INDICI DI MERCATO
COMMENTO ULTIME DUE SETTIMANE
Anche durante la settimana che si è appena conclusa i mercati azionari sono rimasti ben intonati (MSCI World +1.4%) con una sovraperformance, in US, della tecnologia e del segmento delle small cap. Il comparto obbligazionario governativo, invece, è stato penalizzato da un leggero incremento dei rendimenti (che però non ha compromesso il livello dello spread fra il Bund tedesco e il BTP italiano compressosi ulteriormente) che ha impattato anche sulla parte investment grade dell’obbligazionario a spread. Bene le commodities con il petrolio che è salito ulteriormente e bene anche i metalli preziosi. Il dollaro si è indebolito rompendo il livello di 1.22.
Analizziamo più nel dettaglio cosa è successo partendo con il commento delle decisioni delle principali banche centrali riunitesi in settimana.
In generale possiamo dire che le banche centrali non hanno fatto altro che confermare che la politica monetaria rimane, ovunque, estremamente accomodante e disponibile ad essere ulteriormente rafforzata:
- la Fed ha mantenuto i tassi nel range 0-0.25% con la “dot plot” (ovvero la rappresentazione grafica delle intenzioni dei singoli membri per il prossimo futuro) che li ipotizza invariati almeno fino al 2022/2023; il programma di acquisto titoli proseguirà all’attuale ritmo finché non ci saranno progressi sostanziali nell’economia (sia in termini di inflazione che di occupazione). Anche la Fed ha aggiornato le stime di crescita del Pil rivedendole al rialzo sia per il 2020 (-2.4% da -3.7% di settembre) che per l’anno prossimo (+4.2% dal +4% stimato a settembre), così come quelle di inflazione riviste leggermente al rialzo: è stato proprio il mix di questi fattori, politica monetaria invariata (e che rimarrà accomodante ancora a lungo) e inflazione in possibile aumento (legate a migliori prospettive di crescita) che ha portato il cambio euro/dollaro sopra il livello di 1.22. Powell ha ribadito che, a fronte di rischi immediati molto alti, la Fed si mantiene pronta ad intervenire pur nella consapevolezza che la situazione dovrebbe esser destinata a migliorare nel medio termine. Il mercato, nell’immediato, è rimasto un po’ deluso dalla non proattività ma poi si è ripreso;
- la Bank of England ha deciso, all’unanimità, di mantenere l’attuale stance di politica monetaria lasciando i tassi invariati (a 0.10%) così come il programma di acquisto titoli almeno finché non ci saranno evidenti progressi sull’inflazione e chiarezza sul fronte Brexit (in tal caso si potrebbe valutare anche l’introduzione di tassi negativi). Secondo il comitato l’outlook rimane fortemente incerto anche se il vaccino dovrebbe ridurre notevolmente il downside risk;
- la Bank of Japan ha dichiarato, prima del meeting ufficiale, che acquisterà 6 miliardi di dollari di debito direttamente dal ministero delle Finanze per potere essere pronta ad evitare che un’eventuale ripresa della pandemia metta a rischio la chiusura dell’anno fiscale giapponese (a marzo). Si tratterebbe di un primo importante passo verso la c.d. “monetizzazione” del debito pubblico direttamente legata alla tanto spesso citata MMT (Modern Monetary Theory), ovvero il finanziamento diretto dello Stato da parte della Banca Centrale. Ancora una volta il Giappone si dimostra più avanti nelle politiche di intervento monetarie, forse perché ha vissuto una grande crisi in passato che ha portato ad una cronica deflazione; dalla riunione ufficiale, invece, non sono emersi cambiamenti nella politica monetaria né in termini di tassi di interesse (che rimangono negativi a -0.10%) né di programma di acquisti (enfatizzando, su questo punto, che un’uscita dalla strategia di acquisto di ETF azionari è prematura).
Rimanendo sempre in tema banche centrali torniamo a parlare di quanto commentato più volta in questa sede, ovvero del tema critico dei dividendi per il settore finanziario.
La Bank of England ha deciso che le banche inglesi potranno tornare a distribuire i dividendi agli azionisti ma con dei vincoli. Gli stress test della BOE hanno consentito di valutare le banche britanniche sufficientemente solide (i coefficienti patrimoniali tripli rispetto alla crisi finanziaria del 2008-2009) da permettere il pagamento delle cedole nel 2021 ma con la limitazione del 15%-25% in termini di payout ratio o 0.2% del valore patrimonio primario o attività ponderate per il rischio (Cet1). Il messaggio che la BOE ha voluto dare è positivo e cioè le banche sono ritenute solide per sostenere l’economia in una fase così difficile ma si tiene comunque un cuscinetto di sicurezza.
Il giorno successivo la BCE si è allineata alla BOE confermando quanto già emerso la settimana precedente: il divieto alla distribuzione dei dividendi viene stato rimosso ma viene imposto un tetto pari al 15% degli utili cumulati nel periodo 2019-2020 e 0.20% in termini di Cet1 (si applica il minore fra i due vincoli). Tale regola varrà fino al 30 settembre 2021. Le banche non potranno, però, distribuire acconti sui dividendi relativi agli utili 2021. Le valutazioni su dividendi e buyback (modo alternativo di remunerare gli azionisti acquistando azioni sul mercato) verranno valutate caso per caso dal Consiglio di Vigilanza della Bce guidato da Andrea Enria.
In generale si tratta di una cauta riapertura (si stima che la distribuzione dei dividendi sarà pari ad un terzo di quello che sarebbe normalmente avvenuto) che tiene conto, da un lato, del fatto che potremmo essere avviati verso una normalizzazione e verso la fine della crisi e, dall’altro, che l’andamento altalenante della pandemia e dei contagi rende lo scenario ancora incerto e il problema delle sofferenze dei crediti potrebbe solo essere rimandato.
Altra considerazione da fare è la seguente: sebbene, in linea teorica, sia corretto limitare la distribuzione di dividendi (o il buyback) considerato i fondi che l’istituto centrale mette a disposizione delle banche a tassi negativi, è anche vero che, spesso, gli azionisti delle banche sono le fondazioni che utilizzano proprio i dividendi incassati per erogare servizi sul territorio importanti, a maggior ragione, in un momento di particolare fragilità come quello attuale.
Occorre, poi, aggiungere il fatto che fra i soggetti con licenza bancaria ci sono anche i c.d. “asset gatherer” o banche rete (tipo Mediolanum, Banca Generali, Fineco…) e, paradossalmente, il doppio vincolo tende a penalizzare proprio coloro che hanno meno attività di rischio (le attività bancarie sono legate al risparmio gestito e solo minimamente ai prestiti verso famiglie e imprese).
Ricordiamo che la sospensione al pagamento dei dividendi è stata introdotta a marzo di quest’anno per permettere alle banche di essere pronte a fronteggiare le conseguenze negative della pandemia. Sebbene questa crisi, come più volte ribadito, non abbia avuto origine dal settore bancario (come invece accadde nel 2007-2008) le sue ripercussioni potrebbero ricadere sulle banche in termini di maggiori NPL (non-performing loans); le banche centrali hanno cercato di salvaguardare il settore attraverso diverse misure (es. il TLTRO) e abbassando i tassi di interesse ma è normale che questi soldi debbano essere utilizzati per creare un cuscinetto indispensabile per non affogare nei quasi inevitabili crediti incagliati.
Il buon andamento dei mercati azionari e il leggero incremento dei rendimenti obbligazionari governativi sono legati anche alle attese di un imminente ritorno alla normale attività economica legata ai vaccini. Negli Stati Uniti l’FDA ha approvato anche il vaccino prodotto da Moderna mentre, in Europa, l’EMA ha annunciato che potrebbe approvare il vaccino di Pfizer/BioNTech il 21 dicembre, in anticipo rispetto alla data prevista del 29 dicembre. Se così fosse in Europa si potrebbe ipotizzare quello che alcuni chiamano V-day, l’inizio della campagna di vaccinazioni, già il 27 dicembre.
Della positività legata ad un eventuale ritorno alla normalità beneficia anche il petrolio con il WTI che supera i 49 dollari al barile nonostante l’OPEC, nel suo report mensile, tagli le previsioni sulla domanda del primo trimestre 2021 di un milione di barili al giorno a causa dell’impatto delle misure restrittive sulla prima parte del trimestre.
Con i Grandi Elettori americani che hanno confermato la vittoria di Biden alla presidenza degli Stati Uniti arriva anche l’accordo sul pacchetto da 900 miliardi di dollari per dare sostegno all’economia e ai cittadini colpiti dalla pandemia. Il voto finale è previsto per oggi.
In tema di stimolo fiscale il Giappone si distingue con una cifra record: la bozza di bilancio prevede, infatti, la spesa di 1.030 miliardi di dollari per il prossimo anno fiscale (da aprile) destinata sia alle necessità legate al coronavirus e alle conseguenti misure per cercare di rilanciare l’economia, che le normali spese militari e di welfare.
La debolezza del dollaro può essere anche, in parte, legata al recente andamento migliore dei dati macroeconomici europei rispetto a quelli americani come emerge dall’andamento degli Economic Surprise Indices delle due aree. In settimana sono stati pubblicati i dati di fiducia delle imprese PMI: in Eurozona, pur rimanendo sotto la soglia critica del 50 il dato composite è passato da 45.3 a 49.8 grazie, soprattutto, al comparto dei servizi (passato da 41.7 a 47.3) e al contributo della Francia. Per gli Stati Uniti, invece, il dato aggregato è passato da 58.6 a 55.7 a causa proprio del comparto dei servizi.
Non si arresta la corsa del bitcoin che sale sopra i 24.000 dollari per la prima volta in assoluto e oro che ne risente. Due sono le notizie rilevanti sul tema bit-coin uscite in settimana:
- Banca Generali ha avviato una partnership con la fintech Conio Inc. (che fornisce servizi di “wallet provider” ovvero custodia, negoziazione e reporting di bitcoin) acquisendone il 9.9% (per 14 milioni di dollari). Oltre a supportarne la crescita partecipando all’aumento di capitale, Banca Generali intende distribuire i prodotti di Conio arricchendo la propria offerta digitale:
- l’americana Coinbase, la maggiore piattaforma di scambi di criptovalute, ha depositato i documenti per quotarsi a Wall Street con una valutazione stimata iniziale pari a 8 miliardi di dollari.
Diamo qualche numero sul tema: la capitalizzazione totale delle criptovalute (che sono in totale 8.ooo) ha raggiunto la cifra di 580 miliardi di dollari (di cui 1/3 sono relativi ai Bitcoin), gli scambi giornalieri sono pari a circa 280 miliardi di dollari e gli utenti circa 60 milioni.
Società del big tech americano ancora sotto attacco sia in US che in Europa: la Federal Trade Commission americana ha aperto un’inchiesta chiedendo maggiore trasparenza sull’utilizzo di dati sensibili a Facebook, Google e YouTube confermando la tendenza ad un approccio più duro da parte del regolatore. Inoltre, in Texas il procuratore generale ha avviato una causa antitrust contro Google accusandola di collusione con Facebook sul mercato della pubblicità online che sarebbe stato manipolato per creare, di fatto, un duopolio. In Europa, la UE stabilisce multe, fino ad un massimo del 10% del fatturato, se le società del big tech non rispettano le regole sull’utilizzo dei dati e la concorrenza. Inoltre, si parla di multe fino al 6% del fatturato per coloro che non controllano e rimuovono la propaganda terroristica ed eventuali altri contenuti illegali.
Nonostante il newsflow non sia particolarmente positivo il Nasdaq raggiunge nuovi massimi: segnaliamo, fra i principali titoli, l’ottima la performance di Apple dopo che l’agenzia di stampa giapponese Nikkey ha pubblicato che la produzione di iPhone aumenterà del 30% nella prima metà del 2021.
Da manuale la performance di Tesla, che da oggi fa parte dell’indice S&P500 con un peso pari a 1.5% circa: il titolo, dopo essere stato parecchio volatile e avere fatto segnare il record di scambi superiori a 200 milioni di titoli (pari a 148 miliardi di dollari) passati di mano in un solo giorno, ha toccato il massimo di 695$ esattamente in chiusura quando si sono concentrati gli acquisti degli etf e dei fondi passivi (pari a più di 50 milioni di dollari) che da oggi devono replicare la nuova composizione dell’indice americano.
QUESTA SETTIMANA
Settimana ridotta con le borse che venerdì saranno chiuse per il Natale (tranne Giappone e Cina, fra le principali) e, nella maggior parte dei casi, il 24 opereranno metà giornata.
Nel week-end la notizia che è circolata, e che è destinata ad impattare negativamente i mercati finché non ci sarà maggiore chiarezza, riguarda la comparsa nel Regno Unito di una nuova variante del coronavirus, che pare essere anche arrivata in Italia dove è stata immediatamente isolata. Questo elemento aggiunge notevole incertezza al quadro generale, occorre assolutamente avere la conferma della validità del vaccino anche su questa variante e della non maggiore gravità rispetto a quello visto finora.
Oggi 21 dicembre l’agenzia europea dei farmaci EMA ha approvato vaccino di Pfizer/BioNTech che consentirebbe l’inizio della campagna vaccinale subito dopo Natale.
Nel week-end è scaduta l’ennesima deadline fissata per arrivare ad un accordo sulla Brexit. I negoziati proseguiranno questa settimana. Per alcuni le posizioni sono ancora troppo distanti, questa settimana dovrebbe essere cruciale e si spera che il governo britannico sia chiamato a ratificare l’eventuale accordo raggiunto con la UE.
Tra martedì e mercoledì la pubblicazione di parecchi dati macroeconomici americani ci aiuterà ad avere un’idea più precisa dell’attuale stato dell’economia US: nello specifico, oltre alla terza stima del Pil per il terzo trimestre, verranno rilasciati i dati relativi al personal income, al personal spending e quelli sul mercato del lavoro settimanali.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
Si sta avvicinando la fine di un anno veramente difficile e particolare per i mercati; come abbiamo potuto constatare dalle notizie sulla variante del virus nel week-end, non si può mai abbassare la guardia e, quindi, anche gli ultimi giorni dell’anno potranno riservare sorprese, speriamo solo positive. La liquidità, solitamente, si riduce quindi i mercati diventano più vulnerabili a qualunque notizia esasperando le variazioni.
In generale, comunque, possiamo dire che si sta passando dall’anno del virus all’anno dei vaccini e, quindi, dall’anno caratterizzato da diversi stadi di quello che abbiamo definito “coma farmacologico” indotto, attraverso le diverse sfumature di lockdown, dai governi alle economie, all’anno che dovrebbe vedere la normalizzazione dell’attività economica. Normalizzazione che sarà tanto più facile quanto più elevata sarà la numerosità dei vaccini e l’efficacia risultata nei test.
Esattamente per questo motivo i mercati sono rimasti “scombussolati” questa mattina dalla notizia della mutazione del vaccino, perché allontanerebbe la ripresa che si ipotizzava potesse avvenire nella seconda parte dell’anno. I vaccini sono fondamentali, infatti, per agevolare il ritorno ad una normale attività economica e favorire, così, la sostenibilità del ciclo economico.
In questo modo grazie al supporto delle banche centrali (che aiutano a giustificare le valutazioni del mercato azionario rendendolo più interessante di quello obbligazionario) e alle spese dei governi si potrà innescare il volano che guiderà la ripresa degli utili delle aziende e renderà più “sana” la salita dei listini. Più “sana” ovvero non drogata da tassi nominali mantenuti forzatamente bassi e che, con aspettative di inflazione in crescita, si traducono in tassi reali negativi che, a loro volta, si traducono in valutazioni azionarie migliori.
Nella seconda metà dell’anno, se tutto andrà come ci si auspica e da un punto di vista sanitario saremo vicini all’immunità di gregge, ci avvicineremo al “redde rationem” ovvero al momento in cui i mercati prenderanno atto di come stati e aziende avranno utilizzato l’enorme mole di denaro che è entrata in circolazione nel sistema sia sottoforma di massa monetaria che di spesa pubblica e solo i più virtuosi potranno venire premiati.
Le nostre linee di gestione hanno continuato a beneficiare del buon andamento degli asset rischiosi (sia azionari, che obbligazionari high yield o commodities): ottima la performance della linea ITA che si riporta positiva da inizio anno.