Il mese di agosto è iniziato positivamente per i mercati azionari che nel complesso hanno guadagnato il 3.8% (MSCI World): il Nasdaq è stato ancora il traino principale dei listini americani continuando a fare nuovi massimi e arrivando a mettere a segno una performance del 33% da inizio anno. Rendimenti governativi stabili: il decennale americano ha visto un incremento del rendimento che lo ha distaccato dal minimo di 0.50% toccato a inizio mese. Sul fronte valutario segnaliamo il cambio EUR/USD che, dopo avere rotto il livello di 1.18 e quasi raggiunto 1.20, si sta ora muovendo nel trading range 1.17/1.20. Il movimento pro-ciclico dei mercati ha favorito le materie prime, soprattutto energetiche, mentre fra i metalli preziosi segnaliamo l’oro: il metallo giallo è riuscito a superare i 2000 dollari/oncia per poi leggermente ritracciare; l’argento, invece, ha messo a segno un bel guadagno (+9%) in quanto più legato all’attività economica. Anche gli indicatori di volatilità degli indici azionari (Vix per S&P500 e Vstoxx per Eurostoxx50) si sono assestati sui livelli vicini al periodo pre-pandemia a conferma del clima positivo sui risky assets.
Analizzando brevemente i principali dati macro usciti nel periodo emerge, nel complesso, un quadro positivo:
I PMI (che esprimono la fiducia delle imprese) per il mese di luglio, nelle principali aree, e l’ISM per gli Stati Uniti sono ulteriormente saliti da livelli già in fase di espansione (>50); in Eurozona sia il dato composite che le sue componenti (servizi e manifatturiero) si sono portate sopra il livello di 50 grazie, anche, al recupero di Italia e Germania; l’aumento dei contagi in Europa ha portato ad un leggero peggioramento delle stime preliminari per agosto che, però, si mantengono sopra la soglia di espansione;
il mercato del lavoro americano, per il mese di luglio, ha mostrato leggeri miglioramenti con il tasso di disoccupazione sceso a 10.2% (da 11.1% di giugno) accompagnato da un incremento dell’inflazione salariale;
sempre negli USA continuano a salire le vendite al dettaglio anche se ad un ritmo decisamente inferiore al precedente.
In generale si tratta di dati complessivamente buoni e, anche analizzando l’andamento degli Economic Surprise Indices elaborati da Citigroup, si nota come, sia negli Stati Uniti che in Europa, siano stabilmente migliori delle aspettative pur con un ritmo di crescita attenuato.
Per quanto riguarda il tema della pandemia la situazione è stabile con leggeri e inevitabili aumenti dei casi dovuti al maggior numero di tamponi e agli spostamenti per le vacanze dell’ultimo periodo. Nonostante ciò, i mercati si concentrano sulle notizie legate ai progressi che vengono fatti nella ricerca di vaccini. La Russia, a sorpresa, annuncia i buoni risultati (testati anche sulla figlia di Putin!) di un nuovo vaccino, chiamato “Sputnik5”, che tuttavia per le modalità di utilizzo potrebbe avere un costo tale da non renderlo accessibile a tutti. Anche Pfizer dichiara che il suo vaccino sta dando buoni risultati e verrà sottoposto all’approvazione dell’FDA americana (Food and Drug Administration) ad ottobre. Di oggi, infine, la notizia relativa all’approvazione da parte della FDA dell’utilizzo del plasma iperimmune per la cura dei casi più gravi. In generale, tutti i paesi si stanno portando avanti, “prenotando” dosi di vaccini che devono ancora essere testati in fase tre.
Fra Cina e Stati Uniti la situazione è altalenante: si cerca di fare il punto sull’accordo firmato a inizio anno e la Cina non sembra avervi adempiuto puntualmente guardando agli acquisti di prodotti Usa; gli Stati Uniti, dal canto loro, continuano a penalizzare Huawei (impedendole di partecipare al 5G) e prendendo di mira anche la app TikTok. Trump, infatti, vorrebbe bandire il social network amato dagli adolescenti in quanto di proprietà della cinese Bytedance accusata di non gestire correttamente il tema della privacy e di fornire informazioni al governo cinese. Microsoft sarebbe interessata all’acquisizione di TikTok per ottenere i dati necessari per capire gli interessi degli utenti. A metà settembre la situazione si dovrebbe meglio definire.
QUESTA SETTIMANA
Occhi sempre puntati sull’evoluzione della pandemia tra paesi che tentano di rimuovere le restrizioni e quelli che, invece, devono circoscrivere eventuali focolai.
Prosegue la campagna elettorale americana con la Convention Repubblicana e il discorso finale di Trump previsto per giovedì 27.
In settimana saranno pubblicati i dati settimanali sul mercato del lavoro americano dai quali si potrà evincere se ci saranno ancora miglioramenti.
Negli Stati Uniti molta attenzione verrà posta sulle notizie circa un accordo fra repubblicani e democratici sul nuovo pacchetto fiscale di stimoli.
L’annuale simposio di Jackson Hole (Wyoming) si terrà in streaming da parte della Fed di Kansas City e avrà come tema “Navigating the decade ahead: implication for monetary policy”. Ovviamente importante il discorso che terrà il presidente della Fed Jerome Powell.
Intanto in Europa proseguono le negoziazioni informali fra Regno Unito e UE per definire i futuri rapporti commerciali.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
Il mese di agosto prosegue, per ora, sotto controllo. I volumi, pur inferiori rispetto al resto dell’anno, sono stati in alcuni giorni addirittura al di sopra della media del periodo.
Da monitorare con attenzione il mercato obbligazionario dove il rischio è che, prima o poi, l’enorme spesa fiscale possa portare gli investitori a richiedere rendimenti più alti di quelli attuali. Le politiche monetarie sono iper-accomodanti e sappiamo che lo saranno ancora a lungo, ma il mercato impiega poco a prezzare uno scenario diverso qualora il debito raggiunga livelli troppo elevati o emergano segnali di inflazione. Per questo motivo, almeno negli Stati Uniti, un’eventuale decisione da parte della Fed di controllare la Yield Curve (di cui abbiamo parlato già) sul modello giapponese, mantenendo i tassi stabili, potrebbe aiutare a sostenere il comparto obbligazionario e, di conseguenza, quello azionario soprattutto a più alta crescita.
Ovviamente, affinché tutto ciò si verifichi, deve essere assolutamente evitato un nuovo lockdown e quindi la situazione della pandemia deve rimanere sotto controllo, evitando un aumento ulteriore della spesa pubblica. Lo scenario cambierà favorevolmente qualora si trovassero uno o più vaccini validi e testati (ragionevolmente nella primavera del 2021) in grado di porre fine ai contagi.
Il mercato sta proseguendo tranquillo nel suo andamento e prezza esattamente questo scenario. Ovviamente qualunque elemento divergente da quelli sposati degli investitori (no lockdown, sì tassi bassi) può provocare dei ritracciamenti.
Per gli indici americani abbiamo assistito al recupero più veloce della storia. Non è facile individuare potenziali nuovi catalyst (oltre alla scoperta di un vaccino prima dei tempi stimati) che spingano ulteriormente e violentemente al rialzo i listini quindi si naviga un po’ a vista consapevoli che i mercati, in assenza di notizie negative, possono tranquillamente proseguire inerzialmente.
Ad oggi l’elemento che catalizza la maggiore attenzione è rappresentato dall’avvicinarsi delle elezioni americane (3 novembre). Pur con modalità diverse (le convention sono virtuali) la campagna elettorale sta entrando nel vivo. Il rally dei mercati dall’elezione di Trump nel 2016 conferma che un presidente repubblicano è considerato maggiormente “market friendly”, soprattutto per il tema della tassazione e regolamentazione, tuttavia Biden non è così estremo come lo erano i potenziali candidati democratici alternativi e, soprattutto, una spaccatura del Congresso fra Repubblicani e Democratici potrebbe aiutare ad evitare decisioni troppo estreme indipendentemente dal vincitore alla Casa Bianca. Ad ogni modo, come sempre, il risultato delle elezioni porrà fine all’incertezza e quindi sarà una buona notizia (a meno che vinca Biden e le due camere vadano ai democratici). Nei sondaggi il divario fra Trump e l’avversario Biden è fra 4 e 10 punti a favore del secondo.
Da inizio mese le nostre linee di gestione hanno realizzato buone performance soprattutto, ovviamente, quelle a maggiore componente azionaria (Chronos in primis). Nelle linee bilanciate in gestione si è deciso di prendere profitto sulla tecnologia americana aumentando, nel contempo, la componente dollaro: è stato, quindi, venduto l’ETF Amundi Nasdaq coperto sul cambio ed è stato acquistato l’ETF iShares Dow Jones Industrial che pur mantenendo l’esposizione al mercato americano (replica l’indice Dow Jones) e in parte alla tecnologia, ha una maggiore diversificazione settoriale ed è esposto al cambio EUR/USD.
Mercati particolarmente euforici nelle ultime due settimane. Gli interventi a supporto da parte dei governi sono ormai consistenti, le banche centrali garantiscono massimo impegno in caso di necessita, la diffusione della pandemia sembra sotto controllo, nonostante il graduale rilascio dei vari lockdown, e gli indicatori macro vanno nella giusta direzione. Tutto ciò avvantaggia gli asset rischiosi e porta ad un ri-tracciamento dei c.d. “safe heaven assets” quali lo Yen Giapponese, il Franco Svizzero, l’oro e i governativi ritenuti più sicuri, ovvero il Bund tedesco e il Treasury americano, e si riflette anche sugli indicatori di volatilità (Vix e Vstoxx) che tornano verso livelli più “normali”. In indebolimento anche il Dollaro US che si avvicina al livello di 1.13 vs euro. Nell’azionario è interessante la sovraperformance dei listini e settori “value” che erano rimasti più indietro: l’Europa e, in particolare, il settore bancario. Rallentano la loro corsa, invece, i settori e paesi che meglio avevano performato: l’S&P500 è salito dell’8% circa nelle ultime due settimane e considerato che il Nasdaq guadagna “solo” il 4% si deduce che altri settori hanno contribuito in maniera più consistente (soprattutto finanziari e industriali), evidenziando una forte rotazione settoriale.
Analizziamo ora i principali eventi che hanno caratterizzato le ultime due settimane e dato un forte impulso ai mercati.
Fra i vari interventi in tema di politica fiscale segnaliamo quello da parte dell’Europa: la formulazione della proposta da parte della Commissione Europea per supportare la ripresa economica si è tradotta in un piano, chiamato “Next Generation EU”, che vale 750 miliardi di euro (500 miliardi a fondo perduto + 250 miliardi di prestiti) ed è finanziato sia da un’emissione congiunta di debito (rimborsabile in trenta anni a partire dal 2028) sia attraverso misure quali la Carbon Tax e la Digital Tax; comprende, come strumento principale, il “Recovery and Resilience Facility” (il vero e proprio “Recovery fund”) dotato di 560 miliardi di Euro di cui 310 a fondo perduto e 250 in forma di prestiti a lungo termine e a tassi agevolati. All’Italia andrebbe la quota più alta ovvero 172 miliardi di cui 82 a fondo perduto. I fondi dovranno avere determinati utilizzi che saranno essenzialmente legati alla realizzazione di riforme e investimenti in linea con le raccomandazioni della UE (tema green, digitalizzazione, sostenibilità e inclusione sociale), al raggiungimento dei target di riforma si “sbloccheranno” le varie tranche.
Nello scorso commento avevamo parlato di “asimmetria”, fra i diversi paesi, nell’impatto della crisi sanitaria e della conseguente necessità di un intervento atto a livellare gli squilibri. Il Recovery Fund va esattamente in quella direzione dato che Italia e Spagna, i paesi più impattati da Covid19, otterranno il contributo maggiore. La Von der Leyen ha ribadito che un’economia in difficoltà ne indebolisce una forte e quindi è necessario agire in modo unitario con proposte coraggiose. La proposta del recovery fund da 750 miliardi si aggiungerà ai 1.100 miliardi di rafforzamento del bilancio pluriennale UE, ai 540 miliardi di misure già approvate (Mes light, senza condizionalità, Sure per la disoccupazione – all’Italia si stima arriveranno circa 20 miliardi – e fondi Bei). Il fondo dovrebbe essere operativo dal prossimo primo gennaio.
Ovviamente il provvedimento deve essere ratificato dai 27 stati membri e le trattative non saranno semplici ma almeno il punto di partenza non è male. Il consiglio Europeo si riunirà il 18 giugno per l’approvazione previa analisi preliminare dell’Eurogruppo questa settimana.
Ogni paese contribuisce al bilancio della UE e, se consideriamo che il contributo dell’Italia sulla base della crescita degli ultimi dieci anni dovrebbe essere di circa 56 miliardi, il trasferimento netto diventa di 26 miliardi, circa l’1.5% del Pil.
Oltre a questa azione congiunta anche i diversi paesi si sono dimostrati parecchio attivi: la Germania, ad esempio, annuncia uno stimolo fiscale pari a 130 miliardi di euro (circa il 4% del Pil), per la seconda parte dell’anno, che prevede, fra le altre cose, un taglio dell’IVA di tre punti per sei mesi con l’obiettivo di incentivare i consumi. In Cina si parla di “helicopter money” per la proposta di offrire buoni spesa ai cittadini per 1.7 miliardi di dollari sempre in ottica di stimolare i consumi.
Il governo tedesco, inoltre, ha stanziato nove miliardi per il salvataggio (bail-out) di Lufthansa. Mentre la Francia ha deciso di sostenere il settore automobilistico con aiuti pari a 8 miliardi (dei quali ben 5 a Renault) al fine di rendere il comparto all’avanguardia nella produzione di veicoli elettrici.
Ad aiutare il sentiment di mercato è intervenuta anche la BCE, prima con le parole del governatore francese Villeroy, che ha affermato che la Capital Key (regola che costringe la BCE ad acquistare titoli di stato dei vari paesi in funzione delle dimensioni economiche) è un vincolo non richiesto nel programma PEPP motivo per cui si sta pensando di rafforzare il PEPP switchando dal PSPP (soggetto alla capital key), poi con la conferenza stampa della BCE.
La Lagarde ha dimostrato una discreta fermezza annunciando un incremento del programma PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) di 600 miliardi di euro (che arriva così a 1350 miliardi in totale, ricordiamo che era partito con una size di 120 miliardi) superiore alle aspettative degli analisti (500 miliardi). Inoltre, la durata è stata estesa almeno fino a giugno 2021 ed è stato introdotto il reinvestimento dei proventi e dei titoli scaduti fino a dicembre 2022 (novità più dirompente).
La deviazione dai principi del capital key porta beneficio soprattutto ai BTP. Dalla pubblicazione del bilancio dei primi due mesi di programma emerge che gli acquisti PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programm) hanno raggiunto i 37.4 miliardi di euro di BTP pari al 21.6% del totale (5% oltre il coefficiente di capital key) ai quali si aggiungono i 2.85 miliardi di acquisti del normale programma QE. Con una dotazione di 750 miliardi il PEPP ha già acquistato titoli in Eurozona per 234 miliardi.
Il programma PEPP sta acquisendo una potenza di fuoco: non è semplicemente uno strumento per combattere la frammentazione del mercato e la volatilità, potendo intervenire con flessibilità su diverse asset class, ma è direttamente legato all’obiettivo di price stability nel mandato della BCE, quindi diventa a tutti gli effetti un’arma del suo arsenale, un bazooka che, a differenza dell’OMT, non ha condizionalità. Il Governing Council della ECB ha intenzione di proseguire negli acquisti finché la crisi legata al corona virus non sarà superata.
La BCE ha ribadito che i tassi rimarranno bassi (“at their present or lower levels”) finché l’inflazione non sarà vicina al 2%. Il programma normale di QE rimarrà in piedi al ritmo di 20 miliardi al mese ai quali si aggiungono i 120 miliardi annunciati a marzo e che verranno impiegati fino a fine anno.
Oltre alla sorpresa positiva in termine di misure intraprese il mercato ha decisamente apprezzato la determinazione a proseguire nell’utilizzo dell’arsenale della BCE, se necessario. Non si è discusso di un eventuale inclusione dei “fallen angels” nel programma PEPP ma non è neanche escluso che lo si prenderà in considerazione nella prossima riunione.
Quindi, sia la proposta della Commissione Europea che l’azione della BCE hanno agevolato il rally dei BTP e il Tesoro italiano ne ha approfittato per collocare un nuovo BTP decennale con scadenza 1/12/30 di ammontare pari a 14 miliardi di euro e una domanda da parte degli investitori superiore a 108 miliardi (record per una singola emissione a livello europeo). Il titolo è stato collocato a 99.52 di prezzo con un rendimento lordo annuo all’emissione pari a 1.707% (cedola 1.65%) e attualmente tratta sopra 101. Il “paracadute” offerto dalla BCE ha fatto tornare l’appetito per i BTP che continuano ad offrire rendimenti superiori a quelli degli altri paesi europei. L’80% della richiesta è arrivata da investitori non domestici. Con questa operazione il Tesoro è arrivato a coprire circa il 58% del fabbisogno annuale.
Dal punto di vista macro le stime della BCE sono per una recessione tale da portare ad una discesa del Pil per l’Eurozona pari a -8.7% nel 2020 nello scenario base. L’output perso durante la pandemia verrà recuperato in circa tre anni e i rischi sono mantenuti al ribasso. Nel 2021 il recupero atteso è del 5.2% e del 3.3% nel 2022.
I dati macroeconomici, pur segnalando ancora una situazione di notevole stress, stanno evolvendo verso un graduale miglioramento: i vari dati di fiducia delle imprese usciti in diversi paesi, rimangono sotto il livello di 50 (che delimita la contrazione dell’espansione) ma recuperano rispetto al mese precedente. In Cina, invece, i PMI di maggio sono tornati in area di espansione: la componente servizi è salita a 55 (da 44), livello più alto dal 2010, il composite è passato da 47.6 a 54.5. Anche l’IFO tedesco, nella componente “expectations” porta a segno un notevole recupero passando da 69.4 a 80.1.
Venerdì il mercato ha ricevuto un’ulteriore spinta dalla pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro americano: i nuovi occupati salgono di 2.5 milioni (le attese erano per una perdita di posti di lavoro pari a 7.5 milioni) e il tasso di disoccupazione scende a 13.3% (verso stime che lo davano in aumento a 19.1%) con salari orari in calo dell’1% rispetto al mese precedente. Il Presidente Trump ha inoltre dichiarato che il mercato del lavoro migliorerà ulteriormente e ha intenzione di aggiungere nuovi stimoli quali, ad esempio, il taglio delle tasse e incentivi per il settore dei ristoranti e dell’entertainment.
Sul fronte geo-politico si mantiene alta la tensione fra Stati Uniti e Cina (con varie misure e conseguenti rappresaglie) mentre proseguono le proteste a Hong Kong in seguito all’approvazione, da parte del Parlamento, della legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong. Tale legge è vista come minaccia allo stato di “un paese solo, due sistemi” che ha sempre caratterizzato lo status dell’ex colonia britannica. Ricordiamo che, per gli Stati Uniti, Hong Kong beneficia di un regime commerciale speciale che la esclude dai dazi imposti alla Cina. Qualora dovesse perdere la propria autonomia Washington è pronta a revocare lo status speciale e il segretario di stato Pompeo è già pronto. Il Reminbi, valuta cinese, di solito riflette le tensioni geopolitiche: attualmente, dopo uno spike a 7.16 vs USD si è riportato al livello degli ultimi mesi segnalando, comunque, che la situazione sembra essere sotto controllo.
Qualche difficoltà in UK per l’accordo post-Brexit: il 30 giugno ci sarà la deadline per chiedere un’estensione del periodo di transizione ma Boris Johnson dichiara che non chiederà nessun rinvio e si teme, quindi, un no-deal.
Il CdA di Intesa Sanpaolo ha dato il via libera al finanziamento di 6.5 miliardi per FCA Italy (la controllata italiana). Ora occorre ottenere la garanzia pubblica da SACE (pari all’80%) e il decreto del Tesoro previa approvazione della Corte dei conti. Il finanziamento ha come obiettivo supportare il settore automobilistico e la relativa filiera (comparto che, servizi compresi, impiega circa un milione di persone e genera un fatturato pari al 19% del Pil generando un gettito fiscale pari al 16% delle entrate tributarie) aiutando il pagamento dei dipendenti, dei fornitori e realizzare investimenti attraverso il meccanismo innovativo di C/C dedicati. Il programma di aiuti è stato così esteso anche alle aziende che hanno distribuito dividendi o fatto buyback nel corso del 2020 ma alla condizione che non vengano riproposti nei successivi 12 mesi. Il prestito dovrà essere restituito nel giro di tre anni a tassi agevolati ovviamente.
Per quanto riguarda l’ipotetica fusione fra Ubi e Intesa Sanpaolo sembra che la prima si stia appellando al fatto che ISP non ha comunicato in tempo la rinuncia alla clausola Mac (Material adverse change), ovvero alle condizioni sospensive che possono scattare per eventi eccezionali come le pandemie. La cosiddetta “passivity rule”, impedendo agli amministratori della società target di attuare strategie difensive, sta di fatto paralizzando l’attività di Ubi Banca che non può cedere asset o fare emissioni obbligazionarie e la banca vorrebbe liberarsene. Nel fine settimana ISP ha chiarito che non includerà la pandemia e i suoi effetti fra le condizioni di efficacia dell’OPS, in questo modo vorrebbe fare decadere le contestazioni di UBI che si è rivolta al Tribunale di Milano. Intanto la BCE ha dato il via libera all’acquisizione e ora manca il verdetto dell’Antitrust attesa per metà luglio. Poi è richiesta l’approvazione del prospetto da parte di Consob e il nulla osta dell’IVASS.
QUESTA SETTIMANA
La videoconferenza tra paesi OPEC e OPEC+, inizialmente prevista per martedì 9 giugno, si è tenuta nel fine settimana. I paesi produttori di petrolio, guidati da Arabia Saudita e Russia, hanno deciso di mantenere fino a luglio i tagli alla produzione del greggio che attualmente rappresentano circa l’11% dell’offerta.
Occhi sempre puntati sul controllo della diffusione su Covid19 man mano che tutte le economie stanno gradualmente tornando verso la normalità.
Attenzione anche a quanto succede ad Hong Kong, importante che la situazione non degeneri ulteriormente e che non vengano compromessi i progressi nei negoziati fra Cina e Stati Uniti.
Martedì 9 giugno avremo la pubblicazione del dato definitivo sul Pil relativo al primo trimestre per l’Eurozona. Le attese sono una conferma di -3.2% anno/anno e -3.8% trimestre/trimestre.
Mercoledì 10 giugno la FED comunicherà le proprie decisioni in tema di politica monetaria. Non sono attese modifiche (tassi stabili nel range 0%-0.25%) ma un maggiore focus sullo scenario futuro e sulle aspettative da gestire. La ripresa dovrebbe essere graduale ma con parecchia incertezza. I tassi dovrebbero rimanere stabili ma la Fed potrebbe decidere di rafforzare la forward guidance continuando a dare la disponibilità ad ulteriori interventi, se necessario, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. Si discuterà probabilmente di “yield curve control” ovvero dell’idea di fissare rendimenti target su certe scadenze della curva dei Treasuries.
Giovedì 11 i ministri delle finanze dei paesi dell’Eurozona discuteranno il pacchetto di aiuti proposto dalla commissione Europea.
In settimana l’OECD pubblicherà l’economic outlook, l’analisi pubblicata due volte l’anno sullo stato delle varie economie, sulle prospettive e gli sviluppi internazionali.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
I mercati stanno vivendo una fase decisamente positiva favorita da una ripresa dell’attività, che non sembra fortunatamente accompagnata da una ripresa dei contagi, e da autorità monetarie e governative che finalmente sono tutte allineate nel garantire pieno supporto.
Se a inizio anno tanti investitori ritenevano che il mercato fosse caro (e post Covid19 si vantavano di avere scaricato le posizioni, come se sapessero dell’arrivo del virus…) adesso che il mercato in aggregato si sta avvicinando ai livelli pre-crisi, considerato che la crescita economica e gli utili non torneranno a quei livelli così velocemente il mercato dovrebbe essere considerato ancora più caro.
Perché il mercato, allora, si sta riportando verso i livelli precedenti?
Gli investitori devono cercare impieghi per l’enorme quantità di liquidità che le banche centrali stanno riversando nell’economia e intravedere, comunque, un principio di ripresa dell’attività normale porta ad effettuare acquisti verso i settori, più ciclici, rimasti indietro (perché colpiti più duramente dalla crisi). Questo giustifica l’euforia dei mercati che continuano a salire trainati da settori diversi.
E’ vero che l’azione delle banche centrali è sicuramente determinante nel portare gli asset allocator verso l’investimento azionario ma consideriamo che, anche prima della crisi, soprattutto dopo il 2018, avevamo capito che le banche centrali sarebbero state accomodanti ancora a lungo e sicuramente oltre l’inizio di ripresa dell’inflazione.
Cos’è allora l’elemento che si è rivelato più determinante e che rappresenta la maggiore differenza rispetto alla situazione precedente?
E’ rappresentato dallo sblocco, finalmente, dello stimolo fiscale. In uno dei commenti scritti all’inizio della pandemia avevamo citato come possibile effetto positivo esattamente questo, ovvero che la crisi avrebbe potuto forzare qualcosa che, altrimenti, sarebbe rimasto fermo e cioè l’espansione fiscale. Sebbene lo stimolo fiscale sia avvenuto non come strumento propulsivo ma come strumento di contenimento dei danni è pur vero che, grazie ad esso, si è potuto azionare un nuovo volano della crescita.
Gli stimoli sono di tutto rispetto: in Giappone siamo al 40% del Pil, negli Stati Uniti più del 20% del Pil. Il Recovery Fund europeo rappresenta il 3.6% del Pil Eurozona e porta il totale degli aiuti al 15% del Pil e pure la Germania con il suo deficit previsto pari al 10% del Pil ha decisamente dato una svolta alla propria politica fiscale.
Grazie a questo nonostante le stime di crescita del Pil mondiale siano brutte (di recente Fitch le ha abbassate per il 2020 da -3.9% a -4.6% a causa soprattutto dell’Europa) e anche la BCE, nel Financial Stability Review, ha evidenziato i rischi tuttora presenti nel sistema (elevati debiti, banche poco profittevoli, alta probabilità di default aziendali) che minano un immediato ritorno alla normalità, i mercati vedono il 2020 come un “vuoto d’aria” e si focalizzano sul dopo.
Certo un giorno si dovranno fare dei conti: il primo è quello che abbiamo sempre citato, ovvero il saldo fra danni subiti e interventi di supporto, il secondo è la quantificazione dell’enorme ammontare di debito in più che si è creato e che avrà un costo; si stimano incrementi del rapporto debito/Pil nell’ordine del 30% almeno. Sono considerazioni, però, che si faranno più in là nel tempo e che adesso risultano premature.
Nel mentre, il mercato ondeggia fra un minimo di raziocinio e un’euforia che porta gli indici ad un livello superiore a quello suggerito dai fondamentali ma che, tuttavia, può essere coerente nell’attuale contesto di stimoli.
La settimana, iniziata molto positivamente per i mercati azionari, si è conclusa con un deciso ritracciamento che si è manifestato soprattutto sui mercati americani dato che quelli europei (escluso UK) venerdì sono stati chiusi per la festività del primo maggio.
Le notizie alla base della positiva partenza sono essenzialmente due:
il Remdesivir di Gilead (antivirale sviluppato per Ebola) sembra essersi dimostrato efficiente nell’ottenere una ripresa rapida nei pazienti in rianimazione e diventerà la cura standard per Covid19. La FDA (Food and Drug Administration) sta lavorando con Gilead per rendere subito disponibile la medicina. Consideriamo che si tratta di un farmaco utilizzato in fase tre, ovvero nei pazienti in terapia intensiva e non di un vaccino;
la Fed ha fatto capire che l’attuale politica monetaria accomodante verrà mantenuta fintanto che non si vedranno segnali di un’economia in grado di raggiungere gli obiettivi di occupazione e stabilità dei prezzi. Il mercato stima che questa “attesa” potrebbe durare fino al 2022 o 2023 e gradisce decisamente la “droga” che caratterizzerà i prossimi anni.
La Fed, infatti, pur lasciando i tassi a zero come da attese (consideriamo che ultimamente sta intervenendo al di fuori dei meeting ufficiali con provvedimenti molto radicali), ha ribadito che agirà con qualunque mezzo per limitare gli effetti di una crisi che pone “considerevoli rischi” nel breve e anche nel medio termine.
Queste notizie sono state in grado di fare “digerire” ai mercati i pesanti dati relativi al GDP del primo trimestre:
US -4.8%: si tratta del peggior calo dal 2008 e, se consideriamo che il paese è andato in lockdown nella seconda metà di marzo, il secondo trimestre potrebbe essere peggiore:
Eurozona -3.3%: il dettaglio geografico vede un dato di -5.4% per la Francia e -4.8% per l’Italia.
Neanche la decisione di Fitch ha particolarmente turbato i mercati: nella serata di martedì l’agenzia di rating ha, inaspettatamente (in anticipo rispetto alla data prevista del 10 luglio), tagliato il giudizio sul debito italiano a BBB- (da BBB) con outlook stabile (da negativo). Il debito italiano raggiunge così l’ultimo livello prima del “junk”. Le ragioni citate da Fitch riguardano l’alto livello di debito e deficit raggiunti con la crisi legata a Covid19. Per il 2020 si prevede una contrazione del Pil pari all’8% e un rapporto debito/pil pari al 156%. La reazione dei mercati è stata decisamente migliore di quanto ci si sarebbe potuti aspettare. Probabilmente la BCE ha, ancora una volta, fatto da paracadute.
Quello che ha rovinato un po’ la festa sono state le dichiarazioni “bellicose” di Trump nei confronti della Cina, accusata di avere avuto un ruolo attivo nella diffusione della pandemia. Il presidente americano ha minacciato di venire meno agli accordi di gennaio e imporre invece nuovi dazi facendo così riemergere il rischio geo-politico.
Anche la performance della BCE non è stata particolarmente apprezzata perché è mancata un po’ l’incisività nei commenti e nell’azione: i tassi di interesse sono stati lasciati invariati (come atteso), la banca centrale è intervenuta solo per migliorare la liquidità del sistema riducendo i tassi sul TLTRO e introducendo i PELTRO (Pandemic Emergency LTRO) a tassi agevolati ma non ha incrementato la dimensione del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) né introdotto i titoli High Yield nel programma di QE.
Per quanto riguarda il petrolio segnaliamo qualche buona notizia che ha contribuito a fare assestare il prezzo del WTI intorno ai 18 dollari/barile:
il famoso ETC americano (USO, US oil fund), con asset pari a tre miliardi di dollari, ha modificato la propria strategia di “rolling” delle posizioni sui futures vendendo la scadenza di giugno e posizionandosi su una maggiore porzione di curva (luglio 2020 – giugno 2021);
le banche cinesi, dopo che parecchi clienti hanno perso molti soldi investendo sui prodotti strutturati legati al WTI, hanno deciso di sospenderne la vendita di ETC sul petrolio;
l’Arabia sembra abbia accelerato con i tagli così come Kuwait, Algeria, Nigeria e Russia che hanno agito in anticipo rispetto alla data del primo maggio;
in US sono stati chiusi parecchi impianti dopo che in Oklahoma è stata sospesa la legge che impone di continuare l’attività per mantenere la licenza di estrazione.
Quindi il venir meno di parecchi acquirenti (speculatori e non investitori), unito alla maggiore esposizione degli ETC su tutte le scadenze della curva, dovrebbe aiutare a “pulire” il mercato dagli eccessi irrazionali e renderlo un po’ più legato alle dinamiche di domanda e offerta. Lato offerta qualcosa si sta muovendo, anche se non ancora sufficiente per riequilibrare il disallineamento con la domanda, vedremo se il rilascio graduale del lockdown produrrà effetti visibili sui consumi.
Sul fronte della reporting season americana con il 56% delle società dell’S&P500 che ha riportato, il calo degli utili si attesta all’8.6%: come prevedibile gli unici settori che mostrano una crescita degli utili sono la tecnologia, il settore farmaceutico e le utilities.
Che l’attuale situazione stia accelerando trend già in atto lo dimostra Google che, deludendo sugli utili, ha sorpreso in positivo sul fatturato grazie al business del cloud (+52%) e Youtube (+34%) andati particolarmente bene in questo periodo.
In Europa siamo al 50% della reporting season per le società appartenenti all’Eurostoxx600 e i dati sono un po’ meno incoraggianti: il calo degli utili si attesta al 24.8%, anche in Europa si salvano solo il settore farmaceutico e quello legato alle utilities.
In fermento il settore bancario: DB ha riportato anticipazioni sulla trimestrale che mostrano un utile (vs perdita attesa) grazie all’attività di trading (come per alcune banche americane) e ricavi invariati. Accantonamenti a NPL minori delle attese.
Molto importante la dichiarazione di Messina di volere remunerare in maniera “significativa e sostenibile” gli azionisti con i dividendi. Come indicato dall’autorità il dividendo 2019 è stato accantonato a riserva ma si vocifera che in autunno ci potrebbe essere la distribuzione in via straordinaria grazie ad una disponibilità di 19 miliardi di capitale (consideriamo che negli ultimi 5 anni intesa ha distribuito 13.5 miliardi di dividendi e per il 2019 ne erano previsti 3.4 miliardi). Il settore bancario è stato parecchio penalizzato in Borsa dalla decisione di sospendere il pagamento dei dividendi.
Sul fronte fusione ISP-UBI l’assemblea di Intesa ha autorizzato l’aumento di capitale per finanziare l’acquisizione pari a
1.94 miliardi di nuove azioni (rapporto di cambio 17 azioni ISP ogni 10 azioni UBI) pari a 1.011 miliardi di euro, con il 52% del capitale complessivo favorevole (il 98% dei partecipanti). L’azionariato di Intesa si dimostra compatto nell’appoggiare una fusione che creerà un gruppo con ricavi superiori a 6 miliardi dal 2022 grazie a 730 milioni di sinergie per anno. L’AD di Intesa Messina ha evidenziato che il deal andrà avanti anche se le adesioni non raggiungeranno il 70% (soglia necessaria per procedere alla fusione vera e propria sviluppando le sinergie) ma saranno superiori al 50% +1.
Il tesoro ha reso noti i dettagli del nuovo BTP Italia in collocamento dal 18 maggio: si prevede una durata di 5 anni (per la prima volta) e un premio fedeltà pari all’8 per mille (invece del solito 4 per mille) per coloro che manterranno il titolo fino a scadenza (2025). Le cedole rimangono semestrali e indicizzate al FOI (indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi) con il recupero dell’inflazione maturata nel periodo ma tasso reale garantito. La scadenza di 5 anni è ritenuta adeguata sia per gli investitori (non troppo lunga) che per la gestione del debito da parte del Tesoro.
QUESTA SETTIMANA
Nella settimana in cui parecchi paesi stanno gradualmente rimuovendo il lockdown sarà importante verificare che non ci sia un’impennata dei contagi che costringa le autorità a rivedere le decisioni e ad introdurre nuovamente le restrizioni.
Lunedì 4 maggio la Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen, discuterà l’impiego di 7.5 miliardi di dollari per finanziare lo sviluppo di un vaccino contro il corona virus; si riunirà nuovamente l’8 maggio per la pubblicazione delle Economic Forecasts (le prime rilasciate dopo il lockdown) e la discussione delle proposte relative al recovery fund. Martedì 5 la Reserve Bank of Australia comunicherà la propria decisione di politica monetaria (i tassi dovrebbero rimanere fermi al 0.25% – minimo storico) mentre giovedì 7 toccherà alla Bank of England (attesi tassi fermi allo 0.10% – minimo storico).
L’8 maggio si pronunceranno sul rating italiano le agenzie Moody’s e DBRS. Il Chief economist di Moody’s Mark Zandi ha detto che si aspettano una contrazione del Pil del 9.3% questo anno e una ripresa del 6.1% il prossimo.
Venerdì la settimana si concluderà con il report mensile (di aprile) relativo al mercato del lavoro americano: atteso il più serio deterioramento da quando è iniziata la serie storica (1939). I Non farm payrolls (nuovi assunti escluso il settore agricolo) sono attesi in calo di quasi 22 milioni da marzo con un tasso di disoccupazione che dovrebbe arrivare al 16% .
CONSIDERAZIONI FINALI
Con i mercati azionari che sono saliti complessivamente del 25% dai minimi di marzo tanta gente si domanda come ci possa essere una tale dicotomia tra l’andamento dell’economia (sia micro che macro) e le borse.
Sappiamo bene che il mercato tende ad anticipare gli eventi fattorizzandoli subito e posizionandosi in modo più o meno coerente con quello che si ritiene sarà il nuovo contesto. In presenza di una recessione la ripresa dei mercati di solito comincia ad avvenire a metà della recessione o comunque quando si individua il bottom per l’economia. Inoltre, se consideriamo che fra un anno gli utili saranno ad un livello più alto dell’attuale e li attualizziamo a tassi ancora più bassi dei precedenti (e che tali rimarranno per un bel po’), otteniamo valutazioni azionarie più attraenti. Magari non così attraenti come nei mesi scorsi (perché comunque gli utili non torneranno facilmente e velocemente agli stessi valori di prima) ma relativamente al mondo obbligazionario sì. Riguardo a quest’ultimo, inoltre, le banche centrali stanno dispiegando tutte le loro forze per comprare governativi (ultima la BOJ che ha dichiarato di volere fare acquisti illimitati) e per sostenere il credito, dandone implicita garanzia ed evitando possibili crisi di liquidità.
Possiamo ritenere che l’economia sarà ancora drogata dalla liquidità e dalla politica monetaria? Certamente, si sta facendo di tutto affinché la recessione sia semplicemente “tecnica” (due trimestri di crescita negativa) e che ci sia una qualche forma di recovery (sono state utilizzate tutte le lettere per ipotizzarne la forma..U.. V … N … J …e adesso hanno aggiunto anche lo “swoosh” della Nike!). Se si crede alla riuscita di questa impresa allora vale la pena cavalcare il trend e approfittare degli inevitabili stop&go per entrare.
Appurato che il danno all’economia lo possiamo abbastanza stimare dai dati sul GDP dei diversi paesi, possiamo considerare individuato il bottom dell’economia. Tutto sta ora nel capire quanto le politiche monetarie (ultra- accomodanti) e quelle fiscali (molto espansive) riusciranno a compensare i danni subiti e fare ripartire l’economia.
A conferma di quanto detto basta osservare la performance del mercato americano rispetto a quello europeo: da inizio anno ci sono circa 10 punti percentuali di differenza a favore del primo.
Gli Stati Uniti hanno subito scatenato la potenza di fuoco di una politica fiscale che non ha precedenti e una politica monetaria di gran lunga più attiva rispetto a quella europea. La Fed ha acquistato Treasury per circa 1.4 triliardi di dollari in circa due mesi mentre la BCE ha acquistato titoli di stato europei per circa 50 miliardi di euro (i dati sul PEPP non sono ancora disponibili). una notevole differenza che si è rispecchiata nella performance delle borse.
C’è da dire, anche, che il listino americano vede una maggiore presenza dei settori che beneficiano dell’attuale momento ovvero la tecnologia e il farmaceutico. Per questi due settori, soprattutto per il primo, la pandemia non ha fatto altro che accelerare delle tendenze già in atto.
Ovviamente i mercati, come sempre, possono esagerare in una direzione o nell’altra andando ad anticipare scenari troppo positivi o troppo negativi. Nel primo caso potrebbero esserci delusioni qualora la ripresa non fosse così forte terminato il lockdown o qualora una ripresa della curva dei contagi costringa a ulteriori stop all’economia. Nel secondo caso, invece, gli investitori sarebbero costretti ad entrare nel mercato spinti da dati migliori delle aspettative e dal timore di restare fuori dal mercato (il famoso FOMO – Fear Of Missing Out).
Speriamo che non si verifichi il solito “sell in may and go away”!