INDICI DI MERCATO
COMMENTO ULTIMA SETTIMANA
La settimana era iniziata con una buona intonazione grazie alle aspettative, poi confermate, circa il raggiungimento di un accordo sul Recovery Fund: il Dax era quasi riuscito ad azzerare le perdite del 2020 e il rendimento del BTP a 10 anni era sceso sotto l’1%. Gli ultimi giorni, poi, un inasprimento delle tensioni fra Cina e Stati Uniti ha invertito la tendenza dei mercati azionari che poi hanno chiuso la settimana leggermente negativi nel complesso ma con una sottoperformance dell’Europa e della tecnologia americana. Forte il movimento dell’euro che si è rafforzato contro le principali valute, soprattutto verso dollaro con il cambio EUR/USD che, dopo avere rotto la resistenza a 1.15 si è portato deciso sopra 1.16. Positivi i mercati obbligazionari sia a spread che governativi.
Nella notte fra lunedì e martedì si è arrivati finalmente ad un accordo sul Recovery Fund (o Next Generation EU): la determinazione di Francia e Germania è stata fondamentale nel raggiungere un compromesso nel summit più lungo di sempre (quattro giorni invece di due): la dimensione rimane sempre di 750 miliardi di euro ma cambia la composizione, come avevamo anticipato la settimana scorsa si è deciso per 390 miliardi di sussidi (invece di 500) e 360 miliardi di prestiti (invece di 250). Modificandosi la composizione, si incrementa l’allocazione complessiva per alcuni paesi (es. Italia che otterrebbe il 28% dei fondi complessivi, 81 miliardi di sussidi e 127 di prestiti) dato che i paesi che emettono a tassi molto bassi (come la Germania) non hanno incentivo ad accedere ai loans che, quindi, aumentano per gli altri.
Il meccanismo di sorveglianza su come vengono utilizzati i fondi è da capire meglio ma dovrebbe essere in capo alla Commissione anche se i piani di ripresa saranno approvati a maggioranza qualificata dal Consiglio Europeo su proposta della Commissione. I singoli paesi non possono mettere veti ma solo chiedere l’intervento del Consiglio per bloccare l’esborso nel caso si ritenga che questo porti ad una deviazione risetto agli obiettivi prestabiliti, il cosiddetto “freno di emergenza”, tanto voluto dai paesi nordici. Le erogazioni saranno, quindi, in tranche e condizionate allo stato di avanzamento dei lavori. I paesi “frugali” ottengono che i “rebates” (rimborsi/sconti sul contributo al bilancio) rimangano e che per loro vengano aumentati (ovvero salga lo sconto).
L’aspetto positivo è che la commissione UE emetterà obbligazioni (quindi debito comune), per ottenere le risorse necessarie, anche se ogni paese rimarrà responsabile per la sua quota (mentre in ipotetici Eurobond ognuno è responsabile per tutto), resta comunque un intervento nella giusta direzione. L’intervento è pari a più del 5% del GDP eurozona.
Al fondo si andranno poi ad aggiungere altre risorse stanziate nel bilancio pluriennale 2021-27 per un totale di 1074 miliardi (leggermente meno dei 1100 miliardi proposti inizialmente dalla Commissione). Il finanziamento arriverà da nuove fonti tipo la tassa europea sulla plastica (dal 2021) e quella sulle emissioni inquinanti e sul digitale che dovrebbero entrare in vigore entro la fine del 2022.
Ora il pacchetto, dopo essere approvato dal Parlamento UE, dovrà passare dai singoli parlamenti nazionali per diventare definitivo tuttavia, sebbene in Olanda a causa della frammentazione del governo e delle elezioni l’anno prossimo ci potrebbero essere degli ostacoli, la sua approvazione dovrebbe essere quasi sicura. I singoli paesi poi dovranno predisporre dei piani di spesa per il triennio in linea con le direttive. Il piano sarà effettivo all’inizio del 2021.
Il 30% dei finanziamenti dovrà essere destinato a progetti “green” al fine di raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica (azzeramento delle emissioni nette di gas) entro il 2050. Una parte consistente sarà poi destinata alle infrastrutture, soprattutto digitali. I vari paesi dovranno ovviamente presentare dei piani di spesa coerenti con questi obiettivi e la Commissione li valuterà entro due mesi.
Per l’Italia, al di là della maggiore quota di prestiti e leggermente minore quota di sussidi, quello che conta è che i fondi del Recovery Fund potrebbero sostituire una spesa in conto capitale che avrebbe dovuto essere finanziata con l’emissione di titoli di stato a tassi ben più altri. Inoltre, le spese sostenute da febbraio per contrastare la crisi potranno rientrare sotto il cappello comunitario (ovviamente se in linea con il programma) e aiutare i saldi di finanza pubblica del 2020.
Questo fattore ha consentito al rendimento dei BTP di scendere (quindi al prezzo di salire) anche sotto l’1%, livello che non si vedeva da febbraio.
La festa sui mercati è stata interrotta quando le tensioni fra Cina e Stati Uniti hanno preso il sopravvento: sulla base di accuse di spionaggio (presunto attacco hacker), mercoledì Washington ha imposto la chiusura del consolato cinese a Huston in Texas, dando solo 72 ore di preavviso e minacciando di chiudere altre sedi diplomatiche. La Cina ha risposto alla provocazione lanciata unilateralmente dagli USA prima minacciando azioni legittime e necessarie quali la chiusura, ad esempio, del consolato americano a Wuhan e poi, venerdì, intimando all’ambasciata Usa di chiudere il consolato di Chengdu (capoluogo del Sichuan) nel sudovest del paese.
Si torna a parlare di Brexit dopo che il capo negoziatore britannico David Frost ha ammesso che entro fine luglio non si riuscirà ad arriverà ad un accordo, ma si auspica che si ottenga qualcosa per settembre. Il caponegoziatore per la UE Barnier rimane più scettico anche per settembre ritenendo che l’intesa è ancora lontana in quanto ci sono distanze significative che, se non si riescono a colmare, creano un oggettivo rischio di no-deal. I colloqui informali riprenderanno a Londra il 17 agosto.
Negli Stati Uniti il dato sui sussidi alla disoccupazione (jobless claims) ha leggermente deluso le aspettative uscendo più alto della settimana precedente (1.416 milioni vs 1.3) e interrompendo, quindi, la sequenza di ribassi in atto da aprile dopo che le richieste avevano raggiunto il livello massimo di 6.9 milioni.
I dati di fiducia delle imprese PMI per il mese di luglio hanno confermato il sentiero di ripresa in atto, più marcato in Europa rispetto agli Stati Uniti:
- Eurozona: PMI composite arriva a 54.8 da 48.5 con entrambe le componenti in miglioramento (PMI manifatturiero 51.1 da 47.4, servizi 55.1 da 48.3). La scomposizione geografica disponibile solo per Francia e Germania evidenzia un miglioramento marcato in entrambi i paesi;
- US: PMI composite 50 da 47.9 con entrambe le componenti leggermente in rialzo ma meno di quanto il mercato si attendeva (PMI manifatturiero 51.3 vs attese di 52 e PMI servizi 49.6 vs attese di 51).
Nelle scorse settimane abbiamo parlato del forte movimento del prezzo dell’oro che anche questa settimana è salito superando i 1900 dollari/oncia per la prima volta dal 2011. Oggi poniamo l’attenzione sull’argento: dai minimi di marzo è salito di oltre il 90% raggiungendo i 23 dollari/oncia ovvero i massimi dal 2013. Fondamentalmente i driver sono gli stessi (bassi tassi e rischio di inflazione) e storicamente l’argento si è sempre mosso con un lag temporale rispetto al metallo giallo. Esattamente come è successo per l’oro, è salita parecchio l’esposizione sia degli hedge fund sia dei normali investitori che utilizzano gli ETF come strumento per prendere posizione (675 milioni di dollari di flussi netti solo sull’ETF di iShares Silver Trust). L’argento beneficia anche di un utilizzo a livello industriale (52% rispetto al 10% dell’oro) dato che viene utilizzato nei pannelli solari e, soprattutto, nelle reti 5G ad esempio.
Buoni i risultati di Tesla che riporta dopo la chiusura e in after market segna un rimbalzo del 5% annullato il giorno successivo a causa della generale correzione del mercato. Riportando il quarto trimestre consecutivo di profitti può essere presa in considerazione ai fini dell’inclusione nell’indice S&P500 (i criteri sono: la società deve essere basata in US, quotata su NYSE/Nasdaq/Cboe, avere una capitalizzazione superiore a 8.2 miliardi di dollari e riportare quattro consecutivi trimestri di profitti secondo i principi contabili GAAP).
In settimana la svizzera UBS ha riportato i risultati del secondo trimestre: l’utile si è attestato a 1.2 miliardi (in calo dell’11% ma superiore alle attese degli analisti) e il merito va alla divisione trading (come per le banche d’affari americane) e wealth management. Le perdite su crediti hanno raggiunto i 272 milioni di dollari (erano 12 milioni l’anno scorso) ma, sia le attività di amministrazione patrimoniale, che quelle di asset management e investment banking, sono riuscite a contenerne i danni. Per quanto riguarda la solidità patrimoniale, con un Cet1 del 13.3% si conferma sopra la soglia minima stabilita dal regolatore. Per la seconda metà dell’anno l’AD Ermotti si aspetta ancora perdite su crediti ma meno del primo trimestre e spera di riuscire a distribuire dividendi o fare buyback.
Sul tema dei dividendi bancari in settimana è uscita una notizia circa l’intenzione della BCE di chiedere alle banche di mantenere la sospensione dei pagamenti (decisa a marzo) fino alla fine dell’anno (quindi oltre la scadenza di ottobre precedentemente fissata). Le posizioni non sono tutte allineate e si ipotizza anche di esonerare le banche più piccole o di consentire la remunerazione dei soci in azioni in modo da preservare comunque il capitale. Il presidente della vigilanza, Andrea Enria, ha garantito che entro fine luglio e comunque prima delle trimestrali, arriverà la raccomandazione definitiva.
Per quanto riguarda la fusione UBI-ISP (che, con l’aggiunta della quota cash, è diventata OPAS- offerta pubblica di acquisto e scambio) le adesioni sono arrivate al 32.6% del capitale, ma si parla di propensione superiore al 60% (secondo le proiezioni di ISP addirittura 70%). Il Patto dei Mille, che detiene l’1.6% delle azioni con soci in prevalenza bergamaschi, ha ritirato il “no” all’offerta e lasciato libera scelta agli aderenti. Rimane da capire la posizione del patto di sindacato dei soci industriali Car (20% del capitale) e del fondo Parvus (7.9% del capitale). Si ipotizza che parecchi investitori potrebbero avere venduto sul mercato le azioni che sarebbero andate in mano ad arbitraggisti che sfruttano i movimenti di prezzo di ISP e UBI per fare continuamente movimenti e trarre vantaggio dai disallineamenti.
Il Cda di Ubi, che ha nuovamente bocciato l’offerta in quanto non ancora in grado di riconoscere il valore della banca, ribadisce che, qualora non venisse raggiunta la maggioranza qualificata dei 2/3 del capitale (66.7%) Intesa non potrà vendere i 532 Ubi sportelli a Bper (un terzo del totale) dato che Ubi resterà una realtà autonoma e il suo board deciderà sull’ipotetica vendita del ramo d’azienda. Diventa evidente che, poiché la vendita degli sportelli è necessaria per l’autorità antitrust, il raggiungimento del 66.7% di adesioni è importante per poter portare effettuare la fusione. In caso contrario ISP sarà costretta a cedere i suoi sportelli.
L’agenzia di rating Moody’s ha posto in revisione il rating di MPS per un possibile miglioramento del giudizio sul merito di credito dopo che l’istituto di Siena ha ceduto crediti deteriorati ad AMCO per 8.1 miliardi di euro.
QUESTA SETTIMANA
In questo periodo, ovviamente, tema centrale rimane sempre l’evoluzione dei contagi nella speranza che si arrivi ad un contenimento nei paesi che ancora sono parecchio esposti. Gli sviluppi sui rapporti fra Cina e Stati Uniti sono ritornati prepotentemente sulla scena e quindi andranno monitorati con attenzione.
Mercoledì 29 si riunirà la Fed: i tassi rimarranno probabilmente invariati nel range 0%-0.25%. La Banca Centrale dovrebbe ribadire la volontà di mantenere la politica espansiva a sostegno di una ripresa che dipende sia dall’andamento della pandemia che dal possibile nuovo stimolo fiscale. La forward guidance potrebbe venire rafforzata legandola al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2% (simmetrico, quindi anche superabile verso l’alto) e magari si potrebbe parlare di introduzione del controllo della curva dei rendimenti.
Sempre negli Stati Uniti è atteso il rinnovo delle misure di sostegno fiscale in scadenza (tra luglio e dicembre) e magari un nuovo pacchetto fiscale che diventa necessario per il sostegno dei consumi (importante il rinnovo dei sussidi alla disoccupazione). Entro la metà di agosto ci si aspetta qualcosa, per ora si parla di manovra di 1-1.5 trilioni di dollari che porterebbe il totale degli interventi oltre il 20% del Pil pre-crisi.
Fra le società che riporteranno i risultati del secondo trimestre segnaliamo; Amazon, Apple, Facebook e Alphabet (Google) buona parte delle società appartenenti al settore automobilistico (FCA, Audi, Ford, VW, GM…).
Oggi (lunedì) è stato pubblicato l’indice IFO tedesco salito in tutte le componenti: business climate passa a 90.5 da 86.3 (superiore alle aspettative), expectations passa a 97 da 91.6 (superiore alle aspettative) e current assessment arriva a 84.5 da 81.3 (in linea con le aspettative).
Fra gli altri dati che usciranno in settimana segnaliamo il Pil US per il secondo trimestre (giovedì), i dati settimanali sul mercato del lavoro americano (giovedì), Pil secondo trimestre per l’eurozona (venerdì).
Martedì 28 luglio si chiuderà l’OPS di ISP su UBI. Dopo tale data gli scenari saranno i seguenti: a) sotto il 50% di adesione l’operazione non va a buon fine (Ubi e ISP rimangono due banche separate e magari Ubi diventerà l’aggregatore di un terzo polo bancario); b) sopra il 50% (ma sotto il 67%) di adesione chi accetta lo scambio ottiene azioni ISP più il cash (0.57 euro per azione), chi non lo accetta si tiene le azioni UBI che rimarranno quotate ma probabilmente saranno meno liquide e senza il diritto al dividendo più alto offerto da ISP; c) oltre il 67% si procede alla fusione vera e propria, chi non ha aderito vedrà convertite le proprie azioni ma non otterrà il premio cash.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
Sappiamo bene quali sono i driver a supporto dell’investimento azionario in una fase come questa. Siamo anche ben consapevoli che i mercati possono muoversi in una fase laterale pur rimanendo fondamentalmente ben supportati.
A ciò aggiungiamo che il periodo estivo, per la tipica minore liquidità, può essere caratterizzato da una maggiore volatilità in quanto bastano volumi ridotti per muovere i prezzi.
Un assaggio lo abbiamo avuto la scorsa settimana con il ritorno dei timori geopolitici. Consideriamo che con l’avvicinarsi delle elezioni politiche di novembre è facile che per contrastare sondaggi, magari non di supporto, il gioco di Trump torni ad essere quello di cercare di fare fronte comune contro il “nemico” rappresentato dalla Cina.
Per quanto riguarda l’Europa, invece, qualcuno ha paragonato la nascita del Recovery Fund al famoso “whatever it takes”, le parole di Mario Draghi pronunciate nel pieno della crisi sul debito sovrano europeo nel 2012 che posero fine alla crisi degli spread. Il motivo risiede nella maggiore credibilità del disegno dell’Unione Europea. Ovviamente il focus ora si sposterà su come le risorse saranno utilizzate e l’Italia deve sforzarsi di approfittare di questa occasione irripetibile.
Come indicato all’inizio del commento il piano apre la strada all’utilizzo futuro di strumenti fiscali comuni a livello europeo. Questo fattore, unito ai fondamentali relativamente migliori dell’Europa e alla migliore risposta alla pandemia rendono molti investitori ottimisti sul futuro del continente europeo rispetto agli Stati Uniti.
Quindi mentre sugli Stati Uniti c’è parecchia incertezza, l’Europa ha l’occasione della vita per dare una svolta alla propria economia con un impatto positivo sui mercati finanziari, speriamo non la sprechi questa volta!
La correzione dei mercati azionari ha penalizzato soprattutto le linee azionarie pure: la linea ITA, inoltre, soffre ancora per la generale diminuzione della liquidità del particolare segmento in cui investe (small cap italiane), la linea Chronos ha risentito della correzione della tecnologia americana e della debolezza del dollaro. Le altre linee bilanciate hanno affrontato decisamente meglio la correzione grazie anche al contributo dell’oro. Le linee obbligazionarie hanno beneficiato del buon andamento del comparto bond.