Analisi dei mercati dell’11.01.2021

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Buon inizio anno per i mercati che proseguono la fase di rialzo essenzialmente per il venire meno dei principali elementi di incertezza che hanno caratterizzato il 2020 e, soprattutto, per l’avvicinarsi del tanto atteso stimolo fiscale americano.

La scorsa settimana avevamo scritto che “…il 6 gennaio il Congresso dichiarerà ufficialmente il vincitore delle elezioni presidenziali del 2020 che entrerà in carica il 20 gennaio; normalmente si tratta di una formalità ma quest’anno tutto è possibile visto che Trump fino all’ultimo dichiarerà che ci sono stati dei brogli.” Diciamo che si è confermato un momento di tensione estrema con i sostenitori di Trump (e infiltrati) che hanno assaltato Capitol Hill durante i lavori interrompendo la proclamazione (che è stata fatta il giorno successivo). Si è trattato di un evento indubbiamente tragico sotto molti punti di vista ma che non ha avuto un grosso impatto sui mercati.

Quello che conta di più per gli investitori, invece, è la conferma della Blue Wave con il ballottaggio in Georgia che ha portato i due seggi ancora da assegnare dalla parte dei Democratici: di fatto, il Senato è esattamente diviso a metà fra Repubblicani e Democratici (50 seggi a testa) ma la legge vuole che in questi casi sia determinante il vicepresidente, ovvero Kamala Harris, che essendo democratica sposta da quella parte l’ago della bilancia.

Con il Congresso interamente in mano ai Democratici (anche se non con ampi margini), il democratico Biden come Presidente e la Yellen al Tesoro, il mercato inizia a scontare un aumento della spesa pubblica, probabilmente un incremento della tassazione e riduzione del processo di deregolamentazione che Trump aveva avviato. C’è da dire che la maggioranza non è così netta quindi i Democratici non potranno essere così aggressivi nelle loro politiche, il che è un bene per i mercati.

Lo stimolo fiscale americano potrebbe, quindi, essere finalmente deciso e consentirebbe di aggiungere qualche punto alla crescita del Pil che potrebbe raggiungere così anche il 6%. Se guardiamo alla stima del Pil elaborata dalla Fed di Atlanta sulla base di una serie di indicatori macroeconomici siamo addirittura all’8.5%.

La campagna di vaccinazioni nei vari paesi prosegue e in alcuni casi (vedi UK, ad esempio) è accompagnata da lockdown più o meno severi: il mix delle due cose dovrebbe, auspicabilmente, consentire di aprire gradualmente e con più serenità verso la primavera.

Il Giappone, a fronte della recente impennata dei contagi ha dichiarato lo stato di emergenza nella capitale e in tre prefetture per la prima volta da aprile e lo Yen ne ha risentito indebolendosi.

Per quanto riguarda i vaccini anche quello di Moderna è stato approvato dall’autorità europea EMA e le prime dosi dovrebbero arrivare questa settimana. Pfizer, intanto, annuncia che il suo vaccino è efficace sia sulla variante inglese del virus che sull’ultima variante sudafricana.

Il primo vertice Opec+ dell’anno ha visto una forte contrapposizione fra Russia e Arabia Saudita, la prima premeva per ridurre i tagli alla produzione previsti (andando quindi, di fatto, ad aumentare l’offerta rispetto al previsto, per non perdere quote di mercato) mentre la seconda era contraria come anche altri paesi (Emirati Arabi). Il risultato è stato di consentire a Russia e Kazakhstan di incrementare la produzione mentre l’Arabia si farà carico dei tagli e contribuirà a mantenere la produzione totale invariata. Il petrolio arriva, così, a superare i 50 dollari/barile (WTI) per la prima volta da febbraio. L’OPEC+ (che comprende OPEC e i paesi produttori guidati dalla Russia), aveva deciso inizialmente di riunirsi con cadenza mensile per essere più puntuale sull’evoluzione della domanda, ma durante l’ultimo meeting ha, invece, fissato la prossima riunione per l’inizio di marzo.

Oltre al petrolio vanno in generale molto bene tutte le commodities: Goldman Sachs ritiene che il rally possa proseguire fino al 2030 sostenuto da una ripresa dell’economia globale e da un rialzo dell’inflazione che potrebbe generare un nuovo “super-ciclo” simile a quello innescato vent’anni fa dalla crescita economica cinese. Il rame, dopo avere avuto una delle migliori performance fra i metalli industriali l’anno scorso, continua a salire toccando i livelli massimi dal 2013.

La Brexit era uno degli elementi di maggiore incertezza del 2020 (che si protraeva dal referendum del 2016) e che, fortunatamente, si è risolto negli ultimi giorni dello scorso anno. Le prima conseguenze le stiamo vedendo sul settore delle compagnie aeree: poiché i vettori europei per essere considerati tali (e continuare a collegare destinazioni europee fra di loro) devono avere la maggioranza delle azioni in mano ad investitori europei, Easyjet ha congelato il diritto di voto agli azionisti non europei con quote superiori al 3% e ha aperto una sussidiaria in Austria. Un altro impatto immediato è sul settore finanziario dove nei primi giorni dell’anno si è assistito al trasferimento degli scambi di azioni denominate in euro dalle piattaforme inglesi a quelle continentali. Infatti, non è più possibile per gli investitori inglesi negoziare titoli in euro sulle proprie piattaforme di trading (fra le principali citiamo Turquoise, Aquis e Cboe). C’è da dire che le principali citate nei mesi scorsi avevano creato ad Amsterdam e Parigi dei mercati alternativi. In generale, per prestare servizi bancari e finanziari occorre che banche, gestori di fondi e istituti di pagamento richiedano una nuova autorizzazione.

In settimana sono stati pubblicati i dati di fiducia delle imprese PMI per il mese di dicembre e, come gli analisti si attendevano, si sono mantenuti tutti sopra la soglia critica del 50 (che separa la fase di espansione da quella di contrazione) per il comparto manifatturiero mentre quello dei servizi fa ancora fatica a recuperare e in generale conferma i dati del mese precedente.

Molto forte negli Stati Uniti l’omologo dato (ISM) di dicembre ai massimi da agosto 2018: in tutte le sue componenti è superiore alle aspettative e al dato relativo al mese precedente segno che l’attività produttiva manifatturiera sta crescendo a passo spedito. Un po’ di delusione, invece, dai dati sul mercato del lavoro americano pubblicati venerdì: a fronte di un tasso di disoccupazione fermo a 6.7% è stata inferiore alle attese la creazione di nuovi posti di lavoro, probabilmente complice l’aumento di casi di covid19 registrata negli ultimi mesi che ha imposto maggiori restrizioni.

Nello scorso commento avevamo citato il tema dell’inflazione, ritenendo che fosse un fattore interessante e da monitorare soprattutto questo anno, e proprio durante la settimana la break-even inflation americana a 10 anni (quella stimata dalla differenza fra il rendimento dei Treasury nominali e dei Treasury inflation linked di pari scadenza) ha rotto, temporaneamente, al rialzo un’importante resistenza (2%).

Il rialzo delle aspettative di inflazione impatta direttamente sul livello dei tassi reali (che sono la differenza fra i tassi nominali e aspettative di inflazione) riducendoli e di solito questo ha un impatto positivo sull’oro. Il metallo prezioso nell’ultima parte del 2020 ha avuto una performance non particolarmente entusiasmante sia perché non è un periodo stagionalmente favorevole sia per la concorrenza dei bitcoin. Nei primi mesi dell’anno, invece, la stagionalità è statisticamente favorevole all’oro (che potrebbe beneficiare del traino della domanda cinese legata al Capodanno, che cadrà intorno all’11 febbraio) ma rimane pesante il tema della “concorrenza” dei bitcoin che dobbiamo vedere come evolverà.

Infatti, il bitcoin (giunto, in settimana, a superare quota 40.000 dollari), e in generale le criptovalute, continuano a beneficiare dell’enorme liquidità in circolazione e, quindi, di una domanda estremamente forte a fronte di un’offerta, per definizione, limitata che consente di proteggere dall’inflazione. La banca d’affari americana JPM ha stimato che nel medio termine il prezzo potrebbe raggiungere i 146.000 dollari (ricordiamoci che Jamie Dimon nel 2017 definì il bitcoin una truffa vera e propria…) e Citigroup si spinge fino a 300.000 entro fine anno. La barriera dei 35.000 dollari è stata superata dopo che l’Autorità federale di regolamentazione bancaria americana (Occ), ha pubblicato una lettera interpretativa nella quale stabilisce che le banche commerciali possono utilizzare le blockchain pubbliche (la prima è proprio quella dei bitcoin) per archiviare o convalidare i pagamenti utilizzandole come delle sorti di camere di compensazione. Gli investitori hanno interpretato questa decisione come un primo passo verso la legittimazione del bitcoin (consacrato ormai come “oro digitale”) allontanando quindi il principale rischio che è proprio quello regolamentare. A guidare l’Occ è Brian Brooks che prima di essere stato nominato da Steve Mnuchin (segretario del Tesoro) era capo dell’ufficio legale di Coin-base, la più grande borsa di criptovalute mondiale.

La capitalizzazione di mercato delle criptovalute in circolazione ha superato il trilione di dollari (pari al valore di Google) e le due principali sono il Bitcoin (70%) e l’Ethereum (15%). Proprio su quest’ultima criptovaluta il CME (borsa delle materie prime di Chicago) l’8 febbraio lancerà il future (quello sul bitcoin ha già tre anni di vita).

Abbiamo detto più volte che uno dei driver della corsa del bitcoin è l’offerta limitata a fronte di una domanda in crescita: per dare un’idea dei numeri ricordiamo che, ad oggi, sono stati “minati” 18 milioni bitcoin (su un totale massimo di 21 milioni), di questi il 60% è in mano a detentori che non li vendono da oltre un anno (definiti “holder”), si stima che circa tre milioni siano andati persi e un milione sia in mano al fondatore Satoshi Nakamoto. Tirando le somme, circa quattro milioni sono quelli effettivamente “tradabili” sul mercato ed è l’elemento scarsità che fa salire il prezzo.

Chi sostiene la tesi che il trend sia oggi più sostenibile rispetto ai rally passati cita, come elemento principale (oltre all’effetto scarsità appena descritto), il fatto che è salito il numero di coloro che detengono oltre 100 bitcoin (le c.d. “whales” o “balene”) e che tali soggetti siano ascrivibili soprattutto a investitori istituzionali fino a poco tempo fa critici e lontani dalle criptovalute.

Il proseguimento del periodo favorevole per i mercati obbligazionari permette al Tesoro italiano di collocare, in anticipo rispetto alle attese, 10 miliardi del nuovo BTP a 15 anni con una domanda quasi record pari a più di 10 volte l’ammontare offerto: si tratta di un BTP, scadenza 1 marzo 2037 e cedola pari a 0.95%, collocato a 99.409 e conseguente rendimento a scadenza all’emissione pari a 0.992%. Grazie ai tassi bassi il Tesoro italiano è riuscito ad ottenere di abbassare il costo medio per emissione che attualmente è a 0.59%. L’obiettivo del 2021 è portare il costo medio del debito complessivamente sul mercato attorno al 2% (attualmente al 2.4%).

Nello scorso commento avevamo scritto che il NYSE aveva avviato la procedura per il delisting delle tre telcos cinesi quotate a Wall Street. Da allora c’è stata una doppia inversione di rotta: martedì è arrivata la smentita e si cercava di capire se alla base di quello che Bloomberg ha definito “U-turn”, un vero capovolgimento di decisione, ci fosse una cattiva interpretazione di un ordine esecutivo o qualcosa di più ampio legato alle possibili implicazioni geopolitiche che la decisione avrebbe avuto, poi mercoledì il NYSE ha dichiarato che la sospensione sarà effettiva da lunedì 11 gennaio. Intanto, anche Alibaba e Tencent sono state aggiunte alla lista dei titoli sui quali si sta pensando di vietare l’investimento.

Il settore tech cinese è anche coinvolto dal mistero circa la scomparsa apparente di Jack Ma, fondatore di Alibaba, che sembra sia sparito dalla scena dopo un intervento critico nei confronti del governo fatto ad ottobre.

Quanto lo stop al pagamento delle cedole penalizzi i titoli bancari europei (che, ricordiamo, secondo le direttive BCE possono distribuire massimo il 15% dei profitti o lo 0.2% del Cet1) lo possiamo notare dalla performance delle azioni di una piccola storica banca finlandese, Alandsbanken, che ha deciso di non ottemperare a quanto raccomandava il supervisore nazionale ritenendo che il risultato del 2019 fosse il migliore della sua storia e che quello del 2020 sarà ancora migliore. La decisione di distribuire il 59% dell’utile è stata premiata in borsa con un rialzo del 9% circa.

Ritornando per un attimo al risiko bancario italiano segnaliamo la performance di Unicredit (quasi +9%) e BMPS (circa +9.5%) dopo che sono circolate indiscrezioni su un possibile incremento della “dote” (attraverso cessioni di crediti deteriorati ad AMCO – la controllata del Tesoro – per 20 miliardi, dopo i 10 già ceduti nel 2020, e la neutralizzazione dei rischi legali) a favore dell’acquirente dell’istituto senese che renderebbe neutrale l’operazione dal punto di vista del capitale. Infatti, la cessione dei crediti si tradurrebbe in circa 2.5-3 miliardi di beneficio per l’acquirente ai quali vanno aggiunti 1.6 miliardi derivanti dalla partecipazione del tesoro all’aumento di capitale da 2.5 miliardi (il Tesoro sottoscriverà per il 64%) e ai 2.5 miliardi di DTA (deferred tax asset). Le trattative potranno perfezionarsi solo dopo la nomina del nuovo CEO attesa per le prossime settimane.

Infine, qualche notizia sul settore automobilistico:

  • la fusione tra FCA e PSA è stata approvata dalle rispettive assemblee degli azionisti: nasce così Stellantis, il quarto gruppo automobilistico mondiale con 180 miliardi di fatturato e circa 8.7 milioni di auto vendute dopo Volkswagen, Toyota e Nissan – Renault. Vedremo se la nuova società risultante sarà in grado di spingere a sufficienza sull’elettrico;
  • segnaliamo la forte performance di Tesla (quasi +25% in una settimana) che beneficia dell’upgrade di giudizio di Morgan Stanley avvenuto dopo che le immatricolazioni del quarto trimestre hanno superato le attese. Il balzo del titolo porta Elon Musk a superare anche Bezos (in testa alla classifica dal 2017) fra i più ricchi con un patrimonio di circa 185 miliardi di dollari;
  • rumors di una possibile partnership tra Apple e la coreana Hyundai Motor (che sulla notizia mette a segno un rialzo del 20% seguito da un +9% oggi) per la produzione di batterie e lo sviluppo della nuova auto elettrica.

QUESTA SETTIMANA

Proseguono le vaccinazioni in giro per il mondo ma la situazione dei contagi sembra peggiorare dai numeri che vengono rilasciati. In Cina il capoluogo della provincia dello Hebei è in lockdown totale per un raddoppio dei casi: si tratta di una città con undici milioni di abitanti. Pechino teme che la situazione possa andare fuori controllo con l’avvicinarsi del Capodanno lunare (12 febbraio) durante il quale gli spostamenti di lavoratori che tornano nelle loro case sono molto intensi.

A Washington la tensione politica rimane alta con Trump che dichiara che, sebbene la transizione avverrà in modo pacifico, non sarà presente all’insediamento di Biden il 20 gennaio. Intanto, Twitter e Facebook (e altri social network) hanno chiuso il suo profilo e il Congresso sta valutando una nuova procedura di impeachment accusandolo di istigazione all’insurrezione. La rappresentante democratica alla Camera, Nancy Pelosi, ha chiesto al Pentagono che Trump consegni i codici nucleari, una cosa che non si è mai vista nella storia americana. C’è anche l’ipotesi che il Congresso si appelli al XXV emendamento, dichiarando inabile il Presidente, ma in questo caso l’iniziativa dovrebbe provenire direttamente dal vice Mike Pence.

Negli Stati Uniti inizia la reporting season, come sempre, con le banche fra le prime a dare un’idea dei risultati dell’ultimo trimestre del 2020: venerdì riporteranno JPM, Citigroup e Wells Fargo.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

In settimana, il governatore della Banca di Spagna, Hernandez de Cos, ha riaperto il tema del controllo della curva dei tassi governativi europei. Ne avevamo parlato qualche tempo fa ed è una strategia già adottata in Giappone dalla BOJ che ha l’obiettivo di mantenere il rendimento del titolo di stato decennale intorno allo 0%. Secondo De Cos, la semplice dichiarazione da parte della BCE di un tale obiettivo consentirebbe di mantenere i tassi bassi quasi senza intervenire: infatti, sarebbe il mercato a posizionarsi correttamente sapendo che altrimenti interverrebbe l’istituto centrale. Le complicazioni per l’area euro, oltre al possibile ostruzionismo dei paesi nordici (che non vedono di buon occhio la possibilità di acquisti illimitati da parte della BCE), riguardano la numerosità di curve, una per ogni stato (quindi 19) che renderebbe complessa la gestione degli acquisti anche in considerazione alla recente sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul QE.

Il 2021 è l’anno della revisione della strategia della BCE e sicuramente si parlerà di questo aspetto che sta analizzando anche la Fed. Riuscire a indirizzare il mercato sul livello dei tassi e sulle aspettative anche a più lungo termine sarebbe sicuramente utile e di supporto sia per i bond che per l’equity in quanto la minaccia principale è rappresentata da un’eventuale ripresa dell’inflazione e da un repentino repricing delle obbligazioni con inevitabili ripercussioni sulle azioni. Non a caso, il falco presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, non smette di ricordare che i tassi non saranno bassi per sempre e quindi i governi si devono preparare a costi dei finanziamenti al rialzo non appena l’inflazione darà qualche segnale.

È evidente, quindi, che quello dell’inflazione rimane un tema scottante perché, da un lato, la si vuole e deve risollevare almeno vicino al 2%, dall’altro non si vuole che questo comporti una reazione delle banche centrali che alzano i tassi per gestirla meglio.

Anche la conferma dell’onda blu negli Stati Uniti con Presidente e Congresso perfettamente allineati lascia ipotizzare una maggiore spesa pubblica e un più facile ritorno verso uno scenario di reflazione (vedi tassi americani – con il decennale sopra l’1% di rendimento – e aspettative di inflazione 5Y5Y stabili intorno al 2.3%).

In generale, comunque, si rafforza l’idea di una sorta di “bazooka stimulus” ad opera dell’amministrazione americana. Consideriamo che secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI) i paesi del G7 hanno iniettato finora circa il 16% del loro Pil combinato nell’economia e questa cifra non considera il recente piano degli Stati Uniti che vale il 5% del pil americano. Si tratta di uno stimolo senza precedenti, superiore addirittura a quello del 2008 (circa una volta e mezzo).

I movimenti della curva dei rendimenti, ripetiamo, vanno attentamente seguiti perché a seconda di quali si muovono ci possono essere conseguenze diverse. Con i tassi a breve ancorati dall’azione delle Banche Centrali, in mancanza di un controllo della curva (attraverso acquisti calibrati sulle varie scadenze) si assisterà, come già sta avvenendo, ad un irripidimento delle curve (ovvero un incremento del differenziale fra tassi a lunga e tassi a breve) che tende a portare beneficio ai settori più value e al comparto bancario, invece, un generalizzato aumento, anche della parte a breve, diventa molto pericoloso per il comparto azionario. Ma è ancora prematuro ipotizzare tale scenario.

Se il buongiorno si vede dal mattino possiamo dire che le nostre linee di gestione sono partite ottimamente con performance decisamente forti soprattutto con quelle con una componente azionaria maggiore.