Analisi dei mercati del 12.10.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana positiva per gli asset di rischio: i mercati azionari hanno chiuso con un rialzo complessivo pari al 3.6% (MSCI World) che ha trainato anche il comparto obbligazionario a spread. Buono il restringimento dello spread fra la periferia dell’eurozona e il bund tedesco. Rimbalzo deciso anche per le commodities grazie al balzo del prezzo del petrolio.

Il presidente americano Donald Trump esce dall’ospedale, dopo tre giorni di terapia per il Covid19, torna alla Casa Bianca e i mercati tirano un respiro di sollievo. Tutto finché lo stesso presidente, in uno dei suoi tweet, non afferma che i negoziati con i Democratici sono stati interrotti e quindi il pacchetto fiscale è sospeso fino a dopo le elezioni. Poi, però, rimedia al danno affermando che, comunque, si sta lavorando a singole misure, quindi provvedimenti mirati che comprendono nuovi assegni per i consumatori (si parla di 1200$) da rilasciare prima delle elezioni e aiuti al settore aereo. Il tira e molla è proseguito nella settimana con Nancy Pelosi che si dichiara contraria a singoli provvedimenti ma vorrebbe un serio pacchetto di aiuti o nulla.

L’indecisione sullo stimolo fiscale, con Democratici e Repubblicani che stentano a trovare un punto di accordo, contrasta ancora una volta con le dichiarazioni del numero uno della Fed Powell che ribadisce i rischi di una ripresa economica incompleta ovvero che potrebbe innescare dinamiche recessive; ripete che non è il momento di abbassare la guardia e la politica fiscale, soprattutto, deve fare la sua parte perché in questo momento è meglio correre il rischio di fare troppo che troppo poco.

Sulla campagna elettorale americana in settimana c’è stato il faccia a faccia tra i due vice candidati Kamala Harris (vice Biden) e Mike Pence (vice Trump): il primo ha puntato il dito contro la gestione della pandemia mentre il secondo ha usato la leva delle maggiori tasse che i Democratici intendono introdurre. I sondaggi si sono mossi di poco e continuano ad avvantaggiare Biden.

Trump che dichiara che non intende fare il prossimo dibattito da remoto e risponde alle polemiche, circa un trattamento medico privilegiato nei suoi confronti dichiarando che l’anticorpo monoclonale utilizzato per la sua terapia (il Regeneron, un trattamento sperimentale a base di anticorpi sintetici prodotto da Eli Lilly) sarà disponibile gratuitamente per tutti gli americani.

La Lagarde (presidente della BCE) continua con le dichiarazioni “dovish” affermando che la ripresa potrebbe essere più lenta a causa della seconda ondata di Covid19 e, quindi, la politica monetaria deve rimanere a disposizione ed essere pronta a varare nuovi stimoli. La ripresa, invece della auspicata forma a V, potrebbe essere una sorte di W allontanando così il ritorno ai livelli pre-Covid19. Anche il capo economista Lane ribadisce che la politica monetaria sarà sufficientemente accomodante da assicurare il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione anche dopo il possibile superamento dei danni legati alla pandemia.

L’accondiscendenza delle banche centrali emerge anche dai verbali delle ultime riunioni: da quelli della BCE, relativi al meeting di settembre, è emerso che un approccio “a mano libera” da parte di Francoforte è assolutamente preso in considerazione per contrastare i danni provocati dalla pandemia, non si escludono ulteriori tagli dei tassi o modifiche alle attuali condizioni dei prestiti. L’andamento dell’euro e l’impatto sull’inflazione vengono costantemente monitorati.

Per quanto riguarda le minute della Fed emerge un board spaccato su quali metodi utilizzare per applicare i nuovi principi (facendo riferimento probabilmente anche alla “forward guidance”) ma un’uniformità di vedute sul fatto che sia necessario mantenere i tassi vicino allo zero finché non si avrà nuovamente la piena occupazione nel mercato del lavoro e quindi, ipoteticamente, fino al 2023/2024.

Evidente il sostegno della BCE sui nostri titoli di stato con il BTP che ha visto restringere ancora lo spread verso il Bund (arrivato a 121bps) e scendere in termini di rendimento a nuovi minimi storici (il decennale ha chiuso la settimana a 0.72%). Il Tesoro ne sta approfittando per emettere nuovi titoli e/o sostituire quelli già in circolazione. Questa settimana è prevista la prima emissione di un BTP a tre anni con cedola zero!

Un interessante articolo de Il sole 24 ore riporta una tabella con i costi medi delle emissioni per i vari anni dal 2000 ad oggi: per ora il 2020 si colloca a 0.69% e sarebbe ottimo se, da qua a fine anno, il Tesoro riuscisse ad abbassare ulteriormente questo livello (il minimo è stato raggiunto nel 2016 ed era pari a 0.55%).

Qualche analista sottolinea come il livello al quale sono arrivati i rendimenti dei nostri BTP potrebbe creare dei problemi alle compagnie assicurative italiane: nei prossimi quattro anni, infatti, scadranno circa la metà dei titoli detenuti che attualmente hanno una cedola media nell’ordine del 4.4% e, dovessero essere sostituiti oggi, il rendimento si ridurrebbe drasticamente allo 0.8% circa. Le assicurazioni dovranno cercare alternative più remunerative (tipo le azioni) che però richiedono maggiori assorbimenti di capitale in base alla normativa europea Solvency II.

Anche il comparto obbligazionario governativo spagnolo si è mosso bene in settimana grazie all’annuncio di un taglio di 15 miliardi di euro al programma di emissioni nette per il 2020.

La Commissione Europea, in settimana, ha annunciato che dalla seconda metà di ottobre partirà il programma Sure (“Support mitigating Unemployment Risks in Emergency” ossia la cassa integrazione europea) e verranno emesse le prime obbligazioni ESG (quindi che rientrano nel piano di acquisti della BCE) per finanziare il progetto. Ricordiamo che la capienza del programma è di 100 miliardi e quindi le emissioni di bond arriveranno massimo fino a questo ammontare. Ad oggi le richieste sono state per 87.4 miliardi e i fondi verranno trasferiti sotto forma di prestiti (l’Italia ne ha richiesti 27.4 miliardi); gli stati dovranno poi rendicontare circa l’utilizzo dei fondi. Se la raccolta dei finanziamenti inizia a metà ottobre (quindi un mese oltre il previsto) si stima che gli aiuti non verranno erogati prima della fine del 2021. Da notare che man mano che la Commissione Europea si finanzierà sul mercato obbligazionario per finanziare progetti di questo tipo le obbligazioni emesse rientreranno nel panorama degli emittenti più sicuri e potranno rappresentare un’alternativa al Bund tedesco, considerato oggi il “risk-free” in eurozona.

Citiamo spesso, in questa sede, il mondo dei green bond: è di questa settimana la notizia che le emissioni hanno superato il triliardo di dollari di cui solo 200 miliardi emessi nel 2020. È evidente come le società stiano cavalcando questa onda che è anche alimentata dalle dichiarazioni della BCE e della Commissione Europea che stanno e intendono continuare ad acquistare questa tipologia di obbligazioni.

In ripresa il prezzo del petrolio per i rumors sui possibili tagli dell’OPEC e per due fattori transitori ovvero l’uragano Delta in arrivo sul Golfo del Messico (categoria 4), che ha fatto stoppare il 92% della produzione dell’area, e lo sciopero nel settore Oil&Gas in Norvegia.

In settimana, Borsa Italiana è stata venduta dal LSE (London Stock Exchange), che la aveva acquistata nel 2007 per 1.6 miliardi, ad Euronext per circa 4.3 miliardi di euro. Sebbene Euronext non possa ancora essere considerata la Borsa della UE (in quanto quella di Madrid è stata acquisita un anno fa dalla Borsa di Zurigo e quella di Francoforte e altri paesi minori non sono comprese) diventa ora la maggiore piazza azionaria di Europa, con circa 1800 società quotate, comprendendo le borse di Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Oslo e Dublino. Borsa Italiana apporterà l’MTS (Mercato telematico dei titoli di stato) facendo diventare Euronext leader nella negoziazione all’ingrosso dei titoli di Stato. Fra gli azionisti italiani di Euronext figurano IntesaSanpaolo con l’1.3% e CDP con il 7.3%.

Approvata dall’autorità Antitrust la fusione fra Sia e Nexi che farebbe nascere uno chi dei grandi player europei dei pagamenti digitali del valore di 15 miliardi di euro, presenza in quattro continenti e 50 paesi e ricavi pari a oltre 1.8 miliardi di euro: Sia (la ex CartaSi partecipata da IntesaSanpaolo al 10%) si fonderebbe per incorporazione con Nexi (controllata da CDP) con un azionariato diviso fra Nexi al 70% e Sia al 30%; CDP avrà circa il 25% della nuova entità. La firma dell’accordo è prevista per dicembre.

QUESTA SETTIMANA

Nel mondo siamo arrivati a più di 37 milioni di persone contagiate dal coronavirus e i decessi superano il milione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità si stima che il 10% della popolazione globale potrebbe avere contratto il virus. I vari paesi stanno cercando di correre al riparo con chiusure mirate. Ripetiamo che è essenziale che non si arrivi ad un nuovo lockdown.

Oggi il mercato obbligazionario americano sarà chiuso per il Columbus Day.

La PBOC (Banca centrale cinese) ha ufficializzato oggi la decisione di azzerare (dal 20% precedente) il coefficiente di riserva obbligatoria per le istituzioni finanziarie nel trading di contratti valutari nell’ottica di alleviare la pressione al rialzo per la valuta (lo Yuan aveva raggiunto venerdì i livelli di inizio 2019 contro dollaro). Il coefficiente del 20% era stato introdotto due anni fa quando la valuta si era indebolita troppo superando la soglia di 7 contro dollaro e aveva lo scopo di rendere più costoso scommettere contro la valuta cinese.

Oggi, lunedì 12, la presidente delle ECB Christine Lagarde presenzierà al meeting annuale dell’IMF e della World Bank e il giorno successivo l’IMF pubblicherà il World Economic Outlook che darà un’idea dello stato di salute delle principali economie alla luce della pandemia.

Martedì 13 Apple annuncerà i nuovi quattro iPhone con il 5G, migliori fotocamere e un maggiore range di schermi. Ricordiamo che l’iPhone genera circa la metà dei ricavi di Apple.

Il 15 ottobre è previsto il secondo dibattito fra Trump e Biden, potrebbe essere virtuale anche se Trump si è opposto.

Sempre il 15 ottobre era prevista la deadline per la Brexit: durante il summit si spera che le parti trovino un accordo. Indiscrezioni di Reuters parlano di progressi tra Londra e Bruxelles che potrebbero protrarre le negoziazioni fino a metà novembre.

Inizia ufficialmente la reporting season americana con le varie società che pubblicheranno gli utili per il terzo trimestre: come sempre le prime saranno le banche (JPM, Citigroup, GS, MS, Wells Fargo e Bank of America). I risultati di Alcoa (leader mondiale dell’alluminio) ci aiuteranno ad avere il polso dell’attività economica. In generale sono attesi utili in calo anno/anno del 20% circa ma in rialzo rispetto al secondo trimestre del 19% circa.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Anche questa settimana abbiamo avuto due conferme: 1) in questo periodo gli Stati Uniti sono al centro dell’attenzione degli investitori e guidano il resto dei mercati; 2) i mercati dipendono ancora molto dai supporti monetari e fiscali.

Le correzioni, infatti, tendono ad avvenire o quando il mercato prende atto che la Fed non si muoverà fintanto che non lo farà il Congresso americano, o quando aumenta l’incertezza sulla scena politica americana, mentre le risalite si hanno esattamente nei casi opposti ovvero quando si ipotizza che la Fed possa muoversi prima, o quando si percepisce che il pacchetto fiscale si fa sempre più concreto, o quando si delinea con maggiore precisione lo scenario politico.

Riguardo alle elezioni, a prescindere da quale sarà il prossimo presidente americano la sua capacità di portare avanti la propria agenda politica dipenderà fortemente dal sostegno del Congresso, motivo per cui sarà importante vedere se i Democratici riusciranno a prendere anche il controllo del Senato.

Ripetiamo che i principali elementi che impatteranno i mercati, e che dipendono dalle elezioni americane, sono: a) la tassazione: se, ad esempio, ipotizziamo che gli utili dell’S&P500 siano stimati in crescita del 21% per il 2021, qualora dovesse vincere Biden la maggiore tassazione potrebbe eroderli del 9.2% (stima di Bofa) e impattare negativamente soprattutto i settori tech, telecom e dei consumi non discrezionali mentre settori come quello delle energie rinnovabili o delle infrastrutture sarebbero avvantaggiati; b) il pacchetto fiscale: consideriamo che, a prescindere dal vincitore, verrà deliberato un pacchetto fiscale ingente che per l’effetto moltiplicativo potrebbe tradursi in una cifra anche vicina ai 5.000 miliardi di dollari. In caso di vittoria dei Repubblicani l’aumento della spesa sarebbe ridotto ma in compenso non verrebbero introdotte nuove tasse, in caso di una vittoria Democratica a fronte di un consistente aumento della spesa pubblica si avrebbe anche un aumento della tassazione (da 21% a 28%).

Alla fine, “net net” ci sarebbe comunque un considerevole aumento della spesa pubblica e a quel punto la Fed si muoverebbe per finanziarlo e potremmo quindi cominciare a parlare di MMT (Modern Monetary Theory) e fare anche ipotesi sulla possibile evoluzione dell’inflazione, tema ad oggi abbastanza ignorato dei mercati.

Settimana decisamente positiva per le nostre linee di gestione che traggono vantaggio soprattutto dal buon andamento dei listini azionari e degli obbligazionari high yield.

Analisi dei mercati del 16.03.2020

Quello che avevamo individuato come l’evento principale della settimana è stato a dir poco devastante: alla già difficile situazione sui mercati si è aggiunta una banca centrale europea poco reattiva e, soprattutto, delle dichiarazioni particolarmente infelici della governatrice Christine Lagarde. Piazza Affari ha registrato la peggiore chiusura della sua storia e gli indicatori di volatilità sono saliti ai livelli della crisi finanziaria globale, per non parlare poi del movimento sui BTP e conseguente allargamento dello spread verso la Germania. Wall Street era scesa più del 7% solo una volta dal 1987, durante la crisi finanziaria del 2008.

Cosa è avvenuto esattamente?

Non sono stati tagliati i tassi sui depositi come il mercato si attendeva, ma questa è la cosa meno grave. Come dicevano si sarebbe dovuto modificare il sistema di “tiering” per tutelare le banche e lo spazio di manovra sarebbe stato comunque veramente limitato.

È stato aumentato il programma di acquisto titoli (QE) per 120 miliardi fino a fine anno e questo ha deluso il mercato che si attendeva almeno 20 miliardi in più al mese (così sarebbero 15).

È stato annunciato un nuovo TLTRO di ammontare illimitato fino a giugno, a tassi agevolati (fino a 25bps sotto il tasso sui depositi) e questo va bene.

La capital key resterà in vigore ma con flessibilità.

Il mercato non ha reagito bene al mancato bazooka che invece ci si sarebbe aspettati, ma la cosa che ha decisamente non apprezzato è stata la frase della Lagarde, durante la Q&A session, circa il fatto che non è compito della BCE ridurre lo spread e lei non ha intenzione di replicare il “whatever it takes” del suo predecessore. La Lagarde poi ha cercato, in altra sede, di rimediare dicendo che è impegnata a evitare qualsiasi frammentazione in un momento difficile per la zona euro, aggiungendo che l’allargamento degli spread legato al corona virus compromette la trasmissione della politica monetaria, ma ormai il danno era fatto.

Sono piovute critiche da tutte le parti, pure dal presidente Mattarella, e nessuno è stato in grado di giustificare le sue parole.

La sera stessa la Fed è intervenuta sui mercati con un finanziamento di 1500 miliardi di dollari a breve termine giusto per fare notare la diversa incisività.

La mattina seguente la PBOC (banca centrale cinese) ha tagliato il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche di 50- 100 a partire dal 16 marzo. Verranno rilasciati circa 550 miliardi di renminbi di liquidità a lungo termine per il sistema bancario.

Mercoledì la Bank of England, a sorpresa, ha tagliato i tassi di 50bps portandoli a 0.25% e ha annunciato una serie di misure per aiutare famiglie e imprese ad affrontare l’emergenza stanziando circa 30 miliardi di sterline.

Dopo avere tagliato i tassi al minimo storico anche l’Australia stanzia oltre 11 miliardi di dollari per cercare di fermare il virus che sta innescando la recessione.

Il tutto ha svegliato dal torpore anche la Germania: Scholz (ministro delle finanze) ha prima dichiarato che potrebbero implementare programmi di stimolo se necessario poi ha prontamente aggiunto che verrà aumentato il debito e non porrà limiti ai programmi di credito per le imprese. La cancelliera Merkel si aspetta che sarà contagiato il 70% della popolazione. L’attuale crisi viene considerata ancora più eccezionale di quella del 2008.

A questo si è aggiunta l’Unione Europea che ha di fatto autorizzato lo stimolo fiscale attivando le clausole di crisi: il limite del 3% di rapporto deficit/pil è temporaneamente sospeso.

La presidente della Commissione Europea Von der Leyen ha dichiarato che Bruxelles è pronta a varare un fondo di investimento da 25 miliardi di euro con uno sblocco immediato di 7.5 miliardi.

Atteso in US pacchetto di stimoli fiscali con, fra le altre misure, un taglio della tassazione sul lavoro, tipo taglio delle tasse per l’intero 2020.

QUESTA SETTIMA

Domenica sera alle 22 (ora nostra) la Fed ha dato avvio ad un intervento coordinato da parte delle banche centrali intervenendo, nuovamente, con una mossa a sorpresa (prima quindi la riunione ufficiale di questa settimana) tagliando i tassi di 100 bps portandoli nel range 0% – 0.25% e annunciando un pacchetto di stimoli legati alla ripresa del QE da 700 miliardi di dollari (500 miliardi per acquistare Treasury e 200 miliardi di MBS (mortgage-backed securities). Azzerati i requisiti di riserva obbligatoria per le banche.

Questa mattina anche la Bank of Japan è intervenuta prima del meeting ufficiale, annunciando di volere acquistare il doppio degli asset rischiosi (come gli ETF) da 6 a 12 trn di yen, commercial papers per sostenere i prestiti commerciali a breve termine e corporate bond fino a fine settembre. Ha, inoltre, dichiarando che sono possibili ulteriori tagli ai tassi già negativi.

La Bank of New Zealand ha tagliato i tassi di 75 bps ai minimi storici (0.25%) in un meeting di emergenza. La Bank of Australia, che aveva tagliato la settimana scorsa, ha immesso più liquidità nel sistema.

La PBOC ha nuovamente iniettato liquidità nel sistema, l’equivalente di 14 miliardi di dollari.

È evidente un intervento coordinato tra le banche centrali per offrire finanziamenti in dollari.

In Europa si continua a cercare di rimediare alla gaffe della Lagarde: Fabio Panetta, membro del board della BCE, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera che forti aumenti ingiustificati degli spread saranno contrastati con forza e la Banca Centrale è pronta ad ampliare il programma di acquisto dei titoli per fronteggiare le cadute del Covid19.
Oggi si terrà un vertice tra i ministri finanziari della zona euro in attesa dell’Ecofin di domani.

Questa settimana gli occhi saranno, come sempre, puntati su due aspetti:

1. I dati relativi alla diffusione del corona-virus per poter sperare di avere una stima di quando la pandemia supererà il picco e l’attività si avvierà verso la normalità;

2. Le misure a supporto dei vari governi, ora necessarie più che mai, sia per tentare di compensare il danno economico sia per evitare ulteriore panico.

Nel panico generale che sta invadendo i mercati (e non solo) diventa sempre più complesso mantenere la lucidità e aggrapparsi a considerazioni logiche e razionali senza rischiare di essere accusati di confondere la luce, che si cerca di vedere in fondo al tunnel, con il treno che ci sta venendo incontro!

Ma proviamoci comunque.

Il virus si sta chiaramente propagando da est a ovest e per questo motivo è utile analizzare quanto fatto da chi ci è passato per prendere esempio e poter fare ipotesi. Nei paesi asiatici, Cina in primis ma anche altri come Corea del Sud e Singapore, ad esempio, i governi sono intervenuti pesantemente paralizzando l’attività economica e i dati sembrano confermare un rallentamento dell’epidemia. In Cina, ad esempio, il picco della crisi sanitaria (misurata in termini di contagi dall’OMS) è stato raggiunto a metà febbraio quindi circa un mese dopo il blocco delle attività (avvenuto quasi in concomitanza con il capodanno cinese di fine gennaio). I dati macroeconomici, ovviamente, stanno uscendo male, ma gli interventi a sostegno sia di natura fiscale che monetaria hanno consentito al mercato di recuperare dai minimi (solo recentemente, anche in misura minore, gli indici locali si sono fatti contagiare dall’andamento di quelli globali).

Adesso in Cina stiamo rivedendo una ripresa dell’attività economica. La stessa Apple venerdì 13 ha annunciato la chiusura di tutti i negozi al di fuori del territorio cinese. Quelli in Cina stanno gradualmente riaprendo. Il governo è pronto a rimuovere le misure di contenimento del virus introdotte riaprendo scuole e attività produttive. Sempre Apple ha annunciato che il prossimo iPhone 5G probabilmente verrà annunciato con un mese di ritardo a causa dei problemi sulla catena di fornitura.

Così come Apple può essere presa in riferimento fra le aziende globali, in Europa l’Italia può essere considerata il cosiddetto “canary in the coal mine”: come sta reagendo l’Italia alla crisi sanitaria, i risultati che otterrà, faranno capire quanto tempo occorrerà agli altri paesi e gli impatti economici che si dovranno affrontare.

Si paragona spesso l’attuale crisi a quella del 2008 tuttavia, al di là degli impatti sugli indici azionari la principale differenza, ad oggi, è la tipologia della crisi. Nel 2008 era legata allo scoppio di una bolla (quella dei mutui sub-prime), attualmente è una crisi prima legata ad un blocco prima dell’offerta poi della domanda per ragioni di pandemia.

Reagire ad una crisi finanziaria è una cosa, reagire ad una crisi sanitaria è diverso e forse più complesso e soprattutto non ci sono modelli passati da seguire.

Quello che ora è importante è che l’attuale crisi non si trasformi in crisi finanziaria. Gli interventi delle banche centrali, soprattutto a partire da quello del week-end della Fed, hanno lo scopo di scongiurare che questo avvenga.

Ovviamente interventi così a sorpresa creano confusione e smarrimento fra gli investitori che ritengono che forse c’è ancora qualcosa che il mercato non sa ma di sicuro vanno nella giusta direzione.

Quello che serve ora è un intervento pesante, forte e deciso anche in ambito fiscale. Magari anche esagerato. Qualcuno ritiene esagerato il provvedimento italiano sulla chiusura totale di quasi ogni attività. Senza entrare nel merito della bontà o meno della decisione possiamo dire due cose: forse la decisione è stata presa in ritardo ma se applicata seriamente dovrebbe dare i suoi frutti in due settimane perché è decisamente drastica, quasi troppo per molti. Quasi troppo perché l’impatto sull’attività reale si sentirà eccome. Ma dovendo evitare l’intasamento del sistema sanitario si è deciso di andare giù pesantemente.

Esattamente come è stato fatto in ambito sanitario occorre andare pesante anche sull’intervento di supporto economico anche rischiando di esagerare. Ed è proprio questo che sta mancando e il mercato lo sente.

Il mercato ha confermato, durante la settimana scorsa, che reagisce in modo spropositato a notizie o dichiarazioni di esponenti governativi e non. Ovviamente è facile, ex post, dire che avremmo potuto evitare perdite, anche importanti, uscendo alle prime avvisaglie delle crisi ma questo avrebbe avuto come precondizione la conoscenza in anticipo di eventi e dichiarazioni che erano evidentemente imprevedibili. Muoversi in base alle percezioni o paure non sempre, allargando l’orizzonte temporale, è risultata una strategia vincente.

Adesso avendo completamente perso di vista i fondamentali sui quali si riescono a fare poche assunzioni la gente si affida all’analisi tecnica, all’individuazione di livelli di possibili supporti. Questo dimostra quanto si navighi a vista e quanto sia facile sbagliare e farsi male.