Analisi dei mercati del 26.10.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Mercati altalenanti, in settimana, per i seguenti motivi: 1) aumento contagi in Europa e principi di lockdown (finora circoscritti); 2) ancora nulla di fatto sul pacchetto fiscale americano, con le parti che si accusano vicendevolmente di non volere arrivare ad un compromesso; 3) risalita di Trump nei sondaggi: il rischio, ricordiamo, non è tanto legato a chi vince ma alle contestazioni in caso di vittoria con poco margine.

Nel complesso i mercati azionari hanno chiuso leggermente negativi (-0.40% MSCI world) con Giappone e Mercati Emergenti positivi. Il “mood” negativo, legato ai rischi per la crescita economica, ha coinvolto anche le commodities con il petrolio che è sceso del 3% circa (WTI). Generalizzata salita dei rendimenti governativi con l’Italia, soprattutto, che ha temuto una revisione negativa da parte di S&P (che poi non c’è stata). L’euro si è rafforzato contro le principali valute, soprattutto verso dollaro con il cross eur/usd che chiude a 1.1860.

L’ultimo dibattito Trump-Biden con, questa volta, la possibilità di mettere in “mute” uno dei due in caso di voci sovrapposte, ha avuto toni più pacati ma non ha evitato, ancora, numerosi attacchi personali reciproci. Oggetto di discussione il coronavirus (che Trump sostiene se ne stia andando e bisogna riaprire il paese, mentre Biden accusa l’avversario di avere gestito male la situazione sanitaria) e le accuse di corruzione al figlio di Biden (per le attività in Ucraina e Cina) e quelle di evasione fiscale di Trump (si parla di possibili conti in Cina).

L’evento non ha avuto particolari ripercussioni sui mercati che, invece, hanno più sofferto del continuo rinvio del piano fiscale. Ormai gli investitori sembrano rassegnati ad attendere, fino a dopo le elezioni, per potere vedere qualcosa di concreto.

In Europa Christine Lagarde, presidente della BCE, ha ribadito che la seconda ondata della pandemia e le conseguenti nuove restrizioni stanno aggiungendo incertezza e pesando sulla ripresa. Ha poi aggiunto, citando il suo predecessore Mario Draghi, che l’euro è irreversibile e gli strumenti a disposizione per sostenere la tenuta dell’eurozona non sono esauriti e verranno sicuramente usati, se necessario.

Intanto, martedì ha debuttato sul mercato obbligazionario l’Unione Europea con le prime due obbligazioni (a 10 anni e a 20 anni) per finanziare il fondo Sure (la Casa integrazione europea). La risposta del mercato è stata decisamente positiva con una richiesta record di 233 miliardi di euro (14 volte superiore rispetto all’offerta!). La tranche con scadenza 10 anni, pari a 10 miliardi e cedola 0%, è stata piazzata con un rendimento negativo di -0.238%, mentre la seconda con scadenza 2040, pari a 7 miliardi e cedola 0.10%, è stata piazzata con un rendimento di +0.131%.

Ripetiamo, come già sottolineato nei commenti scorsi, che questo tipo di bond, avendo un rating elevato (AAA), rappresenta una valida alternativa al Bund tedesco e l’interesse degli investitori ha esattamente dimostrato questo. Consideriamo, ad esempio, che il decennale collocato a -0.238% di rendimento è, comunque, meglio del Bund tedesco che rende -0.59%. Questi bond rappresentano la forma embrionale degli eurobond ovvero emissioni di debito comuni europee. L’UE ha come obiettivo l’emissione fino a 100 miliardi di obbligazioni per il fondo Sure (richiesta italiana pari a 27.4 miliardi) e fino a 750 miliardi per il recovery fund (fino al 2026): sommando queste cifre l’UE potrebbe diventare il più grande emittente sovranazionale al mondo (superando la BEI che, ad oggi, ha circa 434 miliardi di euro sul mercato ed emissioni annue pari a 50/66 miliardi).

In Italia il Tesoro è tornato a parlare della seconda emissione di BTP futura (la prima tipologia di titolo di stato dedicata esclusivamente agli investitori retail) che avverrà fra il 9 e il 13 novembre e i cui proventi finanzieranno le spese legate all’emergenza covid19. A differenza dell’emissione precedente (che aveva raccolto 6 miliardi) la durata sarà più breve (8 anni invece di 10) ma ci sarà sempre il premio garantito pari all’1% (che potrà arrivare fino al 3% a seconda della dinamica del Pil); le cedole saranno ancora crescenti ma il primo rialzo è previsto dopo tre anni (invece dei quattro della prima emissione). I tassi minimi delle cedole saranno comunicati venerdì 6 novembre e, al termine del collocamento, si sapranno quelli definitivi.

È interessante l’osservazione de Il sole 24 ore che pubblica un’analisi ABI dalla quale emerge che, a settembre, il valore dei depositi bancari in Italia era pari al Pil ovvero 1.682 miliardi (come riferimento ricordiamo che il Pil 2019 è stato pari a 1.787 miliardi mentre quello del 2020 è stimato pari a 1.647 miliardi) e questo soprattutto a causa delle incertezze legate al Covid che spinge le aziende e le famiglie a parcheggiare la liquidità in banca. Il fenomeno è, ovviamente, collegato direttamente all’aumento del tasso di risparmio delle famiglie a cui stiamo assistendo. È esattamente questa la liquidità che il Tesoro vorrebbe, in parte, intercettare con l’emissione del BTP futura.

In settimana il Tesoro italiano ha messo a segno un’operazione straordinaria acquistando quasi dieci miliardi di titoli a breve scadenza (2021, 2023, 2025) e sostituendoli con otto miliardi di BTP a 30 anni (scadenza 2051) con cedola di 1.7% ottenendo, così, di allungare la vita del debito e risparmiare sulle cedole. La domanda è stata record, pari a 90 miliardi di euro e il rendimento è il più basso mai registrato su questa scadenza (1.763%).

Il Tesoro finora ha collocato 471 miliardi (circa il 90% del programma 2020) mentre per l’intero 2019 ne aveva collocato circa 414 miliardi.

L’agenzia di rating S&P venerdì sera, a mercati chiusi, è intervenuta sul rating sovrano dell’Italia: a sorpresa ha rivisto l’outlook a “stabile” da “negativo” mantenendo invariato il giudizio BBB; il miglioramento dell’outlook viene giustificato dall’intervento della BCE e dalle risorse del Recovery Fund che aiuteranno l’Italia nella ripresa anche se difficilmente, la stessa S&P sostiene, il Pil potrà tornare a livelli pre-covid prima del 2023. Prossimi appuntamenti venerdì 30 ottobre con DBRS e il 6 novembre con Moody’s (attuale giudizio Baa3 e rating stabile) dalle quali non sono attese modifiche.

La deadline sulla Brexit si è spostata alle prime settimane di novembre, entro tale termine si dovrà formulare un accordo sul quale si esprimerà il Parlamento Europeo il 23 novembre. Per fine anno si avrà l’accordo definitivo in assenza del quale si applicheranno le regole WTO.

I dati di fiducia delle imprese PMI preliminari di ottobre per l’eurozona, usciti venerdì, sono stati positivi per il comparto manifatturiero e hanno deluso, come atteso, per quello dei servizi: in aggregato il PMI manufacturing è salito a 54.4 (da 53.7 e attese per 53) e quello servizi è sceso a 46.2 (da 48 e attese di 47) con il composite che scende a 49.4 (da 50.4 e attese di 49.2); molto buono il dato tedesco che, sulla componente manifatturiera, sale a 58 (vs precedente di 46.4 e attese di 55) segno che l’economia sta beneficiando del recupero del commercio mondiale.

Gli stessi dati PMI per gli Stati Uniti sono usciti in miglioramento: l’aggregato composite a 55.5 (precedente 54.3) mentre la sotto-componente manifatturiera a 53.3 (vs 53.2 precedente e attese per 53.5) e quella servizi 56 (vs 54.6 precedente).

Sul risiko bancario italiano le ultime notizie sono le seguenti: il governo ha autorizzato la cessione di crediti deteriorati per 8.1 miliardi di euro di MPS ad AMCO ed è quindi aperta ufficialmente la strada alla privatizzazione da realizzare entro il 2022 (il Tesoro detiene il 68% dell’istituto senese). Il prossimo passo sarà il collocamento di un bond AT1 di circa 700 milioni di euro che dovrà andare, almeno per il 30% ad investitori privati. Considerando che sembra sempre più fattibile l’aggregazione fra BancoBPM e Credit Agricole, perde probabilità il matrimonio tra BancoBPM e MPS. A questo punto restano Unicredit e BPER fra i candidati acquirenti ma il nodo rimane sempre il “bonus” che dovrà essere corrisposto (forse 3 miliardi) a fronte dei rischi legati alle cause accumulate dall’istituto e che pesano parecchio, nonostante gli accantonamenti pari a oltre 500 milioni di euro (possibili altri accantonamenti per 500-700 milioni).

Mentre i casi di contagi da covid19 nel mondo superano i 43 milioni vengono fatti passi avanti negli studi sui vaccini: anche Moderna dichiara, infatti, che se i test di novembre andranno a buon fine a dicembre chiederà alla FDA l’autorizzazione e potrà iniziare la somministrazione negli Stati Uniti già a dicembre. Intanto sia Astrazeneca che J&J riprenderanno, dopo la sospensione, i trial questa settimana. La stessa Astrazeneca comunica che il suo vaccino sembra dimostrarsi molto efficace anche nella fascia più anziana e potrebbe essere consegnato per la distribuzione già a novembre.

Per quanto riguarda la reporting season segnaliamo i risultati deludenti di Netflix, che evidenziano un numero di nuovi abbonati per il terzo trimestre minore delle aspettative (difficoltà a mantenere i clienti guadagnati durante la pandemia), deludenti anche le guidance del management di un utile inferiore rispetto alle attese. Il titolo è stato già penalizzato in after market (-6%).

Tesla, invece, riporta buoni risultati con utili in crescita (ma soprattutto “utili” per il quarto mese consecutivo) e ricavi migliori delle stime. Le auto vendute sono in aumento (139.000 da luglio a settembre) e la società stima di consegnarne un totale di 500.000 questo anno nonostante il generale calo del mercato automobilistico.

Buoni anche i risultati di UBS che raddoppia gli utili del trimestre grazie sia al positivo andamento dei ricavi (saliti del 42%) che agli incassi derivanti dalla vendita per 600 milioni della piattaforma per transazioni sui fondi di investimento a Clearstream (controllata da Deutsche Bank). Secondo il CEO uscente Sergio Ermotti, UBS è in grado di affrontare i vari scenari possibili legati all’incertezza della pandemia.

Si torna a parlare di criptovalute con Paypal che annuncia che, da inizio 2021, si potranno utilizzare per fare acquisti nei negozi appartenenti alla sua rete di pagamenti globale: nelle transazioni i negozi incasseranno la valuta fiat (dollari, euro o yen) e Paypal si assumerà il rischio della conversione. Le criptovalute ammesse saranno bitcoin, ethereum e litecoin. Sulla notizia il bitcoin ha guadagnato l’8% superando quota 13.000 dollari.

QUESTA SETTIMANA

Aumentano i casi positivi di Covid19 e sempre più si temono restrizioni alla mobilità e lockdown vari. In alcuni paesi la situazione si sta normalizzando (vedi Singapore o anche il Giappone), altri paesi tentano di arginare i contagi con chiusure circoscritte e altri, come la Slovacchia, punta ad effettuare i test sull’intera popolazione per avere uno screening completo (coloro che non si sottoporranno al test dovranno stare 10 giorni in quarantena). Negli Stati Uniti la terza ondata si sta avvicinando alla seconda come numero di casi. Ovviamente tutti i dati sono da mettere in un contesto di numero di test al giorno che non ha confronti rispetto ai mesi precedenti.

La data più importante di tutta la settimana sarà giovedì 29 ottobre quando avremo la riunione della BCE e la pubblicazione dei risultati di due colossi del tech americano (Apple e Amazon).

Per quanto riguarda la BCE la Lagarde si troverà ad affrontare un quadro economico destinato a peggiorare a causa degli aumenti dei casi e delle restrizioni che vengono via via introdotte. Ne è perfettamente consapevole e, infatti, ha preannunciato che le previsioni economiche potrebbero essere riviste al ribasso ufficialmente a dicembre. Ci potrà essere l’annuncio di qualche ulteriore misura di stimolo monetario.

Fra le altre banche centrali giovedì si riunirà la BOJ dalla quale ci si attende un taglio dei target di crescita per Pil e inflazione per quest’anno (attualmente rispettivamente a -4.7% e -0.5%) ma non sono attese nuove manovre di politica monetaria.

Negli Stati Uniti la deadline sull’accordo tra Repubblicani e Democratici continua ad essere spostata in avanti. Certo mancano ormai meno di dieci giorni alle elezioni presidenziali e il tempo tecnico per decidere il da farsi diventa sempre più scarso. La situazione è complessa perché nessuno vuole avvantaggiare l’avversario nei sondaggi ma tutti vogliono prendersi il merito.

Sempre negli Stati Uniti verrà pubblicata la prima lettura del Pil del terzo trimestre che dovrebbe essere il più forte dopo il crollo del secondo trimestre: le attese sono per un +32% dopo il -31.4% del Q2 con la componente sui consumi personali a +38.9% dopo il crollo di -33.2% del Q2. Attesa anche una ripresa della componente inflattiva a +4% trimestre/trimestre dopo un dato negativo precedente.

In Germania questa mattina è stato pubblicato l’indice IFO (indice di fiducia delle imprese) per il mese di ottobre: come atteso è uscito in peggioramento per la componente legata alle aspettative e al “business climate” mentre la componente “current assessment” è leggemente salita (più delle aspettative). In generale un dato coerente con l’ultima lettura dei PMI.

Dopo S&P venerdì 30 ottobre si pronuncerà l’agenzia di rating di DBRS che attualmente ha un rating di BBB (high) e outlook negativo.

Proseguono le negoziazioni in UK con l’obiettivo, questa volta, di arrivare ad un accordo entro la metà di novembre.

In Cina il 26 prende il via il Plenum del Partito Comunista Cinese, il più importante, nel quale si pianifica lo sviluppo economico per i successivi cinque anni con l’obiettivo di una crescita agevolata dalle riforme. Sul fronte valutario la Cina si pone il traguardo di una maggiore flessibilità del Renminbi e minori restrizioni al suo utilizzo.  

Continua la reporting season con dati che in generale, ad oggi, mostrano un forte miglioramento rispetto al secondo trimestre dell’anno battendo anche il consenso degli analisti. Questa settimana riporteranno, oltre alle citate Apple e Amazon, anche Facebook, Twitter, Alphabet, il settore farmaceutico e energetico.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Nella prima parte di questo documento abbiamo citato l’abbondante liquidità detenuta da famiglie e imprese sui conti correnti per i timori sulla situazione economica e pandemica. Il problema è che se i privati non spendono e le aziende non investono si crea un circolo vizioso che inevitabilmente impatta sulla crescita e non aiuta il recupero del Pil.

Sono, quindi, essenziali due cose: 1) la spesa pubblica (che compensi quella privata e anzi la vada a stimolare) e 2) evitare il blocco generale dell’attività produttiva e/o degli spostamenti con dei lockdown.

E’, quindi, di estrema importanza che venga ristabilita la fiducia sulla tenuta del sistema economico e sanitario e non il contrario.

Un interessante articolo di oggi di Federico Rampini (giornalista italiano naturalizzato statunitense che ha vissuto parecchi anni in Cina) cita Keynes per sostenere l’importanza dei consumi nella ripresa economica: una paralisi dei consumi genera recessione, quindi disoccupazione, quindi minori redditi, quindi minori consumi in un circolo vizioso che sarebbe bene non innescare.

Infatti, gli Stati Uniti, noti per avere generalmente una maggiore propensione al consumo, tendono a riprendersi più velocemente proprio perché agiscono sul volano dei consumi. E questo spiega perché i piani di supporto americani siano finalizzati soprattutto ai consumatori (attraverso distribuzione di assegni ai cittadini, stile il famoso “helicopter money”).

La Cina, e in generale i paesi asiatici, sono decisamente più risparmiatori: qui i governi, per rilanciare la crescita, si pongono sempre come obiettivo l’incremento dei consumi, ma consci della difficoltà, affiancano notevoli incrementi della spesa pubblica (es. infrastrutturale).

L’Europa è più vicina al modello asiatico che a quello americano per l’alta propensione al risparmio e bassa ai consumi e, per questo motivo, occorre cercare sicuramente di non bloccare i consumi (ristabilendo la fiducia, come scrivevamo sopra, e non seminando il panico) ma anche agire sulla leva della spesa pubblica, nota dolente del nostro continente ma che questa volta potrebbe essere sfruttata, anzi dovrebbe essere sfruttata.

La discesa dei rendimenti dei titoli obbligazionari governativi aiuta sicuramente questo secondo aspetto. Sottolineiamo, però, che il livello raggiunto dai tassi oltre a mettere in discussione la convenienza del MES per alcuni paesi, come indicato la scorsa settimana, mette in discussione anche il ricorso ai fondi del Recovery Fund: infatti, è di questa settimana la notizia che la Spagna avrebbe intenzione di richiedere solo i finanziamenti a fondo perduto e non i prestiti legati al recovery fund.

L’importante è comunque che si decida di spendere e lo si faccia nel modo più opportuno e coerente con una ripresa economica immediata ma anche duratura.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, che per tanti motivi sono il traino dei mercati globali, avvicinandosi alle elezioni e, auspicabilmente, superandole senza particolari intoppi, possiamo ragionevolmente ritenere che i mercati saranno supportati dalle notizie sugli incentivi fiscali e dallo sblocco delle politiche monetarie a supporto di quelle fiscali. Questo rimane il principale driver.

Infine, una considerazione sull’inflazione che ogni tanto citiamo: pur sapendo che nell’immediato potrebbe non essere un problema è bene, comunque, tenere sotto controllo alcuni indicatori. La Cina, ad esempio, è la protagonista di una domanda molto forte di commodities sia agricole (es. mais e soia) che industriali/energetiche (es. rame e petrolio) e non sembra che questo sia legato solo alla fase 1 degli accordi commerciali con gli Stati Uniti. La Cina potrebbe, invece, avere deciso di prepararsi con anticipo alla fase reflazionistica (che prima o poi porterà ad un aumento generalizzato dei prezzi) che verrebbe innescata dal massiccio piano di incentivi fiscali e alla fase post-Covid. Food for thought.

Un po’ in sofferenza le nostre linee di gestione che risentono della fase di debolezza dei mercati e il non beneficio della diversificazione valutaria (l’euro si è rafforzato contro le principali valute) e solo in minima parte dell’oro.