ottenere il risultato desiderato (ovvero la c.d. immunità di gregge) il vaccino deve essere somministrato ad un numero abbastanza elevato di persone: fra contagiati e vaccinati la percentuale della popolazione “coperta” si stima debba aggirarsi intorno al 60-70%. Ovviamente è poi indispensabile che l’immunità sia abbastanza forte da evitare ricadute (nei già contagiati) e malattia (nei vaccinati).

L’altro fattore che pesa sui mercati riguarda l’incertezza circa l’esito del voto in US e il rischio che si possa, successivamente, contestare il risultato con la conseguenza di un prolungamento ulteriore dell’incertezza (che i mercati non amano affatto) e un ritardo nella decisione sul pacchetto fiscale ritenuto necessario per superare la crisi.

Infatti, negli Stati Uniti deve essere ancora deciso il terzo giro di stimoli fiscali e si teme che nulla verrà fatto prima delle elezioni dato che ai Democratici conviene non avvantaggiare Trump autorizzando una spesa che tornerebbe a suo favore nei sondaggi.

Al netto di questi due temi, guardando solo gli indicatori economici, possiamo ritenere di essere verso la fine della recessione. I dati macro stanno uscendo in miglioramento e, generalmente, sopra le aspettative degli analisti. Ripetiamo, per l’ennesima volta, che le banche centrali sono estremamente di supporto e in queste due settimane lo hanno dimostrato e dichiarato apertamente. Tuttavia, di solito, nelle prime fasi di un ciclo al rialzo la volatilità è elevata e gli “stop&go”, citati anche la scorsa volta, sono inevitabili; in questi mesi che ci separano dalla fine dell’anno di motivazioni per passare dal pessimismo all’ottimismo ce ne sono parecchie,  quindi resta importante mantenere la calma, seguire attentamente le evoluzioni dei mercati e le motivazioni che le hanno determinate per decidere l’azione più opportuna.

Sostanzialmente stabili, nel periodo, le performance delle nostre linee di gestione. Fra quelle azionarie segnaliamo il proseguimento del recupero della ITA e un inevitabile ritracciamento della Chronos parecchio esposta al mercato americano.

Analisi dei mercati del 7.09.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Dopo che il mese di agosto ha avuto la migliore performance degli ultimi 40 anni, la prima settimana di settembre si è conclusa con una decisa correzione dei mercati azionari scatenata proprio dal settore che ne aveva fatto da traino ovvero la tecnologia americana.

Non ci sono particolari catalyst che giustifichino il movimento se non un principio di rotazione settoriale innescata da prese di profitto sui titoli che avevano meglio performato nell’ultimo periodo e diventati improvvisamente protagonisti negativi (vedi Apple e Tesla). Il Nasdaq 100, dopo avere raggiunto un nuovo massimo, ha quindi perso circa sette punti in due soli giorni. Il peso rilevante della tecnologia nell’S&P500 ha trascinato al ribasso anche l’indice globale.

Segnaliamo che Tesla, dopo lo stock split che le ha fatto guadagnare il 70% dall’annuncio dell’11 agosto e il 12% il giorno dell’evento, ha corretto sulla comunicazione relativa all’aumento di capitale di 5 miliardi che intende fare e della riduzione della posizione di un grosso investitore internazionale.

Mentre proseguono a passo spedito le ricerche di un nuovo vaccino contro il Cov-Sars2 il virologo Anthony Fauci, famoso per i ricorrenti “screzi” con il presidente Trump, ha dichiarato che qualora i risultati delle sperimentazioni dovessero risultare inequivocabilmente positivi, la FDA (Food and Drug Administration) avrebbe il potere (e dovere) di interrompere i test per organizzare una campagna vaccinale su larga scala. Questa buona notizia compensa i timori di una seconda ondata legata alla riapertura delle scuole e alle maggiori attività al chiuso nella stagione autunnale/invernale.

Sul fronte macro sono buoni i dati PMI europei: il dato finale di agosto per il comparto manifatturiero rimane stabile a 51.7 con una buona performance dell’Italia (53.1 da 51.9); il dato relativo al comparo dei servizi sale a 50.5 grazie al contributo della Germania. Negli Stati Uniti in salita l’ISM manifatturiero che passa da 54.2 a 56 con una componente “new orders” (quindi più forward looking) a 67.6 da 61.5.

Buoni anche i dati sul mercato del lavoro americano che vede il tasso di disoccupazione (di agosto) scendere oltre le aspettative degli analisti: 8.4% vs attese di 9.8% e dato di luglio pari a 10.2%

Dal Beige Book della Fed (elaborato ogni sei settimane sulla base delle informazioni raccolte nei 12 distretti della banca centrale) viene la conferma di un’attività economica che cresce “ad un ritmo modesto” e che non ha ancora recuperato i livelli pre-covid.  Sia sul fronte dell’attività manifatturiera che dei servizi e consumi qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione ma le incertezze e i rischi legati alla pandemia rimangono.

Il corona virus è riuscito a mandare anche l’Australia in recessione dopo 30 anni di espansione economica: il Pil del secondo trimestre è sceso del 7% rispetto al -0.3% del primo trimestre dell’’anno.

La Francia, in settimana, ha annunciato l’atteso piano di rilancio da cento miliardi al quale l’Unione Europea contribuirà per 40 miliardi. Per non rendere più difficile la ripresa non sono previste nuove imposte ma il governo stima di rientrare dal maggiore indebitamento pubblico a partire dal 2025 attraverso l’impatto positivo sulla crescita delle nuove misure. I pilastri sui quali si baserà il piano riguardano la transizione ecologica (attraverso il rinnovamento energetico), la maggiore competitività del paese (attraverso riduzione delle imposte sulla produzione, finanziamenti alle imprese e sussidi per la rilocalizzazione delle industrie) e la coesione sociale (attraverso investimenti sulla sanità, sui giovani e sulla formazione).

In settimana il cambio EUR/USD è salito sopra la soglia di 1.20 per la prima volta da maggio 2018. Determinante per il movimento il cambio di policy della Fed che ha confermato un differenziale di tassi fra Europa e Stati Uniti non più a favore di quest’ultimo. La maggiore offerta di moneta e il QE della Fed, insieme all’atteso maggiore deficit fiscale per gli Stati Uniti sono alla base della debolezza del biglietto verde. Il rientro dal livello di 1.20 è avvenuto grazie al commento del capo economista della BCE Lane che ha dichiarato che, sebbene l’istituto europeo non abbia nel suo mandato l’obiettivo del cambio, il cross EUR/USD a questi livelli non aiuta l’economia. Inoltre, la pubblicazione dei dati deludenti sull’inflazione dell’area Euro hanno alimentato le aspettative di un ulteriore intervento di stimolo da parte della BCE.

Tornano le emissioni di green bond: questa settimana Mediobanca debutta nel mondo “green” emettendo un bond da 500 milioni di euro (durata sette anni, cedola 1%, spread di 135bps sopra il tasso midswap) per finanziare progetti green e il mercato ha accolto decisamente bene l’offerta con ordini pari a 3.5 miliardi di cui l’80% dall’estero. Anche il governo tedesco ha dato mandato di vendere un titolo decennale per finanziare progetti ambientali, emissione per 6.5 miliardi e richieste per 33 miliardi a fronte di un rendimento pari a -0.463% (quindi negativo!). Un’altra emissione è prevista nel quarto trimestre con un totale per l’anno di circa 11 miliardi di euro. Il Tesoro italiano dovrebbe emettere BTP green in autunno. L’interesse per le emissioni green è evidente e ricordiamoci che è stata scatenata dall’intenzione della BCE di acquistarli e pure il fondo pensione della BCE lo ha già fatto. Inoltre, il Recovery Fund da 750 miliardi potrà destinare risorse anche a investimenti legati a tecnologie e infrastrutture più green che aiutino il continente a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 come programmato.

Si torna a parlare della casa di gestione H20 con il comunicato relativo alla sospensione di otto fondi per circa quattro settimane per “incertezze sulla valorizzazione” di titoli non quotati e legati al finanziere tedesco Lars Windhorst. Mentre l’autorità di controllo dei mercati finanziari francesi aveva chiesto la sospensione di tre fondi, H2O ha deciso di procedere per otto fondi dichiarando che si tratta di una misura provvisoria per un tempo (quattro settimane) che permetterà alla società di gestione di separare gli asset incriminati e trasferirli in un nuovo fondo.

QUESTA SETTIMANA

Oggi, lunedì, il mercato americano è chiuso per “Labor day”.

L’evento principale della settimana lo avremo giovedì 10 settembre con la prima riunione della BCE dopo la pausa estiva. Non sono attese variazioni all’attuale politica monetaria ma ci sarà parecchia attenzione sulle nuove previsioni di crescita e inflazione che la BCE renderà note. Da queste potranno emergere gli orientamenti della banca centrale e i prossimi step che intraprenderà anche, e soprattutto, alla luce del cambio di strategia della Fed. Sottolineiamo che un apprezzamento dell’euro conseguente alle decisioni della Fed potrebbe impattare sull’inflazione e rendere più complesso il raggiungimento del target stabilito dalla banca centrale.

Fra i dati macro previsti in settimana segnaliamo quelli sul Pil del secondo trimestre (finale) per l’eurozona (atteso -15% anno/anno) e i dati di inflazione (al consumo e alla produzione) negli Stati Uniti riferiti al mese di agosto.

In UK riprendono i negoziati sulla Brexit. Il premier britannico Johnson intende fissare per il 15 ottobre la deadline per un accordo oltre la quale, in caso contrario, si prenderà atto dell’impossibilità di trovare punti in comune e ognuno “andrà avanti per proprio conto”. La sterlina diventerà il barometro della situazione.

Questa settimana il Congresso americano dovrà finalizzare i dettagli della legge sulla spesa in quanto il 30 settembre termineranno i finanziamenti in essere e occorre scongiurare il rischio “shutdown”, ovvero il blocco delle attività amministrative che si ha quando non viene approvata la legge di bilancio per il finanziamento delle attività amministrative.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Il cambio di strategia della Fed, che mette l’obiettivo di inflazione a servizio di quello della piena occupazione, dovrebbe avere aperto la strada ad un nuovo periodo di reflazione finanziaria durante il quale tutte le banche centrali, a meno che non vogliano vedere la propria moneta rivalutarsi nei confronti della divisa americana, dovranno mantenere a lungo tassi bassi. Abbiamo avuto la conferma di questo potenziale atteggiamento dalle dichiarazioni di Lane (capo-economista BCE) e di Saunders (membro del board della BOE) e vedremo, in settimana, se e come la BCE affronterà il tema. Questo, ripetiamo, rimane il principale elemento a favore dei mercati finanziari.

Ovviamente, come abbiamo visto la scorsa settimana e come abbiamo più volte sottolineato in passato, il percorso dei mercati non è quasi mai lineare, ci sono inevitabili stop&go legati a prese di profitto su temi che hanno fatto particolarmente bene (vedi tech) o brutali riallineamenti alla realtà; si tratta di momenti caratterizzati da un incremento della volatilità che può dare occasioni di realizzo o di acquisto a seconda della posizione di partenza e della propria visione.

A proposito di volatilità, ricordiamo che le elezioni americane del 3 novembre sono, ad oggi, l’elemento di incertezza più noto e, non a caso, la curva del Vix (indicatore di volatilità dell’S&P500) segna un massimo in prossimità di ottobre (36 vs un valore ad oggi di 30) per poi riscendere gradualmente a livelli sotto quelli attuali.

L’altro tema che guida il mercato, ribadiamo, sono le aspettative di uno o più vaccini prodotti e disponibili su larga scala magari entro la fine dell’anno (quindi prima delle tempistiche normali): questa attesa porta gli investitori a prezzare una maggiore crescita che si può riflettere sia su un “irripidimento” della curva dei rendimenti (con quelli a lunga scadenza in salita) sia su una rotazione settoriale a favore dei settori più penalizzati e finanziata da prese di profitto su quelli che sono più saliti, come avvenuto nella settimana che si è appena conclusa.

Il consueto sondaggio di Bank of America (che spesso è più da intendere come le intenzioni future che il reale posizionamento degli investitori) vede un aumento del peso dell’Europa nei portafogli a scapito degli Stati Uniti il che significa non necessariamente che Wall Street sia vista in discesa ma solo che la potenzialità dei mercati Europei (che esprimono anche una composizione settoriale più ciclica) sono maggiori. Per la maggior parte degli intervistati è iniziata una nuova fase rialzista dei mercati che sarà accompagnata da un aumento degli utili legato all’uscita dell’economia dalla recessione.

Questa positività che emerge dalla survey non vuole dire che il mercato sia privo di rischi. Gli investitori ne sono consapevoli e infatti le posizioni in opzioni sono aumentate così come la protezione acquistata attraverso i contratti sulla volatilità (Vix).

Le nostre linee di gestione con componente azionaria hanno, ovviamente, sofferto la fase correttiva dei mercati ad eccezione della linea ITA che recupera circa 3 punti percentuali grazie al titolo Tiscali che è salito parecchio (61% in un solo giorno) dopo la firma del memorandum of understanding con Tim per definire l’accordo sullo sviluppo della banda ultralarga. Si è, pertanto, deciso di prendere profitto vendendo la posizione con un utile del 160% circa dai prezzi di carico.