Analisi dei mercati del 27.07.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La settimana era iniziata con una buona intonazione grazie alle aspettative, poi confermate, circa il raggiungimento di un accordo sul Recovery Fund: il Dax era quasi riuscito ad azzerare le perdite del 2020 e il rendimento del BTP a 10 anni era sceso sotto l’1%. Gli ultimi giorni, poi, un inasprimento delle tensioni fra Cina e Stati Uniti ha invertito la tendenza dei mercati azionari che poi hanno chiuso la settimana leggermente negativi nel complesso ma con una sottoperformance dell’Europa e della tecnologia americana. Forte il movimento dell’euro che si è rafforzato contro le principali valute, soprattutto verso dollaro con il cambio EUR/USD che, dopo avere rotto la resistenza a 1.15 si è portato deciso sopra 1.16. Positivi i mercati obbligazionari sia a spread che governativi.

Nella notte fra lunedì e martedì si è arrivati finalmente ad un accordo sul Recovery Fund (o Next Generation EU): la determinazione di Francia e Germania è stata fondamentale nel raggiungere un compromesso nel summit più lungo di sempre (quattro giorni invece di due): la dimensione rimane sempre di 750 miliardi di euro ma cambia la composizione, come avevamo anticipato la settimana scorsa si è deciso per 390 miliardi di sussidi (invece di 500) e 360 miliardi di prestiti (invece di 250). Modificandosi la composizione, si incrementa l’allocazione complessiva per alcuni paesi (es. Italia che otterrebbe il 28% dei fondi complessivi, 81 miliardi di sussidi e 127 di prestiti) dato che i paesi che emettono a tassi molto bassi (come la Germania) non hanno incentivo ad accedere ai loans che, quindi, aumentano per gli altri.

Il meccanismo di sorveglianza su come vengono utilizzati i fondi è da capire meglio ma dovrebbe essere in capo alla Commissione anche se i piani di ripresa saranno approvati a maggioranza qualificata dal Consiglio Europeo su proposta della Commissione. I singoli paesi non possono mettere veti ma solo chiedere l’intervento del Consiglio per bloccare l’esborso nel caso si ritenga che questo porti ad una deviazione risetto agli obiettivi prestabiliti, il cosiddetto “freno di emergenza”, tanto voluto dai paesi nordici. Le erogazioni saranno, quindi, in tranche e condizionate allo stato di avanzamento dei lavori. I paesi “frugali” ottengono che i “rebates” (rimborsi/sconti sul contributo al bilancio) rimangano e che per loro vengano aumentati (ovvero salga lo sconto).

L’aspetto positivo è che la commissione UE emetterà obbligazioni (quindi debito comune), per ottenere le risorse necessarie, anche se ogni paese rimarrà responsabile per la sua quota (mentre in ipotetici Eurobond ognuno è responsabile per tutto), resta comunque un intervento nella giusta direzione. L’intervento è pari a più del 5% del GDP eurozona.

Al fondo si andranno poi ad aggiungere altre risorse stanziate nel bilancio pluriennale 2021-27 per un totale di 1074 miliardi (leggermente meno dei 1100 miliardi proposti inizialmente dalla Commissione). Il finanziamento arriverà da nuove fonti tipo la tassa europea sulla plastica (dal 2021) e quella sulle emissioni inquinanti e sul digitale che dovrebbero entrare in vigore entro la fine del 2022.

Ora il pacchetto, dopo essere approvato dal Parlamento UE, dovrà passare dai singoli parlamenti nazionali per diventare definitivo tuttavia, sebbene in Olanda a causa della frammentazione del governo e delle elezioni l’anno prossimo ci potrebbero essere degli ostacoli, la sua approvazione dovrebbe essere quasi sicura. I singoli paesi poi dovranno predisporre dei piani di spesa per il triennio in linea con le direttive. Il piano sarà effettivo all’inizio del 2021.

Il 30% dei finanziamenti dovrà essere destinato a progetti “green” al fine di raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica (azzeramento delle emissioni nette di gas) entro il 2050. Una parte consistente sarà poi destinata alle infrastrutture, soprattutto digitali. I vari paesi dovranno ovviamente presentare dei piani di spesa coerenti con questi obiettivi e la Commissione li valuterà entro due mesi.

Per l’Italia, al di là della maggiore quota di prestiti e leggermente minore quota di sussidi, quello che conta è che i fondi del Recovery Fund potrebbero sostituire una spesa in conto capitale che avrebbe dovuto essere finanziata con l’emissione di titoli di stato a tassi ben più altri. Inoltre, le spese sostenute da febbraio per contrastare la crisi potranno rientrare sotto il cappello comunitario (ovviamente se in linea con il programma) e aiutare i saldi di finanza pubblica del 2020.

Questo fattore ha consentito al rendimento dei BTP di scendere (quindi al prezzo di salire) anche sotto l’1%, livello che non si vedeva da febbraio.

La festa sui mercati è stata interrotta quando le tensioni fra Cina e Stati Uniti hanno preso il sopravvento: sulla base di accuse di spionaggio (presunto attacco hacker), mercoledì Washington ha imposto la chiusura del consolato cinese a Huston in Texas, dando solo 72 ore di preavviso e minacciando di chiudere altre sedi diplomatiche. La Cina ha risposto alla provocazione lanciata unilateralmente dagli USA prima minacciando azioni legittime e necessarie quali la chiusura, ad esempio, del consolato americano a Wuhan e poi, venerdì, intimando all’ambasciata Usa di chiudere il consolato di Chengdu (capoluogo del Sichuan) nel sudovest del paese.

Si torna a parlare di Brexit dopo che il capo negoziatore britannico David Frost ha ammesso che entro fine luglio non si riuscirà ad arriverà ad un accordo, ma si auspica che si ottenga qualcosa per settembre. Il caponegoziatore per la UE Barnier rimane più scettico anche per settembre ritenendo che l’intesa è ancora lontana in quanto ci sono distanze significative che, se non si riescono a colmare, creano un oggettivo rischio di no-deal. I colloqui informali riprenderanno a Londra il 17 agosto.

Negli Stati Uniti il dato sui sussidi alla disoccupazione (jobless claims) ha leggermente deluso le aspettative uscendo più alto della settimana precedente (1.416 milioni vs 1.3) e interrompendo, quindi, la sequenza di ribassi in atto da aprile dopo che le richieste avevano raggiunto il livello massimo di 6.9 milioni.

I dati di fiducia delle imprese PMI per il mese di luglio hanno confermato il sentiero di ripresa in atto, più marcato in Europa rispetto agli Stati Uniti:

  • Eurozona: PMI composite arriva a 54.8 da 48.5 con entrambe le componenti in miglioramento (PMI manifatturiero 51.1 da 47.4, servizi 55.1 da 48.3). La scomposizione geografica disponibile solo per Francia e Germania evidenzia un miglioramento marcato in entrambi i paesi;
  • US: PMI composite 50 da 47.9 con entrambe le componenti leggermente in rialzo ma meno di quanto il mercato si attendeva (PMI manifatturiero 51.3 vs attese di 52 e PMI servizi 49.6 vs attese di 51).

Nelle scorse settimane abbiamo parlato del forte movimento del prezzo dell’oro che anche questa settimana è salito superando i 1900 dollari/oncia per la prima volta dal 2011. Oggi poniamo l’attenzione sull’argento: dai minimi di marzo è salito di oltre il 90% raggiungendo i 23 dollari/oncia ovvero i massimi dal 2013. Fondamentalmente i driver sono gli stessi (bassi tassi e rischio di inflazione) e storicamente l’argento si è sempre mosso con un lag temporale rispetto al metallo giallo. Esattamente come è successo per l’oro, è salita parecchio l’esposizione sia degli hedge fund sia dei normali investitori che utilizzano gli ETF come strumento per prendere posizione (675 milioni di dollari di flussi netti solo sull’ETF di iShares Silver Trust). L’argento beneficia anche di un utilizzo a livello industriale (52% rispetto al 10% dell’oro) dato che viene utilizzato nei pannelli solari e, soprattutto, nelle reti 5G ad esempio.

Buoni i risultati di Tesla che riporta dopo la chiusura e in after market segna un rimbalzo del 5% annullato il giorno successivo a causa della generale correzione del mercato. Riportando il quarto trimestre consecutivo di profitti può essere presa in considerazione ai fini dell’inclusione nell’indice S&P500 (i criteri sono: la società deve essere basata in US, quotata su NYSE/Nasdaq/Cboe, avere una capitalizzazione superiore a 8.2 miliardi di dollari e riportare quattro consecutivi trimestri di profitti secondo i principi contabili GAAP).

In settimana la svizzera UBS ha riportato i risultati del secondo trimestre: l’utile si è attestato a 1.2 miliardi (in calo dell’11% ma superiore alle attese degli analisti) e il merito va alla divisione trading (come per le banche d’affari americane) e wealth management. Le perdite su crediti hanno raggiunto i 272 milioni di dollari (erano 12 milioni l’anno scorso) ma, sia le attività di amministrazione patrimoniale, che quelle di asset management e investment banking, sono riuscite a contenerne i danni. Per quanto riguarda la solidità patrimoniale, con un Cet1 del 13.3% si conferma sopra la soglia minima stabilita dal regolatore. Per la seconda metà dell’anno l’AD Ermotti si aspetta ancora perdite su crediti ma meno del primo trimestre e spera di riuscire a distribuire dividendi o fare buyback.

Sul tema dei dividendi bancari in settimana è uscita una notizia circa l’intenzione della BCE di chiedere alle banche di mantenere la sospensione dei pagamenti (decisa a marzo) fino alla fine dell’anno (quindi oltre la scadenza di ottobre precedentemente fissata). Le posizioni non sono tutte allineate e si ipotizza anche di esonerare le banche più piccole o di consentire la remunerazione dei soci in azioni in modo da preservare comunque il capitale. Il presidente della vigilanza, Andrea Enria, ha garantito che entro fine luglio e comunque prima delle trimestrali, arriverà la raccomandazione definitiva.

Per quanto riguarda la fusione UBI-ISP (che, con l’aggiunta della quota cash, è diventata OPAS- offerta pubblica di acquisto e scambio) le adesioni sono arrivate al 32.6% del capitale, ma si parla di propensione superiore al 60% (secondo le proiezioni di ISP addirittura 70%). Il Patto dei Mille, che detiene l’1.6% delle azioni con soci in prevalenza bergamaschi, ha ritirato il “no” all’offerta e lasciato libera scelta agli aderenti. Rimane da capire la posizione del patto di sindacato dei soci industriali Car (20% del capitale) e del fondo Parvus (7.9% del capitale). Si ipotizza che parecchi investitori potrebbero avere venduto sul mercato le azioni che sarebbero andate in mano ad arbitraggisti che sfruttano i movimenti di prezzo di ISP e UBI per fare continuamente movimenti e trarre vantaggio dai disallineamenti.

Il Cda di Ubi, che ha nuovamente bocciato l’offerta in quanto non ancora in grado di riconoscere il valore della banca, ribadisce che, qualora non venisse raggiunta la maggioranza qualificata dei 2/3 del capitale (66.7%) Intesa non potrà vendere i 532 Ubi sportelli a Bper (un terzo del totale) dato che Ubi resterà una realtà autonoma e il suo board deciderà sull’ipotetica vendita del ramo d’azienda. Diventa evidente che, poiché la vendita degli sportelli è necessaria per l’autorità antitrust, il raggiungimento del 66.7% di adesioni è importante per poter portare effettuare la fusione. In caso contrario ISP sarà costretta a cedere i suoi sportelli.

L’agenzia di rating Moody’s ha posto in revisione il rating di MPS per un possibile miglioramento del giudizio sul merito di credito dopo che l’istituto di Siena ha ceduto crediti deteriorati ad AMCO per 8.1 miliardi di euro.

QUESTA SETTIMANA

In questo periodo, ovviamente, tema centrale rimane sempre l’evoluzione dei contagi nella speranza che si arrivi ad un contenimento nei paesi che ancora sono parecchio esposti. Gli sviluppi sui rapporti fra Cina e Stati Uniti sono ritornati prepotentemente sulla scena e quindi andranno monitorati con attenzione.

Mercoledì 29 si riunirà la Fed: i tassi rimarranno probabilmente invariati nel range 0%-0.25%. La Banca Centrale dovrebbe ribadire la volontà di mantenere la politica espansiva a sostegno di una ripresa che dipende sia dall’andamento della pandemia che dal possibile nuovo stimolo fiscale. La forward guidance potrebbe venire rafforzata legandola al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2% (simmetrico, quindi anche superabile verso l’alto) e magari si potrebbe parlare di introduzione del controllo della curva dei rendimenti.

Sempre negli Stati Uniti è atteso il rinnovo delle misure di sostegno fiscale in scadenza (tra luglio e dicembre) e magari un nuovo pacchetto fiscale che diventa necessario per il sostegno dei consumi (importante il rinnovo dei sussidi alla disoccupazione). Entro la metà di agosto ci si aspetta qualcosa, per ora si parla di manovra di 1-1.5 trilioni di dollari che porterebbe il totale degli interventi oltre il 20% del Pil pre-crisi.

Fra le società che riporteranno i risultati del secondo trimestre segnaliamo; Amazon, Apple, Facebook e Alphabet (Google) buona parte delle società appartenenti al settore automobilistico (FCA, Audi, Ford, VW, GM…).

Oggi (lunedì) è stato pubblicato l’indice IFO tedesco salito in tutte le componenti: business climate passa a 90.5 da 86.3 (superiore alle aspettative), expectations passa a 97 da 91.6 (superiore alle aspettative) e current assessment arriva a 84.5 da 81.3 (in linea con le aspettative).

Fra gli altri dati che usciranno in settimana segnaliamo il Pil US per il secondo trimestre (giovedì), i dati settimanali sul mercato del lavoro americano (giovedì), Pil secondo trimestre per l’eurozona (venerdì).

Martedì 28 luglio si chiuderà l’OPS di ISP su UBI. Dopo tale data gli scenari saranno i seguenti: a) sotto il 50% di adesione l’operazione non va a buon fine (Ubi e ISP rimangono due banche separate e magari Ubi diventerà l’aggregatore di un terzo polo bancario); b) sopra il 50% (ma sotto il 67%) di adesione chi accetta lo scambio ottiene azioni ISP più il cash (0.57 euro per azione), chi non lo accetta si tiene le azioni UBI che rimarranno quotate ma probabilmente saranno meno liquide e senza il diritto al dividendo più alto offerto da ISP; c) oltre il 67% si procede alla fusione vera e propria, chi non ha aderito vedrà convertite le proprie azioni ma non otterrà il premio cash.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Sappiamo bene quali sono i driver a supporto dell’investimento azionario in una fase come questa. Siamo anche ben consapevoli che i mercati possono muoversi in una fase laterale pur rimanendo fondamentalmente ben supportati.

A ciò aggiungiamo che il periodo estivo, per la tipica minore liquidità, può essere caratterizzato da una maggiore volatilità in quanto bastano volumi ridotti per muovere i prezzi.

Un assaggio lo abbiamo avuto la scorsa settimana con il ritorno dei timori geopolitici. Consideriamo che con l’avvicinarsi delle elezioni politiche di novembre è facile che per contrastare sondaggi, magari non di supporto, il gioco di Trump torni ad essere quello di cercare di fare fronte comune contro il “nemico” rappresentato dalla Cina.

Per quanto riguarda l’Europa, invece, qualcuno ha paragonato la nascita del Recovery Fund al famoso “whatever it takes”, le parole di Mario Draghi pronunciate nel pieno della crisi sul debito sovrano europeo nel 2012 che posero fine alla crisi degli spread. Il motivo risiede nella maggiore credibilità del disegno dell’Unione Europea. Ovviamente il focus ora si sposterà su come le risorse saranno utilizzate e l’Italia deve sforzarsi di approfittare di questa occasione irripetibile. 

Come indicato all’inizio del commento il piano apre la strada all’utilizzo futuro di strumenti fiscali comuni a livello europeo. Questo fattore, unito ai fondamentali relativamente migliori dell’Europa e alla migliore risposta alla pandemia rendono molti investitori ottimisti sul futuro del continente europeo rispetto agli Stati Uniti.

Quindi mentre sugli Stati Uniti c’è parecchia incertezza, l’Europa ha l’occasione della vita per dare una svolta alla propria economia con un impatto positivo sui mercati finanziari, speriamo non la sprechi questa volta!

La correzione dei mercati azionari ha penalizzato soprattutto le linee azionarie pure: la linea ITA, inoltre, soffre ancora per la generale diminuzione della liquidità del particolare segmento in cui investe (small cap italiane), la linea Chronos ha risentito della correzione della tecnologia americana e della debolezza del dollaro. Le altre linee bilanciate hanno affrontato decisamente meglio la correzione grazie anche al contributo dell’oro. Le linee obbligazionarie hanno beneficiato del buon andamento del comparto bond.

Analisi dei mercati del 20.07.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Prosegue il rialzo dei mercati azionari anche nella settimana che si è appena conclusa (MSCI World +1.5%). La differenza rispetto alle scorse è che questa volta il rialzo è stato guidato non dai titoli tecnologici americani (Nasdaq -1.76%), ma dai paesi e settori che erano rimasti più indietro: settore bancario europeo (Eurostoxx Banks +2.3%), small cap americane (Russell2000 +3.56%) e Italia (FtseMib +3.3%). Le aspettative circa un buon esito dei negoziati UE hanno portato ad un leggero restringimento dello spread BTP-Bund, sceso a 169bps, e ad un discreto apprezzamento dell’euro rispetto alle principali valute.

Il Consiglio Europeo, in riunione da venerdì per definire il pacchetto di misure a sostegno dell’economia dell’eurozona post pandemia (il c.d. Next Generation EU), durante gli incontri del week-end non ha prodotto alcun risultato. Il presidente Charles Michel, nel tentativo di avvicinare le richieste, aveva proposto una leggera modifica nel rapporto sussidi/prestiti: la proposta originaria prevedeva 500 miliardi di sussidi e 250 miliardi di prestiti, la modifica di Michel portava la quota di sussidi a 450 e di prestiti a 300 ma sembra che, neanche così, i paesi “frugali” (ai quali si è unita anche la Finlandia) capeggiati dal premier olandese Mark Rutte siano soddisfatti dato che non intendono concedere sussidi oltre i 390 miliardi e addirittura vorrebbero ridurre il pacchetto a 700 miliardi.

Sul fronte della pandemia se da un lato continuano a peggiorare i dati sui contagi, specialmente in alcuni paesi, è anche vero che si fanno progressi sulla ricerca del vaccino: l’americana Moderna, ad esempio, ritiene che il suo vaccino, che si basa sostanzialmente su un innalzamento del numero di anticorpi, sembra stia dando ottimi risultati e il 27 luglio entrerà nella fase finale dei test clinici, la cosiddetta fase 3, che coinvolgerà 30.000 persone e che vedrà la conclusione a ottobre. Teniamo conto del fatto che l’aumento degli anticorpi più provocare effetti collaterali e questo è il fattore che più spaventa la gente che, forse, non correrà in massa a farsi vaccinare fintanto che non ci saranno maggiori certezze su tutti gli effetti. Anche AstraZeneca, collaborando con l’Università di Oxford, sembra a buon punto e potrebbe avviare la produzione di massa già a settembre. E’ importante che tante aziende siano coinvolte nello sviluppo del vaccino per garantire un’adeguata numerosità delle dosi disponibili.

La reporting season americana è partita abbastanza bene: con il 10% delle società dell’S&P500 che ha pubblicato i numeri del secondo trimestre la discesa degli utili si attesta a -19%, meglio delle attese degli analisti di circa il 17%. Le banche, fra le prime a riportare, hanno beneficiato dell’ottimo andamento dell’attività di trading ma sono state penalizzate dall’attività tipica bancaria a causa dei maggiori accantonamenti sui crediti che raggiungono i livelli del 2008 (segnale, forse, di scarso ottimismo sul futuro). Mentre Citigroup, JPM, Wells Fargo e BofA hanno una tipologia di business più orientata ai consumatori e al ramo commerciale (quindi più tipicamente bancaria) ed hanno, di conseguenza, sofferto dei default di qualche cliente e degli accantonamenti precauzionali, Goldman Sachs e Morgan Stanley (più investment banks) hanno battuto le previsioni degli analisti grazie all’intensa attività di trading che ha caratterizzato il periodo del lockdown. Bank of America, ad esempio, la seconda banca più grande degli Stati Uniti, è risultata estremamente sensibile all’andamento dell’economia e ha riportato un crollo di utili pari al 52%; per contro Morgan Stanley ha visto utili in aumento del 45% grazie alla divisione trading (soprattutto obbligazionario). Anche da questo punto di vista si nota il distaccamento di Wall Street (indici sui massimi e banche esposte che ben riportano) rispetto a Main Street (economia reale che soffre la recessione e banche commerciali, di conseguenza, in crisi).

Anche J&J pur riportando meglio delle attese ha visto i ricavi ridursi dell’11% e gli utili del 35%.

Fra i dati macroeconomici principali segnaliamo in Cina numeri, nel complesso, buoni anche se con ampi spazi di miglioramento:

  • GDP secondo trimestre: +11.50% trimestre/trimestre, meglio delle attese (+9.6%) e con una crescita che si attesta a 3.2% anno/anno (dopo il -6.8% del trimestre precedente);
  • produzione industriale di giugno: in miglioramento a +4.8% anno/anno dal +4.4% di maggio;
  • vendite al dettaglio di giugno: ancora negative a -1.8% (rispetto ad attese di +0.5%).

A sorpresa, dopo un CdA straordinario venerdì sera, IntesaSanPaolo ha alzato l’offerta per UBI aggiungendo 0.57 euro in cash per ogni azione (per un totale di 652 milioni in più). Dopo che anche l’Antitrust ha dato il via libera all’operazione l’AD Messina, al termine di una serie di negoziazioni con gli azionisti principali (che chiedevano 1 euro in più cash), ha deciso di aumentare l’appeal dell’offerta in modo da ottenere il 66.7% delle adesioni che consentirebbe una fusione senza troppi problemi. Il premio, rispetto ai prezzi del 14 febbraio quando è stata lanciata l’operazione, passa dal 28% al 44.7%. Nei prossimi giorni si riunirà il CdA di Ubi per valutare la nuova offerta (ricordiamo che la vecchia era stata respinta in quanto si riteneva sottovalutasse Ubi di circa 1.1 miliardi di euro).

Per rispettare quanto richiesto dall’Antitrust entro sei mesi ISP dovrà vendere 532 sportelli ex Ubi a Bper e, qualora non dovesse riuscirci, avrà altri sei mesi di tempo per affidarsi ad un intermediario indipendente. Dovesse l’operazione passare con almeno il 2/3 del capitale (66.67%) Ubi non potrebbe sollevare contestazioni alla vendita del ramo d’azienda e sarebbe tutto più semplice.

Le fondazioni CR Cuneo e Banca del Monte di Lombardia hanno già dichiarato che intendono aderire all’offerta con il loro 10%. Considerando anche Cattolica e il Sindacato azionisti di Ubi, si arriverebbe ad un’adesione superiore al 20%. I fondi hanno in mano circa il 40% delle azioni e dovrebbero accettare lo scambio di azioni dopo il rilancio. Sembra quindi facilmente raggiungibile la quota del 50% ma adesso il traguardo è diventato i 2/3 del capitale per la convocazione di un’assemblea straordinaria che approvi la fusione. Ricordiamo che c’è tempo fino al 28 luglio per aderire.

Sul tema ASPI viene meno la minacciata revoca della concessione autostradale ad Atlantia ma si apre invece lo scenario di un aumento di capitale che consentirà a CDP di entrare nella compagine azionaria con una quota del 33% andando, di fatto, a diluire Atlantia (quindi la famiglia Benetton). Si parla di un investimento di CDP fra i 3 e i 4 miliardi di euro con una valutazione implicita di ASPI fra 6 e 8 miliardi (secondo gli analisti di Banca Imi dovrebbe invece valere circa 11 miliardi). La quota di Atlantia scenderebbe sotto il 10% di ASPI ma non dimentichiamo che Atlantia ha in pancia, tra le tante partecipazioni, anche Abertis (che gestisce all’estero il triplo della rete di ASPI) e Telepass (per la quale è attesa la quotazione).

Dalla riunione dei produttori di petrolio è emerso che l’OPEC+ intende aumentare di 1 milione di barili al giorno la produzione a partire dal mese di agosto. I tagli che erano stati fissati a 9.6 milioni di barili la scorsa primavera dovrebbero quindi scendere anche se meno di quanto si ipotizzava nei giorni precedenti all’accordo.

QUESTA SETTIMANA

La principale variabile da monitorare continua ad essere la diffusione della pandemia e quindi i dati sui contagi in quanto il rischio principale per l’economia, ed i mercati, è una seconda ondata (considerato che alcuni stati non sono ancora usciti dalla prima) che metterebbe a serio rischio la debolissima ripresa che si intravede dai dati macro anticipatori.

Negli Stati Uniti, inoltre, l’incapacità di mettere sotto controllo il virus avrebbe una ripercussione negativa sui sondaggi elettorali a sfavore di Trump. Nessun presidente uscente riesce ad essere riconfermato se il paese sta attraversando una recessione e per quanto Trump addossi la colpa alla Cina (e talvolta alla Fed) gli americani gli attribuiranno la responsabilità della gestione inefficiente della pandemia in US.

Lunedì 20 luglio alle ore 16 proseguirà il vertice tra i leader UE per trovare un accordo sul Recovery Fund, in caso contrario potrebbe essere preso un altro mese di tempo. Secondo Christine Lagarde un piano di emergenza ambizioso è preferibile ad un accordo a tutti i costi in tempi rapidi. Sul tavolo ci sono circa 1800 miliardi (di cui 750 per il Recovery Fund) e sarebbe una cifra assolutamente eccezionale e ritenuta indispensabile per una crisi così profonda. L’Olanda vorrebbe entrare nel merito delle politiche di riforma dei paesi UE ma, soprattutto Italia e Spagna, ritengono la richiesta inaccettabile.

La reporting season vedrà protagoniste società pari al 24% dell’S&P500 (per il mercato US) e al 17% dello Stoxx600 (per il mercato europeo). Fra le società che riporteranno i dati del secondo trimestre segnaliamo martedì UBS e mercoledì Tesla.

Giovedì 23 in US verrà pubblicato il dato settimanale sulle richieste di sussidi di disoccupazione (jobless claims), le attese sono per 1.280.000 di richieste da 1.3 milioni della settimana precedente. Gradualmente il dato si sta riducendo: per avere un’idea, dopo essere stato per anni in un intorno di 200.000 richieste alla settimana, a inizio aprile, con il lockdown, è esploso a quasi 6.9 milioni di richieste, adesso sta lentamente ridimensionandosi.

La settimana vedrà la pubblicazione dei dati preliminari PMI per le varie regioni e relativi al mese di luglio: ci si attende una continuazione della ripresa. Negli Stati Uniti le stime portano i numeri sopra la soglia del 50 (punto di demarcazione fra espansione e contrazione economica) sia per il comparto manifatturiero che per quello dei servizi; stessa cosa in Eurozona dove però il dato per il comparto manifatturiero, a causa della Germania, è in ripresa ma rimane inferiore al 50.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Come anche Jamie Dimon (CEO e chairman di JPM) fa notare, la recessione è molto particolare e l’azione di contenimento e stimolo di Fed e Governo sono state in grado per ora di tamponarne gli effetti che quindi non si sono visti nell’immediato. Il rischio è che se questo non dovesse bastare oltre ad avere un enorme danno nel settore privato avremmo anche una voragine in quello pubblico. Da qui l’aspettativa dei mercati di un intervento sempre presente e massiccio almeno fintanto che non si è sicuri di essere definitivamente fuori dalla crisi.

L’importante ruolo delle banche centrali nel recente rally dei mercati, sia obbligazionari che azionari, è sottolineato anche in un interessante articolo del Il sole 24 ore uscito in settimana. Invece di parlare di bolla (il cui scoppio è temuto da tutti) si dovrebbe parlare di “inflazione finanziaria”: la prima di solito segue un percorso classico (aspettativa di rialzi à contagio/avidità di chi non vuole perdere l’occasione à testardaggine di chi nega che si tratti di una bolla à scoppio della bolla quando sorgono i primi dubbi sulla sostenibilità dei prezzi) ma non prevede come principale attore le banche centrali. Queste ultime di solito non partecipano alla formazione di bolle ma ne causano lo scoppio. Chi invece di solito crea le bolle sono il cosiddetto “parco buoi”. Ma, lasciando per un attimo da parte il mercato azionario, siamo sicuri che il parco buoi abbia partecipato al rally di quello obbligazionario? Siamo sicuri che la gente stia comprando il bund con il rendimento negativo?

Quello che qualcuno definisce bolla ma che l’articolo ritiene si debba considerare inflazione finanziaria deriva dalla liquidità iniettata nel sistema dalle banche centrali. (Le banche centrali acquistano bond (inflazionandone il valore) e immettono nel sistema della liquidità che cerca un parcheggio remunerativo: i bond (soprattutto governativi) sono quasi ai massimi storici (con conseguenti rendimenti ai minimi), le materie prime (vicine ai minimi dagli ultimi 20 anni) sono estremamente legate al ciclo economico ancora debole e così entrano in gioco le azioni che beneficiano ancora della mancanza di alternative (ricordiamoci dell’acronimo coniato l’anno scorso, TINA – There is no alternative). Fintanto che le banche centrali rimarranno impegnate nel sistema (e come detto sopra lo faranno ancora a lungo) i mercati dovrebbero rimanere supportati sia sul lato obbligazionario (con rendimenti minimi) sia su quello azionario (con rendimenti maggiori potenzialmente ma anche più volatili).

La buona performance della maggior parte delle asset class ha consentito alle nostre linee di gestione di guadagnare anche questa settimana. L’unica a soffrire, andando a consolidare una performance comunque molto buona, è la linea Chornos per la maggiore esposizione al mercato americano (soprattutto tech) e al dollaro.

Analisi dei mercati del 06.07.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana di consolidamento sui mercati: gli indici azionari avanzano di poco più di un punto percentuale grazie, soprattutto, alla tecnologia americana e ai mercati emergenti (guidati dalla Cina, che come indicato la settimana scorsa ha scatenato l’entusiasmo degli investitori retail).

Se da un lato continuano a destare preoccupazione i dati sulla pandemia, dall’altro il fronte macro-economico sembra dare buoni segnali.

Negli Stati Uniti peggiorano i numeri dei contagi: in settimana a Miami sono stati chiusi nuovamente bar e ristoranti. Il numero uno della Fed di Atlanta Bostic sostiene che la ripresa è messa seriamente in pericolo dal recente numero dei contagi e l’amministrazione risponde con un possibile nuovo pacchetto di stimolo fiscale che potrebbe comprendere ancora assegni ai cittadini.

Anche in Australia si isola Melbourne in lockdown e si chiudono i confini tra i due stati più popolosi ovvero Victoria e il Nuovo Galles del Sud per la prima volta dopo l’influenza spagnola del secolo scorso (Apple intende chiudere tutti i negozi nello stato di Victoria). La Banca centrale, vista la situazione ancora delicata, mantiene i tassi al minimo storico di 0.25%.

Per quanto riguarda i dati macroeconomici che indicano un miglioramento sia in Europa che negli Stati Uniti segnaliamo i seguenti: positivo, anche se minore delle aspettative, il dato sulla produzione industriale tedesca di maggio che sale del 7.8% mese/mese (vs attese di +11.1%); forte il dato su ISM non manufacturing americano che passa da 45.4 a 57.1 in un rialzo di entità mai vista. Buona anche la composizione.

La Commissione Europea mantiene, tuttavia, un atteggiamento prudente rivedendo al ribasso le stime di crescita e dichiarando che la recessione in corso è “la più profonda e con più ampie divergenze” di sempre: per l’Eurozona si attende un calo dell’8.7% con l’Italia, peggiore fra tutti i paesi, vista in calo dell’11.2%.

Nell’ultimo commento abbiamo citato il ritorno delle emissioni di Green Bond: la scorsa settimana è stato pubblicato un interessante articolo sull’FT dal titolo “Lagarde puts green policy top of agenda in ECB bond-buying”: in sostanza la Lagarde si impegna ad introdurre nel suo programma di acquisto (2.8 trilioni di euro) strumenti volti a combattere il cambiamento climatico. La BCE diventa così la prima banca centrale a perseguire obiettivi green attraverso i propri acquisti. La Bank of England ci sta pensando seriamente, mentre la Fed non ne ha mai discusso.

L’inaugurazione del semestre tedesco di presidenza della UE è stata ricca di parecchie dichiarazioni della Merkel che invita l’Unione Europea alla coesione e a raggiungere l’accordo sul Recovery Plan entro l’estate dato che l’Europa sta affrontando una delle maggiori sfide della sua storia. Anche la Merkel ha richiamato il “Green Deal” definendolo fondamentale come soluzione globale.

Per quanto riguarda le tensioni fra Cina e Stati Uniti questi ultimi stanno pensando di colpire il peg (cambio fisso) fra Hong Kong dollar e US dollar come rappresaglia a fronte delle recenti mosse della Cina ritenute limitative della libertà politica dell’ex colonia britannica: ridurre la capacità delle banche di Hong Kong di comprare USD di fatto minerebbe l’esistenza del peg. Si tratta solo di una discussione perché alcuni ritengono che alla fine si danneggerebbero solo le banche di HK e gli Stati Uniti e non la Cina.

Oro ancora sugli scudi: analizzando il mondo degli ETF emerge che nel primo semestre del 2020 quelli che investono sul metallo giallo hanno registrato flussi in ingresso pari a 40 miliardi di dollari, equivalenti a circa 734 tonnellate di oro (104 tonnellate solo nel mese di giugno) pari a circa il 45% della produzione globale del primo semestre. L’associazione delle imprese minerarie (World Gold Council) parla di 3621 tonnellate in custodia nei caveau delle varie banche, pari a circa 200 miliardi di dollari, più di quanto tutte le miniere di oro ne hanno prodotto l’anno scorso. Gli altri driver “fondamentali” del prezzo dell’oro sembrano deboli o fermi: i consumi fisici per la gioielleria non si sono ancora ripresi (domanda ridotta del 30% in Cina e India, fra i grandi acquirenti) mentre gli acquisti da parte delle banche centrali stanno rallentando parecchio. Secondo uno studio di UBP in base alla correlazione con la massa monetaria degli Stati Uniti l’oro potrebbe valere intorno ai 2.100 dollari. Il record storico da superare è del 2011 ed è pari a 1921 dollari.

Sempre nell’ambito delle commodity segnaliamo il prezzo del rame che ha raggiunto i massimi da un anno apprezzandosi del 40% dai minimi raggiunti a marzo. Normalmente, quello che in gergo viene chiamato “Doctor Copper”, è considerato un indicatore dello stato dell’economia in quanto un prezzo in rialzo può essere legato a maggiori investimenti e quindi ad una domanda in ripresa. Questa volta, invece (e purtroppo), la motivazione principale è legata ad una produzione che si sta riducendo sempre più per effetto delle chiusure di miniere in Perù e Cile legate ai contagi covid in America Latina.

L’emissione dei BTP Futura si è chiusa, come previsto venerdì, con una richiesta pari a 6.13 miliardi di euro (contro i 22 miliardi, 14 retail e 8 istituzionali, del BTP Italia di maggio), circa il 60% dei sottoscrittori non aveva partecipato al BTP Italia contribuendo ad allargare la platea dei detentori del debito italiano. Oltre a quanto già detto nei commenti scorsi aggiungiamo che, sebbene il rendimento a scadenza sia di poco superiore a quello di un equivalente BTP decennale) il vantaggio risiede nella “scalettatura” dei rendimenti (confermati ai livelli inizialmente fissati, ovvero 1.15% primi quattro anni, 1.30% successivi tre anni, 1.45% ultimi tre anni) che lo dovrebbero rendere meno negativamente impattato da un rialzo dei tassi di interesse rispetto ad un decennale normale.

Il ministro italiano dell’economia Roberto Gualtieri conferma l’uscita dello Stato dall’azionariato di Monte dei Paschi entro il 2021 (come da accordi presi nel 2017 con la Commissione Europea che autorizzò la ricapitalizzazione precauzionale dell’istituto senese) del quale detiene una quota pari al 68%. Il processo di derisking ha portato alla scissione di un ramo d’azienda con otto miliardi di crediti deteriorati ceduto a AMCO (la bad bank del Tesoro), in questo modo MPS è diventata la seconda banca più “pulita” in Italia.  Sebbene il ministro non si sia espresso esplicitamente, il mercato punta a Banco BPM come potenziale acquirente (il cui presidente, Massimo Tononi, ha parlato di “assoluta infondatezza delle voci relative ai contatti tra i due istituti”). Un’ipotesi di questo tipo agevolerebbe l’acquisizione di UBI da parte di ISP in quanto toglierebbe UBI dall’idea di essere un potenziale aggregatore per un terzo polo bancario.

L’adesione all’OPS di ISP su UBI è ancora molto limitata (circa 1% del capitale) ma è normale che gli investitori, avendo tempo fino al 28 luglio, temporeggino fino all’ultimo nella speranza che arrivi un rilancio dell’offerta, come potrebbe fare ipotizzare il movimento di prezzo di UBI rispetto a ISP (a premio del 2% circa rispetto al concambio fissato). Cattolica Assicurazioni (con una quota pari all’1%) potrebbe decidere di aderire all’offerta (abbandonando, quindi, il patto di sindacato Car) per monetizzare la propria partecipazione alla luce dell’aumento di capitale da 500 milioni che è stato richiesto dall’Ivass.  

Nella serata di venerdì l’agenzia di rating Fitch si è espressa sul rating sovrano italiano non modificandolo. Non erano attese variazioni dopo che a fine aprile, in piena pandemia, il giudizio era stato tagliato, a sorpresa, a BBB- da BBB modificando anche l’outlook a stabile da negativo.

Mentre il Nasdaq non interrompe la sua corsa e raggiunge nuovi massimi l’oracolo di Omaha, Warren Buffet, decide di puntare sul business tradizionale dei gasdotti acquisendo le attività di stoccaggio e trasporto di gas naturale di Dominion Energy per 9.7 miliardi di dollari. Si tratta della prima acquisizione di Buffet dopo lo scoppio della pandemia e dopo alcune riduzioni di posizioni presenti in Berkshire Hathaway (tipo Goldman Sachs e le airlines).

Non si ferma neanche la corsa di Tesla che da inizio mese ha guadagnato circa il 50% anche grazie ai dati sulle consegne di nuovi veicoli pari a 90.650 (rispetto ad attese di 72.000). Abbiamo già scritto che la capitalizzazione di mercato ha superato quella di Toyota, aggiungiamo che l’incremento del valore delle ultime cinque sedute è pari al valore di mercato di GM, Ford e FCA messe assieme. Solo in un giorno ha aumentato la capitalizzazione di 14 miliardi pari a quanto capitalizza FCA. Tesla continua l’espansione aumentando le fabbriche in giro per il mondo con l’obiettivo di arrivare a consegnare un milione di veicoli all’anno. Il suo fondatore, Elon Musk che ne detiene una quota pari a circa il 20%, supera così Warren Buffet nella classifica degli uomini più ricchi al mondo stilata da Bloomberg, agguantandosi il settimo posto. Una nota di colore: ai fondi hedge che scommettevano sul ribasso del titolo, Musk ha dedicato gli “short shorts” ovvero dei pantaloncini (shorts) chiamati così per richiamare il gergo finanziario di chi scommette al ribasso (andare short), e venduti a 69,420 dollari (69.42$) perché 420$ era il prezzo al quale Musk, in un tweet del 2018, ha dichiarato che avrebbe ricomprato il titolo (evento che gli causò una multa da 20 milioni da parte della Sec). La salita del prezzo dell’azione è l’obiettivo principale del suo CEO che non percepisce un normale stipendio (come i CEO di altre società) ma pacchetti di azioni man mano che si raggiungono certi risultati finanziari (che, di conseguenza, si traducono in apprezzamenti del titolo).

QUESTA SETTIMANA

L’evento principale della settimana lo avremo il 17/18 luglio quando si riunirà l’Eurogruppo per decidere su Recovery Fund: ricordiamo che la proposta è di uno stanziamento pari a 750 miliardi di euro di cui 500 a fondo perduto e ribadiamo che, se accolto senza particolari stravolgimenti, potrebbe essere un “game changer” per l’Europa. L’elemento che crea divisioni fra gli stati membri riguarda la forma dei finanziamenti, se sussidi (quindi a fondo perduto) o prestiti. Si discuterà anche dell’eventuale emissione di obbligazioni comuni, una sorta di mutualizzazione del debito alla quale sono tanto avversi i c.d. “Frugal Four”.

Negli Stati Uniti, martedì 14, entra nel vivo la reporting season: fra le principali società riporteranno le banche (fra le quali segnaliamo JPM, BofA, Wells Fargo, GS e Citigrpup, MS), Blackrock, J&J, Netflix, Microsoft…

Secondo uno studio di Facset durante I primi sei mesi del 2020 gli analisti hanno rivisto al ribasso le stime sugli utili per l’S&P500 di circa il 28.6%; analizzando la serie storica che parte dal 1996 (da quando Facset ha iniziato a raccogliere i dati), una revisione simile si era vista solo nel 2009 quando aveva raggiunto il -24.4%. La revisione riguarda soprattutto i settori energy (-104.4%), consumer discretionary (-60.8%) e Industrial (-56%). Le revisioni sono avvenute soprattutto fino a maggio, poi si sono stabilizzate.

Uno studio analogo, ma questa volta di Reuters e per l’indice Stoxx Europe 600, prevede per il 2020 un calo degli utili pari al 33%: settori più penalizzati quello energetico (-126.5%), industriale (-93.4%) e relativo alle materie prime (-66.4%).

Non sorprenderanno risultati brutti ma saranno importanti due elementi: di quanto sorprenderanno le attese (già molto basse) e le guidance che le società rilasceranno per i prossimi trimestri (per lo più cancellate lo scorso trimestre a causa della scarsa visibilità).

Giovedì 16 luglio ci sarà la riunione della BCE: non sono attesi annunci di particolari interventi ma l’attenzione degli investitori rimarrà sul programma di acquisto di bond e sul discorso della Lagarde che probabilmente farà qualche riferimento all’imminente riunione dell’Eurogruppo.

Fra i dati macro segnaliamo per gli Stati Uniti la pubblicazione dei dati sulla produzione industriale per il mese di giugno (attesa +4.3% da +1.4% di maggio) e sulle vendite al dettaglio (+5% da +17.7% di maggio): sarà interessante vedere l’impatto della ripresa della pandemia in alcuni stati della Sun Belt per farsi un’idea dell’attitudine alla spesa dei consumatori americani fra le riaperture e l’incremento dei casi di Covid19.

Per l’Europa segnaliamo lo ZEW tedesco (indice di fiducia delle imprese) per il mese di luglio.

Giovedì 16 la Cina rilascerà i dati sul Pil del secondo trimestre e i principali indicatori economici (produzione industriale e vendite al dettaglio) di giugno: dopo il marcato calo del primo trimestre (-6.8%) il GDP del secondo trimestre è atteso in risalita del 2.2%, la produzione industriale dovrebbe proseguire nel sentiero di ripresa (+4.8% da +4.4% di maggio) e le vendite al dettaglio dovrebbero finalmente leggermente riprendersi con un’attesa di +0.5% (da -2.8% precedente).

L’OPEC, che in settimana pubblicherà l’oil market report (che comprende le stime di domanda e produzione OPEC) mercoledì 15 si riunirà (nella versione OPEC+) per decidere se estendere i tagli alla produzione che attualmente sono fissati in 9.6 milioni di barili al giorno, fino ad agosto o ridurli come inizialmente previsto a 7.7 milioni di barili alla fine di luglio.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Abbiamo detto più volte che il rally dei mercati nel secondo trimestre dell’anno è stato uno dei meno “partecipati” da parte degli investitori professionali.

Il motivo principale risiede nel fatto che era, ed è ancora, difficile farsi un’idea di quello che potrebbe accadere perché non si è trattato di una recessione “standard”, derivante da eccessi di mercato sfociati in bolle poi scoppiate, ma di una sorta di “coma farmacologico” indotto dai governi per arrestare la pandemia. Quindi, anche la ripartenza del ciclo può non essere come quella che si studia nei libri di testo.

Se, da un lato, ciò che ha causato la recessione (virus) non è ancora passato e/o può ripresentarsi e provocare un altro blocco, è pur vero che rispetto alla crisi del 2007-2008, dopo la quale la ripresa non ha mai riportato la crescita sul sentiero precedente (a causa del massiccio deleverage del settore privato), anche se la correzione è stata molto forte (e un ulteriore potenziale lockdown potrebbe ingigantirla ulteriormente), le misure intraprese da autorità monetarie e fiscali sono state talmente potenti e coordinate da poter essere in grado di fare tornare la crescita in linea con quella precedente.

Quanto sopra si concilia con la tesi di Alessandro Fugnoli il quale, nell’ultimo Il Rosso e il Nero, sostiene che, più che avere visto la fine di un ciclo e assistere ora ad un rimbalzo da bear market (che rappresenta uno scenario possibile ma di coda), siamo o in una continuazione del ciclo precedente (che ha semplicemente avuto un vuoto d’aria) o già in un nuovo ciclo. Al di là del tipo di azioni da avere a seconda dello scenario (growth nel primo, cicliche nel secondo) continua ad avere senso rimanere investiti sull’equity mantenendo la pazienza in mercati che si potrebbero muovere lateralmente fino a fine anno.

Le azioni “growth” (soprattutto settore tecnologico) hanno il vantaggio che cavalcano temi che con la pandemia si sono rafforzati e hanno accelerato la tendenza, quelle “value” (es. settore finanziario europeo) hanno il vantaggio che beneficiano solitamente delle prime fasi di ripresa del ciclo economico.

Sulle nostre linee di gestione in settimana si è partecipato al collocamento del BTP Futura (per Moderata, Rivalutazione, Ladder ed Eurocoupon) e, nei portafogli della linea High Yield, si è inserita una posizione sul bond di Autostrade per l’Italia scadenza 2023, cedola 1.625% che tratta abbondantemente sotto la pari.

Buona la performance delle nostre linee di gestione fra le quali spicca la linea Chronos che beneficia in misura maggiore del settore tecnologico americano. Continua ad essere positivo il contributo della posizione sull’ETF Gold mantenuto a protezione dei portafogli con componente azionaria.

Analisi dei mercati del 06.07.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Il secondo semestre dell’anno è iniziato positivamente soprattutto grazie al proseguimento del recupero dei dati macroeconomici, quali gli indici di fiducia delle imprese e il mercato del lavoro americano.

I dati di fiducia delle imprese finali per il mese di giugno hanno, infatti, confermato la fase di riduzione della contrazione per alcuni paesi (indici in risalita ma ancora minori di 50) e vera e propria espansione per altri (indici maggiori di 50):

  • Eurozona: in rialzo il PMI manifatturiero da 46.9 a 47.4 (superiore alle aspettative) con la Francia che si mantiene in fase di espansione (52.3); in rialzo anche il comparto servizi che passa da 47.3 a 48.3, anche in questo caso di distingue la Francia, che si conferma in fase di espansione a 51.7 e, a sorpresa, la Spagna che passa da 27.9 a 50.2;
  • Stati Uniti: l’ISM manifatturiero passa in territorio di espansione arrivando a 52.6 (da 43.1 precedente e verso attese di 49.8) con un forte rialzo sia dei “new orders” (56.4 da 31.8) che dei “prices paid”;
  • Cina: sia il PMI calcolato dal governo che quello calcolato dalla privata Caixin riportano numeri superiori alla soglia dell’espansione: il comparto manifatturiero arriva a 50.9 (da 50.6 maggio e 50.4 attese), quello dei servizi a 54.4 (da 53.6 maggio). Deboli gli “export order”, segno che la domanda estera è ancora debole;
  • Giappone: in rialzo l’indice PMI servizi elaborato dal Jibun Bank che passa da 26.5 di maggio a 45 di giugno; solo in leggero aumento invece quello manufatturiero che sale da 37.8 a 40.1.

Decisamente forti anche i dati sul mercato del lavoro americano per il mese di giugno: sono stati creati nuovi posti per 4.8 milioni (verso i 2.7 precedenti e 3 attesi) e il tasso di disoccupazione è sceso a 11.1%, da 13.3% precedente (e attese per 12.5%). Ricordiamo che, nel solo mese di aprile, negli Stati Uniti sono stati persi circa 21 milioni di posti di lavoro e negli ultimi due mesi ne sono stati recuperati circa 7.5 milioni. L’aspetto positivo è che ci sono state assunzioni nel settore privato.

Per quanto riguarda Covid19, è uscita la notizia che il farmaco ritenuto più efficace per la cura, il Remdesivir di Gilead, avrebbe un costo pari a 2.340 dollari per un trattamento di 5 giorni e sembra che gli Stati Uniti stiano cercando di garantirsi le scorte per tre mesi. Intanto Pfizer e BioNTech annunciano buoni risultati dagli studi sul potenziale vaccino mRNA-based. Il virologo americano Fauci sembra essere positivo sia su cure che vaccino. Tuttavia, il numero dei casi aumenta e l’OMS dichiara che il peggio deve ancora arrivare!

Il supporto dei governi all’economia continua ad emergere dalle dichiarazioni dei vari esponenti sia negli Stati Uniti che in Europa.

All’audizione davanti alla commissione servizi finanziari della Camera, infatti, Jerome Powell ha definito “molto incerto” il futuro dell’economia americana a causa del coronavirus e, subito dopo, il segretario del Tesoro Steve Mnuchin ha annunciato che il governo sta studiando nuove misure a sostegno dell’economia. Anche dai verbali della Fed, relativi alla riunione di giugno, emerge che il focus è ormai solo sulle modalità per fornire nuovi stimoli se necessario.

Intanto, il primo luglio è cominciato il semestre di presidenza dell’Unione Europea a guida tedesca: ultimamente Angela Merkel sta facendo discorsi e rilasciando dichiarazioni (tipo “l’Europa ha bisogno di noi, tanto quanto noi abbiamo bisogno dell’Europa”) più possibiliste e flessibili rispetto al rigore che caratterizzava la Germania fino a prima della pandemia. Già al vertice previsto per il 17-18 luglio, il primo sotto la presidenza tedesca, si vedrà quanto la cancelliera saprà dimostrare la volontà di mettere in sicurezza l’Europa nella crisi più grave della sua storia gestendo l’opposizione dei c.d. Frugan Four (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia) che temono il fenomeno del “moral hazard” da parte dei paesi periferici del sud (dai quali, invece, vorrebbero che venissero imparate le lezioni). Insieme a Ursula Von der Leyen, che invita i paesi membri a guardare oltre gli interessi ristretti ma verso i vantaggi dell’Unione, c’è la volontà di raggiungere a breve un accordo sul Recovery Plan Europeo che rappresenta il vero “game changer”.

Finalmente sembra archiviata la questione relativa alla richiesta, da parte della Corte Costituzionale tedesca, di dimostrare la legittimità e proporzionalità degli acquisti di titoli di stato da parte della BCE nell’ambito del programma PSPP. Il ministro delle finanze tedesco, Olaf Scholz, ha infatti inviato una lettera al presidente del Bundestag Schaeuble con la quale afferma che l’intervento era proporzionato e quindi non si può parlare di trattamento privilegiato. La partecipazione della Bundesbank al programma è quindi mantenuta.

Durante la settimana la Cina approva la legge sulla sicurezza nazionale ad Hong Kong (e subito scatta il primo arresto) e gli Stati Uniti prima annullano lo status di partner commerciale privilegiato ad HK e poi approvano alla Camera un provvedimento volto a sanzionare le banche che hanno rapporti di affari con chi è in qualche modo coinvolto nella imposizione della legge ad HK. Anche il Regno Unito, ritenendo che la legge non rispetta gli accordi sull’autonomia stabiliti nel 1997 e in vigore fino al 2037, irrita Pechino offrendo tre milioni di visti ai cittadini di HK con la prospettiva di ottenere un passaporto britannico.

In US, a livello societario, segnaliamo le seguenti notizie, ritenute più rilevanti:

  1. la banca Wells Fargo ha dichiarato che intende tagliare il dividendo (di 51 centesimi) per preservare la liquidità a fronte degli effetti della pandemia. Sarebbe la prima volta in dieci anni. La nuova cedola verrà annunciata in sede della pubblicazione dei conti il 14 luglio. Sebbene il settore bancario si trovi in una situazione migliore rispetto alla crisi dei mutui sub-prime del 2007-2008, l’outlook incerto ha portato la Fed a chiedere almeno di non aumentare le cedole in quanto, nel peggiore dei casi, le perdite sui prestiti erogati potrebbero raggiungere i 700 miliardi di dollari. Le altre banche americane, per ora, non hanno fatto dichiarazioni simili e intendono mantenere i dividendi prefissati;
  2. Facebook ha iniziato la settimana negativamente perchè alcuni inserzionisti importanti (tipo Coca Cola, Starbucks, Unilever, North Face…) potrebbero ritirarsi in seguito alla polemica circa i post razzisti che circolano sul social. La campagna #StopHateForProfit accusa il mondo dei social di fare poco per contrastare l’odio online. Il titolo dopo avere corretto di circa il 15% si è riportato quasi sui massimi;
  3. Tesla ha superato, per market cap, Toyota ed è diventata il primo produttore di auto al mondo, pur producendo solo il 4% delle auto rispetto a Toyota.

Qualche settimana fa la Fed aveva annunciato che avrebbe cominciato ad acquistare single bond nel suo programma di quantitative easing: guardando la composizione del suo portafoglio, infatti, si evince che la Fed ha acquistato l’equivalente di 428 milioni di dollari da circa 86 emittenti e fra questi figurano le farmacie Walgreens, Berkshire Hathaway Energy, At&t, Comcast, Microsoft, Ford, McDonald’s, Pepsi, IBM e General Electric. Il programma si concluderà il 30 settembre. La lista verrà presentata da Powell alla commissione finanza della camera e le polemiche potrebbero riguardare l’utilità di comprare bond di società solide che potrebbero finanziarsi direttamente sul mercato e il fatto che in questo modo si tutelano più i gestori di fondi obbligazionari (che vedono una maggiore liquidità negli asset che detengono) più che le compagnie stesse interessate. Qualcuno critica l’assenza di criteri di sostenibilità dato che nel portafoglio compaiono pure Philip Morris e Exxon Mobil.

A proposito di investimenti sostenibili, la scorsa settimana, il Parlamento Europeo ha fissato i criteri in base ai quali un investimento può essere considerato sostenibile, tra questi rientrano la riduzione dei gas serra, protezione delle acque, sostegno alle attività circolari e prevenzione dell’inquinamento. Negli ultimi mesi le emissioni di green bond erano state sostituite da emissioni di obbligazioni sociali e sostenibili legate all’emergenza Covid19, adesso invece se ne torna a parlare con due annunci:

  • la Germania è pronta a lanciare la prima emissione il prossimo settembre. Si tratta di un Bund con scadenza 10 anni (agosto 2030) e cedola pari a zero al quale ne seguirà un altro con scadenza cinque anni. Il totale delle emissioni è fra gli 8 e i 12 miliardi di euro. Ricordiamo che la BCE ha annunciato di volere inserire i green bond nel programma di acquisti. La Germania con queste emissioni intende finanziare parte del programma di riduzione di emissioni di carbonio;
  • Generali ha annunciato il riacquisto di tre serie di titoli subordinati, per un totale nominale di 600 milioni di euro (con rimborsi anticipati compresi tra febbraio 2022 e dicembre 2022), che verranno sostituiti con un’emissione di nuovi subordinati Tier 2 green e con scadenza 2031. Si tratta del secondo green bond emesso da Generali.

In Italia si sta pensando di porre le basi di un Fondo sovrano sul modello norvegese. In Norvegia il fondo è alimentato dai proventi del petrolio, in Italia potrebbe essere alimentato dal risparmio degli italiani. La proposta prevede che sul conto corrente del “Patrimonio destinato CDP” che sostiene la società italiane, possano affluire le disponibilità liquide dei contribuenti che intendono usufruire dei benefici fiscali previsti per i Pir, ovvero esenzione fiscale per cinque anni e tetto di 150mila euro. Verrebbero inoltre coinvolte le SGR italiane. Non ci sono ulteriori dettagli.

L’oro, nonostante il rialzo dei mercati, rimane stabile vicino alla soglia di 1800 dollari/oncia. Ripetiamo le motivazioni a supporto del metallo giallo: 1) i bassi tassi di interesse rendono meno “costoso” detenere un asset che di fatto non ha rendimento (tipo cedola) e, anzi, ha un costo di detenzione, 2) offerta limitata: non si può stampare come la moneta (come stanno facendo tutte le banche centrali che accrescono la base monetaria) che tende, quindi, a perdere valore, 3) è considerato un bene rifugio da sempre, ovvero un asset adatto a fungere da hedge (copertura) dei portafogli, 4) in base alla seconda considerazione è adatto in caso di alta inflazione.

La settimana si è quindi conclusa in modo decisamente positivo per i mercati azionari (soprattutto americani) e, in generale, per tutti i “risky assets”. Deciso rialzo del prezzo del petrolio, che trascina con sé l’indice generale delle commodities (CRB). Valute sostanzialmente stabili.

QUESTA SETTIMANA

Questa mattina il mercato ha aperto in maniera decisamente euforica trainato dagli indici cinesi locali: il CSI300 (l’indice che raggruppa 300 titoli quotati alle borse di Shanghai e Shenzhen) ha guadagnato il 5.8%. Si tratta del maggiore rialzo dal 2015 che porta quello dei 5 giorni al 14%. L’entusiasmo degli investitori locali cinesi è legato ad un editoriale pubblicato sul Securities Times nel quale si afferma che la promozione di un “salutare” bull market dopo la pandemia è ora più che mai importante per l’economia. Il mercato si attende, quindi, ulteriori interventi a supporto.

Intanto, avendo superato ormai gli 11.4 milioni di casi e 534.000 decessi nel mondo ci sarà ancora molta attenzione ai dati con l’auspicio che nella Sun Belt americana la situazione non degeneri e che non si creino focolai in altre parti del mondo, o che per lo meno vengano contenuti come sinora è stato fatto. Negli Stati Uniti si registra il 25% dei casi mondiali e, negli ultimi 40 giorni, il numero dei casi accertati e delle vittime è raddoppiato. Secondo Anthony Fauci il virus è fuori controllo e sarebbe opportuno introdurre misure di distanziamento sociale, oltre all’obbligo delle mascherine, per evitare che i casi salgano ulteriormente.

Lunedì 6 luglio inizia il collocamento di BTP futura (ISIN IT0005415283), riservato agli investitori retail, che terminerà il 10 luglio (salvo chiusura anticipata mercoledì 8): durata 10 anni, tasso fisso per i primi 4 (pari a 1.15%), poi salirà per i successivi tre (a 1.30%) e ancora per gli ultimi tre (a 1.45%). Le cedole saranno semestrali. Il premio fedeltà sarà pari ad un minimo di 1% fino ad un massimo di 3% per chi manterrà il titolo fino a scadenza e varierà a seconda della media del tasso di crescita annuo del PIL nominale italiano (considerando, quindi, anche l’eventuale inflazione) nei dieci anni di durata del titolo.  Alla fine del periodo di collocamento il tasso dei primi quattro anni rimarrà invariato mentre quelli per i successivi potranno essere rivisti, ma solo al rialzo. Ricordiamo che, come per tutti i BTP, la tassazione è pari al 12.50% e sono esenti dalle imposte di successione. Le risorse saranno interamente dedicate alle spese legate alla pandemia. Il rendimento a scadenza diventa del l’1.25-1.28% quindi qualche centesimo in più del rendimento dell’attuale BTP decennale (non considerando il “premio fedeltà”).

Sui BTP diversi investitori istituzionali si sono dichiarati positivi a partire da Blackrock, che li considera gli unici governativi attraenti in Europa, e Commerzbank, che li considera interessanti finché lo spread rispetto al Bund non scenderà sotto i 150 bps (dagli attuali 170 circa). Il supporto della BCE è senza precedenti e, fintanto che non tornerà l’inflazione, difficilmente gli stimoli monetari verranno ritirati, quindi anche il rapporto debito/pil italiano è considerato sostenibile.

Lunedì 6 luglio parte anche l’OPS di Intesa su UBI che si chiuderà il 28 luglio. La BCE, dando di fatto la sua benedizione a questa operazione, ha ribadito l’orientamento favorevole verso il processo di consolidamento del settore bancario chiarendo che le fusioni non comportano necessariamente aumenti di capitale. Sembra che alcuni grossi azionisti stiano “ammorbidendo” la loro posizione rispetto al deal ma si auspicano un miglioramento dell’offerta. Il CdA di Ubi, invece, venerdì ha dichiarato che l’offerta di Intesa non riflette il valore reale della banca e penalizza gli azionisti di Ubi non prevedendo un corrispettivo per cassa. Il CdA ritiene che l’operazione abbia come fine solo quello di eliminare un concorrente, invece sarebbe più utile creare un terzo polo e, infatti, si stanno esplorando operazioni societarie da portare in discussione entro la fine dell’anno.  L’operazione da un punto di vista puramente economico ha senso ma, come sempre, ci sono spesso altre logiche che intervengono nel processo decisionale. Ricordiamo che l’OPS prevede lo scambio di 17 azioni di Intesa ogni azione UBI con un premio implicito, al momento dell’annuncio dell’operazione, del 27.6%.

La reporting season americana è cominciata anche se il grosso delle società pubblicherà i dati dalla metà di luglio: è attesa una contrazione degli utili del 43% nel secondo trimestre e del 25% nel terzo. Vedremo se in questa occasione verranno rilasciate delle guidance (ritirate invece nel trimestre scorso).

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

I mercati continuano a “surfare” fra le buone notizie, che li portano verso l’alto, e le cattive notizie che li fanno correggere. Le escursioni, tuttavia, non sono di fatto molto ampie e la motivazione risiede, come detto la settimana scorsa, nel paracadute delle banche centrali che, con i tassi mantenuti bassi e le dichiarazioni di poter intervenire ulteriormente, proteggono i mercati e ne limitano il “downside”.

Secondo uno studio di Unicredit la BCE quest’anno comprerà 740-845 miliardi di euro in titoli di stato dell’eurozona. Si tratta di circa il 70-80% delle emissioni totali (che ammonterebbero a circa 1.100 miliardi di euro al netto dei titoli in scadenza) e in alcuni casi potrebbero essere superiori alle emissioni nette. Come nel caso dell’Italia che, nonostante un inevitabile e prevedibile aumento del debito pubblico, ha visto negli ultimi tempi scendere i rendimenti (il rendimento del BTP decennale è passato dal 2.4% di marzo all’attuale 1.2%). In generale, la sostenibilità del debito è aiutata dal fatto che i tassi di interesse reali (ovvero quelli nominali al netto delle aspettative di inflazione) saranno inferiori ai tassi di crescita delle economie.

Se guardiamo agli indicatori di volatilità del mercato azionario (Vix per quello americano, Vstoxx per quello europeo) notiamo che si sono decisamente ridimensionati rispetto ai picchi di marzo ma rimangono nella parte alta del range degli ultimi anni. Questo fattore riflette la costruzione dei portafogli che si devono “caricare” di rischio azionario ma che vogliono mantenere delle protezioni in caso di eventi avversi (vedi contratti sulla volatilità o oro).

Gli eventi avversi “noti” riguardano una ripresa violenta della pandemia che si porti dietro un peggioramento delle variabili macroeconomiche. Ad oggi, nonostante gli avvertimenti dell’OMS, la situazione sanitaria sembra ancora sotto controllo e ciò si riflette sui dati macroeconomici. Se guardiamo, infatti, agli Economic Surprise Index (indicatori che misurano la “sorpresa” dei dati rispetto alle aspettative) notiamo che hanno recuperato in modo deciso dai minimi raggiunti a fine aprile e, nel caso degli Stati Uniti, sono ampiamente positivi.

E’ proprio questo l’elemento ha consentito a Wall Street di chiudere il migliore trimestre dal 1998 esattamente quando l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato che “il peggio deve ancora arrivare”!

Positive le performance delle nostre linee di gestione durante la settimana. Vista la overperformance del mercato americano, non c’è da stupirsi se la Chronos risulta la migliore linea della settimana con una performance YTD che arriva a 4.65%.