Analisi dei mercati dell’11.05.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La prima parte della settimana ha visto un po’ di tensione sui titoli di stato italiani: il rendimento del BTP decennale ha toccato il 2% e lo spread verso Bund è arrivato a 250bps. La causa principale è da attribuirsi alla decisione di martedì della Corte costituzionale tedesca che si è espressa sulla legittimità degli acquisti di titoli da parte della BCE nel programma di QE iniziato nel 2015. Non sembrano emergere problemi di monetizzazione del debito pubblico (non si ritiene che il programma finanzi gli stati) ma nei prossimi tre mesi la BCE dovrà dimostrare che gli acquisti erano realmente necessari (ovvero non sproporzionati, nel programma PSPP, rispetto agli obiettivi di inflazione, anche nel reinvestimento del capitale dei titoli di Stato rimborsati in quanto giunti a scadenza) altrimenti la Bundesbank dovrà interrompere gli acquisti e rivendere sul mercato parte del suo portafoglio. La sentenza, per ora, non si applica al PEPP ovvero al programma istituito dalla BCE specifico per gli acquisti legati all’emergenza coronavirus. Non si esclude che possa essere coinvolto in futuro.

La BCE ha subito ricordato che nel 2018 la Corte Europea di giustizia aveva giudicato adeguato il programma di acquisto titoli di Francoforte e secondo la Commissione UE le sentenze delle corti costituzionali europee sono vincolanti per tutti i tribunali nazionali. La Lagarde ha ribadito che la BCE non si lascia intimorire dalla Corte costituzionale tedesca e ribadisce che si tratta di un organo indipendente che risponde al Parlamento Europeo e agisce all’interno del proprio mandato. Lascia, quindi, alla Bundesbank il compito di rispondere e alla corte tedesca dimostrando la legittimità dell’intervento.

L’aspetto negativo della vicenda è l’ennesima conferma della mancanza di coesione e flessibilità in un momento in cui sono estremamente necessarie e si sono viste ripercussioni sui governativi (rendimenti al rialzo e spread in allargamento) e sull’euro (indebolimento).

Christine Lagarde nei vari incontri a cui partecipa dichiara che intende continuare a garantire il massimo sostegno all’economia grazie all’azione espansiva della Banca Centrale Europea Si auspica una risposta comune ad un disastro economico causato da un virus che rischia di compromettere l’Unione Europea.

Anche la Commissione Europea, che ha rilasciato le stime relative all’impatto economico della crisi sanitaria, sottolinea che è necessaria una risposta concertata e coordinata a livello comunitario per evitare gravi distorsioni e radicate divergenze economiche finanziarie e sociali. Il crollo del Pil per il 2020 è pari a -7.7% (maggiore contrazione nel secondo trimestre) con un rimbalzo di +6.3% nel 2021. Ovviamente ci sono differenza geografiche che vedono i paesi periferici più colpiti: per l’Italia il calo dovrebbe essere superiore e pari a -9.5% mentre il rimbalzo per il 2021 dovrebbe essere pari a 6.5%. Ovviamente le ipotesi alla base della ripresa sono che la pandemia rimanga sotto controllo, il lockdown venga rimosso e che le misure di sostegno intraprese siano in grado di almeno attutire l’impatto economico. Previsione in linea con quelle dell’IMF.

Fra le misure di sostegno deliberate venerdì a livello europeo si è confermato che i fondi ESM (del fondo “salvastati”) verranno erogati con la sola condizione di essere utilizzati per i costi diretti e indiretti relativi alle spese sanitarie e per un importo massimo pari al 2% del Pil dello stato richiedente. L’utilizzo può essere su base mensile e il rimborso in dieci anni. Non è chiaro ancora se l’Italia ne farà ricorso. Per quanto riguarda i finanziamenti “Sure” (la cassaintegrazione europea) e quelli della BEI (per le infrastrutture) i fondi dovrebbero essere operativi a breve. Non c’è ancora nulla di definitivo sul più importante e atteso “Recovery fund” che potrebbe essere operativo, forse, nella seconda metà dell’anno.

L’atteso verdetto da parte delle agenzie di rating si è concluso  come atteso e come il mercato si auspicava: l’agenzia canadese DBRS ha mantenuto invariato il rating a BBB (high) e tagliato l’outlook a negativo da stabile in quanto ci sono parecchie incertezze relative alle ripercussioni economiche del coronavirus sul già debole quadro italiano; Moody’s ha sospeso il giudizio, di fatto mantenendo invariati sia il rating “Baa3” (un gradino dal livello Junk) che l’outlook “stabile”, e rimanda un eventuale cambio al prossimo appuntamento del 6 novembre.

Fra i dati macro usciti in settimana segnaliamo:

  • i PMI Europa: si confermano stabili a 33.4 con il dato italiano che passa da 40.3 a 31.1 (la peggiore rilevazione da 22 anni);
  • i dati mensili sul mercato del lavoro americano: la variazione dei nuovi occupati del settore non agricolo è pari a -20.5 milioni (atteso -22 milioni), con il settore “leisure&hospitality” più impattato (-7.7 milioni), il tasso di disoccupazione sale a 14.7% (atteso 16%) mentre il dato sull’inflazione salariale segnala un rialzo del +7.9% anno/anno (da precedente 3.1%) ma è da vedere in relazione al licenziamento di lavoratori con un basso salario più che ad un reale incremento delle paghe orarie. La reazione dei mercati non è, tuttavia, stata negativa probabilmente perché l’entità del danno al mercato del lavoro era largamente attesa e basata sui dati settimanali relativi ai sussidi alla disoccupazione.

Per quanto riguarda l’azione delle banche centrali riportiamo:

  • la Banca Centrale Australiana ha lasciato invariati, come atteso, i tassi di interesse a 0.25%;
  • la Bank of England ha lasciato i tassi invariati a 0.1% (minimo storico) e ha mantenuto il target QE a 645 miliardi di sterline, in linea con le attese. Dichiara di essere pronta ad incrementare il programma se necessario dato che ritiene che il Regno Unito stia rischiando la peggiore crisi economica degli ultimi 300 anni;
  • interessante notare che ad aprile la Bank of Japan ha nel suo portafoglio “commercial paper” per circa il 30%, segno che sta intervenendo pesantemente sul mercato a favore delle società colpite dalla crisi.

Stabile il prezzo dell’oro a 1700 dollari/oncia: ha risentito un po’ del generale rialzo dei rendimenti obbligazionari in seguito alla decisione della Corte costituzionale tedesca ma poi si è riportato intorno al livello raggiunto a metà aprile.

In forte ripresa il prezzo del petrolio che si assesta intorno a 24 dollari/barile per il WTI e 30 dollari/barile il Brent. Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti hanno tagliato la produzione assieme e in modo equo: da notare che la Russia, il cui taglio ammonta a quasi 2 milioni di barili al giorno e fa scendere la produzione a 8.5 milioni di barili al giorno, di solito non taglia così velocemente e nell’ammontare concordato ma questa volta potrebbe essere stata costretta dalla limitata capacità di stoccaggio.

In Europa è entrata nel vivo la stagione delle trimestrali per le banche. Segnaliamo:

  • Intesa Sanpaolo: utile netto (1.15 miliardi) in rialzo sia all’ultimo trimestre del 2019 sia allo stesso periodo dell’anno precedente (+9.6%). Gli accantonamenti per i possibili NPL (non-performing loans) sono pari a 1.5 miliardi (includendo anche la plusvalenza legata alla cessione a Nexi di attività legate alle carte di credito). Confermato il payout ratio (percentuale di utili distribuiti) del 75% per il 2020 e 70% per il 2021 e l’intenzione di distribuire il dividendo sospeso appena verrà meno la raccomandazione della BCE. Gli utili 2020 sono attesi a circa 3 miliardi mentre per il 2021 saranno non inferiori a 3.5 miliardi. La solidità patrimoniale è confermata dal livello di Common Equity Tier 1 attestatosi al 14.5% (fra i più alti in Europa). Confermata l’intenzione di procedere alla fusione con Ubi;
  • peggiori i risultati di Unicredit che chiude il trimestre con una perdita di 2.7 miliardi di euro, la peggiore degli ultimi tre anni, e superiore alle attese degli analisti. Oltre agli ovvi accantonamenti sui crediti hanno pesato le perdite sulla cessione della banca turca Yapi Kredi e i costi straordinari sostenuti per la riduzione del personale. L’attitudine dell’AD Jean Paul Mustier rientra nel cosiddetto “kitchen sinking” ovvero fare ordine nei conti subito, mantenere un approccio cauto, e puntare ad avere delle sorprese positive. Come per Intesa anche in questo caso la solidità patrimoniale viene confermata così come i dividendi per il 2021.

La settimana si chiude positivamente per i mercati azionari (MSCI +2.9%) trainati essenzialmente dai listini americani (Nasdaq +5.8%) mentre l’Europa soffre allargando ulteriormente il divario di performance rispetto agli Stati Uniti. La sottoperformance europea si riflette anche sul cambio con l’Euro che si indebolisce rispetto alle principali valute.

QUESTA SETTIMANA

Come sempre l’attenzione sarà rivolta ai dati su una possibile ripresa dei contagi nei paesi che stanno gradualmente rilasciando il lockdown e che potrebbe rimettere in discussione la riapertura delle economie con evidenti impatti sulla crescita economica.

Molto importante la ripresa delle trattative fra Cina e Stati Uniti: questa settimana è prevista una telefonata fra le due parti in merito alle tensioni dell’ultimo periodo. L’amministrazione americana accusa la Cina, e minaccia rappresaglie, sulla base di uno studio che proverebbe che il virus è uscito dal laboratorio di Wuhan (ricordiamo che il 22 maggio è previsto il congresso del Partito Comunista Cinese durante il quale si potrà discutere delle questioni emerse).  

Proseguono i colloqui tra UK e Unione Europea in merito alle modalità della Brexit.

Mercoledì 13 verrà pubblicato il report mensile dell’OPEC che include le previsioni circa la domanda e la produzione di petrolio.

Fra i dati macro segnaliamo quelli relativi alle vendite al dettaglio e produzione industriale di aprile sia per gli Stati Uniti che per la Cina.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Alle incertezze relative all’impatto del Covid19 sull’economia si aggiungono, in questi ultimi giorni, le preoccupazioni circa un possibile riacuirsi delle tensioni fra Cina e Stati Uniti. E’ possibile che la ripresa della guerra commerciale sia l’arma che Trump potrebbe usare qualora la crisi economica si dimostrasse essere più forte del previsto e meno gestibile. A quel punto l’attenzione verrebbe dirottata da un sostanziale fallimento nella gestione dell’emergenza sanitaria/economica alla colpevolizzazione del responsabile con le conseguenti ripercussioni. Ricordiamoci che ci sono le elezioni presidenziali a novembre e Trump o ci arriva con un mercato azionario al rialzo e un’economia in fase di ripresa o dovrà trovare qualcuno a cui dare la colpa.

Come sostiene l’economista premio Nobel Paul Krugman l’economia è in una sorta di “coma indotto” dato che buona parte è stata fermata per combattere la diffusione del virus. Non si tratta di una recessione convenzionale e quindi non può essere affrontata normalmente e non si può pensare che segua la stessa evoluzione delle recessioni passate.

Per questo sono necessarie massicce dosi di stimoli finanziati con il debito pubblico, affinché rimangano attive le funzioni “vitali” e si possa pensare ad una ripresa, ma è altrettanto importante concentrarsi su come e quando “risvegliare il malato”. Un risveglio prematuro potrebbe essere pericoloso esattamente come lo sarebbe aspettare troppo.

Gli elementi da monitorare sono quindi due: 1) la curva dei contagi, per scongiurare un “risveglio prematuro” ma anche per velocizzare l’uscita dal “coma”, 2) politiche fiscali e monetarie di entità tale da attutire i danni (tanto maggiori quanto durerà il “coma indotto”).

Una volta ripresa l’attività economica anche gli utili si rimetteranno su una traiettoria ascendente (e questo giustifica la salita degli indici azionari) ma affinché tornino ai livelli precedenti occorrerà un po’ di tempo, soprattutto a causa degli inevitabili maggiori costi che le aziende dovranno sopportare per continuare il business.

Poco variate le performance delle nostre linee di gestione fra le quali spicca la Chronos che beneficia sia della forza del mercato azionario americano sia del dollaro. Il Nasdaq, mercato sul quale il portafoglio della Chronos è molto esposto, è l’unico listino azionario con performance positiva da inizio anno.

Analisi dei mercati del 23.07.2019

La settimana che si è appena conclusa ha visto un leggero ritracciamento dei mercati azionari soprattutto negli Stati Uniti, con la complicità di qualche trimestrale deludente, e in Italia, a causa delle tensioni politiche al governo. I rendimenti obbligazionari sono calati, soprattutto in Europa, a causa delle aspettative sulle imminenti decisioni della BCE, che peseranno sul settore bancario e sull’Euro.

Mercoledì sera è stato pubblicato il Beige Book, ovvero il report sullo stato dell’economia preparato per la riunione del FOMC di fine luglio. Emerge che gli Stati Uniti si trovano in discreta forma, con un ritmo “modesto” di espansione delle attività, ma con preoccupazioni sulle prospettive future. La causa principale è quella dei dazi: il 28% delle aziende intervistate ha dichiarato di essere stata danneggiata dalle misure protezionistiche ad oggi applicate.

Diversi membri della Fed questa settimana si sono espressi a favore di politiche monetarie molto accomodanti: mercoledì il presidente della Fed di Chicago Charles Evans ha dichiarato che un taglio di 50 bps potrebbe essere appropriato già per fine mese, nella riunione Fed 31 luglio. Anche il presidente della Fed di New York, John Williams, e quello della Fed di Kansas City, Esther George, hanno confermato un atteggiamento molto “dovish”, portando il mercato dei Fed Fund Futures a scontare un rialzo di 50bps al meeting di luglio con una probabilità che è passata dal 20% della settimana precedente al 45%. Nelle ore successive, sono poi giunti chiarimenti che hanno ridimensionato le aspettative.

Mentre negli Stati Uniti c’è qualche segnale macro in miglioramento, in Europa i dati confermano ancora la debolezza dalla Germania. Lo ZEW segnala un ulteriore rallentamento sia nella “current situation” che nelle “expectations”. Inoltre, i dati sui prezzi alla produzione relativi al mese di giugno calano dello 0.4% mese/mese.

Source: Bloomberg

Prosegue la reporting season negli Stati Uniti. Fin ora hanno riportato i dati il 16% delle aziende. Anche se in aggregato sia dai livello di utili che dei ricavi non generano preoccupazioni, alcuni nomi specifici sono stati pesantemente colpiti. Gli utili crescono del 2% superando del 5% le attese, i ricavi crescono del 2.5% superando dell’1% e, inoltre, il 73% delle società ha battuto le stime degli analisti. CSX, società operante nel settore dei trasporti, il giorno in cui ha riportato i risultati, ha perso circa il 10% a causa delle guidance poco incoraggianti sul 2019. Netflix ha riportato un numero di abbonati pari alla metà di quelli attesi per il trimestre e il titolo ha corretto del 10%. Alcoa, principale produttore di alluminio, ha tagliato le stime di crescita della domanda per la seconda volta in tre mesi citando sempre le dispute commerciali.

Per quanto riguarda le banche, Citigroup ha riportato EPS, ovvero gli utile per azione, superiori alle attese degli analisti. Nonostante minori ricavi derivanti dalle attività di trading, a migliorare i risultati hanno contribuito l’operazione straordinaria relativa alla quotazione di Tradeweb market, il buyback dei mesi scorsi e da un tax rate più favorevole. Morgan Stanley, nonostante il calo degli utili pari al 10%, ha battuto le stime sia dei ricavi che di EPS, grazie alla divisione di Wealth Management. Solo Wells Fargo, fra le banche principali, ha sottolineato il problema a livello di sostenibilità dei margini, in caso di tassi in ulteriore ribasso.

Nello scorso commento avevamo sottolineato come varie società stessero approfittando dei tassi bassi per emettere nuovi bond. Questa settimana è stata la volta di Banca Monte dei Paschi di Siena che ha emesso un bond subordinato per 300 milioni ad un tasso del 10.5%.

Il contesto di tassi bassi continua a favorire le quotazioni dell’oro che si mantengono ormai stabilmente superiori ai 1400 dollari/oncia. E’ interessante osservare, a conferma di quanto detto, la correlazione positiva tra oro e il valore totale dei bond con negative yield. Questi ultimi arrivano a superare i 13 trillions di dollari.

Souce: Bloomberg

In UK, infine, il parlamento sta varando delle misure per impedire a Boris Johnson, che probabilmente diventerà primo ministro entro la fine dell’estate, un No-Deal Brexit. La sterlina, che si era indebolita fino a superare il livello di 0.90 contro l’euro, sulla notizia ha marginalmente recuperato.

QUESTA SETTIMANA

L’evento principale della settimana è la riunione della BCE che si terrà giovedì 25 . Ci si attende un impegno a mantenere i tassi negativi fino a quando sarà necessario e l’apertura a portarli, eventualmente, ancora più in negativo, downturn bias.

Il possibile taglio immediato del deposit rate, da -0.40% a -0.50%, attualmente è scontato dal mercato con probabilità del 35%. Il rischio però è di avere un impatto negativo sulla credibilità della banca stessa. E’ probabile, e auspicabile, l’annuncio di nuove misure sull’Asset Purchase Programme, ovvero il programma di acquisto di titoli pubblici e privati. Si ipotizza che, in un nuovo round di QE, si possano includere anche i bond senior bancari.

Souce: Bloomberg

Sembra che la BCE stia pensando di adottare un target “simmetrico” di inflazione. In questo modo, si tollererebbero periodi di inflazione superiore al target del 2% dopo periodi di inflazione inferiore. La reazione sui mercati obbligazionari è stata, ovviamente, molto positiva.

In settimana avremo anche la pubblicazione dei dati sui PMI preliminari per il mese di luglio, sia in Europa che in USA, che contribuiranno a dare un’idea sul generale quadro macro. Le attese sono per una sostanziale stabilizzazione in Eurozona e un parziale recupero negli Stati Uniti.

Venerdì verrà pubblicato il dato preliminare sul Pil americano del secondo trimestre: le attese sono per un rallentamento dal 3.1%, trimestre/trimestre annualizzato, all’1.8%.

Sul fronte politico da monitorare la tenuta del Governo in Italia, l’iter di insediamento del nuovo governo in Spagna e la possibile indicazione di Boris Johnson come nuovo premier britannico.

Analisi dei mercati del 02.07.2019

Quella appena conclusa è stata una settimana interlocutoria per i mercati, che si sono mossi, principalmente, sulla base del news-flow relative all’incontro tra Cina e Stati Uniti. L’indice globale dei mercati azionari è rimasto sostanzialmente invariato mentre i mercati obbligazionari hanno segnato un’ulteriore riduzione dei rendimenti.

L’attenzione degli investitori è stata focalizzata sull’incontro tra Xi Jinping e Trump al G-20 di Osaka, dove i due presidenti hanno deciso di riprendere le negoziazioni. Anche se non sono stati dati dettagli sulle tempistiche per la conclusione degli stessi, è stato concesso alle aziende americane di tornare a rifornire Huawei ma per un periodo di tempo limitato e solo per alcuni prodotti. Il presidente Trump ha poi ascoltato le richieste delle aziende americane e ha deciso di non aumentare le tariffe sui restanti 300 miliardi di merci cinesi.

Sebbene non si sia raggiunto un accordo definitivo, le aspettative del mercato erano talmente basse che la ripresa dei negoziati potrebbe essere interpretata positivamente.

Trump, a sorpresa, ha voluto incontrare anche il presidente nord-koreano Kim Jong-un, oltrepassando il confine segnalato dal 38° parallelo. È la prima volta che un Presidente americano entra in Korea del Nord e, così facendo, si è manifestata la volontà di riprendere le trattative per la de-nuclearizzazione della penisola e l’eventuale rimozione delle sanzioni.

Durante la settimana Trump è tornato ad attaccare Powell, sostenendo che il rialzo dei tassi nel 2018 è stato fuori luogo e che è necessario un taglio. Ha dichiarato che Draghi sarebbe stato più adatto di Powell e che quest’ultimo potrebbe addirittura essere rimosso dal suo incarico.

Powell, dal canto suo, ha difeso l’indipendenza della banca centrale dal Presidente Trump e dai mercati finanziari. Ha dichiarando che non è opportuno iper-reagire nel breve termine, facendo presagire un’esclusione del taglio di 50 bps a luglio, e che, in caso di necessità, c’è spazio per un ulteriore QE.

E’ significativo che anche il Presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, ritenuto fra i membri “colomba” della Fed, ha dichiarato che il taglio dei tassi a luglio è molto probabile ma non necessariamente deve essere di 50 bps. Ad oggi, per il meeting di fine luglio, il mercato sconta un taglio certo di 25bps e uno possibile di 50bps.

Da Bruxelles arrivano notizie più concilianti sul tema procedura di infrazione per debito contro l’Italia: la Commissione Europea, in caso di avvio della procedura, è orientata a proporre una scadenza di 6 mesi, invece dei tre previsti, per dare più tempo al governo italiano di pensare a misure correttive. Si andrebbe quindi a gennaio 2020.

Dalla Germania, l’indicatore di fiducia delle imprese, IFO, è calato a 97,4. Ciò ha confermato la debolezza dell’economia tedesca che era emersa dai dati PMI. Che il settore manifatturiero non sia in particolare forma lo conferma anche il profit warning di Daimler, terzo consecutivo, che paga il prezzo per il tema delle emissioni diesel.

In Inghilterra, i due candidati al ruolo di premier britannico e leader del Partito Conservatore sono Boris Johnson, il grande favorito che ribadisce che il 31 ottobre la Brexit ci sarà con o senza accordo, e Jeremy Hunt, che invece non esclude un breve rinvio per evitare un no-deal, in modo da attuare la Brexit con il sostegno del parlamento.

Il generale basso livello dei rendimenti governativi e il recente annuncio di Libra, la crypto-valuta di Facebook, hanno fatto tornare l’interesse per il Bitcoin, che in settimana ha superato il livello di 12 mila dollari toccato l’ultima volta a inizio 2018. Alcuni investitori cominciano a ritenere che possa essere considerato, nonostante la volatilità, una sorta di “oro digitale” e quindi un bene rifugio moderno.

L’oro “tradizionale” in settimana ha superato in settimana, a causa dei timori per una trade-war, il livello di 1400 dollari/oncia.

QUESTA SETTIMANA

Questa settimana avremo il meeting OPEC+, il segno (+) significa che è compresa la Russia che non è membro OPEC. Si attende, come pre-annunciato al G20 di Osaka da Putin, una proroga degli accordi che limitano l’offerta fino a marzo 2020. Il petrolio WTI, attualmente, è quotato intorno a 60 dollari al barile, dopo avere sfiorato i 50 dollari all’inizio di giugno sui timori di recessione.

Il 2 luglio la Commissione Europea si esprimerà sull’avvio della procedura di infrazione. L’8 e 9 luglio sarà l’Eco-Fin che deciderà definitivamente: in caso di avvio e della concessione dei sei mesi per sistemare i conti, si arriverebbe a gennaio 2020 con una nuova legge di bilancio e una nuova commissione.

A Bruxelles proseguono le negoziazioni per la nomina dei nuovi vertici delle istituzioni europee, cominciando dal successore di Tajani alla Presidenza del Parlamento Europeo, per proseguire con il successore di Juncker alla Commissione Europea e di Draghi alla BCE e il Presidente del Vonsiglio Europeo.

Negli Stati Uniti sarà importante la pubblicazione dei dati relativi all’ISM manifatturiero e quelli relativi al mercato del lavoro, entrambi per il mese di giugno. In Europa sono attesi i dati sui PMI finali di giugno.

L’andamento positivo del mese di giugno ha consentito ai mercati azionari, in aggregato, di recuperare le perdite di maggio, portando a circa +17%, in base all’indice MSCI World, il rialzo del semestre. Bene anche il comparto obbligazionario, sia governativo che a spread, i cui rendimenti sono scesi a livelli decisamente bassi: il guadagno total return, ovvero in conto capitale sommando le cedole, dell’indice Barclays Euro aggregate Government è pari al 5.70% nel primo semestre dell’anno.

A conferma della situazione di repressione finanziaria sul mercato obbligazionario vale la pena segnalare il bond della Repubblica austriaca con scadenza 2117, ovvero a 98 anni, che ha guadagnato più del 30% da inizio anno ed ora rende circa l’1.15%.

Siamo quindi in presenza di mercati azionari mediamente sui massimi, rendimenti obbligazionari in alcuni casi sui minimi storici. I beni rifugio come l’oro, invece, sono vicini ai massimi relativi degli ultimi 6 anni. La quota di liquidità nei portafogli degli investitori è molto elevata, visti i rendimenti troppo bassi, se non negativi, delle obbligazioni risk-free e i timori circa l’avvicinarsi della fine del ciclo economico.

Fondamentalmente ci troviamo in un nuovo paradigma non contemplato dai libri di testo classici e quindi gli investitori faticano a capire come è meglio muoversi: l’inflazione è bassa e stenta a decollare nonostante politiche monetarie estremamente accomodanti. I tassi di interesse, quindi, non salgono e gli asset rischiosi possono beneficiarne. Quanto durerà questo scenario non è facile dirlo.

Analisi dei mercati del 25.06.2019

Il discorso di Mario Draghi,  durante  il  simposio delle banche centrali di  Sintra, è piaciuto molto ai mercati per la sua stance  ultra-espansiva. Ha infatti dichiarato che, se l’inflazione non si avvicinerà al target, la BCE sarà pronta a introdurre ulteriori misure di stimolo. Sono stati postulati sia un’ulteriore taglio dei tassi d’interesse sia la ripresa del programma di acquisti denominato Quantitative Easing.

Le parole di Draghi hanno suscitato la violenta reazione “social” di Trump, che considera gli stimoli forniti dalla BCE poco corretti da un punto di vista competitivo. Ricordiamo che una politica monetaria espansiva, abbassando i tassi, provoca un deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro.

Source: Twitter

L’impatto sui titoli sovrani dell’area euro è stato molto  importante per due motivi: in primo luogo,  il  discorso  ha ricordato  il  famoso “whatever it takes” del 2012, quando Draghi impegnò la BCE a difendere la moneta unica a tutti i costi. In secondo luogo, la “forward guidance” che Draghi ha espletato, ovvero la strategia comunicativa sulla politica monetaria nel medio-lungo termine della BCE, sembra aver imposto una linea molto forte. Nei prossimi meeting di luglio o settembre, infatti, si ci aspetta un taglio dei tassi e il suo successore non potrà permettersi una brusca  inversione di marcia.

Draghi ha nuovamente invitato i paesi con “spazio fiscale”, ovvero con ampi avanzi primari delle partite correnti e posizioni nette della bilancia dei pagamenti attive sull’estero, ad adottare politiche meno restrittive e più orientate agli investimenti pubblici. Il Paese candidato principale è ovviamente alla Germania. L’Italia, invece, è chiamata rispettare le regole fiscali europee.

La Federal Reserve ha deciso di lasciare i tassi invariati ma ha indicato espressamente, che se lo scenario economico e le incertezze relative alla potenziale guerra commerciale non dovessero migliorare, è pronta a tagliarli nei prossimi mesi. Powell ha ammesso, quindi, che potrebbe essere necessaria una politica monetaria più accomodante.

Il prossimo meeting della Fed è previsto per il 30 o 31 luglio e il mercato prezza attualmente come certo un taglio dei tassi di almeno 25 bps.

L’effetto  sui  rendimenti governativi è stato molto  forte, portando il decennale americano ai livelli toccati nel 2016, ovvero sotto il 2%.

In settimana si è riunita anche la Bank Of Japan che, come atteso, ha lasciato la politica monetaria invariata ma ha segnalato che a fronte dei maggiori rischi è aumentata anche la propensione per una politica monetaria maggiormente espansiva. Il JGB, titolo governativo decennale giapponese, che  era  rimasto per  due  anni  intorno  allo 0% si  portato ulteriormente  in  negativo arrivando a  -0.18% .

Oltre all’ovvio effetto sui rendimenti governativi, con quelli dei governativi francesi e svedesi a 10 anni che sono passati in negativo  per  la  prima  volta,  l’impatto  lo  si  è  visto  anche  sulle  aspettative  di  inflazione.  L’indice 5-year/5-year inflation swap rate, ovvero un prodotto derivato che serve a coprirsi dal rischio d’inflazione, è rimbalzato sia in Euro che in USD.

Source: Bloomberg

Sul tema inflazione, si è espresso anche Mohamed El-Erian, Chief Economic Adviser di Allianz, dichiarando,  in un’intervista al Corriere della Sera, che “l’inflazione tornerà, prima del previsto”.

In merito alla procedura di infrazione a carico dell’Italia, il premier Conte ha assicurato che intende rispettare le regole europee. Ha anche ammesso che bisogna riflettere su come adeguarle affinché l’Unione sia attrezzata ad affrontare crisi finanziarie sistemiche e globali. L’obiettivo di rapporto deficit/pil inviato alla UE da parte del governo italiano si attesta al 2.1% quindi in linea con quanto richiesto.

Sul fronte negoziati commerciali è arrivata  un’apertura da parte di Trump e Xi, che hanno  ufficializzato il loro incontro al G20 di fine mese. 

Diverse aziende americane, tra cui Apple, stanno facendo pressione su Trump affinché  eviti ulteriori dazi su merci di importazione cinese.

La geopolitica ha cominciato a farsi sentire di nuovo, per ora a livello di news e non di impatto sui mercati: un drone di sorveglianza americano è stato abbattuto e, in risposta, Trump ha approvato attacchi militari contro una serie di obiettivi iraniani per poi bloccarli dieci minuti prima. Il riflesso di ciò sui mercati è stato un leggero aumento del prezzo del petrolio, sia sul brent che sul greggio.

In settimana sono uscite molte notizie negative sui fondi di H2O, casa di investimento partecipata dalla  banca d’affari francese Natixis,  collocati da diverse reti italiane e che hanno conseguito performance decisamente outstanding  negli ultimi anni. Il Financial Times ha sollevato una  serie di questioni circa il rispetto del limite del 10% della detenzione di titoli illiquidi e su titoli obbligazionari che risultano emessi da società collegate al controverso finanziere tedesco Lars Windhorst e alla sua holding Tennor. I riscatti sui fondi sono stati subito massicci.

La settimana ha complessivamente visto il proseguimento del trend in atto da inizio giugno: il rialzo dei listini azionari e degli obbligazionari  a  spread è stato accompagnato da un generalizzato  ribasso dei rendimenti dei governativi.

La discesa del dollaro ha permesso alle commodities di salire: il petrolio ha guadagnato circa 5 dollari (anche per effetto delle tensioni geopolitiche) e l’oro sì è riportato con forza sopra il livello di 1400 dollari/oncia.

QUESTA SETTIMANA

L’evento focus della settimana sarà  il  G-20  di  Osaka:  ormai nessuno si attende un accordo in quella sede trattandosi, come ribadito più volte, di una disputa legata ad un tema più strategico relativo all’egemonia economica e tecnologica. Tuttavia una semplice conferma che le negoziazioni proseguono e che i toni della disputa sono meno accesi sarà importante per i mercati.

L’imposizione di ulteriori tariffe avrebbe  conseguenze negative  soprattutto  per  i  consumatori perché  le  aziende, alla luce della catena del valore nella produzione dei beni, si vedrebbero costrette a trasferirle immediatamente sui prezzi.

Negli Stati Uniti saranno importanti i dati sull’inflazione: venerdì avremo la pubblicazione del Price Consumer Expenditures, l’indicatore più seguito dalla Fed.

Analisi dei mercati 18.06.2019

Dopo la débacle dei mercati di maggio, il mese di giugno è iniziato con il segno positivo, con un complessivo recupero dei livelli di fine aprile. Ancora una volta, determinante è stato l’intervento delle banche centrali che hanno assicurato liquidità al mercato.

La Banca Centrale Europea, riunitasi mercoledì 5 giugno, ha fornito nuove importanti indicazioni. In primis, ha abbassato le stime di crescita dell’Eurozona per il triennio 2019-2021 e ha lascito invariate le stime di inflazione all’1.6%. Si è parlato della possibilità di fare ripartire il QE, escludendo in questo modo qualunque aumento dei tassi. È stato annunciato anche il tanto atteso piano di rifinanziamento TLTRO III, che sarà condotto con frequenza trimestrale da settembre 2019 a marzo 2021.

Il Country Report sull’Italia della Commissione Europea, pubblicato mercoledì 5 giugno, contiene un Alert, in riferimento al crescente debito pubblico che rischia di provocare un effetto “snowball”. Ricordiamo che il Fiscal Compact fissa il rapporto debito/pil al 60% e quello italiano si è attestato al 131.4% nel 2017, 132.2% nel 2018 e per il 2019 e 2020 si attesterà, molto probabilmente, rispettivamente al 133.7% e 135.2%.

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La Commissione ha pertanto raccomandato al Comitato Economico e Finanziario, che riunisce i direttori generali dei ministeri delle finanze dei singoli governi europei, di avviare la procedura di infrazione sul debito (non ha avviato la procedura ma solo raccomandato). Dopo una serie di passaggi, l’EcoFin prenderà una decisione finale intorno all’8 luglio. A questo punto il Consiglio Europeo valuterà se dare il via libero definitivo. Fra i punti contestati all’Italia, vi è una spesa per interessi sul debito pari alla spesa per l’istruzione e, inoltre, si consiglia l’adozione di misure volte a ridurre il cuneo fiscale. Il governo italiano ha prontamente risposto dicendo che farà di tutto per evitare la procedura di infrazione.

Gli indicatori di crescita PMI manifatturieri dell’Area Euro sono contrastanti tra loro. L’indice di fiducia della manifattura italiana, pur essendo inferiore a 50, supera le attese attestandosi a 49.7 rispetto alle previsioni di 48.6. Delude invece il dato spagnolo, che si attesta al 50.1 rispetto alla previsione di 51.3, mentre quello tedesco rimane fermo a 44.3.

Il presidente della Fed Powell ha dichiarato che verranno monitorati attentamente i negoziati commerciali e, in caso di necessità, la Banca Centrale valuterà anche il taglio dei tassi come misura per sostenere il ritmo di espansione economica al 2%. Il messaggio è stato interpretato dai mercati non come un segnale di preoccupazione sull’evoluzione del contesto macro, quanto come la volontà di preservare la crescita economica. L’effetto immediato è stato il miglioramento dei corsi azionari.

Negli Stati Uniti delude il dato ISM manifatturiero, indice che potremmo paragonare ai PMI manifatturieri europei, che si attesta a 52.1 rispetto a 53. Le vendite di auto per il mese di maggio sono risultate in ripresa e superiori alle attese.

l Nasdaq ha sofferto i primissimi giorni del mese per i rumours sulle verifiche dell’antitrust nei confronti di Alphabet, Facebook e Amazon.

L’accordo fra Stati Uniti e Messico è stato ben visto dal mercato. Un’escalation delle tensioni sarebbe stata grave, in quanto la leva commerciale aveva uno scopo non commerciale, ovvero un freno all’immigrazione. Ciò avrebbe creato un precedente pericoloso.

Gli attacchi di Trump sono rivolti anche all’Europa: il presidente americano esprime un giudizio negativo sulla costruzione del gasdotto fra Russia e Germania, il Nord Stream 2, volendo evitare la dipendenza dell’Europa dalla Russia. Inoltre, dichiara che l’Euro è sottovalutato rispetto al dollaro.

Invariato il dato PMI cinese che riesce a mantenersi di poco sopra la soglia del 50.

Il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le stime di crescita per la Cina sia per il 2019, da 6.2% a 6.1%, che per il 2020, da 6.1% a 6%, a causa delle tensioni commerciali. La Cina ha risposto che proseguirà gli interventi a supporto dell’economia, come ad esempio, l’autorizzazione a fare investimenti infrastrutturali locali e la facilitare le regole di finanziamento dei progetti.

A conferma del fatto che le banche centrali mantengono un atteggiamento molto accomodante, il 4 giugno, dopo l’ultimo taglio del 2016, quella australiana ha tagliato il tasso di riferimento di 25 bps , portandolo all’1.25%. In questo modo ha reagito ad un evidente rallentamento della domanda globale, pur non descrivendo un pessimo outlook. Il 6 giugno ha tagliato i tassi anche la Banca Centrale Indiana di 25 bps, portando il Repo Rate al 5.75%, ovvero i livelli del 2010 e, in coda, quella russa ha tagliato il tasso di riferimento per la prima volta da marzo 2018, portandolo al 7.50%.

In UK è iniziato il processo di votazione interno che porterà alla nomina del nuovo premier il 22 luglio. Il favorito rimane Boris Johnson che, in settimana, si è espresso sul tema Brexit confermando l’obiettivo del Paese di uscire dall’Unione Europea entro il 31 ottobre con un accordo.

Il petrolio è stato abbastanza volatile in questo periodo, dopo essere sceso di circa 10 dollari per effetto dei timori che la domanda potesse essere più debole a causa delle tensioni commerciali, è rimbalzato per il riacutizzarsi dei rischi geopolitici. Il 25 giugno si terrà il vertice OPEC e potranno essere prese decisioni su eventuali tagli alla produzione. Un eventuale rimbalzo del petrolio avrebbe effetto sui dati di inflazione.

Source: Bloomberg

QUESTA SETTIMANA

Gli eventi principali seguiti dai mercati in questo periodo riguardano le riunioni delle banche centrali per cercare di capire l’orientamento di politica monetaria.

Mercoledì 19 si riunirà la Fed. Le attese sono per tassi fermi agli attuali livelli, nella banda 2.25%-2.50%. Il mercato dei futures sui Fed Funds attribuisce una probabilità del 20% ad un taglio di 25bps. Le maggiori probabilità di taglio dei tassi, superiori al 80%, sono attese per il meeting di fine luglio.

Giovedì 20 si riuniranno anche Bank of England e Bank of Japan. La prima non dovrebbe muovere i tassi dall’attuale 0,75%, così anche la seconda con il mantenimento del tasso di riferimento negativo di 0.10% e obiettivo sul rendimento dei Japan Govenment Bond a zero.

In Europa verrà seguita con attenzione la pubblicazione dei dati relativi ai PMI preliminari di giugno e dell’inflazione. In un’intervista pubblicata nel week-end sul Corriere della Sera, il vice-presidente della BCE De Guindos ha nuovamente sottolineato i rischi al ribasso sia in termini di attività reale che di inflazione. Le aspettative del mercato circa l’inflazione futura in area euro, misurate dall’Inflation Swap Forward 5-year/5-year, è ai minimi assoluti avendo raggiunto il livello di 1.1275%.

L’Italia in settimana è chiamata a presentare alla Commissione Europea nuove misure di bilancio per rimettere in ordine le sue finanze.