Analisi dei mercati del 15.02.2021

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana decisamente positiva per i mercati, soprattutto quelli azionari che beneficiano delle forti aspettative sul pacchetto fiscale americano che potrebbe raggiungere quanto i desiderata dei democratici (1.900 miliardi di dollari). In Italia la notizia della formazione del governo Draghi porta un indubbio vantaggio ai BTP (il decennale è arrivato a 0.45% di rendimento) e allo spread (sceso sotto 100 bps e attualmente stabile intorno a 90 bps).

Il buon “mood” sul comparto azionario è dimostrato anche dai flussi verso i fondi azionari: l’ultimo dato disponibile ha raggiunto il livello massimo da quando esiste la serie storica (circa 20 anni).

Anche gli indicatori di volatilità (Vix per S&P500 e Vstoxx per Eurostoxx 50) si attestano su livelli estremamente bassi, segno o che il mercato percepisce minori tensioni (positivo) o di maggiore accondiscendenza (più preoccupante).

In settimana sono continuati ad arrivare messaggi rassicuranti da parte delle banche centrali: Christine Lagarde ha ribadito che la politica monetaria deve rimanere accomodante nonostante l’aumento dell’inflazione ma la politica fiscale resta cruciale; stesso messaggio dagli Stati Uniti, dove la presidente della Fed di Cleveland ribadisce che la politica monetaria resterà accomodante per molto tempo poiché l’economia è ancora lontana dagli obiettivi di massimo impiego e stabilità dei prezzi; lo stesso Powell sostiene che la disoccupazione è tale per cui ci vorrà parecchio tempo affinché un eventuale surriscaldamento dell’economia arrivi ad impattare sull’inflazione.

In tema di rapporti fra Cina e Stati Uniti in settimana c’è stata la prima telefonata tra Biden e Xi Jing Ping (avvenuta, secondo alcuni, non proprio tempestivamente): se, indubbiamente, i toni sono cambiati rispetto all’amministrazione precedente, è anche vero che quando è stato trattato il tema dei diritti umani e delle libertà individuali il presidente cinese ha ribadito che gli affari interni non devono interessare nessuna forza straniera. Rimane, quindi, un tema delicato e un fronte ancora aperto.

Niente impeachment per Donald Trump al Senato dove non si riesce ad arrivare alla maggioranza di 2/3 necessaria per mettere ufficialmente l’ex presidente fuori dai giochi. Alcuni senatori repubblicani hanno votato a favore ma non in numero sufficiente a fare passare il provvedimento. Trump potrà, così, ricandidarsi alle elezioni del 2024.

Come abbiamo scritto all’inizio il newsflow politico italiano garantisce una buona intonazione ai nostri titoli di stato che, nonostante in settimana siano stati collocati nove miliardi di BTP (scadenza 3,7 e 20 anni) con una domanda pari a 13 miliardi, mantengono rendimenti estremamente bassi. Il prossimo obiettivo dei BTP potrebbe essere quello di raggiungere i livelli di rendimento dei Bonos (titoli di stato spagnoli che rendono la metà dei nostri). Secondo alcuni analisti, inoltre, il Tesoro dovrebbe approfittare della situazione contingente per cominciare a pensare all’ipotesi di un’emissione di un BTP matusalemme (100 anni) che, idealmente, potrebbe rendere ad oggi il 2.5%. Per ora la scadenza più lunga di un BTP è 50 anni, si tratta di un’emissione del 2016 (quindi scadenza 2067) che rende l’1.7% (cedola 2.8%).

Si torna a parlare di M&A bancario in Italia, con Draghi che dovrebbe accelerare il processo di consolidamento, e il settore reagisce con un forte rerating. MPS, nello specifico, beneficia di due fattori: 1) le negoziazioni in corso renderebbero neutrale per Unicredit l’acquisizione da un punto di vista del capitale (grazie ai crediti fiscali pari a 2.5 miliardi per DTA – deferred tax assets- alla la garanzia sui quasi 10 miliardi di contenzioso legale e all’intervento di Amco per l’ulteriore pulizia dei bilanci) e 2) manifestazioni di interesse verso l’istituto di Siena sono giunte sia dal presidente di Unicredit Padoan che da diversi fondi fra i quali il fondo Apollo (che intende esaminarne i conti). Su questa seconda ipotesi Equita Sim esprime perplessità dato che per definizione l’orizzonte temporale di un fondo è di breve termine e la strategia, di conseguenza, più aggressiva.

Il risiko italiano bancario coinvolge, come sappiamo, anche BancoBPM che, secondo le ultime indiscrezioni potrebbe rientrare nel piano di acquisizioni di Unicredit insieme a MPS. In questo caso le “nozze” naturali fra BancoBPM e BPER verrebbero ostacolate con l’istituto di Modena che potrebbe valutare la Popolare di Sondrio. 

Oltre alle news sul risiko il settore ha beneficiato anche della reporting season che è andata bene non tanto per i dati sugli utili (livello aggregato molto basso e simile a quello di dieci anni fa) quanto per le prospettive sui dividendi. Tutte le principali banche (sia tradizionali che più “asset gatherer”) pagheranno quanto possibile in base ai vincoli imposti dalla BCE (livello più basso tra 15% degli utili 2019/2020 e 0.20% in termini di Cet1) ma sono pronte, appena questi verranno meno, a distribuire interamente quanto disponibile. A fine luglio il regolatore valuterà gli stress test dell’Eba e deciderà quali banche potranno remunerare ulteriormente gli azionisti perché la qualità del capitale risulta adeguata.

Sul fronte dei dati macroeconomici segnaliamo che è uscita leggermente in rialzo (ma meno delle attese) l’inflazione US di gennaio che segna un +1.4% anno/anno. Sul tema inflazione, se il piano Biden andrà in porto, ci potrebbe anche essere un impatto positivo derivante dal raddoppio del salario minimo orario (a 15 dollari). Il tema dell’inflazione sappiamo che è attentamente osservato perché impatta sui tassi reali e potenzialmente sulle politiche monetarie. Per questo motivo il dato sul CPI era un osservato speciale e, pur essendo uscito ad un livello ragionevole, il semplice fatto che sia stato leggermente inferiore alle attese ha un po’ destabilizzato gli investitori.

Prosegue, in ambito obbligazionario e in generale sui mercati, la fame di rendimenti: la domanda è tale da arrivare a comprimere anche i rendimenti delle obbligazioni High Yield (quelle più ad alto rischio) che raggiungono così livelli molto bassi: negli Stati Uniti per la prima volta nella storia sono scesi sotto il 4%. Il fenomeno è significativo perché un rendimento così basso si è raggiunto nonostante l’offerta di obbligazioni sia stata negli ultimi anni estremamente alta. Le emissioni societarie hanno, infatti, superato quota tre mila miliardi di dollari globalmente con il grosso delle scadenze nel 2025 (tema sul quale si sta abbastanza dibattendo ultimamente).

Per quanto riguarda le materie prime segnaliamo due cose: 1) il prezzo del petrolio raggiunge i 60 dollari al barile (WTI) per effetto della produzione texana impattata dalle fredde temperature e nonostante l’OPEC abbia rivisto al ribasso la domanda; 2) ottima la performance del platino (il +11% in settimana porta il prezzo al livello più alto degli ultimi sei anni) che beneficia della forte domanda legata al suo utilizzo nel settore delle energie rinnovabili; inoltre, in quanto sostituto del palladio, tende a fare “catch up” (chiudere il gap al rialzo) sul succedaneo. Geograficamente sembra essere molto forte la domanda proveniente dalla Cina mentre da un punto di vista dell’utilizzo, sebbene il platino sia molto utilizzato nelle marmitte catalitiche, il motivo del recente rally è da attribuirsi alle prospettive dell’idrogeno: è infatti utilizzato per la produzione delle celle dei veicoli e per gli elettolizzatori di ultima generazione.

Si torna a parlare di bitcoin con Tesla che annuncia di avere acquistato 1.5 miliardi in criptomonete come diversificazione della liquidità e intende cominciare ad accettare il bitcoin come mezzo di pagamento. Elon Musk (CEO di Tesla) si era espresso, attraverso Twitter, a favore delle criptovalute nelle scorse settimane definendole “una cosa positiva”. I bitcoin acquistati da Tesla verranno classificati in bilancio come “attività immateriali a lungo termine” e rappresentano circa l’8% del totale di cassa, ma la società stessa ha avvisato che gli utili potrebbero diventare più volatili.

Adesso si specula che anche Apple potrebbe seguire l’esempio di Tesla sviluppando addirittura un portafoglio (Apple Wallet) e una piattaforma per lo scambio di criptovalute. Secondo un analista di RBC Capital Markets, considerando gli utenti di Apple, il business sarebbe più redditizio addirittura dell’auto che si guida da sola.

Sempre in tema auto e bitcoin è curiosa la notizia che riguarda un giovane di Padova che ha utilizzato i guadagni ottenuti investendo in bitcoin per comprarsi una Ferrari 360 Modena. Ovviamente non è stato un pagamento in bitcoin ma c’è stata una conversione in euro da parte della piattaforma di pagamento in criptovalute (che ha verificato che i bitcoin non provenissero da attività illecite.

Inoltre, dopo Paypal (nell’autunno 2020) e Visa, anche Mastercard si sta preparando ad accettare transazioni in criptovalute: la società ha constatato che sempre più persone utilizzano le carte di credito per acquistare criptovalute e quindi non voleva rimanere fuori da questo trend di mercato.

Il giorno successivo l’annuncio di Mastercard, è arrivata un’altra spinta per il bitcoin: l’antica banca americana BNY Mellon ha annunciato che garantirà ai suoi clienti il deposito di criptovalute. Oltre a trattarsi della banca più antica e tradizionale, è anche una grossa banca depositaria. La notizia è stata accolta positivamente, quindi, perché apre la strada all’utilizzo di qualsiasi strumento finanziario. Curioso che l’erede della storica famiglia Matthew Mellon sia stato uno dei primi rappresentanti dell’aristocrazia finanziaria ad investire in criptovalute.

QUESTA SETTIMANA

Le varianti del virus sono l’elemento da osservare con più attenzione e che più trattiene i governi dal rilassare le misure restrittive: i vari produttori dichiarano che i vaccini sono in grado di coprire dalle diverse varianti del virus che sembrano essere più aggressive in termini di contagiosità, tuttavia, in attesa di arrivare ad una immunità di gregge, spesso si preferisce procedere a lockdown più o meno selettivi per evitare nuove ondate.

Oggi, lunedì 15, i mercati americani sono chiusi per la festività del “President’s Day”.

Sia negli Stati Uniti che in Europa verranno rilasciate le minute della Fed relative ai meeting di gennaio.

Per quanto riguarda i dati macro saranno importanti quelli relativi alla produzione industriale e alle vendite al dettaglio ci daranno un’idea dello stato dell’economia americana.

In settimana verranno rilasciati i dati di fiducia delle imprese preliminari (PMI flash) per il mese di febbraio sia in Europa che negli Stati Uniti.

In Italia è atteso il voto di fiducia del Parlamento al nuovo governo Draghi: mercoledì si esprimerà il Senato e giovedì la Camera dei deputati.  

Venerdì il neopresidente americano Joe Biden parteciperà al G7 discutendo di pandemia, economia e Cina. Janet Yellen ha chiesto ai leader dei G7 di “agire in grande” per aiutare l’economia ad uscire dalla crisi con un maggiore stimolo fiscale.

La commissione Servizi Finanziari della Camera americana discuterà del recente aumento della volatilità del mercato azionario legata al fenomeno Reddit. Rappresentanti della piattaforma Robinhood saranno chiamati a testimoniare.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Come più volte discusso l’inflazione può essere buona, ovvero derivare da un aumento della domanda che a fronte di un’offerta limitata fa salire i prezzi, oppure può essere cattiva e derivare da carenza o shock di offerta (senza una domanda particolarmente brillante) ed in questo caso le azioni che si possono intraprendere per gestirla sono decisamente più limitate.

Sappiamo che con il Covid e i vari lockdown hanno causato uno shock enorme alla domanda ma sappiamo anche che pure l’offerta ne ha risentito (con la chiusura delle attività produttive). Con la fine della pandemia la domanda si dovrebbe sbloccare ed è importante che l’offerta possa starle dietro per non creare inflazione cattiva.

Siamo sicuramente all’inizio del ciclo economico e, per l’ennesima volta, con diverse forme e diverse argomentazioni, tutti i banchieri centrali e importanti esponenti dei governi hanno ribadito l’importanza della spesa fiscale garantendo al contempo massimo supporto da parte delle autorità monetarie.

Quindi, è chiaro che l’inflazione sarà tollerata e incentivata. Ma rimane un tema da seguire con estrema attenzione per l’impatto soprattutto sui tassi più a lungo termine e, di conseguenza, sulle valutazioni azionarie.

A proposito di questo ultimo aspetto ribadiamo che, a fronte di multipli di mercato sicuramente non convenienti, il confronto fra i rendimenti azionari e quelli obbligazionari è clamorosamente a vantaggio dei primi (come citato nella prima parte anche la componente più rischiosa dell’obbligazionario ha rendimenti ai minimi storici). Tale vantaggio si potrebbe erodere in due casi: 1) gli utili non decollano (perché il ciclo fa fatica a ripartire) e le valutazioni diventano ancora più care, 2) i tassi salgono (perché l’inflazione preme) e la convenienza relativa si riduce.

All’inizio di questo commento abbiamo citato il governatore della Fed Powell il quale sostiene che c’è ancora spazio per surriscaldare l’economia. Questo concetto è legato al tema dell’”output gap” citato sempre più spesso ultimamente. Per “output gap” si intende la differenza fra il Pil effettivo e quello a potenziale a cui si può tendere con le risorse disponibili. In estrema sintesi, quando è positivo indica che l’economia cresce sopra il potenziale e quindi crea pressioni inflazioniste, quando è negativo, invece, può segnalare il rischio di recessione e deflazione. Idealmente, ad oggi, siamo in una situazione di output gap negativo, situazione dalla quale è bene uscire ma che non dovrebbe ancora creare un livello di inflazione preoccupante.

Da un punto di vista di asset allocation, finché rimane sotto un certo livello l’inflazione va bene perché aiuta a tenere bassi i tassi reali mentre è marginalmente negativa per le obbligazioni e positiva per gli asset reali e per l’azionario. Oltre un certo livello rischia di scatenare tensioni a livello di banche centrali e, di conseguenza, sui mercati sia azionari che obbligazionari per l’effetto che avrebbe sui tassi di interesse. Occorre tenere presente che gli asset reali invece (es. le materie prime) potrebbero rappresentare un rifugio più sicuro.

Positiva la performance delle nostre linee di gestione soprattutto della linea ITA (che beneficia del buon andamento del mercato italiano) e della Chronos. Molto buona anche la performance della Sicav Stable Return che, nonostante mercati obbligazionari sostanzialmente stabili, guadagna quasi un punto percentuale.

Analisi dei mercati dell’8.02.2021

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Con l’inizio del mese di febbraio il clima sui mercati è diventato più positivo: esattamente gli stessi motivi che avevano creato preoccupazione ed erano stati alla base della correzione della settimana precedente questa volta hanno creato sollievo.

La campagna di vaccinazione prosegue abbastanza spedita pur con delle notevoli differenze geografiche e regionali: Ursula Von der Leyen, a capo dell’Unione Europea, ritiene che il 70% della popolazione europea sarà vaccinata entro l’estate; la cancelliera tedesca Angela Merkel vuole arrivare ad avere l’intera popolazione vaccinata entro fine settembre ma nel frattempo pensa di protrarre lo stato di emergenza (in scadenza a marzo) fino a giugno ed estendere le restrizioni fino a fine febbraio; il Regno Unito punta a vaccinare il 70% degli abitanti entro marzo e sta addirittura studiando se è possibile mischiare vaccini diversi (AstraZeneca e Pfizer), i risultati del test saranno pronti entro l’estate; negli Stati Uniti si procede con somministrazioni del vaccino ad una velocità doppia rispetto agli altri paesi e i risultati si cominciano a vedere sulla diminuzione delle ospedalizzazioni e sul fatto che il numero dei vaccinati ha superato quello dei contagiati. Israele, che sappiamo essere decisamente più avanti di tutti, dichiara che entro due settimane avrà vaccinato il 90% della popolazione sopra i 55 anni dopodiché comincerà a riaprire gradualmente l’economia e a vaccinare fasce di età via via più basse.

Anche le notizie provenienti dagli Stati Uniti sui progressi fatti sullo stimolo fiscale hanno avuto un impatto decisamente positivo. In un incontro tra Biden e alcuni senatori repubblicani si è cercato di formulare un piano per salvare il paese avvicinandosi a quello originario dei democratici pari a 1.900 miliardi di dollari. Sul tema controverso degli assegni ai cittadini l’accordo potrebbe arrivare su una cifra più bassa (1000 dollari invece di 1400) e scalettata in base al reddito. Sopra una certa soglia non dovrebbero essere previsti assegni (50k per single invece di 75k, 100k per coppie invece di 150k) e in questo modo circa il 75% della popolazione ne beneficerebbe (invece del 94%). Nel caso non si riuscisse a trovare un accordo i Democratici sarebbero disposti a proseguire anche senza il supporto repubblicano sul piano da 1.900 miliardi di dollari attraverso la procedura della riconciliazione del bilancio.

In un recente dibattito Janet Yellen (attualmente al Tesoro americano e precedentemente presidente della Fed) ha affermato che il piano da 1.900 miliardi di dollari consentirebbe di arrivare alla piena occupazione il prossimo anno. Il rischio di generare una rapida ripresa dell’inflazione esiste e va controllato sapendo che esistono strumenti per gestirlo, ma il costo sociale di una disoccupazione ancora elevata è troppo alto e quindi il piano fiscale deve assolutamente intervenire in tal senso.

La pressione al rialzo sulla curva dei tassi americana è evidente soprattutto nel tratto 5-30 anni. Proprio questa mattina il trentennale americano si è avvicinato al 2% raggiungendo così i livelli pre-pandemia di febbraio 2020. Tuttavia, i tassi reali (vero focus delle banche centrali) grazie al rialzo proporzionale delle aspettative di inflazione riescono a rimanere stabili dando così supporto ai mercati azionari.  

Anche in Asia i governi non si risparmiano con le politiche fiscali espansive: in Korea stanno preparando il quinto giro di “helicopter money” e in India il budget è decisamente più espansivo di quanto ci si aspettasse.

Abbiamo ribadito giusto la scorsa volta che i mercati sono estremamente dipendenti sia dal newsflow sulle politiche fiscali che da quello sulle politiche monetarie.

Partendo dall’Asia, in settimana, i dati pubblicati mostrano che la base monetaria giapponese è salita circa del 19% e la BOJ dichiara che c’è ancora spazio per abbassare ulteriormente i tassi nominali al fine di evitare shock economici; in Australia la banca centrale ha annunciato che ad aprile incrementerà il programma di acquisto titoli (QE) di altri sei mesi con 100 miliardi di dollari di target e i tassi rimarranno vicini allo zero finché la disoccupazione non avrà raggiunto un livello tale da fare salire stipendi e inflazione. La banca centrale cinese (PBOC) ha iniettato liquidità nel sistema facendo rientrare l’allarme sull’interbancario delle ultime settimane.

Passando all’Europa, la Bank of England, che ha lasciato la politica monetaria invariata, sebbene abbia tagliato le stime di crescita del Pil per il 2021 dal 7.5% (di novembre) al 5%, ha espresso un forte ottimismo sull’economia britannica grazie al buon andamento della campagna di vaccinazione. Ha ribadito, inoltre, che le banche devono prepararsi alla possibilità di tassi negativi (in relazione ai quali starebbe studiando un sistema “tiered” come la BCE) anche se attualmente non sono previsti perché giudicati poco attraenti. La sterlina ha beneficiato dell’ottimismo prospettico.

In Italia è stata accolta in modo decisamente positivo la notizia, circolata nella serata di martedì, sulla convocazione al Quirinale dell’ex governatore della BCE Mario Draghi. Anche prima che Draghi accettasse l’incarico i BTP hanno beneficiato di un notevole restringimento dello spread dovuto sia alla figura assolutamente outstanding di Draghi sia al fatto che, in questo modo, si dovrebbero evitare elezioni anticipate ed una possibile deriva antieuropeista del governo. In generale tutto il mercato azionario ha tratto giovamento dalla notizia (FtsiMib +7%) ma alcuni titoli sono stati comprati con più decisione perché ci si attende che alcuni dossier che li riguardano possano sbloccarsi con il nuovo potenziale primo ministro: parliamo di Atlantia +21% (Autostrade per l’Italia secondo il vecchio esecutivo dovrebbe essere ceduta a CdP), MPS +12.3% (la quota in mano al Tesoro deve essere ceduta in tempi brevi) e in generale dei titoli appartenenti ai settori che beneficeranno dei fondi del recovery plan ad esempio la digitalizzazione e quindi la nascita della rete unica di Tim (+8%).

Per quanto riguarda i dati macroeconomici usciti in settimana vale la pena citare quello sul Pil dell’eurozona che, rispetto agli Stati Uniti, ha dimostrato come la diversa gestione della pandemia ha effetto sulla crescita: le minori restrizioni in US e le diverse politiche di supporto della crisi stanno riportano la crescita sul sentiero precedente mentre in Europa la crescita è tornata, nel quarto trimestre, leggermente negativa e sarà tale anche nel primo trimestre.

Se guardiamo ai dati di fiducia delle imprese PMI per gennaio, indicatori più prospettici, la situazione è sostanzialmente stabile: il comparto manifatturiero è in fase di espansione (PMI maggiore di 50) quasi sia in Europa che negli Stati Uniti, mentre quello relativo ai servizi in Europa è in ripresa ma rimane sotto la soglia del 50 mentre negli Stati Uniti si conferma in fase di espansione.

Il mercato del lavoro americano per il mese di gennaio ha mostrato un aumento del numero di nuovi occupati inferiore rispetto alle attese e il dato precedente è stato rivisto al ribasso. Il tasso di disoccupazione passa dal 6.7% al 6.3% con un leggero incremento dei salari orari su base annuale (+5.4%). Proprio questi dati sono stati alla base delle argomentazioni della Yellen (citate sopra) circa la necessità di un nuovo sostegno fiscale.

La volontà dell’Opec+ di proseguire, in modo coeso, con la politica decisa finora e senza riduzione dei tagli, porta il WTI sopra i 56$ (Brent europeo sopra 59$). Inoltre, sia in US che in Cina stanno calando le scorte, segno che si sta riducendo l’eccesso di petrolio. Il prossimo incontro mensile è previsto per il 4 marzo. L’andamento del prezzo del petrolio merita di essere seguito con attenzione dato che impatta direttamente sull’inflazione.

Sembra essere, per il momento, rientrato il fenomeno descritto la scorsa volta relativo agli acquisti degli investitori retail su alcuni titoli americani e lunedì anche sull’argento. Per quanto riguarda quest’ultimo il CME (Chicago Mercantile Exchange – la piazza su cui vengono scambiati i contratti derivati) ha aumentato i margini richiesti per operare sui futures sull’argento a quasi il 18% rendendo quindi più onerosa la speculazione.

La reporting season prosegue decisamente bene: fra le principali società che hanno riportato segnaliamo che sia Alphabet (Google) che Amazon hanno superano abbondantemente le aspettative in termini di utili. Il CEO di Amazon, Jeff Bezos, ha annunciato che lascerà il ruolo di AD e andrà a ricoprire quello di Presidente.

Per quanto riguarda l’aggregato delle società che hanno riportato circa il 50% di quelle dell’S&P500 ha avuto una crescita del fatturato pari al 2.5% e degli utili pari al 5.5%; su entrambe le metriche circa l’80% delle società ha battuto le attese degli analisti con una sorpresa media sugli utili del 15% (ovvero gli utili pubblicati sono stati mediamente superiori alle attese del 15%). In Europa la stagione è ancora all’inizio (solo il 20% delle società ha riportato) ma i numeri sono decisamente più deludenti avendo, per ora, una crescita negativa sia di fatturato che di utili.

Abbiamo di recente parlato del tema dei buyback: questa settimana, dopo gli ottimi risultati favoriti anche dalle vendite consistenti di iPhone (circa un milione al giorno fra ottobre e dicembre 2020), Apple ha annunciato che procederà ad un buyback azionario attraverso il cash raccolto da emissioni di bond per 14 miliardi. Questa pratica ha il duplice vantaggio: da un lato consente di sfruttare tassi bassi per migliorare il costo dell’indebitamento medio dell’azienda (il famoso concetto di WACC – weighted average cost of capital) attraverso un migliore mix di azioni (più costose) e obbligazioni (meno costose), dall’altro permette di alzare la redditività aziendale agendo direttamente sul denominatore del ROE (Return of Equity = utili/patrimonio netto).

QUESTA SETTIMANA

La situazione pandemica nel mondo è abbastanza variegata: a fronte di casi in riduzione in alcuni paesi ci sono decisioni più o meno diffuse di mantenere in atto le restrizioni per scongiurare che le varianti (con virus più resistenti ai vaccini) possano diffondersi e in attesa che le campagne di vaccinazione rendano evidenti i primi effetti.

In Cina (e in qualche altro paese asiatico) questa sarà la settimana del Nuovo Anno Lunare, che inizierà venerdì 12 sotto il segno del bue (o bufalo). Solitamente in Cina la chiusura delle fabbriche e il ritorno dei lavoratori presso le loro abitazioni crea un notevole movimento di persone. Quest’anno il governo ha espressamente richiesto di limitare gli spostamenti ed alcune aziende hanno anche deciso di non chiudere.

Oggi, lunedì 8 febbraio, il Senato americano discuterà il secondo processo di impeachment dell’ex presidente Trump. La Camera si era espressa favorevolmente a tale provvedimento dopo i fatti drammatici di Capitol Hill del 6 gennaio.

Vista l’importanza prospettica del tema inflazione, mercoledì 10 febbraio, saranno guardati con interesse i dati sul CPI (consumer price index) negli Stati Uniti relativi al mese di gennaio.

La reporting season vedrà fra i protagonisti società come Twitter, Cisco, Astrazeneca, General Motors, Coca Cola e Walt Disney.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Dopo che il Presidente Mattarella ha affidato a Mario Draghi l’incarico di formare un governo molti hanno fatto il paragone tra lui e Mario Monti (Presidente del Consiglio dal 2011 al 2013). Al di là di una diversa formazione teorica, la grande differenza fra i due riguarda il momento congiunturale che stiamo vivendo e cosa l’Europa ci chiede di fare: con Monti andavano ricostruiti i rapporti con Bruxelles e, soprattutto, risistemati i conti pubblici, questa volta, invece, l’Europa chiede come il nostro paese intende utilizzare i soldi stanziati con il Recovery Plan.

Quindi, mentre a Monti era richiesto un programma di austerità, a Draghi viene chiesto un programma di spesa volto a fare ripartire l’economia, cosa completamente diversa anche dal punto di vista del consenso popolare.

Mario Draghi quando era a capo della BCE ha dimostrato un approccio molto diverso dall’ortodossia classica tedesca e ha lanciato un piano di Quantitative Easing enorme che ha salvato l’euro e l’unione europea. Draghi è, infatti, ricordato per la celebre frase “The ECB il ready to do whatever it takes to preserve the euro. And, believe me, it will be enough”.

Purtroppo, all’epoca, la politica monetaria estremamente accomodante è andata a braccetto con una politica fiscale estremamente rigorosa e con un sistema bancario che, dovendo rispettare severi vincoli patrimoniali, non poteva svolgere il ruolo chiave che avrebbe dovuto avere ovvero di moltiplicare la massa monetaria in circolazione a vantaggio dell’economia reale. Si è venuta a generare la famosa dicotomia (di cui abbiamo spesso discusso in questa sede) tra economia reale ed economia finanziaria, ovvero tra Main Street e Wall Street.

Questa volta, invece, la politica monetaria espansiva va a braccetto con una politica fiscale altrettanto espansiva. Per ora la liquidità in circolazione è tanta e sta ancora inflazionando gli asset finanziari (con i mercati sui massimi sia azionari che obbligazionari), tuttavia quando l’economia riuscirà a ripartire perché la pandemia sarà superata, o per lo meno arginata e controllata, tutta questa liquidità dovrà entrare in circolazione e creare finalmente inflazione.

Per ora ci sono dei timidi segnali: il petrolio in ripresa, un minimo di inflazione da generi alimentari e anche le componenti relativi ai prezzi di acquisto degli indici PMI rivelano qualche movimento. Si muovono, così, le aspettative di inflazione e, di converso, i tassi nominali (la combinazione dei due elementi mantiene bassi i tassi reali).

Negli Stati Uniti, il mix fra il democratico Biden e la Yellen al Tesoro, portando verso politiche fiscali espansive e più redistributive della ricchezza rendono ancora più evidente l’effetto sui tassi governativi soprattutto a lungo termine.

Potremmo assistere, auspicabilmente, ad un graduale riavvicinamento di Main Street verso Wall Street. Ovviamente ci auspichiamo, e riteniamo, che il riavvicinamento veda Main Street avvantaggiarsi di più e Wall Street beneficiarne ma in forma meno marcata. Sarebbe una c.d. “win win situation” che giustifica ancora la presenza dei risky assets in portafoglio.

Non sarà certo una strada lineare e quindi, ripetiamo fino allo sfinimento, l’andamento dei mercati non sarà unidirezionale. Ma ricordiamo che, se è vero che siamo all’inizio di un nuovo ciclo economico, le fasi di debolezza rappresentano opportunità di acquisto. Le condizioni di liquidità rimangono estremamente supportive per i mercati nonostante i rialzi recenti e l’irripidimento delle curve. Negli Stati Uniti, infatti, se guardiamo dove si trovano i rendimenti governativi, nonostante il recente rialzo, notiamo che sono a livelli decisamente inferiori sia a quelli pre-covid sia, soprattutto, ai quelli dei periodi di normalizzazione dei cicli precedenti (es. 2013 – 2015).

Ottima la performance delle nostre linee di gestione, soprattutto di quelle con una maggiore componente azionaria che recuperano abbondantemente quanto perso la settimana precedente.

Analisi dei mercati dell’1.02.2021

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La settimana che si è appena conclusa ha visto un repentino incremento della volatilità (evidente anche dal movimento del VIX e del VSTOXX, rispettivamente indicatori di volatilità dell’indice S&P500 e dell’Eurostoxx50) che ha portato una correzione diffusa su tutti i principali mercati azionari.

Le motivazioni non sono particolarmente evidenti ma possiamo ritenere che siano riconducibili essenzialmente a quei fattori che sono di fondamentale supporto per i mercati: le politiche monetarie e quelle fiscali. Il tema dei vaccini è sempre presente in quanto possibili ritardi nella consegna rendono più difficile individuare chiaramente una fine alla fase pandemica in atto. Inoltre, a tutto ciò si aggiunge quanto successo su alcuni titoli negli Stati Uniti presi di mira da investitori retail, che ha creato parecchia volatilità.

Partiamo dalle banche centrali.

Martedì mattina la banca centrale cinese ha drenato liquidità dal mercato in una operazione a mercato aperto e il mercato ne ha immediatamente risentito dato che ha associato la mossa alla dichiarazione di un esponente della PBOC secondo il quale c’è il rischio di bolle negli asset e nell’immobiliare. Poi dal World Economic Forum dell’IMF il governatore della PBOC ha cercato di calmare le acque dichiarando che la politica monetaria continuerà a supportare l’economia e non è prevista un’uscita prematura da questo tipo di atteggiamento. Il risultato è comunque stato di generare un po’ di tensione sul segmento interbancario con i tassi a breve che sono saliti oltre il corridoio fissato dalla banca centrale (il tasso overnight ha toccato in settimana il livello massimo degli ultimi sei anni) ed è particolarmente strano che questo avvenga avvicinandosi al Capodanno lunare cinese (12 febbraio).

Per quanto riguarda la Fed, come era ampiamente atteso, non ha apportato modifiche alla propria politica monetaria ma ha ribadito, come anche la BCE aveva fatto, che è pronta ad utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per sostenere l’economia dato che negli ultimi mesi c’è stato un leggero rallentamento e che l’andamento dipende essenzialmente dal virus e da come andranno avanti le vaccinazioni. È stato ribadito, da parte di Powell, che l’occupazione è un obiettivo della Fed e quindi lo stimolo monetario non verrà meno finché non si tornerà ad un adeguato livello di occupazione.

Soprattutto la tensione sull’interbancario cinese ha per un attimo riaperto il tema delle banche centrali e sottolineato come i mercati siano ancora estremamente dipendenti dalla liquidità che queste forniscono. Il venire meno della liquidità è ovvio che crea problemi, ma anche la non maggiore azione crea perplessità perché ormai i mercati sono abituati ad avere continuamente qualcosa di nuovo fornito dalle banche centrali.

Il cambio euro/usd è stato influenzato mercoledì dalle dichiarazioni di Knot: il membro della BCE ritiene che il mercato stia sottovalutando la probabilità di ulteriori tagli di tassi e ribadisce che l’istituto centrale utilizzerà, se necessario, tutti gli strumenti per controbilanciare l’apprezzamento dell’euro qualora sia messo a rischio il raggiungimento del target di inflazione.

Per quanto riguarda il tema dei vaccini e della pandemia il newsflow è indubbiamente variegato e alterna notizie negative a notizie positive. Le varianti del virus continuano ad impensierire così come suscitano perplessità i ritardi nelle consegne (di Pfizer e forse anche di Astrazeneca), a questi elementi si è aggiunta la notizia relativa a Merck che ha deciso di interrompere le sperimentazioni a fronte di risultati deludenti.

Però, ci sono anche delle buone notizie: sia Pfizer cha Moderna ritengono che il vaccino sia efficace anche contro le varianti e Moderna, in particolare, dichiara che sta già lavorando ad un richiamo del vaccino adatto alle nuove versioni del virus. Eli Lilly ha comunicato che nei malati trattati con il suo farmaco monoclonale il rischio di ospedalizzazione si è ridotto notevolmente (circa -70%) così come quello di morte. Inoltre, in occasione della pubblicazione dei risultati trimestrali J&J ha comunicato che il suo vaccino (che ha il vantaggio di essere monodose) dovrebbe terminare le sperimentazioni la prossima settimana e l’approvazione da parte dell’FDA (autorità americana sul farmaco) potrebbe arrivare a fine febbraio. Infine, il vaccino di AstraZeneca ha ottenuto il via libera dell’EMA (l’autorità europea sui farmaci) che ha dichiarato che potrà essere utilizzato anche sopra i 55 anni (nonostante per questa fascia di popolazione i dati a disposizione siano modesti); in Italia, tuttavia, l’AIFA ne ha autorizzata la somministrazione solo nei soggetti fra i 18 e i 55 anni.

Intorno a giugno si spera che il problema delle dosi disponibili possa essere superato. Guardando al caso di Israele, che è stato identificato da tutti come benchmark per valutare l’efficacia delle vaccinazioni e la soglia che consente il raggiungimento dell’immunità di gregge, emerge un quadro confortante: con quasi un terzo della popolazione vaccinata si è assistito ad un calo sensibile nelle ospedalizzazioni (-60%) con un’immunizzazione forte (circa 91%) raggiunta già dopo la prima dose.

Le decisioni circa le politiche fiscali, alla base della ripresa per questo anno e per gli anni a venire, sono sempre attentamente monitorate e qualunque notizia su quel fronte genera dei movimenti di mercato. Infatti, un po’ di tensione ha suscitato il dibattito sul pacchetto fiscale in US, il c.d. “rescue plan” che potrebbe essere ritardato di un mese per farlo coincidere con la fine dei sussidi alla disoccupazione creando meno malumori fra i repubblicani.

In Europa, l’importanza del Recovery Plan è sottolineata anche dall’agenzia di rating Fitch che, dopo l’avvertimento di Moody’s, mette in guardia l’Italia da un possibile downgrade del rating in assenza di misure governative atte ad ottenere e utilizzare i fondi europei. Per Fitch il rating italiano attuale (BBB-) è al limite con la categoria junk. Ricordiamo che gli appuntamenti con le agenzie di rating sono previsti per questa primavera, esattamente quando andrà presentato il Recovery Plan all’Europa.

Il Fondo Monetario Internazionale (IMF), nella pubblicazione del suo consueto outlook, ha rivisto al rialzo (rispetto alle attese contenute nell’edizione di ottobre) le stime del pil mondiale per il 2021 che passa da 5.2% a 5.5% mentre ha lasciato invariate a +4.2% quelle per il 2022. A livello geografico la previsione per gli Stati Uniti è stata alzata di due punti a +5.1% (2021) mentre è stata abbassata di un punto per l’area euro (+4.2%). L’area emergente crescerà più dei paesi sviluppati grazie al contributo della Cina (+8.1%) e dell’India (+11.5%). Secondo l’IMF il miglioramento delle previsioni si deve all’approvazione e distribuzione dei vaccini ma le varianti del virus che si stanno manifestando e una possibile nuova ondata rappresentano i principali elementi di rischio per l’outlook.

Fra i dati macroeconomici rilevanti segnaliamo, per l’Europa, l’indice tedesco IFO (frutto dell’intervista a 7000 imprese – campione molto ampio – sullo stato dell’economia) che è risultato in calo rispetto al mese precedente e inferiore alle attese degli economisti; sarà importante valutare se i PMI in uscita questa settimana confermeranno o meno la debolezza.

Negli Stati Uniti la stima preliminare del Pil del quarto trimestre segna un +4% trimestre/trimestre con consumi un po’ più deboli a causa dell’aumento delle infezioni da coronavirus e delle conseguenti maggiori restrizioni imposte.

Finalmente è stato scelto il successore di Mustier alla guida di Unicredit: il nuovo CEO sarà Andrea Orcel che diventerà operativo dal 15 aprile, quando è prevista l’assemblea che rinnoverà l’intero CdA, ma dovrà in qualche modo gestire l’interregno fra lui e Mustier che sembra uscirà anticipatamente dopo l’approvazione dei conti il 10 febbraio. Orcel è stato in Merrill Lynch fino al 2012 per poi approdare in UBS ed è sicuramente esperto di operazioni di M&A.

Complessivamente buoni i risultati delle principali società americane che hanno riportato in settimana: Apple ha battuto le aspettative sia sui ricavi (che hanno superato il livello psicologico di 100 miliardi di dollari) che sugli utili, come anche Facebook. Invece Tesla ha superato le stime sui ricavi (quasi 11 miliardi) ma non quelle sugli utili. Nonostante risultati di tutto rispetto i titoli hanno corretto.

La settimana è stata caratterizzata da un fenomeno assai singolare che ha riguardato alcuni titoli americani che sembravano essere spariti dal radar screen degli investitori (perché spesso in business poco attraenti) ma che sono tornati alla ribalta con rialzi davvero impressionanti. Uno di questi è Gamestop, la catena di vendita di videogiochi, soggetto ad uno “short squeeze” (copertura delle posizioni corte) che ha portato il titolo dai circa tre dollari di marzo agli attuali 320.

Qualche mese fa avevamo parlato dei cosiddetti “robinhooders” ovvero gli utenti della piattaforma di trading “Robinhood” che avevano aperto conti gratuiti durante il lockdown e, complice sia le restrizioni agli spostamenti sia i sussidi governativi, si erano lanciati nel trading online. A quell’epoca si erano concentrati su titoli noti e famosi (quali i big del tech e Tesla, ad esempio). Attualmente il fenomeno sembra tornato ma rivolto a tutt’altra categoria di titoli ovvero quelli sui quali erano state aperte grosse posizioni ribassiste dagli hedge fund. Un gruppo nutrito di millennial investors che frequentano community (piattaforme a metà strada fra social e forum) quali ad esempio Reddit e Wallstreetbets, hanno puntato su questi titoli scatenando una valanga di acquisti (anche attraverso opzioni call, quindi strumenti derivati a leva che amplificano l’esposizione) che ha innescato una spirale che è risultata difficilmente arrestabile. Infatti, anche quando diverse piattaforme (tipo Robinhood, Interactive Brokers e la società di intermediazione Td Ameritrade) hanno imposto il blocco delle operazioni di acquisto sui titoli presi di mira, si sono scatenate tali proteste e minacce di class action che il divieto è stato immediatamente tolto. Questa mole enorme di acquisti ha avuto come conseguenza quella di costringere gli hedge fund a chiudere le posizioni corte (andando a comprare i titoli) e alimentando ulteriormente la salita del titolo.

QUESTA SETTIMANA

In Italia il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dopo che le dimissioni di Conte hanno dato avvio alla crisi di governo, ha dato al Presidente della Camera Fico il mandato esplorativo per valutare la possibilità di formare una maggioranza di governo partendo dalle forze politiche che sostenevano quello precedente. Vedremo in questi giorni cosa emergerà e quanto sarà l’impatto sui rendimenti governativi italiani e sullo spread.

La settimana è importante, da un punto di vista macroeconomico, perché è prevista la pubblicazione dei dati di fiducia delle imprese relativi al mese di gennaio. I PMI già pubblicati in Cina mostrano un leggero rallentamento ma rimangono ancora in fase di espansione. Il rallentamento probabilmente è dovuto alle restrizioni (lockdown) legate al ripresentarsi del corona virus che hanno coinvolto aree più o meno estese e il rallentamento della componente export sempre dovuto al protrarsi della pandemia.

Martedì 2 febbraio verrà pubblicato il dato sul Pil dell’area euro area e vedremo come uscirà rispetto a quello degli Stati Uniti.

Venerdì 5 febbraio negli Stati Uniti è prevista la pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro relativi al mese di gennaio: il tasso di disoccupazione è atteso stabile al 6.7% ma dovremmo vedere un aumento degli occupati nel settore non agricolo.

Il prezzo del petrolio potrebbe essere soggetto a oscillazioni quando mercoledì 3 febbraio si riunirà l’Opec+ che valuterà i progressi fatti nei tagli in corso alla produzione e la contribuzione dei vari paesi.

Per quanto riguarda le banche centrali giovedì 4 febbraio si riunirà la Bank of England: non sono attese particolari modifiche all’attuale politica monetaria ma sarà importante capire se la BOE sta valutando l’ipotesi di portare i tassi in negativo (attualmente allo 0.10%). Verranno, inoltre, comunicate le nuove previsioni di crescita e inflazione (le prime dopo la Brexit).

Questa settimana la reporting season avrà come protagoniste: Alibaba, Alphabet e Amazon oltre a parecchie società del settore farma (tipo Pfizer, Merck).

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

I mercati anche questa settimana hanno dimostrato quanto siano sensibili al tema dei “ritardi”: ritardi nella campagna vaccinale allontanano il ritorno alla normalità e ritardi nel piano fiscale americano rischiano di minare la ripresa economica.

Sappiamo bene quanto è fondamentale il pacchetto fiscale americano e come la composizione del Congresso (specialmente al Senato) non renda particolarmente e sempre agevole il passaggio dei provvedimenti. Ricordiamo che uno degli strumenti a disposizione da parte dei Repubblicani in Senato è il “filibustering” (ostruzionismo) che permette di discutere, senza limiti di tempo, sulle proposte da votare e quindi può allungare notevolmente i tempi. Per aggirare l’ostruzionismo la maggioranza a favore dovrebbe essere di almeno 60 senatori e considerando che la divisione fra democratici e repubblicani è 50:50 non è proprio così semplice. In alternativa i democratici possono utilizzare lo strumento della “Reconciliation” che permettere di superare l’ostruzionismo semplicemente con una maggioranza assoluta. Si tratta però di una possibilità data una volta all’anno e che non favorisce certo un dialogo costruttivo fra le parti.

Abbiamo ripetuto svariate volte che le correzioni sono inevitabili ma sembra che ci sia ancora molta voglia di comprare fra gli investitori. I motivi sono i soliti già elencati: abbondante liquidita e mancanza di alternative. Tuttavia ci sono un paio di elementi che creano un po’ di perplessità sulla continua salita degli indici e che li rende più vulnerabili a correzioni: il primo è relativo al periodico sondaggio di Bank of America dal quale risulta che la quota di cash detenuta dagli investitori è ulteriormente scesa ed è al di sotto della soglia che di solito rappresenta un “sell signal”(inferiore al 4%): l’altro elemento su cui è bene riflettere (che abbiamo descritto nella prima parte di questo commento) riguarda la particolare “euforia” degli investitori retail su alcuni titoli che tanti hedge fund hanno “shortato” (ovvero venduto allo scoperto scommettendo sulla discesa del prezzo) per motivi più o meno fondamentali e che i retail stessi comprano per motivi di sicuro poco fondamentali.

Quanto questa “mania” possa andare avanti non si sa (ricordiamoci la famosa frase di J.M. Keynes “Il mercato può rimanere irrazionale più a lungo di quanto tu possa rimanere solvente”) ma rappresenta sicuramente un fenomeno a cui guardare con attenzione perché in qualche modo ricorda il periodo della dot.com bubble degli anni 2000. L’esposizione azionaria degli investitori retail sembra abbia addirittura superato quella degli anni 1999-2000 e rende il mercato potenzialmente vulnerabile agli umori più irrazionali dei piccoli investitori.

La volatilità è quindi da mettere in conto ma non modifica l’idea di fondo che rimane ancora favorevole ai mercati azionari. Oltre a quanto più volte ripetuto in passato possiamo ribadire il tema del rendimento azionario (dividendo) rispetto a quello obbligazionario: pur avendo la pandemia impattato sui dividendi delle società tagliandoli considerevolmente (vuoi per regolamentazione, es. le banche, vuoi per l’andamento del business) questi rimangono ancora superiori sia in Europa che negli Stati Uniti ai corrispondenti rendimenti governativi. In Europa, ad esempio, analizzando l’indice Stoxx 600 il dividend yield del 68.3% dei titoli è superiore al rendimento obbligazionario dei bond emessi da loro stessi. Per l’S&P500 la percentuale è leggermente inferiore (58.2%). Il confronto è ancora più facile se raffrontiamo questi numeri con i rendimenti obbligazionari governativi.

Il cattivo andamento dei mercati finanziari ha, inevitabilmente, impattato negativamente sulle nostre linee di gestione, soprattutto quelle con una componente azionaria maggiore. In settimana, l’Area Investimenti ha modificato la composizione delle linee di gestione bilanciate (con componente sia azionaria che obbligazionaria) coerentemente con quanto discusso durante il Comitato Investimenti e approvato dal CdA della Sim: in particolare è stata azzerata in profitto la posizione sul settore bancario europeo (Lyxor Eurostoxx Banks) e riallocato la liquidità derivante sul settore finanziario americano (Invesco Financial S&P US), sui mercati emergenti (Amundi Msci Emerging Markets) e sul Giappone (UBS MSCI Japan).