INDICI DI MERCATO
COMMENTO ULTIMA SETTIMANA
La settimana che si è appena conclusa ha visto un repentino incremento della volatilità (evidente anche dal movimento del VIX e del VSTOXX, rispettivamente indicatori di volatilità dell’indice S&P500 e dell’Eurostoxx50) che ha portato una correzione diffusa su tutti i principali mercati azionari.
Le motivazioni non sono particolarmente evidenti ma possiamo ritenere che siano riconducibili essenzialmente a quei fattori che sono di fondamentale supporto per i mercati: le politiche monetarie e quelle fiscali. Il tema dei vaccini è sempre presente in quanto possibili ritardi nella consegna rendono più difficile individuare chiaramente una fine alla fase pandemica in atto. Inoltre, a tutto ciò si aggiunge quanto successo su alcuni titoli negli Stati Uniti presi di mira da investitori retail, che ha creato parecchia volatilità.
Partiamo dalle banche centrali.
Martedì mattina la banca centrale cinese ha drenato liquidità dal mercato in una operazione a mercato aperto e il mercato ne ha immediatamente risentito dato che ha associato la mossa alla dichiarazione di un esponente della PBOC secondo il quale c’è il rischio di bolle negli asset e nell’immobiliare. Poi dal World Economic Forum dell’IMF il governatore della PBOC ha cercato di calmare le acque dichiarando che la politica monetaria continuerà a supportare l’economia e non è prevista un’uscita prematura da questo tipo di atteggiamento. Il risultato è comunque stato di generare un po’ di tensione sul segmento interbancario con i tassi a breve che sono saliti oltre il corridoio fissato dalla banca centrale (il tasso overnight ha toccato in settimana il livello massimo degli ultimi sei anni) ed è particolarmente strano che questo avvenga avvicinandosi al Capodanno lunare cinese (12 febbraio).
Per quanto riguarda la Fed, come era ampiamente atteso, non ha apportato modifiche alla propria politica monetaria ma ha ribadito, come anche la BCE aveva fatto, che è pronta ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per sostenere l’economia dato che negli ultimi mesi c’è stato un leggero rallentamento e che l’andamento dipende essenzialmente dal virus e da come andranno avanti le vaccinazioni. È stato ribadito, da parte di Powell, che l’occupazione è un obiettivo della Fed e quindi lo stimolo monetario non verrà meno finché non si tornerà ad un adeguato livello di occupazione.
Soprattutto la tensione sull’interbancario cinese ha per un attimo riaperto il tema delle banche centrali e sottolineato come i mercati siano ancora estremamente dipendenti dalla liquidità che queste forniscono. Il venire meno della liquidità è ovvio che crea problemi, ma anche la non maggiore azione crea perplessità perché ormai i mercati sono abituati ad avere continuamente qualcosa di nuovo fornito dalle banche centrali.
Il cambio euro/usd è stato influenzato mercoledì dalle dichiarazioni di Knot: il membro della BCE ritiene che il mercato stia sottovalutando la probabilità di ulteriori tagli di tassi e ribadisce che l’istituto centrale utilizzerà, se necessario, tutti gli strumenti per controbilanciare l’apprezzamento dell’euro qualora sia messo a rischio il raggiungimento del target di inflazione.
Per quanto riguarda il tema dei vaccini e della pandemia il newsflow è indubbiamente variegato e alterna notizie negative a notizie positive. Le varianti del virus continuano ad impensierire così come suscitano perplessità i ritardi nelle consegne (di Pfizer e forse anche di Astrazeneca), a questi elementi si è aggiunta la notizia relativa a Merck che ha deciso di interrompere le sperimentazioni a fronte di risultati deludenti.
Però, ci sono anche delle buone notizie: sia Pfizer cha Moderna ritengono che il vaccino sia efficace anche contro le varianti e Moderna, in particolare, dichiara che sta già lavorando ad un richiamo del vaccino adatto alle nuove versioni del virus. Eli Lilly ha comunicato che nei malati trattati con il suo farmaco monoclonale il rischio di ospedalizzazione si è ridotto notevolmente (circa -70%) così come quello di morte. Inoltre, in occasione della pubblicazione dei risultati trimestrali J&J ha comunicato che il suo vaccino (che ha il vantaggio di essere monodose) dovrebbe terminare le sperimentazioni la prossima settimana e l’approvazione da parte dell’FDA (autorità americana sul farmaco) potrebbe arrivare a fine febbraio. Infine, il vaccino di AstraZeneca ha ottenuto il via libera dell’EMA (l’autorità europea sui farmaci) che ha dichiarato che potrà essere utilizzato anche sopra i 55 anni (nonostante per questa fascia di popolazione i dati a disposizione siano modesti); in Italia, tuttavia, l’AIFA ne ha autorizzata la somministrazione solo nei soggetti fra i 18 e i 55 anni.
Intorno a giugno si spera che il problema delle dosi disponibili possa essere superato. Guardando al caso di Israele, che è stato identificato da tutti come benchmark per valutare l’efficacia delle vaccinazioni e la soglia che consente il raggiungimento dell’immunità di gregge, emerge un quadro confortante: con quasi un terzo della popolazione vaccinata si è assistito ad un calo sensibile nelle ospedalizzazioni (-60%) con un’immunizzazione forte (circa 91%) raggiunta già dopo la prima dose.
Le decisioni circa le politiche fiscali, alla base della ripresa per questo anno e per gli anni a venire, sono sempre attentamente monitorate e qualunque notizia su quel fronte genera dei movimenti di mercato. Infatti, un po’ di tensione ha suscitato il dibattito sul pacchetto fiscale in US, il c.d. “rescue plan” che potrebbe essere ritardato di un mese per farlo coincidere con la fine dei sussidi alla disoccupazione creando meno malumori fra i repubblicani.
In Europa, l’importanza del Recovery Plan è sottolineata anche dall’agenzia di rating Fitch che, dopo l’avvertimento di Moody’s, mette in guardia l’Italia da un possibile downgrade del rating in assenza di misure governative atte ad ottenere e utilizzare i fondi europei. Per Fitch il rating italiano attuale (BBB-) è al limite con la categoria junk. Ricordiamo che gli appuntamenti con le agenzie di rating sono previsti per questa primavera, esattamente quando andrà presentato il Recovery Plan all’Europa.
Il Fondo Monetario Internazionale (IMF), nella pubblicazione del suo consueto outlook, ha rivisto al rialzo (rispetto alle attese contenute nell’edizione di ottobre) le stime del pil mondiale per il 2021 che passa da 5.2% a 5.5% mentre ha lasciato invariate a +4.2% quelle per il 2022. A livello geografico la previsione per gli Stati Uniti è stata alzata di due punti a +5.1% (2021) mentre è stata abbassata di un punto per l’area euro (+4.2%). L’area emergente crescerà più dei paesi sviluppati grazie al contributo della Cina (+8.1%) e dell’India (+11.5%). Secondo l’IMF il miglioramento delle previsioni si deve all’approvazione e distribuzione dei vaccini ma le varianti del virus che si stanno manifestando e una possibile nuova ondata rappresentano i principali elementi di rischio per l’outlook.
Fra i dati macroeconomici rilevanti segnaliamo, per l’Europa, l’indice tedesco IFO (frutto dell’intervista a 7000 imprese – campione molto ampio – sullo stato dell’economia) che è risultato in calo rispetto al mese precedente e inferiore alle attese degli economisti; sarà importante valutare se i PMI in uscita questa settimana confermeranno o meno la debolezza.
Negli Stati Uniti la stima preliminare del Pil del quarto trimestre segna un +4% trimestre/trimestre con consumi un po’ più deboli a causa dell’aumento delle infezioni da coronavirus e delle conseguenti maggiori restrizioni imposte.
Finalmente è stato scelto il successore di Mustier alla guida di Unicredit: il nuovo CEO sarà Andrea Orcel che diventerà operativo dal 15 aprile, quando è prevista l’assemblea che rinnoverà l’intero CdA, ma dovrà in qualche modo gestire l’interregno fra lui e Mustier che sembra uscirà anticipatamente dopo l’approvazione dei conti il 10 febbraio. Orcel è stato in Merrill Lynch fino al 2012 per poi approdare in UBS ed è sicuramente esperto di operazioni di M&A.
Complessivamente buoni i risultati delle principali società americane che hanno riportato in settimana: Apple ha battuto le aspettative sia sui ricavi (che hanno superato il livello psicologico di 100 miliardi di dollari) che sugli utili, come anche Facebook. Invece Tesla ha superato le stime sui ricavi (quasi 11 miliardi) ma non quelle sugli utili. Nonostante risultati di tutto rispetto i titoli hanno corretto.
La settimana è stata caratterizzata da un fenomeno assai singolare che ha riguardato alcuni titoli americani che sembravano essere spariti dal radar screen degli investitori (perché spesso in business poco attraenti) ma che sono tornati alla ribalta con rialzi davvero impressionanti. Uno di questi è Gamestop, la catena di vendita di videogiochi, soggetto ad uno “short squeeze” (copertura delle posizioni corte) che ha portato il titolo dai circa tre dollari di marzo agli attuali 320.
Qualche mese fa avevamo parlato dei cosiddetti “robinhooders” ovvero gli utenti della piattaforma di trading “Robinhood” che avevano aperto conti gratuiti durante il lockdown e, complice sia le restrizioni agli spostamenti sia i sussidi governativi, si erano lanciati nel trading online. A quell’epoca si erano concentrati su titoli noti e famosi (quali i big del tech e Tesla, ad esempio). Attualmente il fenomeno sembra tornato ma rivolto a tutt’altra categoria di titoli ovvero quelli sui quali erano state aperte grosse posizioni ribassiste dagli hedge fund. Un gruppo nutrito di millennial investors che frequentano community (piattaforme a metà strada fra social e forum) quali ad esempio Reddit e Wallstreetbets, hanno puntato su questi titoli scatenando una valanga di acquisti (anche attraverso opzioni call, quindi strumenti derivati a leva che amplificano l’esposizione) che ha innescato una spirale che è risultata difficilmente arrestabile. Infatti, anche quando diverse piattaforme (tipo Robinhood, Interactive Brokers e la società di intermediazione Td Ameritrade) hanno imposto il blocco delle operazioni di acquisto sui titoli presi di mira, si sono scatenate tali proteste e minacce di class action che il divieto è stato immediatamente tolto. Questa mole enorme di acquisti ha avuto come conseguenza quella di costringere gli hedge fund a chiudere le posizioni corte (andando a comprare i titoli) e alimentando ulteriormente la salita del titolo.
QUESTA SETTIMANA
In Italia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo che le dimissioni di Conte hanno dato avvio alla crisi di governo, ha dato al Presidente della Camera Fico il mandato esplorativo per valutare la possibilità di formare una maggioranza di governo partendo dalle forze politiche che sostenevano quello precedente. Vedremo in questi giorni cosa emergerà e quanto sarà l’impatto sui rendimenti governativi italiani e sullo spread.
La settimana è importante, da un punto di vista macroeconomico, perché è prevista la pubblicazione dei dati di fiducia delle imprese relativi al mese di gennaio. I PMI già pubblicati in Cina mostrano un leggero rallentamento ma rimangono ancora in fase di espansione. Il rallentamento probabilmente è dovuto alle restrizioni (lockdown) legate al ripresentarsi del corona virus che hanno coinvolto aree più o meno estese e il rallentamento della componente export sempre dovuto al protrarsi della pandemia.
Martedì 2 febbraio verrà pubblicato il dato sul Pil dell’area euro area e vedremo come uscirà rispetto a quello degli Stati Uniti.
Venerdì 5 febbraio negli Stati Uniti è prevista la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro relativi al mese di gennaio: il tasso di disoccupazione è atteso stabile al 6.7% ma dovremmo vedere un aumento degli occupati nel settore non agricolo.
Il prezzo del petrolio potrebbe essere soggetto a oscillazioni quando mercoledì 3 febbraio si riunirà l’Opec+ che valuterà i progressi fatti nei tagli in corso alla produzione e la contribuzione dei vari paesi.
Per quanto riguarda le banche centrali giovedì 4 febbraio si riunirà la Bank of England: non sono attese particolari modifiche all’attuale politica monetaria ma sarà importante capire se la BOE sta valutando l’ipotesi di portare i tassi in negativo (attualmente allo 0.10%). Verranno, inoltre, comunicate le nuove previsioni di crescita e inflazione (le prime dopo la Brexit).
Questa settimana la reporting season avrà come protagoniste: Alibaba, Alphabet e Amazon oltre a parecchie società del settore farma (tipo Pfizer, Merck).
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
I mercati anche questa settimana hanno dimostrato quanto siano sensibili al tema dei “ritardi”: ritardi nella campagna vaccinale allontanano il ritorno alla normalità e ritardi nel piano fiscale americano rischiano di minare la ripresa economica.
Sappiamo bene quanto è fondamentale il pacchetto fiscale americano e come la composizione del Congresso (specialmente al Senato) non renda particolarmente e sempre agevole il passaggio dei provvedimenti. Ricordiamo che uno degli strumenti a disposizione da parte dei Repubblicani in Senato è il “filibustering” (ostruzionismo) che permette di discutere, senza limiti di tempo, sulle proposte da votare e quindi può allungare notevolmente i tempi. Per aggirare l’ostruzionismo la maggioranza a favore dovrebbe essere di almeno 60 senatori e considerando che la divisione fra democratici e repubblicani è 50:50 non è proprio così semplice. In alternativa i democratici possono utilizzare lo strumento della “Reconciliation” che permettere di superare l’ostruzionismo semplicemente con una maggioranza assoluta. Si tratta però di una possibilità data una volta all’anno e che non favorisce certo un dialogo costruttivo fra le parti.
Abbiamo ripetuto svariate volte che le correzioni sono inevitabili ma sembra che ci sia ancora molta voglia di comprare fra gli investitori. I motivi sono i soliti già elencati: abbondante liquidita e mancanza di alternative. Tuttavia ci sono un paio di elementi che creano un po’ di perplessità sulla continua salita degli indici e che li rende più vulnerabili a correzioni: il primo è relativo al periodico sondaggio di Bank of America dal quale risulta che la quota di cash detenuta dagli investitori è ulteriormente scesa ed è al di sotto della soglia che di solito rappresenta un “sell signal”(inferiore al 4%): l’altro elemento su cui è bene riflettere (che abbiamo descritto nella prima parte di questo commento) riguarda la particolare “euforia” degli investitori retail su alcuni titoli che tanti hedge fund hanno “shortato” (ovvero venduto allo scoperto scommettendo sulla discesa del prezzo) per motivi più o meno fondamentali e che i retail stessi comprano per motivi di sicuro poco fondamentali.
Quanto questa “mania” possa andare avanti non si sa (ricordiamoci la famosa frase di J.M. Keynes “Il mercato può rimanere irrazionale più a lungo di quanto tu possa rimanere solvente”) ma rappresenta sicuramente un fenomeno a cui guardare con attenzione perché in qualche modo ricorda il periodo della dot.com bubble degli anni 2000. L’esposizione azionaria degli investitori retail sembra abbia addirittura superato quella degli anni 1999-2000 e rende il mercato potenzialmente vulnerabile agli umori più irrazionali dei piccoli investitori.
La volatilità è quindi da mettere in conto ma non modifica l’idea di fondo che rimane ancora favorevole ai mercati azionari. Oltre a quanto più volte ripetuto in passato possiamo ribadire il tema del rendimento azionario (dividendo) rispetto a quello obbligazionario: pur avendo la pandemia impattato sui dividendi delle società tagliandoli considerevolmente (vuoi per regolamentazione, es. le banche, vuoi per l’andamento del business) questi rimangono ancora superiori sia in Europa che negli Stati Uniti ai corrispondenti rendimenti governativi. In Europa, ad esempio, analizzando l’indice Stoxx 600 il dividend yield del 68.3% dei titoli è superiore al rendimento obbligazionario dei bond emessi da loro stessi. Per l’S&P500 la percentuale è leggermente inferiore (58.2%). Il confronto è ancora più facile se raffrontiamo questi numeri con i rendimenti obbligazionari governativi.
Il cattivo andamento dei mercati finanziari ha, inevitabilmente, impattato negativamente sulle nostre linee di gestione, soprattutto quelle con una componente azionaria maggiore. In settimana, l’Area Investimenti ha modificato la composizione delle linee di gestione bilanciate (con componente sia azionaria che obbligazionaria) coerentemente con quanto discusso durante il Comitato Investimenti e approvato dal CdA della Sim: in particolare è stata azzerata in profitto la posizione sul settore bancario europeo (Lyxor Eurostoxx Banks) e riallocato la liquidità derivante sul settore finanziario americano (Invesco Financial S&P US), sui mercati emergenti (Amundi Msci Emerging Markets) e sul Giappone (UBS MSCI Japan).