INDICI DI MERCATO
COMMENTO ULTIMA SETTIMANA
Settimana decisamente positiva per i mercati, soprattutto quelli azionari che beneficiano delle forti aspettative sul pacchetto fiscale americano che potrebbe raggiungere quanto i desiderata dei democratici (1.900 miliardi di dollari). In Italia la notizia della formazione del governo Draghi porta un indubbio vantaggio ai BTP (il decennale è arrivato a 0.45% di rendimento) e allo spread (sceso sotto 100 bps e attualmente stabile intorno a 90 bps).
Il buon “mood” sul comparto azionario è dimostrato anche dai flussi verso i fondi azionari: l’ultimo dato disponibile ha raggiunto il livello massimo da quando esiste la serie storica (circa 20 anni).
Anche gli indicatori di volatilità (Vix per S&P500 e Vstoxx per Eurostoxx 50) si attestano su livelli estremamente bassi, segno o che il mercato percepisce minori tensioni (positivo) o di maggiore accondiscendenza (più preoccupante).
In settimana sono continuati ad arrivare messaggi rassicuranti da parte delle banche centrali: Christine Lagarde ha ribadito che la politica monetaria deve rimanere accomodante nonostante l’aumento dell’inflazione ma la politica fiscale resta cruciale; stesso messaggio dagli Stati Uniti, dove la presidente della Fed di Cleveland ribadisce che la politica monetaria resterà accomodante per molto tempo poiché l’economia è ancora lontana dagli obiettivi di massimo impiego e stabilità dei prezzi; lo stesso Powell sostiene che la disoccupazione è tale per cui ci vorrà parecchio tempo affinché un eventuale surriscaldamento dell’economia arrivi ad impattare sull’inflazione.
In tema di rapporti fra Cina e Stati Uniti in settimana c’è stata la prima telefonata tra Biden e Xi Jing Ping (avvenuta, secondo alcuni, non proprio tempestivamente): se, indubbiamente, i toni sono cambiati rispetto all’amministrazione precedente, è anche vero che quando è stato trattato il tema dei diritti umani e delle libertà individuali il presidente cinese ha ribadito che gli affari interni non devono interessare nessuna forza straniera. Rimane, quindi, un tema delicato e un fronte ancora aperto.
Niente impeachment per Donald Trump al Senato dove non si riesce ad arrivare alla maggioranza di 2/3 necessaria per mettere ufficialmente l’ex presidente fuori dai giochi. Alcuni senatori repubblicani hanno votato a favore ma non in numero sufficiente a fare passare il provvedimento. Trump potrà, così, ricandidarsi alle elezioni del 2024.
Come abbiamo scritto all’inizio il newsflow politico italiano garantisce una buona intonazione ai nostri titoli di stato che, nonostante in settimana siano stati collocati nove miliardi di BTP (scadenza 3,7 e 20 anni) con una domanda pari a 13 miliardi, mantengono rendimenti estremamente bassi. Il prossimo obiettivo dei BTP potrebbe essere quello di raggiungere i livelli di rendimento dei Bonos (titoli di stato spagnoli che rendono la metà dei nostri). Secondo alcuni analisti, inoltre, il Tesoro dovrebbe approfittare della situazione contingente per cominciare a pensare all’ipotesi di un’emissione di un BTP matusalemme (100 anni) che, idealmente, potrebbe rendere ad oggi il 2.5%. Per ora la scadenza più lunga di un BTP è 50 anni, si tratta di un’emissione del 2016 (quindi scadenza 2067) che rende l’1.7% (cedola 2.8%).
Si torna a parlare di M&A bancario in Italia, con Draghi che dovrebbe accelerare il processo di consolidamento, e il settore reagisce con un forte rerating. MPS, nello specifico, beneficia di due fattori: 1) le negoziazioni in corso renderebbero neutrale per Unicredit l’acquisizione da un punto di vista del capitale (grazie ai crediti fiscali pari a 2.5 miliardi per DTA – deferred tax assets- alla la garanzia sui quasi 10 miliardi di contenzioso legale e all’intervento di Amco per l’ulteriore pulizia dei bilanci) e 2) manifestazioni di interesse verso l’istituto di Siena sono giunte sia dal presidente di Unicredit Padoan che da diversi fondi fra i quali il fondo Apollo (che intende esaminarne i conti). Su questa seconda ipotesi Equita Sim esprime perplessità dato che per definizione l’orizzonte temporale di un fondo è di breve termine e la strategia, di conseguenza, più aggressiva.
Il risiko italiano bancario coinvolge, come sappiamo, anche BancoBPM che, secondo le ultime indiscrezioni potrebbe rientrare nel piano di acquisizioni di Unicredit insieme a MPS. In questo caso le “nozze” naturali fra BancoBPM e BPER verrebbero ostacolate con l’istituto di Modena che potrebbe valutare la Popolare di Sondrio.
Oltre alle news sul risiko il settore ha beneficiato anche della reporting season che è andata bene non tanto per i dati sugli utili (livello aggregato molto basso e simile a quello di dieci anni fa) quanto per le prospettive sui dividendi. Tutte le principali banche (sia tradizionali che più “asset gatherer”) pagheranno quanto possibile in base ai vincoli imposti dalla BCE (livello più basso tra 15% degli utili 2019/2020 e 0.20% in termini di Cet1) ma sono pronte, appena questi verranno meno, a distribuire interamente quanto disponibile. A fine luglio il regolatore valuterà gli stress test dell’Eba e deciderà quali banche potranno remunerare ulteriormente gli azionisti perché la qualità del capitale risulta adeguata.
Sul fronte dei dati macroeconomici segnaliamo che è uscita leggermente in rialzo (ma meno delle attese) l’inflazione US di gennaio che segna un +1.4% anno/anno. Sul tema inflazione, se il piano Biden andrà in porto, ci potrebbe anche essere un impatto positivo derivante dal raddoppio del salario minimo orario (a 15 dollari). Il tema dell’inflazione sappiamo che è attentamente osservato perché impatta sui tassi reali e potenzialmente sulle politiche monetarie. Per questo motivo il dato sul CPI era un osservato speciale e, pur essendo uscito ad un livello ragionevole, il semplice fatto che sia stato leggermente inferiore alle attese ha un po’ destabilizzato gli investitori.
Prosegue, in ambito obbligazionario e in generale sui mercati, la fame di rendimenti: la domanda è tale da arrivare a comprimere anche i rendimenti delle obbligazioni High Yield (quelle più ad alto rischio) che raggiungono così livelli molto bassi: negli Stati Uniti per la prima volta nella storia sono scesi sotto il 4%. Il fenomeno è significativo perché un rendimento così basso si è raggiunto nonostante l’offerta di obbligazioni sia stata negli ultimi anni estremamente alta. Le emissioni societarie hanno, infatti, superato quota tre mila miliardi di dollari globalmente con il grosso delle scadenze nel 2025 (tema sul quale si sta abbastanza dibattendo ultimamente).
Per quanto riguarda le materie prime segnaliamo due cose: 1) il prezzo del petrolio raggiunge i 60 dollari al barile (WTI) per effetto della produzione texana impattata dalle fredde temperature e nonostante l’OPEC abbia rivisto al ribasso la domanda; 2) ottima la performance del platino (il +11% in settimana porta il prezzo al livello più alto degli ultimi sei anni) che beneficia della forte domanda legata al suo utilizzo nel settore delle energie rinnovabili; inoltre, in quanto sostituto del palladio, tende a fare “catch up” (chiudere il gap al rialzo) sul succedaneo. Geograficamente sembra essere molto forte la domanda proveniente dalla Cina mentre da un punto di vista dell’utilizzo, sebbene il platino sia molto utilizzato nelle marmitte catalitiche, il motivo del recente rally è da attribuirsi alle prospettive dell’idrogeno: è infatti utilizzato per la produzione delle celle dei veicoli e per gli elettolizzatori di ultima generazione.
Si torna a parlare di bitcoin con Tesla che annuncia di avere acquistato 1.5 miliardi in criptomonete come diversificazione della liquidità e intende cominciare ad accettare il bitcoin come mezzo di pagamento. Elon Musk (CEO di Tesla) si era espresso, attraverso Twitter, a favore delle criptovalute nelle scorse settimane definendole “una cosa positiva”. I bitcoin acquistati da Tesla verranno classificati in bilancio come “attività immateriali a lungo termine” e rappresentano circa l’8% del totale di cassa, ma la società stessa ha avvisato che gli utili potrebbero diventare più volatili.
Adesso si specula che anche Apple potrebbe seguire l’esempio di Tesla sviluppando addirittura un portafoglio (Apple Wallet) e una piattaforma per lo scambio di criptovalute. Secondo un analista di RBC Capital Markets, considerando gli utenti di Apple, il business sarebbe più redditizio addirittura dell’auto che si guida da sola.
Sempre in tema auto e bitcoin è curiosa la notizia che riguarda un giovane di Padova che ha utilizzato i guadagni ottenuti investendo in bitcoin per comprarsi una Ferrari 360 Modena. Ovviamente non è stato un pagamento in bitcoin ma c’è stata una conversione in euro da parte della piattaforma di pagamento in criptovalute (che ha verificato che i bitcoin non provenissero da attività illecite.
Inoltre, dopo Paypal (nell’autunno 2020) e Visa, anche Mastercard si sta preparando ad accettare transazioni in criptovalute: la società ha constatato che sempre più persone utilizzano le carte di credito per acquistare criptovalute e quindi non voleva rimanere fuori da questo trend di mercato.
Il giorno successivo l’annuncio di Mastercard, è arrivata un’altra spinta per il bitcoin: l’antica banca americana BNY Mellon ha annunciato che garantirà ai suoi clienti il deposito di criptovalute. Oltre a trattarsi della banca più antica e tradizionale, è anche una grossa banca depositaria. La notizia è stata accolta positivamente, quindi, perché apre la strada all’utilizzo di qualsiasi strumento finanziario. Curioso che l’erede della storica famiglia Matthew Mellon sia stato uno dei primi rappresentanti dell’aristocrazia finanziaria ad investire in criptovalute.
QUESTA SETTIMANA
Le varianti del virus sono l’elemento da osservare con più attenzione e che più trattiene i governi dal rilassare le misure restrittive: i vari produttori dichiarano che i vaccini sono in grado di coprire dalle diverse varianti del virus che sembrano essere più aggressive in termini di contagiosità, tuttavia, in attesa di arrivare ad una immunità di gregge, spesso si preferisce procedere a lockdown più o meno selettivi per evitare nuove ondate.
Oggi, lunedì 15, i mercati americani sono chiusi per la festività del “President’s Day”.
Sia negli Stati Uniti che in Europa verranno rilasciate le minute della Fed relative ai meeting di gennaio.
Per quanto riguarda i dati macro saranno importanti quelli relativi alla produzione industriale e alle vendite al dettaglio ci daranno un’idea dello stato dell’economia americana.
In settimana verranno rilasciati i dati di fiducia delle imprese preliminari (PMI flash) per il mese di febbraio sia in Europa che negli Stati Uniti.
In Italia è atteso il voto di fiducia del Parlamento al nuovo governo Draghi: mercoledì si esprimerà il Senato e giovedì la Camera dei deputati.
Venerdì il neopresidente americano Joe Biden parteciperà al G7 discutendo di pandemia, economia e Cina. Janet Yellen ha chiesto ai leader dei G7 di “agire in grande” per aiutare l’economia ad uscire dalla crisi con un maggiore stimolo fiscale.
La commissione Servizi Finanziari della Camera americana discuterà del recente aumento della volatilità del mercato azionario legata al fenomeno Reddit. Rappresentanti della piattaforma Robinhood saranno chiamati a testimoniare.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
Come più volte discusso l’inflazione può essere buona, ovvero derivare da un aumento della domanda che a fronte di un’offerta limitata fa salire i prezzi, oppure può essere cattiva e derivare da carenza o shock di offerta (senza una domanda particolarmente brillante) ed in questo caso le azioni che si possono intraprendere per gestirla sono decisamente più limitate.
Sappiamo che con il Covid e i vari lockdown hanno causato uno shock enorme alla domanda ma sappiamo anche che pure l’offerta ne ha risentito (con la chiusura delle attività produttive). Con la fine della pandemia la domanda si dovrebbe sbloccare ed è importante che l’offerta possa starle dietro per non creare inflazione cattiva.
Siamo sicuramente all’inizio del ciclo economico e, per l’ennesima volta, con diverse forme e diverse argomentazioni, tutti i banchieri centrali e importanti esponenti dei governi hanno ribadito l’importanza della spesa fiscale garantendo al contempo massimo supporto da parte delle autorità monetarie.
Quindi, è chiaro che l’inflazione sarà tollerata e incentivata. Ma rimane un tema da seguire con estrema attenzione per l’impatto soprattutto sui tassi più a lungo termine e, di conseguenza, sulle valutazioni azionarie.
A proposito di questo ultimo aspetto ribadiamo che, a fronte di multipli di mercato sicuramente non convenienti, il confronto fra i rendimenti azionari e quelli obbligazionari è clamorosamente a vantaggio dei primi (come citato nella prima parte anche la componente più rischiosa dell’obbligazionario ha rendimenti ai minimi storici). Tale vantaggio si potrebbe erodere in due casi: 1) gli utili non decollano (perché il ciclo fa fatica a ripartire) e le valutazioni diventano ancora più care, 2) i tassi salgono (perché l’inflazione preme) e la convenienza relativa si riduce.
All’inizio di questo commento abbiamo citato il governatore della Fed Powell il quale sostiene che c’è ancora spazio per surriscaldare l’economia. Questo concetto è legato al tema dell’”output gap” citato sempre più spesso ultimamente. Per “output gap” si intende la differenza fra il Pil effettivo e quello a potenziale a cui si può tendere con le risorse disponibili. In estrema sintesi, quando è positivo indica che l’economia cresce sopra il potenziale e quindi crea pressioni inflazioniste, quando è negativo, invece, può segnalare il rischio di recessione e deflazione. Idealmente, ad oggi, siamo in una situazione di output gap negativo, situazione dalla quale è bene uscire ma che non dovrebbe ancora creare un livello di inflazione preoccupante.
Da un punto di vista di asset allocation, finché rimane sotto un certo livello l’inflazione va bene perché aiuta a tenere bassi i tassi reali mentre è marginalmente negativa per le obbligazioni e positiva per gli asset reali e per l’azionario. Oltre un certo livello rischia di scatenare tensioni a livello di banche centrali e, di conseguenza, sui mercati sia azionari che obbligazionari per l’effetto che avrebbe sui tassi di interesse. Occorre tenere presente che gli asset reali invece (es. le materie prime) potrebbero rappresentare un rifugio più sicuro.
Positiva la performance delle nostre linee di gestione soprattutto della linea ITA (che beneficia del buon andamento del mercato italiano) e della Chronos. Molto buona anche la performance della Sicav Stable Return che, nonostante mercati obbligazionari sostanzialmente stabili, guadagna quasi un punto percentuale.