INDIZI DI MERCATO
COMMENTO delle ULTIME DUE SETTIMANE (25/5 – 7/6)
Mercati particolarmente euforici nelle ultime due settimane. Gli interventi a supporto da parte dei governi sono ormai consistenti, le banche centrali garantiscono massimo impegno in caso di necessita, la diffusione della pandemia sembra sotto controllo, nonostante il graduale rilascio dei vari lockdown, e gli indicatori macro vanno nella giusta direzione. Tutto ciò avvantaggia gli asset rischiosi e porta ad un ri-tracciamento dei c.d. “safe heaven assets” quali lo Yen Giapponese, il Franco Svizzero, l’oro e i governativi ritenuti più sicuri, ovvero il Bund tedesco e il Treasury americano, e si riflette anche sugli indicatori di volatilità (Vix e Vstoxx) che tornano verso livelli più “normali”. In indebolimento anche il Dollaro US che si avvicina al livello di 1.13 vs euro. Nell’azionario è interessante la sovraperformance dei listini e settori “value” che erano rimasti più indietro: l’Europa e, in particolare, il settore bancario. Rallentano la loro corsa, invece, i settori e paesi che meglio avevano performato: l’S&P500 è salito dell’8% circa nelle ultime due settimane e considerato che il Nasdaq guadagna “solo” il 4% si deduce che altri settori hanno contribuito in maniera più consistente (soprattutto finanziari e industriali), evidenziando una forte rotazione settoriale.
Analizziamo ora i principali eventi che hanno caratterizzato le ultime due settimane e dato un forte impulso ai mercati.
Fra i vari interventi in tema di politica fiscale segnaliamo quello da parte dell’Europa: la formulazione della proposta da parte della Commissione Europea per supportare la ripresa economica si è tradotta in un piano, chiamato “Next Generation EU”, che vale 750 miliardi di euro (500 miliardi a fondo perduto + 250 miliardi di prestiti) ed è finanziato sia da un’emissione congiunta di debito (rimborsabile in trenta anni a partire dal 2028) sia attraverso misure quali la Carbon Tax e la Digital Tax; comprende, come strumento principale, il “Recovery and Resilience Facility” (il vero e proprio “Recovery fund”) dotato di 560 miliardi di Euro di cui 310 a fondo perduto e 250 in forma di prestiti a lungo termine e a tassi agevolati. All’Italia andrebbe la quota più alta ovvero 172 miliardi di cui 82 a fondo perduto. I fondi dovranno avere determinati utilizzi che saranno essenzialmente legati alla realizzazione di riforme e investimenti in linea con le raccomandazioni della UE (tema green, digitalizzazione, sostenibilità e inclusione sociale), al raggiungimento dei target di riforma si “sbloccheranno” le varie tranche.
Nello scorso commento avevamo parlato di “asimmetria”, fra i diversi paesi, nell’impatto della crisi sanitaria e della conseguente necessità di un intervento atto a livellare gli squilibri. Il Recovery Fund va esattamente in quella direzione dato che Italia e Spagna, i paesi più impattati da Covid19, otterranno il contributo maggiore. La Von der Leyen ha ribadito che un’economia in difficoltà ne indebolisce una forte e quindi è necessario agire in modo unitario con proposte coraggiose. La proposta del recovery fund da 750 miliardi si aggiungerà ai 1.100 miliardi di rafforzamento del bilancio pluriennale UE, ai 540 miliardi di misure già approvate (Mes light, senza condizionalità, Sure per la disoccupazione – all’Italia si stima arriveranno circa 20 miliardi – e fondi Bei). Il fondo dovrebbe essere operativo dal prossimo primo gennaio.
Ovviamente il provvedimento deve essere ratificato dai 27 stati membri e le trattative non saranno semplici ma almeno il punto di partenza non è male. Il consiglio Europeo si riunirà il 18 giugno per l’approvazione previa analisi preliminare dell’Eurogruppo questa settimana.
Ogni paese contribuisce al bilancio della UE e, se consideriamo che il contributo dell’Italia sulla base della crescita degli ultimi dieci anni dovrebbe essere di circa 56 miliardi, il trasferimento netto diventa di 26 miliardi, circa l’1.5% del Pil.
Oltre a questa azione congiunta anche i diversi paesi si sono dimostrati parecchio attivi: la Germania, ad esempio, annuncia uno stimolo fiscale pari a 130 miliardi di euro (circa il 4% del Pil), per la seconda parte dell’anno, che prevede, fra le altre cose, un taglio dell’IVA di tre punti per sei mesi con l’obiettivo di incentivare i consumi. In Cina si parla di “helicopter money” per la proposta di offrire buoni spesa ai cittadini per 1.7 miliardi di dollari sempre in ottica di stimolare i consumi.
Il governo tedesco, inoltre, ha stanziato nove miliardi per il salvataggio (bail-out) di Lufthansa. Mentre la Francia ha deciso di sostenere il settore automobilistico con aiuti pari a 8 miliardi (dei quali ben 5 a Renault) al fine di rendere il comparto all’avanguardia nella produzione di veicoli elettrici.
Ad aiutare il sentiment di mercato è intervenuta anche la BCE, prima con le parole del governatore francese Villeroy, che ha affermato che la Capital Key (regola che costringe la BCE ad acquistare titoli di stato dei vari paesi in funzione delle dimensioni economiche) è un vincolo non richiesto nel programma PEPP motivo per cui si sta pensando di rafforzare il PEPP switchando dal PSPP (soggetto alla capital key), poi con la conferenza stampa della BCE.
La Lagarde ha dimostrato una discreta fermezza annunciando un incremento del programma PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) di 600 miliardi di euro (che arriva così a 1350 miliardi in totale, ricordiamo che era partito con una size di 120 miliardi) superiore alle aspettative degli analisti (500 miliardi). Inoltre, la durata è stata estesa almeno fino a giugno 2021 ed è stato introdotto il reinvestimento dei proventi e dei titoli scaduti fino a dicembre 2022 (novità più dirompente).
La deviazione dai principi del capital key porta beneficio soprattutto ai BTP. Dalla pubblicazione del bilancio dei primi due mesi di programma emerge che gli acquisti PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programm) hanno raggiunto i 37.4 miliardi di euro di BTP pari al 21.6% del totale (5% oltre il coefficiente di capital key) ai quali si aggiungono i 2.85 miliardi di acquisti del normale programma QE. Con una dotazione di 750 miliardi il PEPP ha già acquistato titoli in Eurozona per 234 miliardi.
Il programma PEPP sta acquisendo una potenza di fuoco: non è semplicemente uno strumento per combattere la frammentazione del mercato e la volatilità, potendo intervenire con flessibilità su diverse asset class, ma è direttamente legato all’obiettivo di price stability nel mandato della BCE, quindi diventa a tutti gli effetti un’arma del suo arsenale, un bazooka che, a differenza dell’OMT, non ha condizionalità. Il Governing Council della ECB ha intenzione di proseguire negli acquisti finché la crisi legata al corona virus non sarà superata.
La BCE ha ribadito che i tassi rimarranno bassi (“at their present or lower levels”) finché l’inflazione non sarà vicina al 2%. Il programma normale di QE rimarrà in piedi al ritmo di 20 miliardi al mese ai quali si aggiungono i 120 miliardi annunciati a marzo e che verranno impiegati fino a fine anno.
Oltre alla sorpresa positiva in termine di misure intraprese il mercato ha decisamente apprezzato la determinazione a proseguire nell’utilizzo dell’arsenale della BCE, se necessario. Non si è discusso di un eventuale inclusione dei “fallen angels” nel programma PEPP ma non è neanche escluso che lo si prenderà in considerazione nella prossima riunione.
Quindi, sia la proposta della Commissione Europea che l’azione della BCE hanno agevolato il rally dei BTP e il Tesoro italiano ne ha approfittato per collocare un nuovo BTP decennale con scadenza 1/12/30 di ammontare pari a 14 miliardi di euro e una domanda da parte degli investitori superiore a 108 miliardi (record per una singola emissione a livello europeo). Il titolo è stato collocato a 99.52 di prezzo con un rendimento lordo annuo all’emissione pari a 1.707% (cedola 1.65%) e attualmente tratta sopra 101. Il “paracadute” offerto dalla BCE ha fatto tornare l’appetito per i BTP che continuano ad offrire rendimenti superiori a quelli degli altri paesi europei. L’80% della richiesta è arrivata da investitori non domestici. Con questa operazione il Tesoro è arrivato a coprire circa il 58% del fabbisogno annuale.
Dal punto di vista macro le stime della BCE sono per una recessione tale da portare ad una discesa del Pil per l’Eurozona pari a -8.7% nel 2020 nello scenario base. L’output perso durante la pandemia verrà recuperato in circa tre anni e i rischi sono mantenuti al ribasso. Nel 2021 il recupero atteso è del 5.2% e del 3.3% nel 2022.
I dati macroeconomici, pur segnalando ancora una situazione di notevole stress, stanno evolvendo verso un graduale miglioramento: i vari dati di fiducia delle imprese usciti in diversi paesi, rimangono sotto il livello di 50 (che delimita la contrazione dell’espansione) ma recuperano rispetto al mese precedente. In Cina, invece, i PMI di maggio sono tornati in area di espansione: la componente servizi è salita a 55 (da 44), livello più alto dal 2010, il composite è passato da 47.6 a 54.5. Anche l’IFO tedesco, nella componente “expectations” porta a segno un notevole recupero passando da 69.4 a 80.1.
Venerdì il mercato ha ricevuto un’ulteriore spinta dalla pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro americano: i nuovi occupati salgono di 2.5 milioni (le attese erano per una perdita di posti di lavoro pari a 7.5 milioni) e il tasso di disoccupazione scende a 13.3% (verso stime che lo davano in aumento a 19.1%) con salari orari in calo dell’1% rispetto al mese precedente. Il Presidente Trump ha inoltre dichiarato che il mercato del lavoro migliorerà ulteriormente e ha intenzione di aggiungere nuovi stimoli quali, ad esempio, il taglio delle tasse e incentivi per il settore dei ristoranti e dell’entertainment.
Sul fronte geo-politico si mantiene alta la tensione fra Stati Uniti e Cina (con varie misure e conseguenti rappresaglie) mentre proseguono le proteste a Hong Kong in seguito all’approvazione, da parte del Parlamento, della legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong. Tale legge è vista come minaccia allo stato di “un paese solo, due sistemi” che ha sempre caratterizzato lo status dell’ex colonia britannica. Ricordiamo che, per gli Stati Uniti, Hong Kong beneficia di un regime commerciale speciale che la esclude dai dazi imposti alla Cina. Qualora dovesse perdere la propria autonomia Washington è pronta a revocare lo status speciale e il segretario di stato Pompeo è già pronto. Il Reminbi, valuta cinese, di solito riflette le tensioni geopolitiche: attualmente, dopo uno spike a 7.16 vs USD si è riportato al livello degli ultimi mesi segnalando, comunque, che la situazione sembra essere sotto controllo.
Qualche difficoltà in UK per l’accordo post-Brexit: il 30 giugno ci sarà la deadline per chiedere un’estensione del periodo di transizione ma Boris Johnson dichiara che non chiederà nessun rinvio e si teme, quindi, un no-deal.
Il CdA di Intesa Sanpaolo ha dato il via libera al finanziamento di 6.5 miliardi per FCA Italy (la controllata italiana). Ora occorre ottenere la garanzia pubblica da SACE (pari all’80%) e il decreto del Tesoro previa approvazione della Corte dei conti. Il finanziamento ha come obiettivo supportare il settore automobilistico e la relativa filiera (comparto che, servizi compresi, impiega circa un milione di persone e genera un fatturato pari al 19% del Pil generando un gettito fiscale pari al 16% delle entrate tributarie) aiutando il pagamento dei dipendenti, dei fornitori e realizzare investimenti attraverso il meccanismo innovativo di C/C dedicati. Il programma di aiuti è stato così esteso anche alle aziende che hanno distribuito dividendi o fatto buyback nel corso del 2020 ma alla condizione che non vengano riproposti nei successivi 12 mesi. Il prestito dovrà essere restituito nel giro di tre anni a tassi agevolati ovviamente.
Per quanto riguarda l’ipotetica fusione fra Ubi e Intesa Sanpaolo sembra che la prima si stia appellando al fatto che ISP non ha comunicato in tempo la rinuncia alla clausola Mac (Material adverse change), ovvero alle condizioni sospensive che possono scattare per eventi eccezionali come le pandemie. La cosiddetta “passivity rule”, impedendo agli amministratori della società target di attuare strategie difensive, sta di fatto paralizzando l’attività di Ubi Banca che non può cedere asset o fare emissioni obbligazionarie e la banca vorrebbe liberarsene. Nel fine settimana ISP ha chiarito che non includerà la pandemia e i suoi effetti fra le condizioni di efficacia dell’OPS, in questo modo vorrebbe fare decadere le contestazioni di UBI che si è rivolta al Tribunale di Milano. Intanto la BCE ha dato il via libera all’acquisizione e ora manca il verdetto dell’Antitrust attesa per metà luglio. Poi è richiesta l’approvazione del prospetto da parte di Consob e il nulla osta dell’IVASS.
QUESTA SETTIMANA
La videoconferenza tra paesi OPEC e OPEC+, inizialmente prevista per martedì 9 giugno, si è tenuta nel fine settimana. I paesi produttori di petrolio, guidati da Arabia Saudita e Russia, hanno deciso di mantenere fino a luglio i tagli alla produzione del greggio che attualmente rappresentano circa l’11% dell’offerta.
Occhi sempre puntati sul controllo della diffusione su Covid19 man mano che tutte le economie stanno gradualmente tornando verso la normalità.
Attenzione anche a quanto succede ad Hong Kong, importante che la situazione non degeneri ulteriormente e che non vengano compromessi i progressi nei negoziati fra Cina e Stati Uniti.
Martedì 9 giugno avremo la pubblicazione del dato definitivo sul Pil relativo al primo trimestre per l’Eurozona. Le attese sono una conferma di -3.2% anno/anno e -3.8% trimestre/trimestre.
Mercoledì 10 giugno la FED comunicherà le proprie decisioni in tema di politica monetaria. Non sono attese modifiche (tassi stabili nel range 0%-0.25%) ma un maggiore focus sullo scenario futuro e sulle aspettative da gestire. La ripresa dovrebbe essere graduale ma con parecchia incertezza. I tassi dovrebbero rimanere stabili ma la Fed potrebbe decidere di rafforzare la forward guidance continuando a dare la disponibilità ad ulteriori interventi, se necessario, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. Si discuterà probabilmente di “yield curve control” ovvero dell’idea di fissare rendimenti target su certe scadenze della curva dei Treasuries.
Giovedì 11 i ministri delle finanze dei paesi dell’Eurozona discuteranno il pacchetto di aiuti proposto dalla commissione Europea.
In settimana l’OECD pubblicherà l’economic outlook, l’analisi pubblicata due volte l’anno sullo stato delle varie economie, sulle prospettive e gli sviluppi internazionali.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
I mercati stanno vivendo una fase decisamente positiva favorita da una ripresa dell’attività, che non sembra fortunatamente accompagnata da una ripresa dei contagi, e da autorità monetarie e governative che finalmente sono tutte allineate nel garantire pieno supporto.
Se a inizio anno tanti investitori ritenevano che il mercato fosse caro (e post Covid19 si vantavano di avere scaricato le posizioni, come se sapessero dell’arrivo del virus…) adesso che il mercato in aggregato si sta avvicinando ai livelli pre-crisi, considerato che la crescita economica e gli utili non torneranno a quei livelli così velocemente il mercato dovrebbe essere considerato ancora più caro.
Perché il mercato, allora, si sta riportando verso i livelli precedenti?
Gli investitori devono cercare impieghi per l’enorme quantità di liquidità che le banche centrali stanno riversando nell’economia e intravedere, comunque, un principio di ripresa dell’attività normale porta ad effettuare acquisti verso i settori, più ciclici, rimasti indietro (perché colpiti più duramente dalla crisi). Questo giustifica l’euforia dei mercati che continuano a salire trainati da settori diversi.
E’ vero che l’azione delle banche centrali è sicuramente determinante nel portare gli asset allocator verso l’investimento azionario ma consideriamo che, anche prima della crisi, soprattutto dopo il 2018, avevamo capito che le banche centrali sarebbero state accomodanti ancora a lungo e sicuramente oltre l’inizio di ripresa dell’inflazione.
Cos’è allora l’elemento che si è rivelato più determinante e che rappresenta la maggiore differenza rispetto alla situazione precedente?
E’ rappresentato dallo sblocco, finalmente, dello stimolo fiscale. In uno dei commenti scritti all’inizio della pandemia avevamo citato come possibile effetto positivo esattamente questo, ovvero che la crisi avrebbe potuto forzare qualcosa che, altrimenti, sarebbe rimasto fermo e cioè l’espansione fiscale. Sebbene lo stimolo fiscale sia avvenuto non come strumento propulsivo ma come strumento di contenimento dei danni è pur vero che, grazie ad esso, si è potuto azionare un nuovo volano della crescita.
Gli stimoli sono di tutto rispetto: in Giappone siamo al 40% del Pil, negli Stati Uniti più del 20% del Pil. Il Recovery Fund europeo rappresenta il 3.6% del Pil Eurozona e porta il totale degli aiuti al 15% del Pil e pure la Germania con il suo deficit previsto pari al 10% del Pil ha decisamente dato una svolta alla propria politica fiscale.
Grazie a questo nonostante le stime di crescita del Pil mondiale siano brutte (di recente Fitch le ha abbassate per il 2020 da -3.9% a -4.6% a causa soprattutto dell’Europa) e anche la BCE, nel Financial Stability Review, ha evidenziato i rischi tuttora presenti nel sistema (elevati debiti, banche poco profittevoli, alta probabilità di default aziendali) che minano un immediato ritorno alla normalità, i mercati vedono il 2020 come un “vuoto d’aria” e si focalizzano sul dopo.
Certo un giorno si dovranno fare dei conti: il primo è quello che abbiamo sempre citato, ovvero il saldo fra danni subiti e interventi di supporto, il secondo è la quantificazione dell’enorme ammontare di debito in più che si è creato e che avrà un costo; si stimano incrementi del rapporto debito/Pil nell’ordine del 30% almeno. Sono considerazioni, però, che si faranno più in là nel tempo e che adesso risultano premature.
Nel mentre, il mercato ondeggia fra un minimo di raziocinio e un’euforia che porta gli indici ad un livello superiore a quello suggerito dai fondamentali ma che, tuttavia, può essere coerente nell’attuale contesto di stimoli.
LINEE SCM