Analisi dei mercati del 22.03.2021

LA SCORSA SETTIMANA

La scorsa settimana è stata caratterizzata dalla volatilità sui mercati finanziari. Nel complesso il comparto azionario perde lo 0.92% (MSCI World), con l’area americana più penalizzata dagli investitori (-1.41% S&P 500, -1.65% Nasdaq 100, e -3.08% Russell 2000). I timori di un aumento dell’inflazione e le potenziali decisioni future delle banche centrali hanno comportato un calo dei corsi obbligazionari, con la componente statunitense che risente maggiormente della dinamica. Tra le commodities, brusco calo del petrolio, che perde circa il 6% facendo registrare la peggior settimana da ottobre.

L’evento più importante della scorsa settimana si è tenuto mercoledì 17 con la riunione della Federal Reserve. Come ipotizzato dagli investitori, e anticipato in diverse occasioni dai membri del direttivo della banca centrale di Washington, l’autorità monetaria statunitense non ha apportato modifiche al tasso d’interesse di riferimento e si mantiene sempre in un atteggiamento molto supportivo per l’economia.

Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha ancora una volta ribadito che l’istituto monetario da lui presieduto non prevede di rialzare i tassi d’interesse fino a quando non ci saranno evidenti segnali che l’economia a stelle e strisce si è completamente ripresa dallo shock pandemico. Per rafforzare il proprio messaggio, il presidente FED ha dichiarato che l’eventuale inizio del processo di rialzo dei tassi di riferimento sarà comunicato con anticipo.

Sin qui tutto bene, se non fosse che la banca centrale americana ha deciso, in comune accordo con le autorità di vigilanza del sistema bancario USA, di ripristinare, dal primo aprile 2021, alcuni requisiti sul capitale delle banche americane, i quali erano stati sospesi con l’aggravarsi della situazione economica l’anno scorso. La FED ha motivato la decisione evidenziando le migliorate condizioni delle banche statunitensi.

Rimanendo sempre nel perimetro delle autorità monetarie, durante la settimana appena passata si sono riunite anche altre banche centrali:

Giovedì 18 è stato il momento della Bank of England con le sue decisioni di politica monetaria: come previsto da molti investitori, il governatore Andrew Bailey ha dichiarato che l’orientamento della banca centrale britannica rimane pienamente supportivo per l’economia. Il Comitato di Politica Monetaria della BoE ha infatti deciso di mantenere invariati il tasso d’interesse (che quindi rimane a 0.1%) e l’ammontare di titoli governativi acquistati a 875 miliardi di sterline.

Venerdì 19 è stato, invece, il turno della Bank of Japan. Anche in questo caso l’autorità monetaria del paese del sol levante ha ribadito la propria volontà di mantenere inalterato il proprio orientamento, con un tasso di riferimento a -0.1%, e, nonostante abbia mantenuto il target di rendimento del titolo governativo decennale allo 0.0%, il governatore della banca centrale Haruhiko Kuroda ha chiarito che sono tollerati movimenti del rendimento governativo decennale di 0.25% attorno al target, al fine di poter effettuare un controllo della curva più agevole.

Quello che ha sorpreso gli investitori sono però state le decisioni della BoJ riguardanti il programma di acquisti: da aprile, infatti, la banca centrale giapponese specificherà l’ammontare di obbligazioni che acquisterà ogni mese. Gli investitori sono stati colti ancor più di sorpresa dalla decisione di escludere dal programma di acquisti gli ETF che seguono l’andamento dell’indice Nikkei 225, concentrandoli invece su quelli che replicano il più generico indice Topix.

Per quanto riguarda l’area geografica emergente, durante il fine settimana, il presidente turco Erdogan ha licenziato il presidente della banca centrale turca dopo che quest’ultima aveva deciso un rialzo dei tassi d’interesse del paese anatolico. Per effetto della decisione la Lira turca si è deprezzata di circa il 15% nei confronti del dollaro statunitense.

Sul fronte della lotta alla pandemia, ha tenuto ancora banco il caso Astrazeneca: dopo la sospensione del suo vaccino in diversi paesi, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha rilasciato una nota in cui ne conferma la sicurezza e l’efficacia, portando alcuni governi europei, tra cui l’Italia, a riprenderne la somministrazione.

Per quanto riguarda i principali dati macroeconomici rilasciati durante la settimana:

Martedì 16, in Europa, è stato pubblicato l’indice di fiducia tedesco ZEW: nel sondaggio di marzo gli investitori tedeschi si dichiarano più ottimisti per il futuro (con l’indice che passa a 76.6 da 71.2, e fa meglio delle attese di 74.0). La maggior parte dei partecipanti al sondaggio si è detta fiduciosa che entro l’autunno oltre il 70% della popolazione tedesca sarà vaccinato permettendo di avere minori restrizioni.

Sulla sponda opposta dell’Atlantico, il dato settimanale sulle richieste iniziali di disoccupazione negli Stati Uniti, rilasciato giovedì 18, ha fatto registrare un aumento di 45’000 unità, evidenziando la persistenza di qualche frizione nel mercato del lavoro americano.

Sempre dagli Stati Uniti, l’indice della situazione Manifatturiera calcolato dalla Federal Reserve di Philadelphia ha fatto registrare il dato più alto dal 1973: 51.8 da 23.1. Entrambe i sottocomponenti del dato, situazione attuale e situazione futura, sono cresciute più delle attese evidenziando il positivo stato dell’economia americana. Le imprese segnalano però alcuni rallentamenti nella catena di approvvigionamento, che verranno riassorbiti nel tempo.

Tra gli altri eventi rilevanti si segnala l’andamento del titolo Volkswagen che mette a segno un +25% nell’ultima settimana, supportata dall’annuncio di voler intensificare gli investimenti nel comparto elettrico al fine di aumentare la propria quota di mercato.

La compagnia petrolifera Saudi Aramco, detenuta per il 98% dal governo dell’Arabia Saudita, nel fine settimana ha riportato utili in calo del 44% nel 2020, ma ha confermato un dividendo di 75 miliardi di dollari americani, fondamentale per il governo saudita per contrastare la recessione economica causata dalla pandemia.

QUESTA SETTIMANA

Prosegue la campagna vaccinale e il miglioramento dei numeri in questo senso rimane un tema di primaria importanza per gli investitori. Da segnalare, sempre su questo fronte, che il governo tedesco, dopo l’aggravarsi dei dati sui contagi, sta pensando di protrarre il lockdown in scadenza a fine marzo anche nel mese di aprile, ipotizzando anche l’introduzione di un coprifuoco.

Dopo la riunione FED della scorsa settimana, martedì 23 marzo il presidente Jerome Powell e il segretario al tesoro americano Janet Yellen saranno in audizione al Comitato per i Servizi Finanziari della Camera dei Rappresentanti, e il giorno seguente, mercoledì 24, al Comitato per le Attività Bancarie del Senato degli Stati Uniti.

Sempre mercoledì 24 marzo, tra i dati economici principali, verranno pubblicati da IHS Markit gli indici PMI manifatturieri per diversi paesi europei.

Giovedì 25 si riuniranno i capi di governo dell’Unione Europea per discutere della strategia di contrasto al virus, ma anche di cooperazione industriale tra i ventisette e delle relazioni con Turchia e Russia.

Venerdì 26 sarà, invece, la volta della pubblicazione di diversi dati sulla fiducia di imprese (sia in Germania con l’indice IFO, che in Italia), e consumatori (in USA e Italia).

Durante la settimana, diversi esponenti delle banche centrali, tra i quali il presidente FED Powell, la presidente della BCE Lagarde e quello della BoE Bailey, interverranno al forum organizzato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali riguardante le innovazioni attuabili dalle banche centrali, tra le quali la digitalizzazione delle monete.

Deliveroo, la società inglese di food delivery, ha iniziato la propria IPO a Londra: la valutazione è tra i 7.6 e gli 8.8 miliardi di sterline. Il titolo verrà quotato dal 31 marzo.

CONSIDERAZIONI FINALI

Hear us out! Il messaggio lanciato dalle principali banche centrali è quello di una politica monetaria accomodante, che dia spinta ai primi segnali di ripresa che si intravedono. Per rafforzare questo messaggio, molte banche centrali hanno già cambiato paradigma: tollereranno un periodo di inflazione oltre il target prefissato se essa si rivelerà necessaria per far tornare le economie ai loro livelli pre-pandemici.

Il presidente FED Jerome Powell è arrivato a dichiarare che non sarà sufficiente un miglioramento nelle stime di crescita e di disoccupazione per iniziare a ipotizzare un rialzo dei tassi, ma ritiene, invece, necessario avere un miglioramento nei loro dati effettivi.

Nonostante i timori degli investitori circa una ripresa dell’inflazione, tutti i membri della Federal Reserve sono concordi nel prevedere che i tassi di riferimento rimarranno al livello attuale per tutto il 2021, e la maggior parte non ipotizza che vi sarà un rialzo prima della fine del 2023.

La correzione della scorsa settimana non è probabilmente dovuta alla tematica dell’inflazione quanto piuttosto alla decisione della FED di ripristinare il sistema di requisiti di capitale delle banche sospendendo le agevolazioni prese in periodo pandemico.

Durante il periodo di pandemia la Federal Reserve aveva comunicato alle banche americane che i treasury detenuti in portafoglio non erano considerati all’interno dei calcoli dei requisiti patrimoniali, permettendo di accantonare minor capitale a fronte degli assets presenti a bilancio. Con la decisione di terminare tale agevolazione, le banche americane avranno quindi un vantaggio ridotto nel detenere treasury, il che potrebbe portare una pressione al rialzo dei rendimenti governativi nel breve futuro.

Fig. 1 Federal Reserve’s Dot Plot: il grafico riporta le previsioni del livello del tasso di riferimento americano dei membri della Federal Reserve.

Vedremo se si tratterà di turbolenze passeggere, che andranno a scomparire con il miglioramento della situazione economica, oppure se saranno necessari ulteriori interventi, anche non convenzionali, da parte delle autorità monetarie.

POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

La volatilità presente sui mercati ha impattato soltanto marginalmente le linee di gestione, anche quelle con maggior componente azionaria si sono mantenute pressoché stabili nell’ultima settimana.

La recente dinamica di rialzo dei rendimenti governativi, che ha comportato un calo della componente obbligazionaria corporate, ed in particolare di quella investment-grade, ha impattato marginalmente sulla performance delle linee obbligazionarie che hanno fatto registrare un lieve calo nell’ultima settimana.

La SICAV Stable Return, infine, conferma la performance positiva da inizio anno, grazie alla diversificazione all’interno del suo portafoglio e alla gestione tattica del cambio euro/dollaro.

Analisi dei mercati del 06.07.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana di consolidamento sui mercati: gli indici azionari avanzano di poco più di un punto percentuale grazie, soprattutto, alla tecnologia americana e ai mercati emergenti (guidati dalla Cina, che come indicato la settimana scorsa ha scatenato l’entusiasmo degli investitori retail).

Se da un lato continuano a destare preoccupazione i dati sulla pandemia, dall’altro il fronte macro-economico sembra dare buoni segnali.

Negli Stati Uniti peggiorano i numeri dei contagi: in settimana a Miami sono stati chiusi nuovamente bar e ristoranti. Il numero uno della Fed di Atlanta Bostic sostiene che la ripresa è messa seriamente in pericolo dal recente numero dei contagi e l’amministrazione risponde con un possibile nuovo pacchetto di stimolo fiscale che potrebbe comprendere ancora assegni ai cittadini.

Anche in Australia si isola Melbourne in lockdown e si chiudono i confini tra i due stati più popolosi ovvero Victoria e il Nuovo Galles del Sud per la prima volta dopo l’influenza spagnola del secolo scorso (Apple intende chiudere tutti i negozi nello stato di Victoria). La Banca centrale, vista la situazione ancora delicata, mantiene i tassi al minimo storico di 0.25%.

Per quanto riguarda i dati macroeconomici che indicano un miglioramento sia in Europa che negli Stati Uniti segnaliamo i seguenti: positivo, anche se minore delle aspettative, il dato sulla produzione industriale tedesca di maggio che sale del 7.8% mese/mese (vs attese di +11.1%); forte il dato su ISM non manufacturing americano che passa da 45.4 a 57.1 in un rialzo di entità mai vista. Buona anche la composizione.

La Commissione Europea mantiene, tuttavia, un atteggiamento prudente rivedendo al ribasso le stime di crescita e dichiarando che la recessione in corso è “la più profonda e con più ampie divergenze” di sempre: per l’Eurozona si attende un calo dell’8.7% con l’Italia, peggiore fra tutti i paesi, vista in calo dell’11.2%.

Nell’ultimo commento abbiamo citato il ritorno delle emissioni di Green Bond: la scorsa settimana è stato pubblicato un interessante articolo sull’FT dal titolo “Lagarde puts green policy top of agenda in ECB bond-buying”: in sostanza la Lagarde si impegna ad introdurre nel suo programma di acquisto (2.8 trilioni di euro) strumenti volti a combattere il cambiamento climatico. La BCE diventa così la prima banca centrale a perseguire obiettivi green attraverso i propri acquisti. La Bank of England ci sta pensando seriamente, mentre la Fed non ne ha mai discusso.

L’inaugurazione del semestre tedesco di presidenza della UE è stata ricca di parecchie dichiarazioni della Merkel che invita l’Unione Europea alla coesione e a raggiungere l’accordo sul Recovery Plan entro l’estate dato che l’Europa sta affrontando una delle maggiori sfide della sua storia. Anche la Merkel ha richiamato il “Green Deal” definendolo fondamentale come soluzione globale.

Per quanto riguarda le tensioni fra Cina e Stati Uniti questi ultimi stanno pensando di colpire il peg (cambio fisso) fra Hong Kong dollar e US dollar come rappresaglia a fronte delle recenti mosse della Cina ritenute limitative della libertà politica dell’ex colonia britannica: ridurre la capacità delle banche di Hong Kong di comprare USD di fatto minerebbe l’esistenza del peg. Si tratta solo di una discussione perché alcuni ritengono che alla fine si danneggerebbero solo le banche di HK e gli Stati Uniti e non la Cina.

Oro ancora sugli scudi: analizzando il mondo degli ETF emerge che nel primo semestre del 2020 quelli che investono sul metallo giallo hanno registrato flussi in ingresso pari a 40 miliardi di dollari, equivalenti a circa 734 tonnellate di oro (104 tonnellate solo nel mese di giugno) pari a circa il 45% della produzione globale del primo semestre. L’associazione delle imprese minerarie (World Gold Council) parla di 3621 tonnellate in custodia nei caveau delle varie banche, pari a circa 200 miliardi di dollari, più di quanto tutte le miniere di oro ne hanno prodotto l’anno scorso. Gli altri driver “fondamentali” del prezzo dell’oro sembrano deboli o fermi: i consumi fisici per la gioielleria non si sono ancora ripresi (domanda ridotta del 30% in Cina e India, fra i grandi acquirenti) mentre gli acquisti da parte delle banche centrali stanno rallentando parecchio. Secondo uno studio di UBP in base alla correlazione con la massa monetaria degli Stati Uniti l’oro potrebbe valere intorno ai 2.100 dollari. Il record storico da superare è del 2011 ed è pari a 1921 dollari.

Sempre nell’ambito delle commodity segnaliamo il prezzo del rame che ha raggiunto i massimi da un anno apprezzandosi del 40% dai minimi raggiunti a marzo. Normalmente, quello che in gergo viene chiamato “Doctor Copper”, è considerato un indicatore dello stato dell’economia in quanto un prezzo in rialzo può essere legato a maggiori investimenti e quindi ad una domanda in ripresa. Questa volta, invece (e purtroppo), la motivazione principale è legata ad una produzione che si sta riducendo sempre più per effetto delle chiusure di miniere in Perù e Cile legate ai contagi covid in America Latina.

L’emissione dei BTP Futura si è chiusa, come previsto venerdì, con una richiesta pari a 6.13 miliardi di euro (contro i 22 miliardi, 14 retail e 8 istituzionali, del BTP Italia di maggio), circa il 60% dei sottoscrittori non aveva partecipato al BTP Italia contribuendo ad allargare la platea dei detentori del debito italiano. Oltre a quanto già detto nei commenti scorsi aggiungiamo che, sebbene il rendimento a scadenza sia di poco superiore a quello di un equivalente BTP decennale) il vantaggio risiede nella “scalettatura” dei rendimenti (confermati ai livelli inizialmente fissati, ovvero 1.15% primi quattro anni, 1.30% successivi tre anni, 1.45% ultimi tre anni) che lo dovrebbero rendere meno negativamente impattato da un rialzo dei tassi di interesse rispetto ad un decennale normale.

Il ministro italiano dell’economia Roberto Gualtieri conferma l’uscita dello Stato dall’azionariato di Monte dei Paschi entro il 2021 (come da accordi presi nel 2017 con la Commissione Europea che autorizzò la ricapitalizzazione precauzionale dell’istituto senese) del quale detiene una quota pari al 68%. Il processo di derisking ha portato alla scissione di un ramo d’azienda con otto miliardi di crediti deteriorati ceduto a AMCO (la bad bank del Tesoro), in questo modo MPS è diventata la seconda banca più “pulita” in Italia.  Sebbene il ministro non si sia espresso esplicitamente, il mercato punta a Banco BPM come potenziale acquirente (il cui presidente, Massimo Tononi, ha parlato di “assoluta infondatezza delle voci relative ai contatti tra i due istituti”). Un’ipotesi di questo tipo agevolerebbe l’acquisizione di UBI da parte di ISP in quanto toglierebbe UBI dall’idea di essere un potenziale aggregatore per un terzo polo bancario.

L’adesione all’OPS di ISP su UBI è ancora molto limitata (circa 1% del capitale) ma è normale che gli investitori, avendo tempo fino al 28 luglio, temporeggino fino all’ultimo nella speranza che arrivi un rilancio dell’offerta, come potrebbe fare ipotizzare il movimento di prezzo di UBI rispetto a ISP (a premio del 2% circa rispetto al concambio fissato). Cattolica Assicurazioni (con una quota pari all’1%) potrebbe decidere di aderire all’offerta (abbandonando, quindi, il patto di sindacato Car) per monetizzare la propria partecipazione alla luce dell’aumento di capitale da 500 milioni che è stato richiesto dall’Ivass.  

Nella serata di venerdì l’agenzia di rating Fitch si è espressa sul rating sovrano italiano non modificandolo. Non erano attese variazioni dopo che a fine aprile, in piena pandemia, il giudizio era stato tagliato, a sorpresa, a BBB- da BBB modificando anche l’outlook a stabile da negativo.

Mentre il Nasdaq non interrompe la sua corsa e raggiunge nuovi massimi l’oracolo di Omaha, Warren Buffet, decide di puntare sul business tradizionale dei gasdotti acquisendo le attività di stoccaggio e trasporto di gas naturale di Dominion Energy per 9.7 miliardi di dollari. Si tratta della prima acquisizione di Buffet dopo lo scoppio della pandemia e dopo alcune riduzioni di posizioni presenti in Berkshire Hathaway (tipo Goldman Sachs e le airlines).

Non si ferma neanche la corsa di Tesla che da inizio mese ha guadagnato circa il 50% anche grazie ai dati sulle consegne di nuovi veicoli pari a 90.650 (rispetto ad attese di 72.000). Abbiamo già scritto che la capitalizzazione di mercato ha superato quella di Toyota, aggiungiamo che l’incremento del valore delle ultime cinque sedute è pari al valore di mercato di GM, Ford e FCA messe assieme. Solo in un giorno ha aumentato la capitalizzazione di 14 miliardi pari a quanto capitalizza FCA. Tesla continua l’espansione aumentando le fabbriche in giro per il mondo con l’obiettivo di arrivare a consegnare un milione di veicoli all’anno. Il suo fondatore, Elon Musk che ne detiene una quota pari a circa il 20%, supera così Warren Buffet nella classifica degli uomini più ricchi al mondo stilata da Bloomberg, agguantandosi il settimo posto. Una nota di colore: ai fondi hedge che scommettevano sul ribasso del titolo, Musk ha dedicato gli “short shorts” ovvero dei pantaloncini (shorts) chiamati così per richiamare il gergo finanziario di chi scommette al ribasso (andare short), e venduti a 69,420 dollari (69.42$) perché 420$ era il prezzo al quale Musk, in un tweet del 2018, ha dichiarato che avrebbe ricomprato il titolo (evento che gli causò una multa da 20 milioni da parte della Sec). La salita del prezzo dell’azione è l’obiettivo principale del suo CEO che non percepisce un normale stipendio (come i CEO di altre società) ma pacchetti di azioni man mano che si raggiungono certi risultati finanziari (che, di conseguenza, si traducono in apprezzamenti del titolo).

QUESTA SETTIMANA

L’evento principale della settimana lo avremo il 17/18 luglio quando si riunirà l’Eurogruppo per decidere su Recovery Fund: ricordiamo che la proposta è di uno stanziamento pari a 750 miliardi di euro di cui 500 a fondo perduto e ribadiamo che, se accolto senza particolari stravolgimenti, potrebbe essere un “game changer” per l’Europa. L’elemento che crea divisioni fra gli stati membri riguarda la forma dei finanziamenti, se sussidi (quindi a fondo perduto) o prestiti. Si discuterà anche dell’eventuale emissione di obbligazioni comuni, una sorta di mutualizzazione del debito alla quale sono tanto avversi i c.d. “Frugal Four”.

Negli Stati Uniti, martedì 14, entra nel vivo la reporting season: fra le principali società riporteranno le banche (fra le quali segnaliamo JPM, BofA, Wells Fargo, GS e Citigrpup, MS), Blackrock, J&J, Netflix, Microsoft…

Secondo uno studio di Facset durante I primi sei mesi del 2020 gli analisti hanno rivisto al ribasso le stime sugli utili per l’S&P500 di circa il 28.6%; analizzando la serie storica che parte dal 1996 (da quando Facset ha iniziato a raccogliere i dati), una revisione simile si era vista solo nel 2009 quando aveva raggiunto il -24.4%. La revisione riguarda soprattutto i settori energy (-104.4%), consumer discretionary (-60.8%) e Industrial (-56%). Le revisioni sono avvenute soprattutto fino a maggio, poi si sono stabilizzate.

Uno studio analogo, ma questa volta di Reuters e per l’indice Stoxx Europe 600, prevede per il 2020 un calo degli utili pari al 33%: settori più penalizzati quello energetico (-126.5%), industriale (-93.4%) e relativo alle materie prime (-66.4%).

Non sorprenderanno risultati brutti ma saranno importanti due elementi: di quanto sorprenderanno le attese (già molto basse) e le guidance che le società rilasceranno per i prossimi trimestri (per lo più cancellate lo scorso trimestre a causa della scarsa visibilità).

Giovedì 16 luglio ci sarà la riunione della BCE: non sono attesi annunci di particolari interventi ma l’attenzione degli investitori rimarrà sul programma di acquisto di bond e sul discorso della Lagarde che probabilmente farà qualche riferimento all’imminente riunione dell’Eurogruppo.

Fra i dati macro segnaliamo per gli Stati Uniti la pubblicazione dei dati sulla produzione industriale per il mese di giugno (attesa +4.3% da +1.4% di maggio) e sulle vendite al dettaglio (+5% da +17.7% di maggio): sarà interessante vedere l’impatto della ripresa della pandemia in alcuni stati della Sun Belt per farsi un’idea dell’attitudine alla spesa dei consumatori americani fra le riaperture e l’incremento dei casi di Covid19.

Per l’Europa segnaliamo lo ZEW tedesco (indice di fiducia delle imprese) per il mese di luglio.

Giovedì 16 la Cina rilascerà i dati sul Pil del secondo trimestre e i principali indicatori economici (produzione industriale e vendite al dettaglio) di giugno: dopo il marcato calo del primo trimestre (-6.8%) il GDP del secondo trimestre è atteso in risalita del 2.2%, la produzione industriale dovrebbe proseguire nel sentiero di ripresa (+4.8% da +4.4% di maggio) e le vendite al dettaglio dovrebbero finalmente leggermente riprendersi con un’attesa di +0.5% (da -2.8% precedente).

L’OPEC, che in settimana pubblicherà l’oil market report (che comprende le stime di domanda e produzione OPEC) mercoledì 15 si riunirà (nella versione OPEC+) per decidere se estendere i tagli alla produzione che attualmente sono fissati in 9.6 milioni di barili al giorno, fino ad agosto o ridurli come inizialmente previsto a 7.7 milioni di barili alla fine di luglio.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Abbiamo detto più volte che il rally dei mercati nel secondo trimestre dell’anno è stato uno dei meno “partecipati” da parte degli investitori professionali.

Il motivo principale risiede nel fatto che era, ed è ancora, difficile farsi un’idea di quello che potrebbe accadere perché non si è trattato di una recessione “standard”, derivante da eccessi di mercato sfociati in bolle poi scoppiate, ma di una sorta di “coma farmacologico” indotto dai governi per arrestare la pandemia. Quindi, anche la ripartenza del ciclo può non essere come quella che si studia nei libri di testo.

Se, da un lato, ciò che ha causato la recessione (virus) non è ancora passato e/o può ripresentarsi e provocare un altro blocco, è pur vero che rispetto alla crisi del 2007-2008, dopo la quale la ripresa non ha mai riportato la crescita sul sentiero precedente (a causa del massiccio deleverage del settore privato), anche se la correzione è stata molto forte (e un ulteriore potenziale lockdown potrebbe ingigantirla ulteriormente), le misure intraprese da autorità monetarie e fiscali sono state talmente potenti e coordinate da poter essere in grado di fare tornare la crescita in linea con quella precedente.

Quanto sopra si concilia con la tesi di Alessandro Fugnoli il quale, nell’ultimo Il Rosso e il Nero, sostiene che, più che avere visto la fine di un ciclo e assistere ora ad un rimbalzo da bear market (che rappresenta uno scenario possibile ma di coda), siamo o in una continuazione del ciclo precedente (che ha semplicemente avuto un vuoto d’aria) o già in un nuovo ciclo. Al di là del tipo di azioni da avere a seconda dello scenario (growth nel primo, cicliche nel secondo) continua ad avere senso rimanere investiti sull’equity mantenendo la pazienza in mercati che si potrebbero muovere lateralmente fino a fine anno.

Le azioni “growth” (soprattutto settore tecnologico) hanno il vantaggio che cavalcano temi che con la pandemia si sono rafforzati e hanno accelerato la tendenza, quelle “value” (es. settore finanziario europeo) hanno il vantaggio che beneficiano solitamente delle prime fasi di ripresa del ciclo economico.

Sulle nostre linee di gestione in settimana si è partecipato al collocamento del BTP Futura (per Moderata, Rivalutazione, Ladder ed Eurocoupon) e, nei portafogli della linea High Yield, si è inserita una posizione sul bond di Autostrade per l’Italia scadenza 2023, cedola 1.625% che tratta abbondantemente sotto la pari.

Buona la performance delle nostre linee di gestione fra le quali spicca la linea Chronos che beneficia in misura maggiore del settore tecnologico americano. Continua ad essere positivo il contributo della posizione sull’ETF Gold mantenuto a protezione dei portafogli con componente azionaria.