Analisi dei mercati dell’11.05.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La prima parte della settimana ha visto un po’ di tensione sui titoli di stato italiani: il rendimento del BTP decennale ha toccato il 2% e lo spread verso Bund è arrivato a 250bps. La causa principale è da attribuirsi alla decisione di martedì della Corte costituzionale tedesca che si è espressa sulla legittimità degli acquisti di titoli da parte della BCE nel programma di QE iniziato nel 2015. Non sembrano emergere problemi di monetizzazione del debito pubblico (non si ritiene che il programma finanzi gli stati) ma nei prossimi tre mesi la BCE dovrà dimostrare che gli acquisti erano realmente necessari (ovvero non sproporzionati, nel programma PSPP, rispetto agli obiettivi di inflazione, anche nel reinvestimento del capitale dei titoli di Stato rimborsati in quanto giunti a scadenza) altrimenti la Bundesbank dovrà interrompere gli acquisti e rivendere sul mercato parte del suo portafoglio. La sentenza, per ora, non si applica al PEPP ovvero al programma istituito dalla BCE specifico per gli acquisti legati all’emergenza coronavirus. Non si esclude che possa essere coinvolto in futuro.

La BCE ha subito ricordato che nel 2018 la Corte Europea di giustizia aveva giudicato adeguato il programma di acquisto titoli di Francoforte e secondo la Commissione UE le sentenze delle corti costituzionali europee sono vincolanti per tutti i tribunali nazionali. La Lagarde ha ribadito che la BCE non si lascia intimorire dalla Corte costituzionale tedesca e ribadisce che si tratta di un organo indipendente che risponde al Parlamento Europeo e agisce all’interno del proprio mandato. Lascia, quindi, alla Bundesbank il compito di rispondere e alla corte tedesca dimostrando la legittimità dell’intervento.

L’aspetto negativo della vicenda è l’ennesima conferma della mancanza di coesione e flessibilità in un momento in cui sono estremamente necessarie e si sono viste ripercussioni sui governativi (rendimenti al rialzo e spread in allargamento) e sull’euro (indebolimento).

Christine Lagarde nei vari incontri a cui partecipa dichiara che intende continuare a garantire il massimo sostegno all’economia grazie all’azione espansiva della Banca Centrale Europea Si auspica una risposta comune ad un disastro economico causato da un virus che rischia di compromettere l’Unione Europea.

Anche la Commissione Europea, che ha rilasciato le stime relative all’impatto economico della crisi sanitaria, sottolinea che è necessaria una risposta concertata e coordinata a livello comunitario per evitare gravi distorsioni e radicate divergenze economiche finanziarie e sociali. Il crollo del Pil per il 2020 è pari a -7.7% (maggiore contrazione nel secondo trimestre) con un rimbalzo di +6.3% nel 2021. Ovviamente ci sono differenza geografiche che vedono i paesi periferici più colpiti: per l’Italia il calo dovrebbe essere superiore e pari a -9.5% mentre il rimbalzo per il 2021 dovrebbe essere pari a 6.5%. Ovviamente le ipotesi alla base della ripresa sono che la pandemia rimanga sotto controllo, il lockdown venga rimosso e che le misure di sostegno intraprese siano in grado di almeno attutire l’impatto economico. Previsione in linea con quelle dell’IMF.

Fra le misure di sostegno deliberate venerdì a livello europeo si è confermato che i fondi ESM (del fondo “salvastati”) verranno erogati con la sola condizione di essere utilizzati per i costi diretti e indiretti relativi alle spese sanitarie e per un importo massimo pari al 2% del Pil dello stato richiedente. L’utilizzo può essere su base mensile e il rimborso in dieci anni. Non è chiaro ancora se l’Italia ne farà ricorso. Per quanto riguarda i finanziamenti “Sure” (la cassaintegrazione europea) e quelli della BEI (per le infrastrutture) i fondi dovrebbero essere operativi a breve. Non c’è ancora nulla di definitivo sul più importante e atteso “Recovery fund” che potrebbe essere operativo, forse, nella seconda metà dell’anno.

L’atteso verdetto da parte delle agenzie di rating si è concluso  come atteso e come il mercato si auspicava: l’agenzia canadese DBRS ha mantenuto invariato il rating a BBB (high) e tagliato l’outlook a negativo da stabile in quanto ci sono parecchie incertezze relative alle ripercussioni economiche del coronavirus sul già debole quadro italiano; Moody’s ha sospeso il giudizio, di fatto mantenendo invariati sia il rating “Baa3” (un gradino dal livello Junk) che l’outlook “stabile”, e rimanda un eventuale cambio al prossimo appuntamento del 6 novembre.

Fra i dati macro usciti in settimana segnaliamo:

  • i PMI Europa: si confermano stabili a 33.4 con il dato italiano che passa da 40.3 a 31.1 (la peggiore rilevazione da 22 anni);
  • i dati mensili sul mercato del lavoro americano: la variazione dei nuovi occupati del settore non agricolo è pari a -20.5 milioni (atteso -22 milioni), con il settore “leisure&hospitality” più impattato (-7.7 milioni), il tasso di disoccupazione sale a 14.7% (atteso 16%) mentre il dato sull’inflazione salariale segnala un rialzo del +7.9% anno/anno (da precedente 3.1%) ma è da vedere in relazione al licenziamento di lavoratori con un basso salario più che ad un reale incremento delle paghe orarie. La reazione dei mercati non è, tuttavia, stata negativa probabilmente perché l’entità del danno al mercato del lavoro era largamente attesa e basata sui dati settimanali relativi ai sussidi alla disoccupazione.

Per quanto riguarda l’azione delle banche centrali riportiamo:

  • la Banca Centrale Australiana ha lasciato invariati, come atteso, i tassi di interesse a 0.25%;
  • la Bank of England ha lasciato i tassi invariati a 0.1% (minimo storico) e ha mantenuto il target QE a 645 miliardi di sterline, in linea con le attese. Dichiara di essere pronta ad incrementare il programma se necessario dato che ritiene che il Regno Unito stia rischiando la peggiore crisi economica degli ultimi 300 anni;
  • interessante notare che ad aprile la Bank of Japan ha nel suo portafoglio “commercial paper” per circa il 30%, segno che sta intervenendo pesantemente sul mercato a favore delle società colpite dalla crisi.

Stabile il prezzo dell’oro a 1700 dollari/oncia: ha risentito un po’ del generale rialzo dei rendimenti obbligazionari in seguito alla decisione della Corte costituzionale tedesca ma poi si è riportato intorno al livello raggiunto a metà aprile.

In forte ripresa il prezzo del petrolio che si assesta intorno a 24 dollari/barile per il WTI e 30 dollari/barile il Brent. Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti hanno tagliato la produzione assieme e in modo equo: da notare che la Russia, il cui taglio ammonta a quasi 2 milioni di barili al giorno e fa scendere la produzione a 8.5 milioni di barili al giorno, di solito non taglia così velocemente e nell’ammontare concordato ma questa volta potrebbe essere stata costretta dalla limitata capacità di stoccaggio.

In Europa è entrata nel vivo la stagione delle trimestrali per le banche. Segnaliamo:

  • Intesa Sanpaolo: utile netto (1.15 miliardi) in rialzo sia all’ultimo trimestre del 2019 sia allo stesso periodo dell’anno precedente (+9.6%). Gli accantonamenti per i possibili NPL (non-performing loans) sono pari a 1.5 miliardi (includendo anche la plusvalenza legata alla cessione a Nexi di attività legate alle carte di credito). Confermato il payout ratio (percentuale di utili distribuiti) del 75% per il 2020 e 70% per il 2021 e l’intenzione di distribuire il dividendo sospeso appena verrà meno la raccomandazione della BCE. Gli utili 2020 sono attesi a circa 3 miliardi mentre per il 2021 saranno non inferiori a 3.5 miliardi. La solidità patrimoniale è confermata dal livello di Common Equity Tier 1 attestatosi al 14.5% (fra i più alti in Europa). Confermata l’intenzione di procedere alla fusione con Ubi;
  • peggiori i risultati di Unicredit che chiude il trimestre con una perdita di 2.7 miliardi di euro, la peggiore degli ultimi tre anni, e superiore alle attese degli analisti. Oltre agli ovvi accantonamenti sui crediti hanno pesato le perdite sulla cessione della banca turca Yapi Kredi e i costi straordinari sostenuti per la riduzione del personale. L’attitudine dell’AD Jean Paul Mustier rientra nel cosiddetto “kitchen sinking” ovvero fare ordine nei conti subito, mantenere un approccio cauto, e puntare ad avere delle sorprese positive. Come per Intesa anche in questo caso la solidità patrimoniale viene confermata così come i dividendi per il 2021.

La settimana si chiude positivamente per i mercati azionari (MSCI +2.9%) trainati essenzialmente dai listini americani (Nasdaq +5.8%) mentre l’Europa soffre allargando ulteriormente il divario di performance rispetto agli Stati Uniti. La sottoperformance europea si riflette anche sul cambio con l’Euro che si indebolisce rispetto alle principali valute.

QUESTA SETTIMANA

Come sempre l’attenzione sarà rivolta ai dati su una possibile ripresa dei contagi nei paesi che stanno gradualmente rilasciando il lockdown e che potrebbe rimettere in discussione la riapertura delle economie con evidenti impatti sulla crescita economica.

Molto importante la ripresa delle trattative fra Cina e Stati Uniti: questa settimana è prevista una telefonata fra le due parti in merito alle tensioni dell’ultimo periodo. L’amministrazione americana accusa la Cina, e minaccia rappresaglie, sulla base di uno studio che proverebbe che il virus è uscito dal laboratorio di Wuhan (ricordiamo che il 22 maggio è previsto il congresso del Partito Comunista Cinese durante il quale si potrà discutere delle questioni emerse).  

Proseguono i colloqui tra UK e Unione Europea in merito alle modalità della Brexit.

Mercoledì 13 verrà pubblicato il report mensile dell’OPEC che include le previsioni circa la domanda e la produzione di petrolio.

Fra i dati macro segnaliamo quelli relativi alle vendite al dettaglio e produzione industriale di aprile sia per gli Stati Uniti che per la Cina.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Alle incertezze relative all’impatto del Covid19 sull’economia si aggiungono, in questi ultimi giorni, le preoccupazioni circa un possibile riacuirsi delle tensioni fra Cina e Stati Uniti. E’ possibile che la ripresa della guerra commerciale sia l’arma che Trump potrebbe usare qualora la crisi economica si dimostrasse essere più forte del previsto e meno gestibile. A quel punto l’attenzione verrebbe dirottata da un sostanziale fallimento nella gestione dell’emergenza sanitaria/economica alla colpevolizzazione del responsabile con le conseguenti ripercussioni. Ricordiamoci che ci sono le elezioni presidenziali a novembre e Trump o ci arriva con un mercato azionario al rialzo e un’economia in fase di ripresa o dovrà trovare qualcuno a cui dare la colpa.

Come sostiene l’economista premio Nobel Paul Krugman l’economia è in una sorta di “coma indotto” dato che buona parte è stata fermata per combattere la diffusione del virus. Non si tratta di una recessione convenzionale e quindi non può essere affrontata normalmente e non si può pensare che segua la stessa evoluzione delle recessioni passate.

Per questo sono necessarie massicce dosi di stimoli finanziati con il debito pubblico, affinché rimangano attive le funzioni “vitali” e si possa pensare ad una ripresa, ma è altrettanto importante concentrarsi su come e quando “risvegliare il malato”. Un risveglio prematuro potrebbe essere pericoloso esattamente come lo sarebbe aspettare troppo.

Gli elementi da monitorare sono quindi due: 1) la curva dei contagi, per scongiurare un “risveglio prematuro” ma anche per velocizzare l’uscita dal “coma”, 2) politiche fiscali e monetarie di entità tale da attutire i danni (tanto maggiori quanto durerà il “coma indotto”).

Una volta ripresa l’attività economica anche gli utili si rimetteranno su una traiettoria ascendente (e questo giustifica la salita degli indici azionari) ma affinché tornino ai livelli precedenti occorrerà un po’ di tempo, soprattutto a causa degli inevitabili maggiori costi che le aziende dovranno sopportare per continuare il business.

Poco variate le performance delle nostre linee di gestione fra le quali spicca la Chronos che beneficia sia della forza del mercato azionario americano sia del dollaro. Il Nasdaq, mercato sul quale il portafoglio della Chronos è molto esposto, è l’unico listino azionario con performance positiva da inizio anno.

Analisi dei mercati del 20.04.2020

Il report dell’IMF sancisce una recessione globale causata dal lockdown e quindi dallo shock estremo che hanno subito sia domanda che offerta.

Il Pil globale è atteso in calo del 3% con un successivo recupero, nel 2021, del 5.8%. A livello geografico le previsioni IMF evidenziano che l’Asia si riprenderà meglio e prima rispetto all’America e soprattutto all’Europa. Il Pil USA è atteso in contrazione del 5.9% per il 2020 e in ripresa del 4.7% per il 2021; i numeri per l’area Euro sono -7.5% (2020) e +4.7% (2021) con l’Italia che riesce a distinguersi con una contrazione di -9.1% per il 2020 (a fine gennaio la stima era +0.5%) e un recupero del +4.8% nel 2021).

L’ipotesi di base per le stime sul 2021 è la scomparsa della pandemia nella seconda metà di questo anno con il conseguente rilascio delle misure di contenimento che consentiranno un rimbalzo dell’attività economica. Ovvio che qualora non dovesse verificarsi questo scenario, ovvero il lockdown durasse più del previsto e/o il virus continuasse a girare, i numeri sarebbero molto peggiori.

A fronte dei danni causati dalla pandemia il numero uno dell’IMF Kristalina Gerogieva annuncia che entro fine aprile il fondo concederà gli aiuti stanziati a 50 paesi (su un totale di 102) che ne hanno fatto richiesta. Anche il capo-economista segnala che servono misure fiscali espansive e auspica che si faccia di più soprattutto a livello di zona euro.

La BCE ha annunciato, giovedì sera, che i ratio patrimoniali per le banche della zona euro verranno ammorbiditi temporaneamente e rivisti fra sei mesi. La Lagarde dichiara, in una sorta di “whatever it takes” che la banca centrale farà tutto quanto è necessario e previsto dal suo mandato aggiustando sia la dimensione che composizione dei programmi di acquisti di bond a seconda degli obiettivi.

Sembra che piano piano il modello della Fed venga seguito anche in Europa. Consideriamo che da inizio marzo la BCE ha acquistato titoli per 131 miliardi di euro dei quali più di 100 in titoli di stato (di questi 30 sui BTP, più di quanto i capital key indicano). Prossimo step potrebbe essere l’acquisto di titoli non investment grade.

Anche la Bank of Canada ha annunciato, come la FED, l’estensione del programma di acquisti di corporate bond anche alle emissioni delle provincie, quindi bond di autorità locali.

L’atteso dato sul Pil cinese del primo trimestre è uscito peggio delle aspettative e in contrazione (-6.8%) per la prima volta da quanto è iniziata la serie. La produzione industriale di marzo (-1.1% anno/anno) ha sorpreso positivamente le aspettative (-6.2%) mentre le vendite al dettaglio (-15.8% anno/anno) hanno deluso.

La Banca Centrale cinese è intervenuta ancora con misure di politica monetaria tagliando i tassi di interesse a medio termine per le istituzioni finanziarie a 2.95% (da 3.15%), si tratta del tasso più basso mai applicato. Inoltre, è stata ridotta di 28 miliardi di RMB la quantità di moneta che le banche devono detenere come riserve.

Trump ha dato forza ai mercati comunicando un piano di riapertura del paese in tre fasi (“Opening Up America Again”): la prima fase può essere attuata solo se uno stato federale ha registrato un calo dei contagi per 14 giorni consecutivi, quindi alcuni stati possono già avviarla; idem per la Merkel che valuta un inizio di exit strategy con la riapertura, questa settimana, di alcuni piccoli negozi e, a inizio maggio, la riapertura delle scuole. Alcuni paesi europei, pur essendo entrati nella fase sanitaria critica dopo l’Italia stanno portandosi avanti nel programmare come uscire dal lockdown.

Il fatto che si parli di riapertura delle economie lascia ben sperare i mercati ma i differenti approcci fra paesi saranno determinanti nelle conseguenze economiche.

L’altra buona notizia che ha dato vigore ai mercati è stato l’annuncio, da parte di Gilead, dei buoni risultati riscontrati da un suo farmaco antivirale (il Remdesvir) nel trattamento di 125 casi di malati Covid19.

La reporting season del comparto finanziario americano mostra, nel complesso, forti cali degli utili e accantonamenti per NPL.

La stagione è stata inaugurata da JPM che ha riportato gli accantonamenti per futuri NPL (8 miliardi) maggiori dell’ultimo decennio: sono necessari per rafforzare il capitale a fronte di una crisi che si sta rivelando piuttosto severa. In calo l’utile per azione per la prima volta dal 2017.

Anche per Wells Fargo salgono gli accantonamenti (4 miliardi) e, considerato che si tratta di una banca rivolta ai consumatori e piccole medie imprese, è un valido indicatore dello stato dell’economia domestica. Gli utili sono stati quasi azzerati (solo 1cent).

Sulla stessa linea anche i risultati di GS, Citigroup e Bank of America che vedono un dimezzamento degli utili, rispetto al primo trimestre del 2019, e maggiori accantonamenti a riserva (quadruplicati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). L’aumento della volatilità nei mesi di febbraio e marzo ha aiutato la crescita del fatturato da attività di trading.

In Europa sempre più società ritirano l’outlook per il 2020 (per citarne qualcuna: Saipem, Volkswagen, ConocoPhilips) e dichiarano che le nuove guidance verranno rilasciate quando la situazione tornerà più stabile e ci sarà più visibilità sul futuro.

La crisi che stiamo attraversando ha scatenato le agenzie di rating nel rivedere i giudizi di parecchie società. Uno studio di Bank of America ha calcolato che, negli ultimi due mesi, il valore dei bond di aziende downgradate a junk è pari a circa 120 miliardi di dollari. La prima a subire la scure delle agenzie di rating è stata Ford che, già sotto esame, che con la chiusura degli stabilimenti per il lockdown è stata definitivamente downgradata. A Ford si sono aggiunti nomi importanti come Kraft Heinz, Renault e Occidental Petroleum.

Ricordiamo che la Fed, che per la prima volta nella storia, ha inserito nei titoli acquistabili dal programma di QE anche le obbligazioni High Yield e gli ETF che investono in HY al fine di supportare i bond dei cosiddetti fallen angels ovvero quelle società che sono state downgradate a non-investment grade. I bond rientranti nella categoria degli High Yield poi devono essere immediatamente venduti dai fondi che possono detenere solo titoli investment grade. Per questo motivo la Fed ha deciso di ampliare la sua “lista della spesa” inserendo anche corporate di rating più basso (condizioni: rating minimo BB e IG alla data del 22 marzo).

Le misure espansive della Fed e le attese di tassi bassi a lungo sono alla base dell’upgrade del target price dell’oro (a 1800 dollari l’oncia) da parte di UBS. Stesse motivazioni anche per Newmont Corp (uno dei tre principali produttori di oro al mondo) che proietta il target del metallo giallo a 2000 dollari l’oncia.

Fra i dati macro americani usciti in settimana segnaliamo quello sulle vendite al dettaglio del mese di marzo (-8.7% mese/mese) e quello sulla produzione industriale (-5.4%) entrambi negativi e inferiori alle aspettative con il primo penalizzato ovviamente dalle vendite della auto e il secondo che si rileva essere il peggiore calo dal dopoguerra. Salgono ancora le richieste di sussidi di disoccupazione (più di cinque milioni) che portano il totale del mese a circa 22 milioni e cancellano, così, i posti di lavoro creati negli ultimi 10 anni.

Questi dati sono compatibili con un tasso di disoccupazione che potrebbe superare il 10% (record raggiunto durante la grande depressione del 1929). Ricordiamoci, però, che il mercato del lavoro americano è molto flessibile quindi, una volta rimosso il lockdown, un rientro da questi eccessi è molto probabile.

Il presidente americano Donald Trump ha deciso di sospendere i finanziamenti all’OMS ritenendola colpevole di avere sottovalutato la gravità della situazione fidandosi delle autorità cinesi. Intanto si diffondono le teorie che attribuiscono la causa della pandemia in un errore commesso nei laboratori sui virus di Wuhan.

Non smette di fare parlare e discutere il petrolio. Ecco qualche notizia uscita in settimana:

-l’amministrazione Trump sta valutando un piano per pagare i produttori americani di shale oil al fine di non estrarre il petrolio che verrebbe, poi, considerato fra le riserve strategiche (tentativo di limitare l’offerta senza penalizzare i produttori);

-si ritiene che l’Arabia Saudita stia praticando forti sconti nelle vendite (forse all’Asia);

-il ribasso del prezzo del WTI, che si è distaccato parecchio dall’omologo europeo Brent, è legato anche a motivi tecnici ovvero il rollover del contratto futures in scadenza. Come spiegato anche la settimana scorsa, gli strumenti finanziari legati al prezzo del petrolio sono i futures che sono contratti forward con diverse scadenze. All’avvicinarsi della prima scadenza le posizioni vanno “rollate”, ovvero si deve vendere il contratto in scadenza e comprare quello o quelli successivi. Questo meccanismo crea una forte pressione al ribasso per il contratto in vendita e al rialzo per quelli successivi accentuando quello che si chiama “contango”, ovvero contratti futures superiori allo spot. Per avere un’idea, questa mattina, il contratto in scadenza valeva circa 14 dollari mentre il primo successivo circa 23. Le masse sugli ETC sono aumentate notevolmente e, di conseguenza, gli effetti delle scadenze tecniche vengono esasperati.

Affinché ci sia una ripresa del prezzo spot è importante che ripartano i consumi (e la fine del lockdown in questo senso aiuterebbe) dato che il graduale esaurirsi dei serbatoi porta ad un repentino incremento dei costi di stoccaggio.

In un mercato dei bond europei in piena crisi pandemica Cassa Depositi e Prestiti è riuscita a collocare un ammontare pari a un miliardo di un bond Social Responsible legato al Covid19 ottenendo richieste per 1.9 miliardi. In questo modo ottiene i fondi per sostenere imprese e pubblica amministrazione aiutandole ad affrontare la crisi e il rilancio in particolare finanziamenti al settore medicale e ospedaliero.

Si tratta di due tranche da 500 milioni, la prima con cedola pari a 1.5% e durata tre anni, la seconda con cedola di 2% e durata sette anni, spread rispettivamente di 40 e 45 bps. Il bond rientra fra quelli acquistabili dalla BCE. CDP ha seguito l’esempio dell’Austria che a marzo ha emesso un bond simile per un ammontare pari a quattro miliardi.

In arrivo (dal 18 maggio) anche la nuova edizione del BTP Italia i cui fondi saranno destinati all’emergenza corona virus. Si parla di durata fra 4 e 8 anni ma non sono disponibili ulteriori dettagli. L’annuncio è arrivato in anticipo per permettere agli investitori di organizzarsi tenendo conto che il 23 aprile è in scadenza una delle emissioni di BTP più grandi della storia (nel 2014 raccolse 20.6 miliardi). Dopo la metà di maggio sono in arrivo altri BTP destinati ai piccoli investitori per i quali si cerca di valutare come renderli più appetibili puntando, magari, su una fiscalità agevolata.

La settimana si è conclusa con una buona performance dei mercati azionari e obbligazionari a spread, soprattutto americani. Il Nasdaq beneficia della qualità delle aziende che lo compongono e del fatto che queste siano ben posizionate nell’attuale contesto. Il comparto obbligazionario a spread beneficia degli acquisti massicci della Fed.

Dopo che per settimane l’attenzione degli investitori è stata rivolta ai dati sui contagi e sui decessi da Covid19, adesso si passa a valutare le varie fasi due, ovvero come verrà rimosso gradualmente il lockdown nei diversi paesi. In questo modo si possono cominciare a fare delle ipotesi sui danni subiti e sui tempi della ripresa.

Questa mattina la Cina ha tagliato per la seconda volta il tasso benchmark a un anno (Loan Prime rate) di 20bps a 3.75% e quello a cinque anni di 10bps a 4.75%.

Importante appuntamento giovedì 23 quando è previsto, in video conference, il summit dell’Eurogruppo nel quale si dovrebbe decidere, definitivamente, il pacchetto di misure a sostegno dell’economia. Si discuterà tra le altre cose dei recovery bond in termini di dimensioni, tempistiche e legame con il bilancio dell’Unione Europea. Il budget finora è considerato insufficiente a gestire la crisi perché limitato all’1% del Pil UE. Secondo le indicazioni del ministro delle finanze francese la size del fondo dovrebbe essere di un trilione di euro e la durata di 20 anni. Il finanziamento del fondo avverrebbe tramite l’emissione di bond con garanzia degli stati membri in base al peso sul GDP e le risorse verrebbero distribuite in base all’entità dei danni subiti dalla pandemia. Sembrerebbe che anche paesi della periferia, quali Spagna, Portogallo, Irlanda e pure Grecia, siano favorevoli all’attivazione del Mes e questo isolerebbe ulteriormente l’Italia.

Ad oggi l’Eurogruppo ha già varato misure per 540 miliardi di euro che, però, sono considerate dal mercato ancora insufficienti. Sul Financial Times il presidente francese Macron ha fatto notare che l’Europa corre il rischio di vedere trionfare i partiti populisti (in Italia, Spagna e Francia) se Germania e Olanda (i paesi più rigoristi) non concederanno qualcosa. Macron fa riferimento al fondo per la ricostruzione ma il mercato si auspica anche una qualche forma di debito congiunto.

Il Parlamento italiano sarà chiamato a votare la nuova richiesta di aumento del deficit dopo la riunione del Consiglio dei Ministri prevista per mercoledì. Fonti governative italiane stimano che la recessione e l’insieme delle misure espansive adottate dal governo porteranno il disavanzo 2020 al 9%/10% del Pil.

Riprendono, intanto, i negoziati fra Michel Barnier (responsabile negoziatore della Commissione Europea) e la controparte inglese David Frost al fine di raggiungere un accordo commerciale anche alla luce degli effetti della pandemia.

La reporting season americana si comincia a spostare sul settore tecnologico con, fra gli altri, i dati di Intel, Texas Instruments, IBM e Netflix.

In generale la revisione degli utili da parte degli analisti è stata la più forte dalla crisi finanziaria del 2008: più benevola, però, per il mercato americano grazie ad un maggiore peso di settori “quality” (tecnologia e pharma) e ad una più incisiva azione della Fed e del governo.

Apple presenterà il nuovo iPhone SE, il primo low-cost smartphone dopo quattro anni. Il lancio ha anche lo scopo di dimostrare che la supply chain di Apple in Cina è tornata in un intorno della normalità.

L’annuncio della fine del lockdown in America è stato visto molto positivamente dai mercati: come ci siamo detti più volte, il venire meno di un elemento di incertezza (in questo caso la durata dello stop forzato all’economia) consente agli investitori di fare delle prime stime sull’effettivo impatto della crisi e cominciare a capire se il mercato sta prezzando correttamente gli asset finanziari.

Le varie case di ricerca e di investimento cominciano a sbizzarrirsi sulle previsioni per gli indici a fine anno. Per alcuni, quello a cui abbiamo assistito in queste settimane, si configura come un “bear market rally”, per altri invece la risalita dei corsi può proseguire ulteriormente. Come sempre la visione non è univoca e questo provoca le oscillazioni a cui stiamo assistendo.

Sappiamo bene che il mercato a volte si muove al di là dei fondamentali tuttavia pensare che il mercato possa velocemente tornare ai livelli pre-covid19 è abbastanza azzardato perché ci sono delle notevoli differenze sia in termini di GDP (prima la stima di crescita dell’economia era del 3% mentre ora è di segno opposto) che di utili (da una crescita positiva ad una contrazione) tra prima della crisi e oggi. Ovviamente ci sono settori o aziende che beneficiano dell’attuale contesto e che sono tornate sui massimi (alcuni titoli tech americani ad esempio), e questo giustifica anche la migliore performance del mercato americano più esposto a certi settori, ma affinché tutto il mercato possa tornare stabilmente ai livelli pre-crisi nell’immediato occorre un notevole miglioramento del quadro macro, o meglio, un notevole miglioramento delle stime di recupero dell’economia e dei risultati aziendali (perché i mercati si muovono in anticipo).

Certamente l’azione delle banche centrali nel mantenere bassi i tassi di interesse rende l’investimento sul mercato azionario relativamente più attraente rispetto a quello sul mercato obbligazionario: i rendimenti offerti dalle obbligazioni non sono, infatti, particolarmente interessanti (se si escludono i comparti più rischiosi degli high yield) ma i bond beneficiano degli acquisti delle banche centrali (che saranno tanto maggiori quanto la gravità della situazione lo richiederà) e questo, se da un lato comprime i rendimenti, dall’altro mantiene stabili i prezzi; i rendimenti delle azioni, invece, sono più difficili da valutare, visti gli attesi tagli di dividendi conseguenti all’impatto negativo sugli utili della crisi, tuttavia l’equity rappresenta l’asset class che meglio beneficerebbe di una ripresa economica e quindi più interessante in prospettiva. Importante entrarci nel momento corretto e, soprattutto, quando non sconta troppe buone notizie.

Positive, anche questa settimana, le performance delle nostre linee di gestione sia azionarie (soprattutto la Chronos, esposta parecchio al settore tecnologico e al dollaro) che obbligazionarie.

Analisi dei mercati del 9.07.2019

La settimana appena trascorsa è stata complessivamente positiva per i mercati finanziari: le distensioni, almeno temporanee, sul fronte commerciale hanno consentito agli indici azionari di proseguire nel trend rialzista in atto da giugno, mentre i mercati obbligazionari hanno continuato a beneficiare delle aspettative favorevoli circa l’atteggiamento accomodante delle banche centrali che ha portato un ulteriore generale ribasso dei rendimenti.

I dai sui PMI usciti in settimana, danno un quadro di generale debolezza. Il dato aggregato globale sul PMI manifatturiero è passato sotto la soglia del 50, quindi in contrazione per la prima volta dal 2016, 49.4 a Giugno rispetto a 50.1 a Maggio. La causa principale è da ricercarsi nella trade-war e nell’impatto che sta avendo sulla crescita globale. C’è da considerare, però, che i dati sono stati raccolti prima del G20 di Davos.

In Europa questa debolezza, unitamente alla convinzione diffusa che una procedura di infrazione per debito contro l’Italia non sarebbe stata avviata, ha portato ad un generale e forte calo dei rendimenti governativi durante la settimana.

Facciamo notare che la Svizzera ha ormai tutta la curva in territorio negativo e il bond a 30 anni, in settimana, è arrivato a toccare -0.10% di rendimento.

L’Italia spicca per l’ottima performance del BTP: sono tornati, in termini di rendimento, intorno ai livelli precedenti alle elezioni del 2018. Secondo le stime di Intesa SanPaolo, un calo permanente di 100 bps dei rendimenti su tutte le scadenze, consentirebbe all’Italia di risparmiare 2 miliardi sul primo anno e 4.9 miliardi sul secondo anno, facilitando le emissioni di circa 180 miliardi di BTP e BOT entro la fine dell’anno.

Finalmente in Europa si è arrivati alla nomina dei vertici delle istituzioni comunitarie: la tedesca Ursula von der Leyen diventerà il nuovo presidente della Commissione Europea mentre la francese Christine Lagarde, dal Fondo Monetario Internazionale, si sposterà alla BCE. Per il Consiglio Europeo è stato nominato il belga Charles Michel mentre al Parlamento Europeo l’italiano David Sassoli.

Christine Lagarde è percepita dal mercato come “colomba” al contrario del tedesco Weidmann ritenuto decisamente un “falco”, avendo spesso criticato la posizione troppo accomodante di Mario Draghi.

Dopo la tregua con la Cina, almeno temporanea, Trump ha spostato il mirino ed è tornato a puntare il dito contro l’Europa. Il tema principale e la disparità di trattamento tra Boeing e Airbus. Secondo Radiocor, alcuni prodotti verranno assoggettati ai dazi: si tratta di formaggi, caffè, whiskey, tubi in ghisa.

L’Opec+, come atteso, estende di 9 mesi la limitazione della produzione di petrolio.

La Banca Centrale Australiana ha tagliato il tasso di riferimento della politica monetaria di 25 bps all’1%, livello in assoluto più basso nella storia. Anche in questo caso l’inflazione debole permette alla Reserve Bank of Australia di aggiustare la propria politica monetaria in base alle esigenze dell’economia per cercare di supportarne una crescita sostenibile.

A Dalian, nel nord-est della Cina, si è tenuto, dall’1 al 3 di luglio l’Annual Meeting del World Economic Forum, detto anche Summer Davos Forum. È stato interessante il discorso del premier cinese Li Keqiang, che ha confermato il target di crescita al 6-6.5% per questo anno. La politica monetaria, attraverso taglio dei coefficienti di riserva obbligatoria, e quella fiscale, attraverso taglio di tasse, supporteranno la crescita delle piccole imprese. Si sta cercando di evitare di ricorrere a stimoli massicci che gonfierebbero troppo il credito e creerebbero bolle. Si ribadisce l’impegno di aprire il settore finanziario agli investimenti stranieri e si esclude di ricorrere alla svalutazione del renmimbi come strumento di competizione.

Negli Stati Uniti i dati sul mercato del lavoro sono decisamente forti se si guarda al numero di nuovi occupati. Il tasso di disoccupazione sale leggermente, da 3.6% a 3.7% ma rimane a livelli storicamente molto bassi. Il dato sui salari registra un incremento di 3.1% come il mese precedente.

QUESTA SETTIMANA

Negli Stati Uniti inizia la reporting season e sarà importante per due motivi: valutare l’impatto della trade war e vedere la reazione del mercato allo stop dei buy-back. Il consenso di mercato è per un calo dell’EPS pari all’1% anno su anno. Dovesse verificarsi questa previsione, si tratterebbe del primo calo di EPS anno su anno dal 2016. Vale la pena ricordare che il consenso si attendeva un calo anche nel primo trimestre del 2019, atteso -2%, ma il risultato definitivo è stata una crescita del 2% grazie soprattutto all’effetto fiscale.

Giovedì 11 luglio avremo la testimonianza semestrale in Senato del Governatore della Fed Powell, sempre importante per trarre indicazioni sulle intenzioni della Banca Centrale.

Venerdì 12 luglio ci sarà la prima revisione del rating per l’Italia da parte dell’agenzia DBRS, che a gennaio aveva confermato il rating a BBB.