Analisi dei mercati del 03.05.2021

INDICI DI MERCATO

ULTIMA SETTIMANA

Market

Avvio di settimana timido per i principali listini, la borsa americana ha chiuso la seduta di lunedì in leggero rialzo principalmente grazie alla spinta fornita da Tesla in attesa delle trimestrali dei colossi tech. I listini europei, sostenute dall’apertura in rialzo di Wall Street hanno tenuto molto bene, Madrid (+0.8%). Parigi, Londra e Milano ferme sul +0.3%. Lo Stoxx 600 guadagna lo 0.2%, trainato dal comparto finanziario e dalle commodities, al contrario in rosso le principali case automobilistiche.

La giornata di martedì è stata caratterizzata dall’uscita del dato sulla Consumer Confidence statunitense. La stima delle aspettative si è registrata ben al di sopra delle previsioni degli analisti, infatti, il dato ha superato di oltre di oltre 8 punti le aspettative (Surv. 113.0; Actual 121.7). La notizia non ha mosso i mercati, che sono stati stazionari per tutta la giornata.

In attesa della conferenza stampa di Jerome Powell, della quale nessuno si aspetta un minimo cambiamento di rotta della politica monetaria, nella giornata di mercoledì tengono banco le trimestrali delle società. Infatti, la sera prima a mercato chiuso sono state presentate le trimestrali di Alphabet e Microsoft. Nonostante i risultati positivi riportati dalle big tech, la giornata di contrattazione si è conclusa con i principali listini in negativo.

Come previsto la conferenza stampa del numero uno della FED ha confermato le attese in materia di politica monetaria, inoltre, è stato precisato che i tassi di riferimento rimarranno a zero e che il programma di acquisti continuerà con una frequenza di 120 miliardi di dollari mensili. Sempre nella serata di mercoledì Joe Biden ha presentato l’America Families Plan, il quale prevede una serie di provvedimenti a sostegno dell’inclusione sociale.

L’apertura di giovedì del mercato europeo è stata positiva, spinta soprattutto dalla politica americana e dalle trimestrali di Facebook e Apple. A fronte delle trimestrali dopo una giornata “flat” il Future sul Nasdaq nella mattinata di giovedì è stato in rialzo di oltre un punto percentuale. Bene anche in chiusura la borsa americana che guadagna mediamente oltre mezzo punto, non altrettanto bene i listini europei. Nel corso della notte si è registrata un’inversione sul mercato asiatico, le indiscrezioni relative a una maximulta da 10 miliardi di yen ai colossi dell’Internet Economy cinesi ha fatto scendere, nella mattinata di venerdì, l’Hang Seng di oltre 1,50%. Alla fine della giornata di contrattazioni il titolo ha perso il 2% circa.

Sulla scia dei ribassi asiatici anche l’Europa ha aperto la giornata di contrattazioni in territorio negativo. In America prosegue la stagione delle trimestrali, giovedì sera, a borsa chiusa, anche Amazon ha riportato i dati relativi al primo trimestre, incrementando del +44% i propri ricavi e triplicando l’utile a 8,1 miliardi di dollari. La spinta dagli earnings e il balzo del PIL non sono bastati per concedere un’apertura in positivo, infatti, la borsa americana all’indomani della trimestrale di Twitter, apre con segno meno su tutti i principali indici. L’aumento delle vendite di Twitter del 28% non è risultato soddisfacente, agli occhi degli investitori, che scontano un 13% nel pre-market.

L’ultimo giorno del mese si è chiuso con un moderato calo sul fronte statunitense. L’S&P 500, il Dow Jones e il Nasdaq sono allineati su una perdita intorno al mezzo punto percentuale. I dati macro pubblicati nel pomeriggio non hanno orientato le scelte degli investitori. La spesa personale, a marzo è cresciuta del 4,2%, appena sopra le attese di 4,1%. Sul fronte europeo la seduta ha chiuso in modo contrastante, il Ftse Mib e il Cac hanno perso lo 0,4% mentre il Dax di Francoforte ha chiuso in parità.

Single stocks

TESLA so and so – nella giornata di lunedì, a mercato chiuso, sono stati riportati i risultati del primo trimestre 2021. Le vendite sono più che raddoppiate raggiungendo quota 184.000 veicoli, domanda supportata soprattutto dal mercato asiatico. I ricavi sono aumentati del 74% ma nonostante i risultati positivi il titolo paga la mancanza di una guidance precisa sulle consegne attese per il 2021.

ALPHABET on the top – come riportato nella trimestrale pubblicata nella serata di martedì, il confinamento negli spazi domestici ha provocato un boom delle ricerche su Google, con quel che ne deriva in termini di raccolta pubblicitaria. I ricavi generati dal motore di ricerca sono aumentati del 30% raggiungendo i 32 miliardi di dollari, mentre il risultato netto è esploso a +163% (17,9 miliardi). Nel suo insieme, contando anche la piattaforma YouTube, i ricavi sono aumentati del 34% superando di molto le aspettative. Forte di questo risultato la società ha stanziato 50 miliardi di dollari per il riacquisto di azione proprie, il doppio rispetto a all’operazione di due anni fa.

MICROSOFT bene ma già prezzato – la trimestrale positiva presentata da Microsoft non sembra entusiasmare il mercato. Alla notizia di un incremento dei ricavi del 20%, il titolo ha perso due punti percentuali nell’afterhours. Ovviamente resta positiva la view sull’azienda che riporta un aumento del 50% dell’area cloud.

APPLE boom – nella nottata di mercoledì il colosso di cupertino ha deciso di lasciare tutti a bocca aperta annunciando un aumento dei ricavi per il primo trimestre 2021 del +54% pari a 90 miliardi circa. Nonostante gli analisti avessero già rivisto le proprie stime al rialzo nelle settimane passate, i dati sono andati oltre le aspettative. La spinta è riconducibile al boom delle vendite dell’iPhone che hanno registrato un +66%. Grazie al buon andamento, la società ha deciso di portare a 90 miliardi di dollari il riacquisto di proprie azioni, una cifra ancora mai vista.

FACEBOOK flies – nella trimestrale presentata si legge un +48% dei ricavi pari a 26,2 miliardi di dollari, tre miliardi oltre le aspettative medie degli analisti. L’utile netto è raddoppiato raggiungendo quota 9,5 miliardi e gli utenti mensili sono aumentati del 10%. L’operazione di buyback in corso è per un ammontare di 30 miliardi e solamente nell’afterhours il titolo guadagna il 6%.

Monetary Policy

Al termine della riunione di politica monetaria la Bank of Japan ha annunciato che lascerà invariata la sua linea ultra-accomodante, dicendo che l’inflazione non centrerà il target del 2% ancora per un lungo periodo, soprattutto a fronte di un paese che fa i conti con un aumento della curva dei contagi e a misure restrittive maggiori.

Nella giornata di martedì è iniziata la consueta due-giorni del Federla Open Market Committee della FED. Il messaggio che uscirà dal meeting, nelle attese, dovrebbe riecheggiare i toni “dovish” usati la scorsa settimana del presidente della BCE Christine Lagarde.

Come preventivato dagli analisti nella giornata di giovedì il Presidente Powell, al termine della due-giorni del FOMC, ha dichiarato che una riduzione dello stimolo è prematura e che una politica accomodante resterà in campo per un periodo prolungato.

Nella giornata di giovedì è uscito il dato relativo all’inflazione tedesca attestatasi sul livello target di lungo periodo, il 2% registrato ha superato di 10 basis point la previsione degli analisti. Nella giornata di venerdì proseguiranno anche gli altri paesi europei. Sempre sul fronte macroeconomico è stato pubblicato il GDP Price Index americano ben al di sopra del previsto 2.6%. Infatti, spinto dall’inflazione e dai consumi si è attestato sul 4.1%.

Come previsto la giornata di venerdì è stata caratterizzata dall’uscita dei dati macroeconomici europei. Nella mattinata sono stati pubblicati i dati relativi al GDP tedesco e italiano attestatesi rispettivamente a -3,0% e -1,4% di poco al di sopra delle aspettative. La giornata è proseguita con la pubblicazione del dato sulla disoccupazione a livello europeo.

COVID-19

Sul fronte COVID continua ad essere critica la situazione in India, il Consiglio dei Ministri italiano ha deliberato lo stato d’emergenza per la missione in India. Mentre nella penisola continua la campagna vaccinale a ritmi serrati, nella sola giornata di giovedì sono state somministrate oltre 490 mila dosi. Nonostante le precauzioni del caso, i governi occidentali confidano di tornare in una situazione di normalità prima dell’estate.

COSA ATTENDERCI DA QUESTA SETTIMANA

Appuntamenti

La prossima settimana si aprirà con la pubblicazione dei dati PMI sul settore manifatturiero, si inizierà dal dato relativo all’Italia e successivamente tutti gli altri paesi europei, arrivando verso metà mattinata con il dato relativo a tutta la zona euro. Verrà invece pubblicato nel pomeriggio il dato relativo agli Stati Uniti. La settimana proseguirà con l’uscita del Producer Price Index (PPI) relativo alla variazione dei prezzi di un paniere di beni destinati alla produzione nella zona euro.

Nella giornata di giovedì la Banca Centrale Europea provvederà alla pubblicazione del bollettino economico, traendo le somme da tutti i dati macro pubblicati questa settimana.

A seguire gli stati uniti pubblicheranno il dato settimanale sulle richieste di sussidi, sia quelle nuove che quelle di mantenimento.

Nel fine settimana sul fronte economico gli stati uniti provvederanno a pubblicare diversi dati relativi al mercato del lavoro, tra cui anche il tasso di disoccupazione.

Tra gli appuntamenti della settimana nella giornata di venerdì Banca d’Italia pubblicherà il report relativo alle posizioni delle banche italiane, con focus particolare all’aggregato monetario derivante dalla Banca Centrale Europea.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

THE FUTURE STARTS TODAY, NOT TOMORROW..

I mercati finanziari hanno affrontato la settimana più intensa della “Earning Season” andando a demolire qualsiasi previsione fatta. Tra i colossi che hanno riportato, alcuni sopracitati, circa l’87% ha battuto le stime con una sovraperformance media del19,8%. Chiaramente il consenso sugli utili per l’intero 2021 è aumentato considerevolmente.

La settimana, nonostante il moto propulsore delle trimestrali americane si è conclusa con tutte le principali piazze debolmente in negativo. Rimangono sempre sui massimi i principali indici quali Nasdaq e S&P 500 che nella settimana hanno toccato i massimi da inizio anno.

In Europa si intravedono segnali di ripresa, anche a fronte del miglioramento della situazione sanitaria, ma per vedere solidi miglioramenti anche sul mercato dovremo attendere la ripresa degli industriali, leggermente più indietro rispetto al settore bancario.

Sul fronte valutario, a fronte di diversi fattori il cambio euro dollaro ha chiuso la settimana a 1,2021 registrando una diminuzione dal picco di inizio settimana. Si denota che nel corso della settimana, supportato dalle politiche monetarie statunitensi il cambio ha toccato quota 1,2150.

Sul fronte obbligazionario governativo, lato europeo, abbiamo assistito ad un movimento altalenante con una sostanziale tendenza al rialzo dei tassi di tutti i principali paesi. Il BUND tedesco ha avuto una crescita ma in misura più contenuta rispetto agli altri paesi europei, comportando un allargamento dello SPREAD. In America, questa settimana si è registrato un movimento al rialzo portando il decennale a quota 1.6259 ma toccando nella giornata di giovedì 1.6825.

In generale, gli ottimi risultati riportati dall’America sono stati assorbiti solo parzialmente dalle piazze europee che trainate solamente dai bancari hanno chiuso la settimana in rosso. Negli States la pesante chiusura di venerdì ha minato tutti gli ottimi risultati registrati in settimana. Il cattivo andamento dei mercati finanziari non ha impattato sulle nostre linee di gestione che si confermano sui livelli massimi da inizio anno e mantengono una volatilità inferiore al mercato. Molto bene le linee a partecipazione azionaria, che trainate dalle trimestrali americane hanno guadagnato mediamente mezzo punto percentuale.

La situazione statunitense sembra aver scontato un ritorno alla normalità imminente. Il miglioramento sotto il fronte epidemiologico e il riscontro finanziario hanno lanciato un segnale di ripresa ben avviata. La FED ha comunicato che nonostante vi sia ripresa le politiche rimarranno accomodanti fino a quando i dati non risulteranno soddisfacenti per una crescita di lungo periodo.

Più complicata la situazione Europea: i dati macroeconomici sono anche qui moderatamente incoraggianti ma il rialzo dei tassi governativi si sta già manifestando e bisognerà continuare a monitorarli soprattutto qualora l’inflazione dovesse manifestarsi più importante del previsto.

Per molti analisti entro la fine del 2021 il tasso free risk relativo all’area euro tornerà a 0. In questi termini sarà compito del Gouverning Council monitorare sul rialzamento dei tassi in ottica di una efficiente gestione dell’inflazione. 

Analisi dei mercati del 28.09.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana caratterizzata da debolezza diffusa sia sui mercati azionari che obbligazionari a spread, mentre su quelli governativi abbiamo assistito ad un restringimento dello spread dell’Italia in un contesto di generalizzato calo dei rendimenti. Sul fronte valutario il dollaro si è comportato da valuta risk-off rafforzandosi contro euro. Il movimento del dollaro ha, poi, determinato un calo dell’oro e delle materie prime in generale.

Le cause della debolezza sono da imputarsi, inizialmente, a notizie pesanti sul settore bancario e poi dal tema di fondo che pesa sui mercati ultimamente, ovvero lo stallo della politica fiscale americana e le dichiarazioni degli esponenti della Fed (Powell in primis) che hanno più volte sottolineato come sia proprio la politica fiscale a dover agire ora più di quella monetaria.

Partendo dal primo punto, ovvero la debolezza del settore bancario di inizio settimana, sembra che questa sia stata innescata dai timori su HSBC, la più grossa banca europea (il cui prezzo di borsa ha toccato i minimi dal 1996) per due motivi: dal China Global Times risulta che la Cina la voglia includere nella cosiddetta “unreliable entity list” che ha l’obiettivo di punire le aziende/organizzazioni/privati che rappresentano un rischio per la sicurezza nazionale, in questo modo la strategia di espansione in Cina, sulla quale HSCB ha basato la propria strategia, verrebbe messa in discussione; inoltre, in un’inchiesta giornalistica dell’International Consortium of Investigative Journalists (noto in passato per la diffusione dei Panama Papers), figura fra le banche che hanno tratto profitto da attività criminali e di riciclaggio di denaro di evidente sospetta provenienza con entità ritenute pericolose tra il 1999 al 2017. Le banche stesse avevano segnalato come sospette le transazioni (per oltre 2.000 miliardi di dollari) ma evidentemente i controlli non hanno poi funzionato. Fra le 90 istituzioni finanziarie coinvolte figurano anche DB, JPM, Standard Chartered, Bank of New York Mellon, Barclays, State Street Corporation e Commerzbank; fra le banche italiane qualche transazione sospetta sembra passata da Unicredit, Intesa e Ubi ma circa la metà del totale sembra transitata dalla piccola BCC Pianfei e Rocca de Baldi (di Cuneo). Ricordiamo che, ad esempio, DB aveva già dovuto pagare una sanzione pari a 258 milioni di dollari agli Stati Uniti per avere violato le sanzioni contro l’Iran; ora sembra che nonostante ciò la banca abbia continuato a movimentare denaro legato all’Iran.

Circa lo stallo della politica fiscale americana l’attenzione dal tema (sul quale non sono giunte neanche questa settimana buone notizie) è stata deviata dalle tensioni fra Repubblicani e Democratici per la scelta del giudice che dovrà sostituire Ruth Bader Ginsburg alla Corte Suprema Americana: alla fine, disattendendo le ultime volontà della giudice (che aveva chiesto di essere sostituita dopo il risultato delle elezioni presidenziali), Trump ha nominato Amy Coney Barret alla Corte Suprema: si tratta della più giovane di sempre ed è considerata ultra-conservatrice. Trump ha voluto sostituirla immediatamente in modo da avere maggiori possibilità di vittoria in caso di contestazione del voto.

Durante la settimana c’è stata la testimonianza di Powell alla Commissione Servizi Finanziari del Congresso: se da un lato è stata confermata, nuovamente, la disponibilità della Fed a fare tutto il possibile per favorire la ripresa, dall’altro è stata ribadita la necessità che anche il Congresso faccia di più per sostenere le imprese più colpite e i disoccupati.

Per quanto riguarda la forza del biglietto verde, oltre alla sua natura di risk-off currency, la giustificazione può anche essere cercata nelle dichiarazioni di un membro della Fed (Kaplan) che ritiene che un dollaro forte sia preferibile in quanto garantisce sottoscrizioni dell’ingente, e in crescita, debito americano: infatti, in caso di debolezza, il rischio sarebbe quello di una salita dei tassi legata alla richiesta di un maggiore rendimento da parte degli investitori a fronte di un maggiore rischio percepito derivante dalla debolezza della valuta. Inoltre, a favorire la debolezza dell’euro è intervenuto il capoeconomista della BCE Lane che ha ribadito, ancora una volta, che un euro troppo forte impedisce il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione.

Per quanto riguarda lo scenario macro-economico, dalla pubblicazione dei dati PMI in settimana è emerso un quadro misto: in area euro, mentre il comparto manifatturiero continua a fornire segnali positivi (aiutato dalla ripresa della domanda estera) quello dei servizi cala sotto la soglia del 50 (e deludendo le aspettative degli analisti); in aggregato il PMI manifatturiero preliminare di settembre segna un 53.7 (massimo di 25 mesi, vs 51.7 di agosto), grazie soprattutto al contributo della Germania, mentre quello relativo ai servizi scende a 47.6 (minimo di quattro mesi, da 50.5 precedente e attese per 50.6), probabilmente a causa della ripresa dei contagi; il dato composite, quindi, ne risente e passa a 50.1 (da 51.9). Negli Stati Uniti la situazione è, invece, sostanzialmente stabile con il dato composite a 54.4 (da 54.6) e sia la componente manifatturiera (53.5 da 53.1) che quella servizi (54.6 da 55) sono in linea con le aspettative degli analisti.

In Germania è stato pubblicato l’IFO che passa da 92.5 di agosto a 93.4 di settembre (leggermente meno delle stime, 93.8).

Sul fronte vaccini Johnson&Johnson annuncia che è pronta per la fase 3 i cui risultati potrebbero arrivare entro la fine dell’anno o l’inizio del prossimo. Nel 2021 potrebbero esserne prodotte un miliardo di dosi la cui somministrazione richiede una singola iniezione a differenza delle due richieste da quelli rivali di Moderna, Pfizer e AstraZeneca. Con questo i vaccini per Covid19 in fase 3 sono arrivati a nove (oltre alle società citate abbiamo Novovax, CureVac, GSK/Sanofi, Arcturus e Merck).

Sulla disponibilità di un vaccino a breve si gioca anche la campagna elettorale: infatti Trump ha dichiarato che con un ordine presidenziale potrebbe andare contro alla disposizione della FDA (Food and Drug Administration) che invita ad attendere risultati certi dei test anche oltre la data di novembre.  

In Italia l’esito del referendum e delle elezioni sembrerebbe avere allontanato i timori sulla tenuta del governo (forse fino a fine legislatura, ovvero al 2023) e gli effetti li abbiamo visti sullo spread (intorno ai 140 bps) e, quindi, sui rendimenti dei BTP: il trentennale, ad esempio, ha toccato i minimi storici in termini di rendimento a scadenza (1.77%).

Ci sono altri due elementi che possiamo considerare positivi per il movimento dei titoli di stato italiani: 1) asta TLTRO3 (i prestiti al tasso agevolato di -1% che la BCE eroga periodicamente alle banche che ne fanno richiesta): nell’operazione di giugno la partecipazione era stata consistente (circa 1.300 miliardi di euro) ora invece sono stati assegnati 174.5 miliardi a 388 banche (parte alta delle attese degli analisti) segno che il sistema bancario ha, al momento, abbondante liquidità e che le tensioni finanziarie si sono attenuate. L’effetto positivo sui BTP deriva dal fatto che le banche, per partecipare all’asta, devono consegnare alla BCE i BTP come garanzia e quindi li comprano sul mercato qualche giorno prima. L’operazione per la banca è profittevole dato che si indebita ad un tasso negativo (-1%) e ottiene tassi positivi dai BTP acquistati. Fra le banche italiane hanno partecipato BancoBPM (per 1 miliardo) e Bper (per 2.71 miliardi). Le prossime aste sono previste per dicembre e marzo; 2) altro elemento di favore le attese di un potenziale incremento del programma di acquisti PEPP alla luce del peggioramento della situazione dei contagi in Europa.

Ora che in il referendum e le elezioni regionali sono alle spalle, il governo italiano deve affrontare il tema legato alla privatizzazione del Monte dei Paschi di Siena: il primo dicembre, su richiesta della BCE, la banca dovrà essere ricapitalizzata per circa un miliardo a fronte della cessione ad Amco (la bad bank italiana) di crediti deteriorati per circa 8.1 miliardi. Il Tesoro risulta essere il primo azionista con una quota pari al 68.5% del capitale ottenuta dopo la partecipazione all’aumento di capitale avvenuto nel 2017 per circa 7 miliardi (attualmente BMPS capitalizza 1.5 miliardi) ed entro maggio 2022 la banca deve essere privatizzata come da impegni presi con la UE. Il problema è essenzialmente legato alla contropartita che verrebbe richiesta dal potenziale acquirente: avendo come precedente quello di IntesaSanPaolo, che nel 2017 per rilevare le banche venete (Popolare di Vicenza e Veneto Banca) ottenne dallo stato 4.98 miliardi, perché l’operazione diventi neutrale dal punto di vista dell’impatto sul capitale, si ipotizza una cifra di circa 4 miliardi al fine di mantenere un ratio patrimoniale CET1 sopra il 13%. Fra le papabili risulta Unicredit, che tuttavia ha negato di essere interessata ad acquisizioni, BancoBPM che potrebbe avere la necessità di aumentare dimensionalmente per non essere preda di acquisizioni (come successo ad UBI), ma anche BPER. Il titolo BMPS ovviamente si muove sui rumors.

Interessante l’indiscrezione secondo la quale Credit Agricole starebbe valutando acquisizioni in Italia tra le banche di piccola/media dimensione: la reazione si è vista soprattutto su BancoBPM e Creval che trattano parecchio a sconto rispetto al valore di libro (P/BV) e, quindi, risultano particolarmente appetibili. Attualmente Credit Agricole detiene il 5% di Creval e fra le due c’è “un’ottima collaborazione” (a detta dell’AD di Creval Luigi Lovaglio). BancoBPM, invece, è attraente perché è posizionata nelle aree più strategiche del paese ed è a tutti gli effetti una public company con un azionariato molto diffuso (quindi nessun azionista ha una posizione sufficiente per governare l’impresa) inoltre, ha dichiarato di essere aperta a valutare possibili aggregazioni.

Sempre sul fronte bancario, ma questa volta fintech, in settimana è stata annunciata la prima operazione di consolidamento industriale in Italia nell’Open Banking; si tratta di una JV tra il gruppo Sella e Illimity (la banca fondata da Corrado Passera) che vedrebbe Hype, precedentemente controllata al 100% da Fabrick (la società del gruppo Sella specializzata nell’Open Banking) passare per il 50% a Illimity attraverso la sottoscrizione di aumento di capitale riservato pari a 30 milioni. Fabrick conferirebbe azioni Hype in cambio di azioni Illimity (di nuova emissione) pari al 7.5% del capitale. Fabrick potrebbe ottenere un ulteriore 2.5% di Illimity, al raggiungimento di determinati target di redditività nel periodo 2023/2024, mentre Banca Sella Holding riceverà un ulteriore 2.5% di Illimity in cambio della sottoscrizione (cash) di 16.5 milioni e salirebbe al 10% di Illimity. L’obiettivo dell’operazione è favorire la crescita di Hype, che attualmente ha 1.3 milioni di clienti, grazie alle soluzioni Open Banking di Illimity e al conferimento cash che consente di finanziare il piano industriale di Hype.

Passando al tema degli investimenti sostenibili, la BCE ha annunciato che dal primo gennaio fra i titoli accettati come collaterale e quelli privilegiati del suo piano di acquisti ci saranno non solo quelli i cui proventi sono destinati a tematiche “green” ma soprattutto quelli che hanno una struttura delle cedole legata al raggiungimento di determinati target di sostenibilità. Un esempio ne sono i sustainability-linked bond (a 5 e 10 anni) che il gruppo francese del lusso Chanel sta collocando sul mercato: le cedole sono collegate al raggiungimento di determinati obiettivi prefissati dal gruppo in tema di sostenibilità ambientale e sociale. I bond in questione non avendo rating non potrebbero essere acquistati dalla BCE ma, in base alla nuova direttiva di cui sopra, da gennaio potranno esserlo.

Il previsto summit UE è stato posticipato al 10 ottobre a causa di un caso di coronavirus all’interno dello staff del presidente Michel.

Sul CME (mercato delle materie prime di Chicago) verrà quotato entro l’anno il primo future sul prezzo dell’acqua. L’obiettivo è consentire a chi utilizza l’acqua nella propria attività produttiva di coprirsi dal rischio di oscillazioni del prezzo. Ovviamente, verrà poi usato anche da investitori e speculatori per scommettere sul prezzo dell’acqua. La società britannica Veles è riuscita a creare un indice di prezzi utilizzando i dati degli acquisti nei mercati delle acque superficiali della California che è il principale mercato americano. I contratti avranno regolamento cash e quindi non si incorrerà nel caso visto sul WTI questo anno quando per i problemi di stoccaggio il petrolio ha raggiunto prezzi negativi.

QUESTA SETTIMANA

I casi di Covid19 nel mondo hanno superato la soglia dei trenta milioni con circa 1 milione di morti: alcuni paesi, come sta avvenendo in Europa, stanno inasprendo le misure di contenimento nella speranza di evitare un altro lockdown, mentre altri, come la Cina, stanno allentando le restrizioni ai confini, a New York i ristoranti consentiranno di mangiare all’interno. Ovviamente è importante che la situazione non sfugga di mano anche se si ritiene, ragionevolmente e auspicabilmente, che difficilmente potremo rivivere le difficoltà sanitarie incontrate da marzo in poi.

Le negoziazioni sulla Brexit tra UK e EU vedranno l’ultimo round di negoziazioni e il Parlamento britannico voterà l’Internal Market Bill. Alcune aziende si stanno portando avanti in via precauzionale: ad esempio, in settimana JPM ha annunciato che sposterà circa 230 miliardi di dollari di asset in Germania oltre a banker e impiegati, stessa cosa GS che intende ricollocare nel resto d’Europa i suoi dipendenti, mentre altre aziende stanno facendo scorta di prodotti di produzione inglese. Se consideriamo che l’Unione Europea è destinataria di circa il 43% dell’export britannico e che il Regno Unito importa per il 51% della UE è facile rendersi conto di quanto sia importante la questione. Ricordiamo che il termine stabilito da Boris Johnson per arrivare ad un accordo è il 15 ottobre ma la posizione di Bruxelles si è irrigidita dopo che il premier britannico ha rimesso in discussione gli accordi prestabiliti relativi al confine fra le due Irlande.

Martedì negli Stati Uniti si terrà il primo dibattito tra l’attuale presidente Donald Trump e il candidato democratico Joe Biden: si tratterà di un dibattito a due della durata di 90 minuti all’Università di Cleveland. Intanto, a pesare su Trump la notizia pubblicata dal New York Times (già dichiarata “fake” da Trump) che accusa il presidente di non avere pagato in dieci anni dei 15 precedenti al 2017 alcuna tassa federale sul reddito pur avendo ricevuto 427.4 miliardi di dollari fino al 2018 in proventi diversi.

In settimana la presidente della BCE Christine Lagarde terrà un discorso davanti al Parlamento Europeo.

Fra i dati macro in uscita segnaliamo i seguenti:

  • in US: la terza stima del GDP per il secondo trimestre (attesa la conferma di -31.7% trimestre/trimestre annualizzato), il dato sull’inflazione PCE (attesa a +1.2% anno/anno), l’ISM manifatturiero di settembre (atteso a 56) ma, soprattutto, il report sul mercato del lavoro (l’ultimo previsto prima delle elezioni di novembre) e dal quale ci si attende che i nuovi occupati salgano, per il quinto mese consecutivo, di altre 900.000 unità e il tasso di disoccupazione scenda a 8.2% (da 8.4%) con un’inflazione salariale sostanzialmente stabile a  +4.8% anno/anno;
  • in Eurozona: la pubblicazione dei dati PMI definitivi di settembre (con il dettaglio anche per l’Italia e la Spagna che non pubblicano le anticipazioni) e quelli sull’inflazione di settembre (attesi in larga parte negativi);
  • in Cina: dati PMI calcolati sia dall’agenzia governativa che dalla privata Caixin.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Lo stallo nella formulazione del terzo pacchetto di supporto fiscale all’economia, come abbiamo più volte detto è fra le possibili cause della turbolenza sui mercati di questo periodo.

Se da un lato non vi è la volontà politica, per motivi elettorali, di trovare un accordo fra Democratici e Repubblicani, dall’altro vi è la più volte ribadita volontà, da parte di Powell, di non intervenire ulteriormente finché la politica fiscale non si muove nella giusta direzione.

Powell, che già viene accusato di avere salvato Wall Street (quindi la finanza) e non Main Street (l’economia reale) non intende immettere nel sistema ulteriore liquidità se non per finanziare una maggiore spesa governativa quando questa verrà deliberata. Il presidente della Fed sostiene che gli interventi fiscali, tra l’altro, consentirebbero a più aziende di soddisfare i criteri di solvibilità e quindi di accedere ai prestiti previsti che per ora non sono stati totalmente utilizzati (proprio per la mancanza dei requisiti di solvibilità).

La Fed vuole, quindi, mettere pressione sul governo affinché vari il pacchetto di aiuti a Main Street e per questo lascia intendere che non immetterà ulteriore liquidità nel sistema.

Quello che gli investitori giustamente temono è che un ulteriore intervento da parte della Fed (e delle banche centrali in generale) avvenga solo a fronte di un peggioramento della situazione economica o sanitaria (quindi in uno scenario non proprio brillante) e, in mercati drogati dalla liquidità, questo elemento è pesantemente negativo.

Poiché i principali elementi di incertezza attualmente sono la diffusione del coronavirus e la Brexit per l’Europa e il pacchetto fiscale e le elezioni in US, è inevitabile che qualunque notizia relativa a questi temi muova il mercato.

Consideriamo anche, ma questo è puramente un fattore tecnico e non fondamentale, che ci stiamo avvicinando alla scadenza di fine trimestre ovvero a quel momento i cui i fondi bilanciati fanno i ribilanciamenti e quindi muovono pesantemente le asset class a seconda della performance relativa del periodo. Nel trimestre che si sta concludendo i ribilanciamenti trimestrali porterebbero ad alleggerimenti della parte azionaria e incrementi di quella obbligazionaria. Sembra, inoltre, che a livello geografico il più grande fondo sovrano al mondo (quello norvegese) stia ribilanciando la componente azionaria a favore dei mercati americani e a scapito di quelli europei.

Settimana un po’ difficile per le nostre linee di gestione dato che tutte le asset class hanno riportato performance negative. Unico contributo positivo viene dall’esposizione, ove presente, al dollaro americano.

Analisi dei mercati del 21.09.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIME DUE SETTIMANE

Andamento dei mercati piuttosto contrastato quello che ha caratterizzato le ultime due settimane: indice azionario globale MSCI World in calo a causa soprattutto dei listini americani all’interno dei quali il settore tecnologico non sembra ancora trovare stabilità. Per contro, i mercati europei (settore bancario a parte) e quelli emergenti e asiatici hanno mostrato una certa resilience. Sul fronte valutario decisamente stabile il cambio eur/usd mentre l’incertezza sulla Brexit pesa sulla sterlina; il rafforzamento dello Yen segnala la volontà degli investitori di coprire le posizioni di rischio.

Queste due settimane sono state caratterizzate dagli appuntamenti delle banche centrali: tutte hanno mantenuto tassi invariati e si sono dichiarate proattive circa il supporto della crescita economica.

La prima è stata la BCE che, nella prima riunione dopo la pausa estiva, ha lasciato invariati i tassi e l’attuale politica monetaria (come si attendeva il mercato). Il messaggio chiave che possiamo trarre dalle parole della Lagarde è che, nonostante il miglioramento dell’outlook (il Pil è, infatti, stato rivisto a -8% da -8.7%), l’intenzione della banca centrale è di restare pronta a fare di più qualora la situazione lo richieda dato che i rischi di peggioramento sono maggiori di quelli di miglioramento. Il programma PEPP (che ricordiamo essere il Pandemic Emergency Purchase Programme, ovvero il programma di acquisto titoli da parte della BCE finalizzato a supportare l’economia in crisi per il coronavirus), del quale i nostri BTP sono i principali beneficiari, probabilmente verrà utilizzato integralmente (si tratta di 1.350 miliardi in totale) a meno di sorprese particolarmente positive dell’economia così come l’APP (Asset purchase programme attraverso il quale la BCE attua il Quantitative Easing) che rimarrà attivo ben oltre il momento in cui si deciderà di agire al rialzo sui tassi. L’inflazione è stata confermata allo 0.3% per il 2020 e all’1% per il 2021 (la debolezza è da imputarsi essenzialmente all’andamento del prezzo del petrolio ma i rischi di deflazione sono diminuiti); nonostante ci sia consapevolezza che un cambio forte potrebbe rendere complesso perseguire il mandato della stabilità dei prezzi, non sono stati annunciati “ufficialmente” interventi per agire sul tasso di cambio che infatti si è riportato temporaneamente, per questo motivo, e per il miglioramento dell’outlook, sopra il livello di 1.19. La Lagarde ha semplicemente detto che gli sviluppi del tasso di cambio verranno valutati per le implicazioni a medio termine sull’inflazione. Il giorno seguente anche il capo economista Lane ha nuovamente ribadito che un apprezzamento della divisa unica rende più complesso il raggiungimento del target di inflazione facendo quindi, in qualche modo, intendere che la BCE è pronta ad agire se necessario. Stesso messaggio ribadito anche dall’esponente della BCE francese Villeroy.

Anche la riunione della Fed si è conclusa con tassi invariati così come il programma di acquisto titoli. La Banca Centrale si è impegnata a non rialzare i tassi prima del 2023 (la c.d. “forward guidance”) e, comunque, finché l’inflazione non andrà oltre il 2%. Fra le previsioni economiche è stata ipotizzata al 3.7% la contrazione dell’economia americana (invece del -6.5% stimato a giugno), ma l’incertezza rimane straordinariamente elevata e tale da giustificare una Fed disponibile ad utilizzare l’intero arsenale di strumenti a disposizione per sostenere l’economia. I rendimenti governativi sul mercato dovrebbero rimanere ancorati grazie agli acquisti della Fed che aumenterà il proprio bilancio per finanziare l’aumento del debito pubblico. La prossima riunione è prevista il 5 novembre, due giorni dopo le elezioni presidenziali.

Anche la BOJ (Bank of Japan) si è allineata alla Fed dichiarando che, oltre a monitorare i dati sull’inflazione, valuterà anche la crescita dell’occupazione al fine di orientare la propria politica monetaria. La politica rimane ultra-espansiva anche se le condizioni generali dell’economia sono state riviste leggermente in miglioramento. Il target di inflazione è stato confermato al 2% e dato che attualmente l’inflazione “core” è ancora negativa facile immaginare che il lavoro della BOJ sia ancora molto lungo.

La BOE (Bank of England) che ha deciso che per ora mantiene i tassi al 0.10% ma nel quarto trimestre comincerà a valutare l’ipotesi di tassi negativi. Quest’ultimo punto ha pesato parecchio contribuendo alla debolezza della sterlina.

Sulla sterlina, come avevamo detto, hanno impattato negativamente anche le notizie provenienti da UK relative alla Brexit. Il premier Johnson ha dichiarato che sta lavorando per annullare una parte dell’accordo relativa all’Irlanda del Nord. L’Internal Markets Bill, il disegno di legge di Boris Johnson che secondo la UE non rispetta affatto l’accordo firmato lo scorso ottobre (prevedendo decisioni unilaterali sui controlli delle merci che dalla Gran Bretagna arrivano in Irlanda del Nord), ha superato il primo test in Parlamento. Il rischio è che il 15 ottobre UK esca dalla UE senza un’intesa.

In area euro il Pil finale del secondo trimestre è uscito meglio della stima precedente e passa a -11.8% trimestre/trimestre (-14.7% anno/anno). Il terzo trimestre dovrebbe migliorare grazie alla graduale rimozione del lockdown.

Anche l’OCSE, nel suo Outlook di settembre, ha rivisto leggermente al rialzo le stime di crescita per il 2020 prevedendo una contrazione economica mondiale pari al -4.5% (a giugno la stima era di -6%). Per l’Area Euro la contrazione è prevista pari a -7.9% (da -9.1%) e in US pari a -3.8% (da -7.3% precedentemente).

Dalla Cina continuano ad arrivare segnali di miglioramento economico anche grazie alla crescita della produzione industriale (+5.6% anno/anno, al massimo da otto mesi) e delle vendite al dettaglio (+0.5 anno/anno) che, per la prima volta quest’anno, mostrano un progresso.

Rimanendo in Asia segnaliamo che in Giappone il partito di maggioranza LDP ha indicato come nuovo premier, dopo le dimissioni di Shinzo Abe, Yoshihide Suga che dovrebbe garantire la continuità della politica economica intrapresa da Abe.

Il petrolio ha tratto beneficio dalle dichiarazioni dell’OPEC circa un possibile meeting straordinario per il mese di ottobre lasciando intendere che sono possibili tagli alla produzione in caso di debolezza del prezzo dell’oro nero.

In Italia il tesoro ha annunciato l’emissione di un BTP ventennale via sindacato per 10 miliardi che il mercato ha accolto favorevolmente con ordini che hanno superato gli 84 miliardi (circa 77% in mano agli investitori esteri). Tasso 1.80% e scadenza 1/3/2041. In questo modo il Tesoro ha raggiunto l’80% della raccolta prevista per il 2020. Era parecchio che l’Italia non emetteva titoli ventennali.  Vediamo come si muoverà lo spread in occasione delle elezioni del 20/21 settembre

Dopo la fusione italiana tra IntesaSanpaolo e Ubi Banca, il risiko bancario si sposta in Spagna con l’ok del premier spagnolo Sanchez alla fusione tra Bankia e CaixaBank con nuova sede a Valencia. La fusione porterebbe alla nascita della prima banca del paese con asset per 600 miliardi di euro e una quota di mercato superiore al 20%, la copertura territoriale sarebbe ampia essendo Bankia di Madrid e CaixaBank della Catalogna. La quota dello stato in Bankia, pari al 61.8% (frutto del salvataggio del 2011 attraversi un’iniezione di liquidità pari a 24 miliardi), potrebbe scendere al 14% della nuova entità.

Sempre in tema di banche sono uscite indiscrezioni, decisamente positive, sulla BCE che potrebbe rimuovere il divieto di pagare dividendi l’anno prossimo.

Vane le aspettative di un’inclusione di Tesla nell’S&P500: il titolo viene inizialmente penalizzato, in un momento in cui tutto il comparto tech è sotto attacco, per poi rimbalzare ma senza tornare sui livelli massimi raggiunto a fine agosto.  

AstraZeneca ha fatto un po’ temere sul fronte della ricerca di un vaccino annunciando che risultati anomali hanno comportato la sospensione dei test in corso; la notizia ha, inizialmente, pesato sul titolo e sul sentiment di mercato. Fortunatamente, dopo una settimana, i test sono stati ripresi e questo insieme all’annuncio, da parte dell’americana Pfizer, del fatto che il suo vaccino sarà pronto per fine anno hanno riportato speranza. Tuttavia, i dati sulla diffusione dei contagi continuano a destare parecchie preoccupazioni.

Forte salita per il titolo azionario Nexi (fornitore di servizi di pagamento elettronico) dopo l’annuncio dell’ingresso di CDP e l’aggregazione con Sia.

Nota di colore: negli Stati Uniti per la prima volta nella storia una donna guiderà una delle prime sei grandi banche di Wall Street ovvero Citigroup. L’attuale AD, in carica da otto anni, andrà in pensione e cederà il comando a Jane Fraser che attualmente ricopre la carica di presidente.

QUESTA SETTIMANA

Anche questa settimana gli occhi degli investitori restano puntati sui dati relativi alla diffusione del Covid19 dopo che Israele ha imposto nuovamente il lockdown (unico paese per ora) e New York ha posticipato nuovamente la riapertura delle scuole al primo di ottobre. I dati in Europa non sembrano confortanti e vanno monitorati. In UK si sta decidendo su ulteriori restrizioni visto l’aumento dei casi riscontrato. Un’ipotesi simile in altri paesi europei sarebbe preoccupante.

Proseguono i contatti informali tra UK e UE per le negoziazioni sulla Brexit. Di nuovo il barometro della situazione sarà la sterlina.

Di Brexit si parlerà anche giovedì 24 e venerdì 25 durante il summit UE in cui i vari leader discuteranno anche delle strategie industriali per affrontare le conseguenze del Covid19 e delle tensioni con la Turchia e la Russia oltre alle relazioni con la Cina.

Fra i dati macro segnaliamo la pubblicazione dei dati PMI preliminari in US ed Eurozona oltre al dato IFO (dato di fiducia delle aziende tedesche) per settembre: è importante che tali dati confermino la ripresa in corso e non diano brutte soprese; l’andamento relativo dei dati fra US e Europa potrebbe avere un impatto sul cambio EUR/USD.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

La volatilità sui mercati, come previsto, è aumentata recentemente sia per l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane, previste per il 3 novembre, il cui esito rimane altamente incerto, sia per l’aumento dei dati di diffusione del coronavirus che fa temere altre forme di restrizione che, inevitabilmente, peserebbero sulla ripresa economica.

Sul tema Covid19 se, da un lato, un vaccino potrebbe essere disponibile in tempi relativamente brevi, dall’altro permangono i dubbi sia sulla reale efficacia (e quindi sulla capacità di immunizzare completamente i soggetti vaccinati) sia sulla volontà della popolazione di sottoporsi a vaccinazione. Per ottenere il risultato desiderato (ovvero la c.d. immunità di gregge) il vaccino deve essere somministrato ad un numero abbastanza elevato di persone: fra contagiati e vaccinati la percentuale della popolazione “coperta” si stima debba aggirarsi intorno al 60-70%. Ovviamente è poi indispensabile che l’immunità sia abbastanza forte da evitare ricadute (nei già contagiati) e malattia (nei vaccinati).

L’altro fattore che pesa sui mercati riguarda l’incertezza circa l’esito del voto in US e il rischio che si possa, successivamente, contestare il risultato con la conseguenza di un prolungamento ulteriore dell’incertezza (che i mercati non amano affatto) e un ritardo nella decisione sul pacchetto fiscale ritenuto necessario per superare la crisi.

Infatti, negli Stati Uniti deve essere ancora deciso il terzo giro di stimoli fiscali e si teme che nulla verrà fatto prima delle elezioni dato che ai Democratici conviene non avvantaggiare Trump autorizzando una spesa che tornerebbe a suo favore nei sondaggi.

Al netto di questi due temi, guardando solo gli indicatori economici, possiamo ritenere di essere verso la fine della recessione. I dati macro stanno uscendo in miglioramento e, generalmente, sopra le aspettative degli analisti. Ripetiamo, per l’ennesima volta, che le banche centrali sono estremamente di supporto e in queste due settimane lo hanno dimostrato e dichiarato apertamente. Tuttavia, di solito, nelle prime fasi di un ciclo al rialzo la volatilità è elevata e gli “stop&go”, citati anche la scorsa volta, sono inevitabili; in questi mesi che ci separano dalla fine dell’anno di motivazioni per passare dal pessimismo all’ottimismo ce ne sono parecchie,  quindi resta importante mantenere la calma, seguire attentamente le evoluzioni dei mercati e le motivazioni che le hanno determinate per decidere l’azione più opportuna.

Sostanzialmente stabili, nel periodo, le performance delle nostre linee di gestione. Fra quelle azionarie segnaliamo il proseguimento del recupero della ITA e un inevitabile ritracciamento della Chronos parecchio esposta al mercato americano.

Analisi dei mercati del 7.09.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Dopo che il mese di agosto ha avuto la migliore performance degli ultimi 40 anni, la prima settimana di settembre si è conclusa con una decisa correzione dei mercati azionari scatenata proprio dal settore che ne aveva fatto da traino ovvero la tecnologia americana.

Non ci sono particolari catalyst che giustifichino il movimento se non un principio di rotazione settoriale innescata da prese di profitto sui titoli che avevano meglio performato nell’ultimo periodo e diventati improvvisamente protagonisti negativi (vedi Apple e Tesla). Il Nasdaq 100, dopo avere raggiunto un nuovo massimo, ha quindi perso circa sette punti in due soli giorni. Il peso rilevante della tecnologia nell’S&P500 ha trascinato al ribasso anche l’indice globale.

Segnaliamo che Tesla, dopo lo stock split che le ha fatto guadagnare il 70% dall’annuncio dell’11 agosto e il 12% il giorno dell’evento, ha corretto sulla comunicazione relativa all’aumento di capitale di 5 miliardi che intende fare e della riduzione della posizione di un grosso investitore internazionale.

Mentre proseguono a passo spedito le ricerche di un nuovo vaccino contro il Cov-Sars2 il virologo Anthony Fauci, famoso per i ricorrenti “screzi” con il presidente Trump, ha dichiarato che qualora i risultati delle sperimentazioni dovessero risultare inequivocabilmente positivi, la FDA (Food and Drug Administration) avrebbe il potere (e dovere) di interrompere i test per organizzare una campagna vaccinale su larga scala. Questa buona notizia compensa i timori di una seconda ondata legata alla riapertura delle scuole e alle maggiori attività al chiuso nella stagione autunnale/invernale.

Sul fronte macro sono buoni i dati PMI europei: il dato finale di agosto per il comparto manifatturiero rimane stabile a 51.7 con una buona performance dell’Italia (53.1 da 51.9); il dato relativo al comparo dei servizi sale a 50.5 grazie al contributo della Germania. Negli Stati Uniti in salita l’ISM manifatturiero che passa da 54.2 a 56 con una componente “new orders” (quindi più forward looking) a 67.6 da 61.5.

Buoni anche i dati sul mercato del lavoro americano che vede il tasso di disoccupazione (di agosto) scendere oltre le aspettative degli analisti: 8.4% vs attese di 9.8% e dato di luglio pari a 10.2%

Dal Beige Book della Fed (elaborato ogni sei settimane sulla base delle informazioni raccolte nei 12 distretti della banca centrale) viene la conferma di un’attività economica che cresce “ad un ritmo modesto” e che non ha ancora recuperato i livelli pre-covid.  Sia sul fronte dell’attività manifatturiera che dei servizi e consumi qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione ma le incertezze e i rischi legati alla pandemia rimangono.

Il corona virus è riuscito a mandare anche l’Australia in recessione dopo 30 anni di espansione economica: il Pil del secondo trimestre è sceso del 7% rispetto al -0.3% del primo trimestre dell’’anno.

La Francia, in settimana, ha annunciato l’atteso piano di rilancio da cento miliardi al quale l’Unione Europea contribuirà per 40 miliardi. Per non rendere più difficile la ripresa non sono previste nuove imposte ma il governo stima di rientrare dal maggiore indebitamento pubblico a partire dal 2025 attraverso l’impatto positivo sulla crescita delle nuove misure. I pilastri sui quali si baserà il piano riguardano la transizione ecologica (attraverso il rinnovamento energetico), la maggiore competitività del paese (attraverso riduzione delle imposte sulla produzione, finanziamenti alle imprese e sussidi per la rilocalizzazione delle industrie) e la coesione sociale (attraverso investimenti sulla sanità, sui giovani e sulla formazione).

In settimana il cambio EUR/USD è salito sopra la soglia di 1.20 per la prima volta da maggio 2018. Determinante per il movimento il cambio di policy della Fed che ha confermato un differenziale di tassi fra Europa e Stati Uniti non più a favore di quest’ultimo. La maggiore offerta di moneta e il QE della Fed, insieme all’atteso maggiore deficit fiscale per gli Stati Uniti sono alla base della debolezza del biglietto verde. Il rientro dal livello di 1.20 è avvenuto grazie al commento del capo economista della BCE Lane che ha dichiarato che, sebbene l’istituto europeo non abbia nel suo mandato l’obiettivo del cambio, il cross EUR/USD a questi livelli non aiuta l’economia. Inoltre, la pubblicazione dei dati deludenti sull’inflazione dell’area Euro hanno alimentato le aspettative di un ulteriore intervento di stimolo da parte della BCE.

Tornano le emissioni di green bond: questa settimana Mediobanca debutta nel mondo “green” emettendo un bond da 500 milioni di euro (durata sette anni, cedola 1%, spread di 135bps sopra il tasso midswap) per finanziare progetti green e il mercato ha accolto decisamente bene l’offerta con ordini pari a 3.5 miliardi di cui l’80% dall’estero. Anche il governo tedesco ha dato mandato di vendere un titolo decennale per finanziare progetti ambientali, emissione per 6.5 miliardi e richieste per 33 miliardi a fronte di un rendimento pari a -0.463% (quindi negativo!). Un’altra emissione è prevista nel quarto trimestre con un totale per l’anno di circa 11 miliardi di euro. Il Tesoro italiano dovrebbe emettere BTP green in autunno. L’interesse per le emissioni green è evidente e ricordiamoci che è stata scatenata dall’intenzione della BCE di acquistarli e pure il fondo pensione della BCE lo ha già fatto. Inoltre, il Recovery Fund da 750 miliardi potrà destinare risorse anche a investimenti legati a tecnologie e infrastrutture più green che aiutino il continente a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 come programmato.

Si torna a parlare della casa di gestione H20 con il comunicato relativo alla sospensione di otto fondi per circa quattro settimane per “incertezze sulla valorizzazione” di titoli non quotati e legati al finanziere tedesco Lars Windhorst. Mentre l’autorità di controllo dei mercati finanziari francesi aveva chiesto la sospensione di tre fondi, H2O ha deciso di procedere per otto fondi dichiarando che si tratta di una misura provvisoria per un tempo (quattro settimane) che permetterà alla società di gestione di separare gli asset incriminati e trasferirli in un nuovo fondo.

QUESTA SETTIMANA

Oggi, lunedì, il mercato americano è chiuso per “Labor day”.

L’evento principale della settimana lo avremo giovedì 10 settembre con la prima riunione della BCE dopo la pausa estiva. Non sono attese variazioni all’attuale politica monetaria ma ci sarà parecchia attenzione sulle nuove previsioni di crescita e inflazione che la BCE renderà note. Da queste potranno emergere gli orientamenti della banca centrale e i prossimi step che intraprenderà anche, e soprattutto, alla luce del cambio di strategia della Fed. Sottolineiamo che un apprezzamento dell’euro conseguente alle decisioni della Fed potrebbe impattare sull’inflazione e rendere più complesso il raggiungimento del target stabilito dalla banca centrale.

Fra i dati macro previsti in settimana segnaliamo quelli sul Pil del secondo trimestre (finale) per l’eurozona (atteso -15% anno/anno) e i dati di inflazione (al consumo e alla produzione) negli Stati Uniti riferiti al mese di agosto.

In UK riprendono i negoziati sulla Brexit. Il premier britannico Johnson intende fissare per il 15 ottobre la deadline per un accordo oltre la quale, in caso contrario, si prenderà atto dell’impossibilità di trovare punti in comune e ognuno “andrà avanti per proprio conto”. La sterlina diventerà il barometro della situazione.

Questa settimana il Congresso americano dovrà finalizzare i dettagli della legge sulla spesa in quanto il 30 settembre termineranno i finanziamenti in essere e occorre scongiurare il rischio “shutdown”, ovvero il blocco delle attività amministrative che si ha quando non viene approvata la legge di bilancio per il finanziamento delle attività amministrative.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Il cambio di strategia della Fed, che mette l’obiettivo di inflazione a servizio di quello della piena occupazione, dovrebbe avere aperto la strada ad un nuovo periodo di reflazione finanziaria durante il quale tutte le banche centrali, a meno che non vogliano vedere la propria moneta rivalutarsi nei confronti della divisa americana, dovranno mantenere a lungo tassi bassi. Abbiamo avuto la conferma di questo potenziale atteggiamento dalle dichiarazioni di Lane (capo-economista BCE) e di Saunders (membro del board della BOE) e vedremo, in settimana, se e come la BCE affronterà il tema. Questo, ripetiamo, rimane il principale elemento a favore dei mercati finanziari.

Ovviamente, come abbiamo visto la scorsa settimana e come abbiamo più volte sottolineato in passato, il percorso dei mercati non è quasi mai lineare, ci sono inevitabili stop&go legati a prese di profitto su temi che hanno fatto particolarmente bene (vedi tech) o brutali riallineamenti alla realtà; si tratta di momenti caratterizzati da un incremento della volatilità che può dare occasioni di realizzo o di acquisto a seconda della posizione di partenza e della propria visione.

A proposito di volatilità, ricordiamo che le elezioni americane del 3 novembre sono, ad oggi, l’elemento di incertezza più noto e, non a caso, la curva del Vix (indicatore di volatilità dell’S&P500) segna un massimo in prossimità di ottobre (36 vs un valore ad oggi di 30) per poi riscendere gradualmente a livelli sotto quelli attuali.

L’altro tema che guida il mercato, ribadiamo, sono le aspettative di uno o più vaccini prodotti e disponibili su larga scala magari entro la fine dell’anno (quindi prima delle tempistiche normali): questa attesa porta gli investitori a prezzare una maggiore crescita che si può riflettere sia su un “irripidimento” della curva dei rendimenti (con quelli a lunga scadenza in salita) sia su una rotazione settoriale a favore dei settori più penalizzati e finanziata da prese di profitto su quelli che sono più saliti, come avvenuto nella settimana che si è appena conclusa.

Il consueto sondaggio di Bank of America (che spesso è più da intendere come le intenzioni future che il reale posizionamento degli investitori) vede un aumento del peso dell’Europa nei portafogli a scapito degli Stati Uniti il che significa non necessariamente che Wall Street sia vista in discesa ma solo che la potenzialità dei mercati Europei (che esprimono anche una composizione settoriale più ciclica) sono maggiori. Per la maggior parte degli intervistati è iniziata una nuova fase rialzista dei mercati che sarà accompagnata da un aumento degli utili legato all’uscita dell’economia dalla recessione.

Questa positività che emerge dalla survey non vuole dire che il mercato sia privo di rischi. Gli investitori ne sono consapevoli e infatti le posizioni in opzioni sono aumentate così come la protezione acquistata attraverso i contratti sulla volatilità (Vix).

Le nostre linee di gestione con componente azionaria hanno, ovviamente, sofferto la fase correttiva dei mercati ad eccezione della linea ITA che recupera circa 3 punti percentuali grazie al titolo Tiscali che è salito parecchio (61% in un solo giorno) dopo la firma del memorandum of understanding con Tim per definire l’accordo sullo sviluppo della banda ultralarga. Si è, pertanto, deciso di prendere profitto vendendo la posizione con un utile del 160% circa dai prezzi di carico.

Analisi dei mercati del 29.06.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La settimana ha avuto un andamento molto altalenante: dopo un inizio positivo è prevalso il pessimismo e gli indici azionari hanno ritracciato, arrivando a chiudere negativamente (MSCI Word -2.3%). Più stabile il comparto obbligazionario con la parte governativa che ha visto un leggero abbassamento dei rendimenti e la parte a spread che ha sofferto nella componente High Yield. In correzione anche le materie prime mentre l’oro si è avvantaggiato del clima da risk-off ed è arrivato vicino ai livelli massimi raggiunti nel periodo 2011-2012.

Prima di capire come mai la settimana ha svoltato analizziamo gli elementi positivi che avevano aiutato i mercati i primi giorni e partiamo con i dati macro.

In settimana sono stati pubblicati i PMI preliminari per il mese di giugno (ovvero gli indici di fiducia delle imprese, in particolare dei direttori acquisti, che sopra il livello di 50 segnalano positività):

  • Eurozona: deciso rimbalzo del dato “composite” che passa da 31.9 a 47.5, con entrambe le componenti (servizi e manifattura) in ripresa. Molto buoni i dati francesi che si portano sopra la soglia del 50 (che indica espansione) mentre quelli tedeschi, pur in rialzo e migliori delle attese, rimangono sotto il 50;
  • Giappone: il dato aggregato sale da 27.8 a 37.9 con la componente servizi che rimbalza parecchio (da 27.8 a 37.9) mentre quella manifatturiera scende leggermente (da 38.4 a 37.8);
  • UK: in rialzo il dato aggregato che passa da 29 a 47 con il comparto manifatturiero che, nonostante le incertezze della Brexit, riesce a portarsi leggermente sopra il 50:
  • US: dati migliori dei precedenti ma leggermente inferiori alle aspettative. Il dato composite passa da 37 a 46.8 con la componente manifatturiera che raggiunge il livello di 49.5 e quella relativa ai servizi che sale al 46.7.

Inoltre, in Germania è stato pubblicato l’indice IFO (indice di fiducia delle imprese sia relativo alla situazione attuale che a quella prospettica) di giugno: salito da 79.7 a 86.2 segnala un ulteriore miglioramento in entrambe le componenti.

Martedì sono circolate indiscrezioni circa un nuovo assegno da mille dollari che l’amministrazione americana potrebbe staccare alle famiglie in difficoltà, per il mese di luglio. Avevamo scritto che a luglio sarebbero scaduti un po’ di ammortizzatori sociali in US e sembra che il Congresso stia valutando quali rinnovare. Certo è vero che con le elezioni che si avvicinano è importante per Trump supportare la base di consenso.

Fra i dati da monitorare avevamo citato anche quelli americani relativi a “personal income” e “personal spending” del mese di maggio: il primo esce in calo (-4.2%), ma meno delle aspettative, mentre il secondo rimbalza (+8.1%) ma, anche in questo caso, meno delle aspettative. I consumi sono stati sostenuti dalle spese per beni durevoli e le auto che hanno compensato il calo, inevitabile, di spese discrezionali (quali quelle relative al tempo libero).

I dati macro, quindi, hanno dato la conferma che la ripresa economica è in corso e lasciano sperare sul fatto che il peggio sia alle spalle e, in US, l’amministrazione ha confermato di volere mantenere il piede sull’acceleratore.

Cosa ha poi rovinato il clima positivo sui mercati?

Un mix di fattori a partire da quello più monitorato dagli investitori, ovvero la situazione dei contagi, per passare a qualche tensione sul commercio internazionale ed arrivare alle nuove stime di crescita dell’IMF. Ma andiamo con ordine.

La situazione dei contagi sembra in peggioramento in alcuni stati americani (dove si parla di seconda ondata) con le terapie intensive che si stanno nuovamente affollando. Curioso come Trump stia pensando di porre fine ai finanziamenti federali per i test del coronavirus.  Alcuni stati stanno pensando all’introduzione di nuove restrizioni di social distancing, l’Europa intende limitare l’ingresso di chi proviene dagli USA, mentre Microsoft vuole chiudere tutti gli stores in giro per il mondo (la settimana scorsa, ricordiamo, Apple aveva annunciato la chiusura di qualche negozio). Alcuni paesi emergenti (vedi Russia, India e Brasile) non sembrano ancora fuori dalla prima ondata con dati in peggioramento così come, in Europa, la Svezia che non ha mai adottato alcun lockdown e non riesce ad arrivare ad un appiattimento della curva. Altri focolai sembrano, invece, circoscritti e gestibili, per ora, come quello nel mattatoio in Germania.

Per quanto riguarda le tensioni commerciali c’è stata un po’ di confusione sui rapporti tra Cina e Stati Uniti con, prima, Peter Navarro, consigliere di Trump, che ha dichiarato che l’accordo commerciale non esisteva più a causa del coronavirus (ovvero di come la Cina ha gestito la vicenda) e, successivamente, Trump che corregge il tiro affermando che, invece, l’accordo è intatto.

L’amministrazione americana, inoltre, sembra intenzionata (sono state avviate le consultazioni) ad applicare dazi per 3.1 miliardi di dollari su beni prodotti dall’Europa (sia UE che UK). Il motivo è sempre legato ai risarcimenti della questione Boeing-Airbus. L’Europa ha sempre in ballo la digital tax sui colossi tech americani.

A tutto ciò si è poi aggiunto l’IMF (Fondo Monetario Internazionale) che, alla luce dell’evoluzione della pandemia, ha tagliato le stime di crescita globale da -3% (di aprile) a -4.9%: l’Eurozona passa a -10.2% da -7.5% (con l’Italia a -12.8% da -9.1%), US a -8% (da -5.9%) e le economie emergenti a -3% (solo per la Cina è prevista una crescita a +1%). Il problema per l’Italia è che il famoso rapporto debito/pil passerebbe a 166%. Nel 2021 la situazione dovrebbe gradualmente rientrare ma per il recupero occorrerà attendere fino al 2023.

Come le spese per affrontare la crisi stiano risvegliando le agenzie di rating lo ha dimostrato Fitch che, martedì, ha tagliato il rating del Canada da AAA a AA+ con Outlook stabile. Ovvio che non si tratta di un cambio radicale ma segnala che si va in quella direzione.

Il generale basso livello dei tassi di interesse ha fatto tornare l’appetito per i bond matusalemme: questa settimana l’Austria ha emesso un’obbligazione a cento anni (scadenza 2120) con cedola 0.85% e le richieste sono stati consistenti, pari a oltre 17.7 miliardi di euro. Tre anni fa era stato collocato un titolo simile, sempre da parte di Vienna, il cui prezzo è salito di circa l’85%. La ricerca di rendimenti positivi e le aspettative basse di inflazione hanno consentito al governo austriaco di reperire risorse a costi davvero contenuti.

Scandalo in Germania per quella che viene definita la “Parmalat” tedesca. Wirecard, che era addirittura entrata nel Dax al posto di Commerzbank, è una società fintech che si occupa di pagamenti elettronici che è stata accusata di truffa contabile (che coinvolge anche le autorità di controllo e i revisori) in quanto gli 1.9 miliardi di euro mancanti dal bilancio non esistono sui conti delle banche alle quali la società si appoggia. Il CEO Marcus Braun si è dimesso ed è stato arrestato martedì. Le azioni sono crollate di circa l’85% in cinque giorni (attualmente il crollo è del 97%, da 104 euro a 3.10 euro) così come i bond che trattano a livello di default (con Moody’s che ha ritirato il rating). Bank of China sta valutando di chiudere un’importante linea di credito che metterebbe in difficoltà la continuità aziendale. Non essendo in grado di onorare due prestiti in scadenza per 800 milioni (30/6) e 500 milioni (1/7) ha presentato la domanda di apertura della procedura di insolvenza presso il tribunale di Monaco. I debiti totali ammontano a circa 3.5 miliardi di euro e gran parte degli asset sono intangibili in quanto la clientela corporate ne sta uscendo e i depositi, che erano pari a circa 1.7 miliardi lo scorso settembre, sono di conseguenza crollati.

Per quanto riguarda la fusione ISP-UBI, dopo che è stato aumentato il numero delle filiali di UBI che passerebbero a Bper (532), è arrivato il via libera della Consob e così l’OPS dovrebbe partire lunedì 6 luglio per concludersi il 24 luglio o il 31. Questa settimana il CDA di UBI si esprimerà in merito. Tra i grandi soci di UBI ricordiamo che il patto di sindacato (chiamato CAR) si è espresso in modo contrario all’operazione. Attualmente i valori delle azioni delle due banche si sono mossi in conformità al rapporto di concambio fissato il giorno in cui è stata comunicata l’operazione, ovvero 17 azioni di ISP ogni 10 di UBI. Nell’eventualità in cui l’operazione non dovesse andare a buon fine si parla di un interessamento di Banco BPM, che sembra essere in cerca di deal (forse Popolare di Sondrio, interessante anche per BPER, o la privatizzazione di Mps), a dimostrazione che il risiko bancario non è finito.

Sempre in ambito finanziario si parla di un’altra operazione: Generali, con 300 milioni, acquisirà il 25% circa di Cattolica Assicurazioni (la quinta compagnia assicurativa italiana) diventandone socio di riferimento. Con l’acquisizione Cattolica dovrà abbandonare lo status cooperativo (che ha da 124 anni) e trasformarsi in SpA. Ad oggi il principale azionista di Cattolica è Warren Buffet che, attraverso Berkshire Hathaway, detiene il 9% del capitale. Decisamente positiva la reazione del titolo che, sull’annuncio, guadagna il 38%.

QUESTA SETTIMANA

E’ ormai chiaro quali sono i fattori che il mercato guarda con più attenzione in questo periodo.

I dati epidemiologici vengono quotidianamente monitorati al fine di poter fare delle stime sui tempi della ripresa economica e dell’uscita dalla crisi. Fra un paio di settimane inizierà la stagione delle trimestrali, i dati delle aziende relativamente al trimestre che si sta concludendo daranno una prima idea di quale è stata la reazione dell’economia ad un inizio di rimozione del lockdown. Certo poi saranno importanti le guidance che le varie società rilasceranno per il resto del 2020 per capire quale visibilità hanno.

Durante la settimana avremo diverse testimonianze da parte di esponenti delle banche centrali che daranno una ulteriore conferma al supporto che la politica monetaria sta dando e continuerà a dare. Mercoledì verranno pubblicate le minute della Fed dalle quali potrà emergere un eventuale dibattito sul tema del controllo della curva dei rendimenti.

Giovedì, in anticipo di un giorno (venerdì viene festeggiato il giorno dell’indipendenza e la borsa è chiusa), consueto appuntamento con i dati mensili sul mercato del lavoro per il mese di giugno: attesi 3 milioni di nuovi posti di lavoro (da 2.5 precedente) e tasso di disoccupazione in calo al 12.4% (da 13.3%).

Sempre negli Stati Uniti verrà pubblicato i dati di fiducia delle imprese ISM attesi in miglioramento soprattutto nella componente relativa ai nuovi ordini.

In Russia è previsto il voto finale alla modifica della Costituzione che consentirebbe al presidente Putin di rimanere al potere per altri due mandati da sei anni quindi fino al 2036. Se ciò avvenisse Putin diventerebbe il leader rimasto più a lungo alla guida del paese dai tempi di Stalin.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

I mercati sono in una fase altalenante e di consolidamento da un paio di settimane.

Abbiamo già discusso della tipologia di investitori protagonista dell’ultima parte del rally. Questa settimana aggiungiamo un’ulteriore considerazione legata al periodo dell’anno. E’, infatti, opportuno segnalare che siamo vicini alla fine del semestre, ovvero il momento in cui i grossi investitori (tipo fondi pensione o fondi sovrani) ma anche semplicemente i fondi bilanciati, effettuano dei ribilanciamenti nei portafogli con componente azionaria e obbligazionaria, mentre per quelli che devono rendicontare si potrebbe avere il fenomeno del cosiddetto “window dressing”: gli investitori istituzionali, visto il forte recupero dei mercati azionari, potrebbero dover ribilanciare le componenti equity/bond riducendo la prima a favore della seconda mentre il fenomeno del “window dressing”, invece, potrebbe portare i gestori che devono rendicontare ai clienti, a fare vedere che nel portafoglio ci sono i titoli/settori/paesi vincenti. Il primo fattore potrebbe avere un peso maggiore visto il consistente peso della categoria di investitori tuttavia la debolezza che si genererebbe sui listini creerebbe delle opportunità di ingresso agli investitori (non retail) che ancora sono rimasti fuori dal mercato.

Si prospetta quindi un terzo trimestre dell’anno all’insegna della volatilità che continuerà ad essere protagonista soprattutto per il mercato azionario che, a differenza di quello obbligazionario di fatto controllato dalle banche centrali, è lasciato più libero di muoversi.  

Ovviamente rimane sempre valido quanto ripetiamo sempre, ovvero che in un momento in cui si teme un riemergere della pandemia, che metterebbe a rischio i già deboli consumi, diventa di vitale importanza l’intervento monetario e fiscale, in US dove la prima ondata non sembra ancora terminata, ma soprattutto in Europa, dove è necessaria una svolta che potrebbe essere determinante per il re-rating della regione.

La presenza, quindi, di banche centrali accomodanti e governi “attivi” rappresenta sicuramente una sorta di paracadute per il mercato (il cui “downside” dovrebbe essere limitato) ma non tutelerà completamente dalle innumerevoli fonti di disturbo che ci sono. Fra le principali e note citiamo: 1) le politiche protezionistiche che potrebbero essere attuate nell’inevitabile processo di de-globalizzazione che la pandemia ha comportato e ne abbiamo avuto un assaggio con il ritorno di minacce di introduzione di nuovi dazi in parecchi paesi; 2) le elezioni americane, e i relativi sondaggi, con uno scenario di rischio qualora il Senato passasse a democratici, a causa del probabile aumento della tassazione (delle imprese e delle persone fisiche con alto reddito) e del probabile ritorno della regolamentazione (dopo 3 anni di deregolamentazione con Trump).

La volatilità, però, non è di per sé necessariamente negativa ma permettere all’investitore attivo di approfittare dei movimenti di mercato di breve per posizionarsi in modo consono alla propria idea e strategia di più lungo termine.

In calo le performance delle nostre linee obbligazionarie che risentono della fase di risk-off. Positivo il contributo dell’esposizione all’oro.