Analisi dei mercati del 29.06.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La settimana ha avuto un andamento molto altalenante: dopo un inizio positivo è prevalso il pessimismo e gli indici azionari hanno ritracciato, arrivando a chiudere negativamente (MSCI Word -2.3%). Più stabile il comparto obbligazionario con la parte governativa che ha visto un leggero abbassamento dei rendimenti e la parte a spread che ha sofferto nella componente High Yield. In correzione anche le materie prime mentre l’oro si è avvantaggiato del clima da risk-off ed è arrivato vicino ai livelli massimi raggiunti nel periodo 2011-2012.

Prima di capire come mai la settimana ha svoltato analizziamo gli elementi positivi che avevano aiutato i mercati i primi giorni e partiamo con i dati macro.

In settimana sono stati pubblicati i PMI preliminari per il mese di giugno (ovvero gli indici di fiducia delle imprese, in particolare dei direttori acquisti, che sopra il livello di 50 segnalano positività):

  • Eurozona: deciso rimbalzo del dato “composite” che passa da 31.9 a 47.5, con entrambe le componenti (servizi e manifattura) in ripresa. Molto buoni i dati francesi che si portano sopra la soglia del 50 (che indica espansione) mentre quelli tedeschi, pur in rialzo e migliori delle attese, rimangono sotto il 50;
  • Giappone: il dato aggregato sale da 27.8 a 37.9 con la componente servizi che rimbalza parecchio (da 27.8 a 37.9) mentre quella manifatturiera scende leggermente (da 38.4 a 37.8);
  • UK: in rialzo il dato aggregato che passa da 29 a 47 con il comparto manifatturiero che, nonostante le incertezze della Brexit, riesce a portarsi leggermente sopra il 50:
  • US: dati migliori dei precedenti ma leggermente inferiori alle aspettative. Il dato composite passa da 37 a 46.8 con la componente manifatturiera che raggiunge il livello di 49.5 e quella relativa ai servizi che sale al 46.7.

Inoltre, in Germania è stato pubblicato l’indice IFO (indice di fiducia delle imprese sia relativo alla situazione attuale che a quella prospettica) di giugno: salito da 79.7 a 86.2 segnala un ulteriore miglioramento in entrambe le componenti.

Martedì sono circolate indiscrezioni circa un nuovo assegno da mille dollari che l’amministrazione americana potrebbe staccare alle famiglie in difficoltà, per il mese di luglio. Avevamo scritto che a luglio sarebbero scaduti un po’ di ammortizzatori sociali in US e sembra che il Congresso stia valutando quali rinnovare. Certo è vero che con le elezioni che si avvicinano è importante per Trump supportare la base di consenso.

Fra i dati da monitorare avevamo citato anche quelli americani relativi a “personal income” e “personal spending” del mese di maggio: il primo esce in calo (-4.2%), ma meno delle aspettative, mentre il secondo rimbalza (+8.1%) ma, anche in questo caso, meno delle aspettative. I consumi sono stati sostenuti dalle spese per beni durevoli e le auto che hanno compensato il calo, inevitabile, di spese discrezionali (quali quelle relative al tempo libero).

I dati macro, quindi, hanno dato la conferma che la ripresa economica è in corso e lasciano sperare sul fatto che il peggio sia alle spalle e, in US, l’amministrazione ha confermato di volere mantenere il piede sull’acceleratore.

Cosa ha poi rovinato il clima positivo sui mercati?

Un mix di fattori a partire da quello più monitorato dagli investitori, ovvero la situazione dei contagi, per passare a qualche tensione sul commercio internazionale ed arrivare alle nuove stime di crescita dell’IMF. Ma andiamo con ordine.

La situazione dei contagi sembra in peggioramento in alcuni stati americani (dove si parla di seconda ondata) con le terapie intensive che si stanno nuovamente affollando. Curioso come Trump stia pensando di porre fine ai finanziamenti federali per i test del coronavirus.  Alcuni stati stanno pensando all’introduzione di nuove restrizioni di social distancing, l’Europa intende limitare l’ingresso di chi proviene dagli USA, mentre Microsoft vuole chiudere tutti gli stores in giro per il mondo (la settimana scorsa, ricordiamo, Apple aveva annunciato la chiusura di qualche negozio). Alcuni paesi emergenti (vedi Russia, India e Brasile) non sembrano ancora fuori dalla prima ondata con dati in peggioramento così come, in Europa, la Svezia che non ha mai adottato alcun lockdown e non riesce ad arrivare ad un appiattimento della curva. Altri focolai sembrano, invece, circoscritti e gestibili, per ora, come quello nel mattatoio in Germania.

Per quanto riguarda le tensioni commerciali c’è stata un po’ di confusione sui rapporti tra Cina e Stati Uniti con, prima, Peter Navarro, consigliere di Trump, che ha dichiarato che l’accordo commerciale non esisteva più a causa del coronavirus (ovvero di come la Cina ha gestito la vicenda) e, successivamente, Trump che corregge il tiro affermando che, invece, l’accordo è intatto.

L’amministrazione americana, inoltre, sembra intenzionata (sono state avviate le consultazioni) ad applicare dazi per 3.1 miliardi di dollari su beni prodotti dall’Europa (sia UE che UK). Il motivo è sempre legato ai risarcimenti della questione Boeing-Airbus. L’Europa ha sempre in ballo la digital tax sui colossi tech americani.

A tutto ciò si è poi aggiunto l’IMF (Fondo Monetario Internazionale) che, alla luce dell’evoluzione della pandemia, ha tagliato le stime di crescita globale da -3% (di aprile) a -4.9%: l’Eurozona passa a -10.2% da -7.5% (con l’Italia a -12.8% da -9.1%), US a -8% (da -5.9%) e le economie emergenti a -3% (solo per la Cina è prevista una crescita a +1%). Il problema per l’Italia è che il famoso rapporto debito/pil passerebbe a 166%. Nel 2021 la situazione dovrebbe gradualmente rientrare ma per il recupero occorrerà attendere fino al 2023.

Come le spese per affrontare la crisi stiano risvegliando le agenzie di rating lo ha dimostrato Fitch che, martedì, ha tagliato il rating del Canada da AAA a AA+ con Outlook stabile. Ovvio che non si tratta di un cambio radicale ma segnala che si va in quella direzione.

Il generale basso livello dei tassi di interesse ha fatto tornare l’appetito per i bond matusalemme: questa settimana l’Austria ha emesso un’obbligazione a cento anni (scadenza 2120) con cedola 0.85% e le richieste sono stati consistenti, pari a oltre 17.7 miliardi di euro. Tre anni fa era stato collocato un titolo simile, sempre da parte di Vienna, il cui prezzo è salito di circa l’85%. La ricerca di rendimenti positivi e le aspettative basse di inflazione hanno consentito al governo austriaco di reperire risorse a costi davvero contenuti.

Scandalo in Germania per quella che viene definita la “Parmalat” tedesca. Wirecard, che era addirittura entrata nel Dax al posto di Commerzbank, è una società fintech che si occupa di pagamenti elettronici che è stata accusata di truffa contabile (che coinvolge anche le autorità di controllo e i revisori) in quanto gli 1.9 miliardi di euro mancanti dal bilancio non esistono sui conti delle banche alle quali la società si appoggia. Il CEO Marcus Braun si è dimesso ed è stato arrestato martedì. Le azioni sono crollate di circa l’85% in cinque giorni (attualmente il crollo è del 97%, da 104 euro a 3.10 euro) così come i bond che trattano a livello di default (con Moody’s che ha ritirato il rating). Bank of China sta valutando di chiudere un’importante linea di credito che metterebbe in difficoltà la continuità aziendale. Non essendo in grado di onorare due prestiti in scadenza per 800 milioni (30/6) e 500 milioni (1/7) ha presentato la domanda di apertura della procedura di insolvenza presso il tribunale di Monaco. I debiti totali ammontano a circa 3.5 miliardi di euro e gran parte degli asset sono intangibili in quanto la clientela corporate ne sta uscendo e i depositi, che erano pari a circa 1.7 miliardi lo scorso settembre, sono di conseguenza crollati.

Per quanto riguarda la fusione ISP-UBI, dopo che è stato aumentato il numero delle filiali di UBI che passerebbero a Bper (532), è arrivato il via libera della Consob e così l’OPS dovrebbe partire lunedì 6 luglio per concludersi il 24 luglio o il 31. Questa settimana il CDA di UBI si esprimerà in merito. Tra i grandi soci di UBI ricordiamo che il patto di sindacato (chiamato CAR) si è espresso in modo contrario all’operazione. Attualmente i valori delle azioni delle due banche si sono mossi in conformità al rapporto di concambio fissato il giorno in cui è stata comunicata l’operazione, ovvero 17 azioni di ISP ogni 10 di UBI. Nell’eventualità in cui l’operazione non dovesse andare a buon fine si parla di un interessamento di Banco BPM, che sembra essere in cerca di deal (forse Popolare di Sondrio, interessante anche per BPER, o la privatizzazione di Mps), a dimostrazione che il risiko bancario non è finito.

Sempre in ambito finanziario si parla di un’altra operazione: Generali, con 300 milioni, acquisirà il 25% circa di Cattolica Assicurazioni (la quinta compagnia assicurativa italiana) diventandone socio di riferimento. Con l’acquisizione Cattolica dovrà abbandonare lo status cooperativo (che ha da 124 anni) e trasformarsi in SpA. Ad oggi il principale azionista di Cattolica è Warren Buffet che, attraverso Berkshire Hathaway, detiene il 9% del capitale. Decisamente positiva la reazione del titolo che, sull’annuncio, guadagna il 38%.

QUESTA SETTIMANA

E’ ormai chiaro quali sono i fattori che il mercato guarda con più attenzione in questo periodo.

I dati epidemiologici vengono quotidianamente monitorati al fine di poter fare delle stime sui tempi della ripresa economica e dell’uscita dalla crisi. Fra un paio di settimane inizierà la stagione delle trimestrali, i dati delle aziende relativamente al trimestre che si sta concludendo daranno una prima idea di quale è stata la reazione dell’economia ad un inizio di rimozione del lockdown. Certo poi saranno importanti le guidance che le varie società rilasceranno per il resto del 2020 per capire quale visibilità hanno.

Durante la settimana avremo diverse testimonianze da parte di esponenti delle banche centrali che daranno una ulteriore conferma al supporto che la politica monetaria sta dando e continuerà a dare. Mercoledì verranno pubblicate le minute della Fed dalle quali potrà emergere un eventuale dibattito sul tema del controllo della curva dei rendimenti.

Giovedì, in anticipo di un giorno (venerdì viene festeggiato il giorno dell’indipendenza e la borsa è chiusa), consueto appuntamento con i dati mensili sul mercato del lavoro per il mese di giugno: attesi 3 milioni di nuovi posti di lavoro (da 2.5 precedente) e tasso di disoccupazione in calo al 12.4% (da 13.3%).

Sempre negli Stati Uniti verrà pubblicato i dati di fiducia delle imprese ISM attesi in miglioramento soprattutto nella componente relativa ai nuovi ordini.

In Russia è previsto il voto finale alla modifica della Costituzione che consentirebbe al presidente Putin di rimanere al potere per altri due mandati da sei anni quindi fino al 2036. Se ciò avvenisse Putin diventerebbe il leader rimasto più a lungo alla guida del paese dai tempi di Stalin.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

I mercati sono in una fase altalenante e di consolidamento da un paio di settimane.

Abbiamo già discusso della tipologia di investitori protagonista dell’ultima parte del rally. Questa settimana aggiungiamo un’ulteriore considerazione legata al periodo dell’anno. E’, infatti, opportuno segnalare che siamo vicini alla fine del semestre, ovvero il momento in cui i grossi investitori (tipo fondi pensione o fondi sovrani) ma anche semplicemente i fondi bilanciati, effettuano dei ribilanciamenti nei portafogli con componente azionaria e obbligazionaria, mentre per quelli che devono rendicontare si potrebbe avere il fenomeno del cosiddetto “window dressing”: gli investitori istituzionali, visto il forte recupero dei mercati azionari, potrebbero dover ribilanciare le componenti equity/bond riducendo la prima a favore della seconda mentre il fenomeno del “window dressing”, invece, potrebbe portare i gestori che devono rendicontare ai clienti, a fare vedere che nel portafoglio ci sono i titoli/settori/paesi vincenti. Il primo fattore potrebbe avere un peso maggiore visto il consistente peso della categoria di investitori tuttavia la debolezza che si genererebbe sui listini creerebbe delle opportunità di ingresso agli investitori (non retail) che ancora sono rimasti fuori dal mercato.

Si prospetta quindi un terzo trimestre dell’anno all’insegna della volatilità che continuerà ad essere protagonista soprattutto per il mercato azionario che, a differenza di quello obbligazionario di fatto controllato dalle banche centrali, è lasciato più libero di muoversi.  

Ovviamente rimane sempre valido quanto ripetiamo sempre, ovvero che in un momento in cui si teme un riemergere della pandemia, che metterebbe a rischio i già deboli consumi, diventa di vitale importanza l’intervento monetario e fiscale, in US dove la prima ondata non sembra ancora terminata, ma soprattutto in Europa, dove è necessaria una svolta che potrebbe essere determinante per il re-rating della regione.

La presenza, quindi, di banche centrali accomodanti e governi “attivi” rappresenta sicuramente una sorta di paracadute per il mercato (il cui “downside” dovrebbe essere limitato) ma non tutelerà completamente dalle innumerevoli fonti di disturbo che ci sono. Fra le principali e note citiamo: 1) le politiche protezionistiche che potrebbero essere attuate nell’inevitabile processo di de-globalizzazione che la pandemia ha comportato e ne abbiamo avuto un assaggio con il ritorno di minacce di introduzione di nuovi dazi in parecchi paesi; 2) le elezioni americane, e i relativi sondaggi, con uno scenario di rischio qualora il Senato passasse a democratici, a causa del probabile aumento della tassazione (delle imprese e delle persone fisiche con alto reddito) e del probabile ritorno della regolamentazione (dopo 3 anni di deregolamentazione con Trump).

La volatilità, però, non è di per sé necessariamente negativa ma permettere all’investitore attivo di approfittare dei movimenti di mercato di breve per posizionarsi in modo consono alla propria idea e strategia di più lungo termine.

In calo le performance delle nostre linee obbligazionarie che risentono della fase di risk-off. Positivo il contributo dell’esposizione all’oro.

Analisi dei mercati del 22.06.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La settimana è iniziata positivamente e poi si è gradualmente assestata concludendosi con un rialzo intorno al 2% per l’indice MSCI World. Positivi sia il segmento obbligazionario corporate che i governativi della periferia europea che hanno visto stringere gli spread rispetto al bund. In deciso rialzo del prezzo del petrolio che guadagna circa 3 dollari.

La forza dei mercati, ancora una volta, è stata determinata dalle notizie positive provenienti dagli Stati Uniti sia sul fronte fiscale che su quello monetario e che si confermano essere di forte supporto sia per l’economia che per i mercati:

  • lunedì sera l’amministrazione americana ha annunciato un ingente piano di espansione fiscale, da mille miliardi di dollari, basato su infrastrutture (sia tradizionali che moderne come il 5G ad esempio). Lo stimolo complessivo arriverebbe, considerato tutti i programmi, al 20% del Pil americano. Consideriamo che a fine luglio in US scadono i meccanismi di supporto (tipo i sussidi alla disoccupazione) e non è certo che l’amministrazione americana li riconfermi (attenzione all’impatto sui consumi), il piano infrastrutturale, per quanto non immediato ma con impatto spalmato nel tempo, diventa un importante tassello nella politica fiscale;
  • sempre lunedì la Fed ha annunciato l’ampliamento del programma di acquisto di bond includendo pure quelli delle singole aziende, finora si era limitata agli ETF. Il programma dovrebbe assorbire fino a 250 miliardi di dollari di obbligazioni societarie. Ha inoltre varato le linee guida del programma “Main Street Lending” dando la possibilità alle imprese in difficoltà (ma che erano in buone condizioni finanziarie prima della crisi) di accedere a finanziamenti vantaggiosi: si tratta di prestiti per 600 miliardi ad aziende con un numero di dipendenti fino a 15mila e con cinque miliardi all’anno di entrate.

In una audizione, prima davanti al Senato e poi alla Camera, Jerome Powell ha dichiarato che i rischi e l’incertezza rimangono significativi e che l’economia americana potrebbe trovarsi ad affrontare danni importanti di lungo termine in assenza di risposte adeguate, a causa sia dell’aumento della disoccupazione che degli inevitabili fallimenti delle piccole imprese. Per questo motivo gli interventi dei prossimi anni saranno caratterizzati da uno stimolo eccezionale e la Fed “terrà il piede sull’acceleratore” finché la crisi non sarà passata. Più la crisi si protrae, più sarà grande il potenziale di un impatto di lungo termine derivante da perdite permanenti del posto di lavoro e chiusure di business, in grado di aumentare le diseguaglianze sociali

Le tre banche centrali che si sono riunite in settimana hanno lasciato invariati i tassi ma ampliato il supporto monetario:

  • la BOJ non ha modificato la propria politica monetaria (tassi fermi a -0.10%) ma ha aumentato il valore del pacchetto a favore delle imprese in difficolta da 700 miliardi a mille miliardi di dollari. L’incertezza è considerata da parte dei membri della banca centrale ancora elevata quindi la BOJ è pronto a fornire ulteriori stimoli;
  • la BOE ha mantenuto il tasso di interesse a 0.1%, deludendo chi si aspettava un taglio o addirittura tassi negativi, ma ha incrementato il programma di acquisto di bond a 745 miliardi (+100 miliardi rispetto a prima) riducendone però la frequenza e lasciando intendere che il programma potrebbe esaurirsi per fine anno. Il governatore Bailey considera diminuito “sostanzialmente” lo stress sui mercati ma rimane disponibile ad ulteriori interventi qualora la situazione dovesse peggiorare;
  • anche la Swiss National Bank ha mantenuto i tassi invariati a -0.75%. Il franco svizzero è considerato parecchio forte, soprattutto per un’economia vista in contrazione del 6% questo anno, e quindi la SNB è propensa per intervenire sul mercato FX in modo deciso.

Sostanzialmente in linea con le attese del consigliere esecutivo BCE Isabel Schnabel, il risultato dell’asta TLTRO3 che consente alle banche di ottenere fondi ad un tasso di -1% a tre anni (conveniente anche per la Germania che ha l’intera curva negativa). Le 742 banche, che avevano rimborsato finanziamenti meno convenienti, hanno aderito con una domanda parti a 1.31 trilioni di euro (attesi 1.4). Si stima che l’aumento netto di liquidità sia pari a 548.5 miliardi di euro. Fra le banche italiane segnaliamo ISP che partecipa all’asta con una domanda di 35.8 miliardi che portano il totale a 70.9 miliardi e Unicredit che richiede il quantitativo massimo di 94.3 miliardi.

In settimana sono stati pubblicati dati macro importanti per gli Stati Uniti:

  • le vendite al dettaglio per il mese di maggio sono state molto forti e pari al doppio del consenso: +17% mese/mese (vs attese per +8.4% e un dato precedente rivisto a -14.7%) grazie ad un’impennata nella vendita di auto (che pesano il 41% del dato aggregato), ma anche depurando il dato da questo elemento il rialzo è stato molto forte, segno che anche le altre componenti hanno contribuito notevolmente;
  • un po’ più debole rispetto alle attese, ma comunque nella giusta direzione, la produzione industriale: +1.4% mese/mese rispetto a +3% e dato precedente rivisto a -12.5%).

Rispetto agli stessi dati cinesi, usciti lunedì e commentati la settimana scorsa, è curioso come la ripresa delle due principali economie risulti invertita nelle componenti: più basata su attività industriale in Cina e più su consumi privati negli Stati Uniti. Da questo punto di vista avrebbe senso il programma di Trump sulle infrastrutture per stimolare l’attività industriale. E’ anche vero, però, che per giugno negli Stati Uniti potremmo assistere ad una ripresa più forte della produzione industriale legata, soprattutto, al settore automobilistico.

Per quanto riguarda il Recovery Plan europeo secondo la cancelliera Angela Merkel nel mese di luglio verrà raggiunto un accordo e in autunno ci potrebbe essere l’implementazione. Dalla riunione del Consiglio Europeo non sono giunte grandi notizie se non che i c.d “Frugal Four” potrebbero prendere in considerazione l’ipotesi di sussidi (quindi finanziamenti a fondo perduto) ma solo se finalizzati a delle riforme e non direttamente ai consumi.

La ripresa dei contagi nel mondo rimane uno dei fattori ai quali il mercato presta più attenzione. A tal riguardo segnaliamo che è salito il livello di rischio (allerta II) in Cina dove una ripresa dei contagi ha portato alla chiusura di diversi quartieri di Pechino, alla chiusura delle scuole ed è stato ristabilito il distanziamento sociale. Continua a preoccupare l’aumento dei casi in alcuni stati americani che si associa ad un aumento anche delle ospedalizzazioni: gli stati coinvolti sono principalmente al sud e sono California, Florida, Arizona, Texas e Alabama.

Sebbene ci sia un’evidente e ovvia relazione tra rimozione dei lockdown e ripresa dei contagi, a meno di una situazione che sfugga totalmente dal controllo (speriamo improbabile), un nuovo blocco totale possiamo escluderlo. A supportare la tesi esposta la settimana scorsa, ovvero che comunque le cure contro il virus sono notevolmente migliorate, la notizia che secondo l’Università di Oxford il Desametasone, un antinfiammatorio steroideo, è in grado di ridurre di un terzo la mortalità dei malati che sono sottoposti a ventilazione assistita. Un consorzio pubblico-privato europeo ha giudicato efficace, nei casi di Covid moderati/lievi, il Raloxifene, ovvero un farmaco commercializzato ed utilizzato contro l’osteoporosi.

Per quanto riguarda la Brexit, Johnson sostiene che l’accordo potrebbe essere raggiunto a luglio, anche se la scadenza iniziale era giugno, per un’uscita definitiva a fine anno. E’ attesa un’accelerazione dei negoziati per avvicinare posizioni ancora distanti.

Alle tensioni geopolitiche tra Cina e Stati Uniti si sono aggiunte, in settimana, altre due situazioni critiche che però non sembrano essere degenerate. La prima è fra le due Coree, con Pyongyang che ha distrutto la palazzina delle trattative nella DMZ (zona demilitarilizzata al confine) e ha intenzione di inviare i soldati lungo il confine. La seconda è fra Cina e India, sul cui confine uno scontro fra le truppe ha provocato qualche morto, ma sembra che le parti si siano già accordate per risolvere il prima possibile.

Torna sul tema dei BTP perpetui il presidente della Consob Paolo Savona durante la relazione annuale al mercato: la proposta, per scongiurare una patrimoniale e ridurre la dipendenza dai capitali esteri, riguarda l’emissione di obbligazioni irredimibili, con cedola fissa (massimo 2% come il target di inflazione della BCE) esentasse. Sarebbero tipo i “bot di guerra” utilizzati questa volta per finanziare una ricostruzione non post bellica ma post Covid.

QUESTA SETTIMANA

Non sono previsti particolari eventi questa settimana che possano essere considerati forti market mover. L’elemento che viene costantemente monitorato continua ad essere l’andamento dei contagi considerato che sempre più paesi stanno rimuovendo le limitazioni alle attività e il social distancing: la situazione più preoccupante rimane quella dell’America Latina, di India e Russia. In US da monitorare attentamente l’andamento dei contagi negli stati del sud dove, tra le altre cose, Apple ha chiuso in via preventiva alcuni negozi. In Europa le maggiori difficoltà si riscontrano in Svezia mentre in Germania c’è qualche preoccupazione per un focolaio in un mattatoio. L’Organizzazione mondiale della sanità ha rilasciato le nuove linee guida che prevedono non più un doppio tampone ma solo tre giorni senza sintomi per essere considerati fuori pericolo.

Fra I dati macro-economici più interessanti in uscita in settimana segnaliamo:

  • PMI (fiducia delle imprese) preliminari per giugno in US: atteso forte rimbalzo del comparto manifatturiero (da 39.8 a 50.8) e servizi (da 37.5 a 48); stessi dati in uscita anche per l’Eurozona, dove è atteso un rimbalzo per il comparto manifatturiero da 39.4 a 45 e per i servizi da 30.5 a 41.5, e in Giappone.
  • IFO tedesco (indice di fiducia delle aziende) atteso in rialzo in tutte le componenti: expectations da 80.1 a 87 e current assessment da 78.9 a 84.
  • Personal income e personal spending in US per maggio. Mentre il primo è atteso in ribasso del 6% il secondo dovrebbe rimbalzare da -13.6% a +8.8% (sulla scia anche del dato già pubblicato delle vendite al dettaglio).

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

La settimana scorsa avevamo parlato dell’evidenza circa il fatto che l’ultima parte del rally sia stato trainato dagli investitori retail. A tale proposito un interessante articolo de Il sole 24 ore uscito in settimana sottolinea, come anche noi avevamo fatto, che la tipologia di investitore in oggetto non guarda i bilanci e non segue, quindi, i fondamentali ma acquista soprattutto i titoli più noti sulla base della volatilità e delle opportunità tattiche che questa crea, contribuendo in tal modo al fenomeno dello “scollamento” tra main street e wall street. Consideriamo, infatti, che il Nasdaq ha raggiunto nuovi massimi e superato il livello di 10.000 grazie ai big del tech che rappresentano il 40% dell’indice e che sono stati i titoli preferiti dei retail perché più famosi: curioso come i consistenti acquisti degli ultimi tempi abbiano portato la somma delle capitalizzazioni di Apple, Amazon, Google, Facebook, Microsoft, Netflix e Nvidia a superare i 6 mila miliardi di euro ovvero più del Pil di Germania e Italia assieme. Oltre a questi titoli, a conferma dell’atteggiamento da scommettitore, i retail si sono concentrati anche su titoli di società quasi fallite come, ad esempio, Hertz che dal minimo di 50 centesimi a cui era arrivata dopo avere portato i libri in tribunale, ha toccato anche i 5 dollari. Interessante come a fronte di questo movimento la società ha chiesto e ottenuto dal giudice fallimentare l’autorizzazione per procedere ad un aumento di capitale di un miliardo di dollari (il debito è pari a 17 miliardi).

L’articolo aggiunge, inoltre, che i soldi investiti (per i retail americani) sono probabilmente quelli dell’”helicopter money” che l’amministrazione americana ha distribuito per contrastare gli effetti del corona virus, ovvero i famosi 1200 dollari a testa, e i 600 dollari al mese del sussidio di disoccupazione.

Se ne ricava un’immagine di “scommessa” più che di “investimento” che risulta pericolosa soprattutto a luglio quando, come indicato sopra, scadono parecchi ammortizzatori sociali e inizia la reporting season.

A livello geografico qualche analista fa, correttamente, notare come lo sconto al quale l’Europa ha sempre trattato, rispetto agli Stati Uniti, e legato al cosiddetto ERP (Equity Risk Premium, ovvero la differenza fra l’inverso del Price/Earnings – il rendimento azionario, e il tasso dei titoli di stato a 10 anni), possa essere destinato ad assorbirsi qualora, grazie alla BCE e al Recovery Fund, il rischio di spaccatura dell’Eurozona si azzeri. Attualmente l’ERP europeo è del 9% mentre storicamente si attestava intorno al 5% come per Wall Street. L’eventuale compressione di tale “premio” porterebbe ad un’espansione del multiplo di 15/20% che per l’Europa rappresenta il principale driver di performance del mercato (più della crescita degli utili).

L’importanza del Recovery Plan europeo è enfatizzato anche dal CIO di Blackrock che lo definisce un “game changer” per l’Eurozona, quel cambio di marcia che potrebbe consentire un’inversione della preferenza geografica di consenso (USA>Europa) che porterebbe al re-rating di cui sopra anche alla luce dell’avvicinarsi della scadenza elettorale americana di novembre (con Biden che sta guadagnando consensi).

Buona la performance di tutte le nostre linee di gestione. Ovviamente quelle con maggiore componente azionaria hanno maggiormente beneficiato del buon andamento dei mercati.

Analisi dei mercati del 15.06.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Settimana di correzione per i mercati a partire dal “giovedì nero”. Le motivazioni sembrano risiedere nei timori di una possibile seconda ondata pandemica, dopo un’impennata dei dati sui contagi in alcuni stati americani (Texas, Florida e California) e nelle considerazioni post riunione della Fed di mercoledì.

Per quanto riguarda la riunione della Fed, che ha lasciato i tassi invariati a 0-0.25%, durante la conferenza stampa Powell ha affermato che il mercato del lavoro potrebbe avere toccato i minimi nel mese di maggio e qualche miglioramento economico dopo la fine del lockdown si dovrebbe vedere, tuttavia i rischi rimangono e la Banca centrale rimane molto accomodante e pronta ad intervenire ulteriormente qualora ce ne fosse la necessità. Il FOMC non ha nessuna intenzione di alzare i tassi che rimarranno stabili fino al 2022: guardando alla Dot Plot (ovvero la rappresentazione grafica delle opinioni dei singoli membri della Fed sul livello dei tassi in futuro) emerge unanimità su tassi invariati fino al 2022, solo in quello che viene definito “longer term” sono previsti tassi più alti la cui mediana si posiziona a 2.50%. Il FOMC non solo non sta pensando di alzare i tassi, ma non sta neanche “pensando di pensare” di alzare i tassi, come ha affermato Powell. Per quanto riguarda il QE la Fed proseguirà nel programma di acquisti pari a 80 miliardi al mese di Treasury e 40 miliardi di MBS (mortgage backed securities, ovvero titoli basati su mutui come sottostante) e si sta valutando se inserire anche titoli del settore no-profit. Non si è deciso nulla circa il controllo della curva dei rendimenti, come il mercato ipotizzava, ma se ne è semplicemente parlato e non è escluso che lo si attui in futuro.

Dal punto di vista della decisione, quindi, il giudizio rimane molto positivo. Quello che forse ha spaventato di più i mercati sono state le previsioni di crescita parecchio disperse all’interno del board e soprattutto il fatto che esse siano legate ad una potenziale seconda ondata. Le proiezioni della Fed sono state riviste al ribasso: si parla di un calo del Pil pari al -6.5% nel 2020. Riviste al ribasso anche le stime sul mercato del lavoro con un tasso di disoccupazione previsto a 9.3% a fine anno (ricordiamo che era stabile al minimo degli ultimi 50 anni prima della pandemia ovvero 3.5%).

Le minori aspettative di crescita e una ripresa dei contagi hanno portato i mercati a posizionarsi in modo più conservativo e ritracciare dai livelli elevati raggiunti.

Sempre in tema di crescita economica in settimana è stato pubblicato il dato sul Pil dell’Eurozona per il primo trimestre: -3.6% trimestre/trimestre e -3.1% anno/anno (leggermente meglio delle attese di -3.8% e -3.2% rispettivamente). Buona parte del calo è da imputare ad un collasso dei consumi delle famiglie e degli investimenti.

Molto brutto, invece, il dato sul Pil di aprile del Regno Unito che segna un -20.4% mese/mese (vs attese di -18.7% e dato precedente -5.8%), stesso trend per la produzione industriale che ad aprile è calata di 20.3% mese/mese.

Oltre alle previsioni della Fed in settimana anche la World Bank e l’OCSE hanno pubblicato le proprie stime relative alla crescita mondiale: la prima per il 2020 si attende la recessione più profonda dalla seconda guerra mondiale (-5.2%) dovuta essenzialmente alle economie avanzate (-7%) mentre i paesi emergenti rallenterebbero “solo” del 2.5%, mentre l’OCSE stima una contrazione del Pil mondiale del -6% che potrebbe diventare di -7.6% qualora ci fosse una seconda ondata pandemica.

A fronte di brutti dati macroeconomici abbiamo avuto la conferma di politiche monetarie molto accomodanti. Oltre alla decisione della Fed, già commentata sopra, a inizio settimana Christine Lagarde, davanti al Parlamento Europeo, ha ribadito che la BCE rimarrà aggressiva sui mercati e che le decisioni sono “proporzionate” ai rischi legati alla pandemia. Ha anche aggiunto che l’istituto centrale potrà acquistare i bond emessi dalla Commissione UE nell’ambito del Recovery Fund e ha invitato i vertici ad adottarlo velocemente (a tal proposito non sembra sia emersa una visione comune da parte dei ministri delle finanze europei riunitisi per discutere del Recovery Fund, soprattutto sia sul tema della size sia della quota di sussidi e prestiti). Inoltre, in merito alla questione della Corte tedesca, la BCE fornirà qualsiasi supporto e aiuto affinché la Bundesbank dimostri che il QE del 2015 non è stato sproporzionato.

La BCE confermando la sua proattività per favorire la ripresa, raccomanda all’Italia di sfruttare l’attuale situazione di crisi per trasformare e riformare il paese. Per quanto riguarda gli acquisti di BTP da parte della BCE nell’ambito del programma PEPP, secondo uno studio di Unicredit, questi potrebbero addirittura superare le emissioni nette del Tesoro anche qualora venissero usati i criteri di capital key.

Ancora novità sui BTP da parte del tesoro: si sta pensando ad una nuova tipologia di titoli destinati interamente ai retail e chiamati BTP Futura. Si tratta di titoli i cui proventi serviranno per finanziare la ripresa e sono caratterizzati da rendimenti che crescono nel tempo (meccanismo di step-up, tipo i buoni fruttiferi postali) i cui dettagli verranno comunicati il 3 luglio, e premio fedeltà (per chi detiene il titolo fino a scadenza) legato alla crescita del Pil e che potrà variare dall’1% al 3%. La durata sarà compresa fra gli 8 anni e i 10 anni (decisione il 19 giugno) e le cedole saranno semestrali. Da lunedì 6 luglio la prima emissione. L’appeal dipenderà, ovviamente, dal rendimento che si otterrà raffrontato al BTP di pari scadenza.

L’obiettivo rientra in quello dichiarato qualche tempo fa ovvero aumentare la quota di titoli detenuti dalle famiglie: attualmente i retail hanno meno del 4% del debito pubblico, decisamente poco rispetto ad anni fa (gli anni 90) quando la quota era superiore al 10%. Intanto, le emissioni del tesoro hanno raggiunto quota 280 miliardi da inizio anno (contro i 200 dello stesso periodo dell’anno scorso).

Per quanto riguarda il settore bancario ricordiamo che c’è ancora in ballo la questione relativa alla sospensione dei dividendi fino al primo di ottobre. In settimana l’autorità per i rischi sistemici (Esrb) collegata ma separata dalla BCE, ha suggerito di estendere la sospensione fino a fine anno per l’intero settore finanziario (non solo banche).

Secondo la valutazione preliminare dell’Antitrust non è possibile esprimere un giudizio favorevole alla fusione Intesa-Ubi in quanto “idonea a produrre la costituzione e/o il rafforzamento della posizione dominante” di Intesa che si appella al fatto che l’autorità, nella sua analisi, non considera la cessione di 400-500 sportelli a Bper, ai quali potrebbero esserne aggiunti altri 100. Entro questa settimana le parti dovranno fornire ulteriore documentazione e il 18 giugno è prevista l’audizione finale. Entro 30 giorni poi ci sarà il parere non vincolante dell’Ivass e entro la seconda metà di luglio si dovrebbe arrivare alla conclusione e decisione finale. Il rischio è che l’OPS slitti a settembre.

La settimana si è conclusa, quindi, con mercati azionari in ribasso, complessivamente del 4.5% (MSCI World), indicatori di volatilità in rialzo (Vix e Vstoxx tornati in area 40) e con un “flight to quality” che ha premiato i governativi “core” (Germania e USA) ma non ha particolarmente penalizzato gli altri (rendimenti stabili), considerato anche le emissioni che ci sono state. Correzione per le commodities energetiche (Brent e WTI in calo dell’8%) e flussi verso l’oro.

QUESTA SETTIMANA

Considerata la parziale ripresa dei contagi negli Stati Uniti, che tanto ha traumatizzato i mercati, ci sarà molta attenzione anche ai dati europei man mano che i lockdown vengono rilasciati: ci si auspica che eventuali focolai rimangano circoscritti. Di questa mattina la notizia di un aumento dei contagi (36 nuovi casi) a Pechino dove alcuni quartieri sono stati messi in quarantena.

Oggi in Cina sono stati pubblicati i dati sulla produzione industriale e le vendite al dettaglio per il mese di maggio: la produzione industriale ha mostrato un incremento per il secondo mese consecutivo leggermente inferiore alle aspettative (+4.4% anno/anno vs +5% atteso) mentre le vendite al dettaglio sono calate del 2.8% anno/anno più delle attese ma meno del mese precedente. I dati misti rafforzano le aspettative di nuovi interventi sia di politica monetaria che fiscale. In Cina l’intervento del Governo sì è concentrato soprattutto sugli investimenti e l’incremento di produzione dell’acciaio, dell’energia elettrica e l’attività di raffinazione del petrolio ne sono un segnale evidente.

Dopo la pubblicazione dei buoni dati sul mercato del lavoro in US sarà importante monitorare segnali di ripresa anche nei dati sulle vendite al dettaglio (attese a +7.4% mese/mese dopo il -16.4% di aprile) e la produzione industriale (attesa a +3% mese/mese dopo -11.2% di aprile) relativi al mese di maggio, in uscita martedì 16: ci si attende un rimbalzo che confermerebbe la fase di ripresa.

Giovedì 18 e venerdì 19 il Consiglio Europeo si dovrebbe riunire per discutere il pacchetto di stimoli (750 miliardi) proposto dalla Commissione Europea. Abbiamo detto più volte che la politica fiscale è essenziale in questa fase e che la proposta della Commissione Europea era molto valida e aggressiva. Speriamo non venga ridimensionata.

Fra le riunioni delle banche centrali segnaliamo:

  • Martedì 16 comunicazione delle decisioni della Bank of Japan: attesi tassi invariati a -0.1% e conferma del target di rendimento sul JGB (titolo di stato giapponese) a 10 anni pari a zero (la c.d. “yield curve control”);
  • Giovedì 18 si riunirà la Bank of England: il governatore Bailey deve fronteggiare la crisi legata alla pandemia e un possibile non accordo con la UE in merito alla Brexit. Attesa un’espansione del programma di acquisti di bond (da 645 miliardi a 745 miliardi). Possibile discussione su tassi negativi;
  • Sempre giovedì 18 riunione della Swiss National Bank: attesi tassi invariati negativi e tentativo di controllare il franco.

In settimana è in programma un’asta TLTRO3 alla quale ci si attende una buona partecipazione da parte del sistema bancario, si parla potenzialmente di 1.400 miliardi di euro.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

La convinzione dei mercati sul fatto che la recessione iniziata a marzo potesse essere sì la più profonda dalla crisi del 1929 ma anche la più breve sì è indebolita a fronte dell’atteggiamento particolarmente cauto della Fed e del timore che una nuova ondata pandemica possa tornare negli Stati Uniti e nel resto del mondo.

Se è vero che una seconda ondata è possibile, anche se nessuno la può prevedere, possiamo affermare che, a differenza della prima, ora sappiamo che, da un punto di vista monetario e soprattutto fiscale, le autorità sono pronte ad intervenire. Questo fa decisamente la differenza: prima i timori erano di un esaurimento del potenziale monetario e di un’inerzia di quello fiscale, adesso sappiamo che ci sono ancora strumenti a disposizione e che l’aspetto fiscale si è decisamente sbloccato. Inoltre, il sistema sanitario non si troverebbe così impreparato come la prima volta sia perché la medicina, pur non arrivando ancora alla formulazione di un vaccino, ha fatto notevoli passi in avanti nella cura, sia perché i sistemi di contenimento e di tracciamento adesso esistono. Potrebbe essere quindi evitato un altro stop all’economia: lo stesso Segretario di Stato americano ha affermato che anche in caso di ripresa della pandemia non sono previsti lockdown.

Per quanto riguarda la reazione dei mercati che, come ci eravamo detti, erano saliti oltre quanto i fondamentali macroeconomici potessero giustificare (anche Powell ha parlato di possibile bolla finanziaria), ci sta che ogni tanto possano ritracciare e questo di norma avviene quando qualche evento mette davanti agli occhi la realtà (ad es. una Fed più cauta del previsto) o qualche rischio che ancora sussiste (es. la ripresa dei contagi), oppure al verificarsi di qualche tecnicalità, tipo aumento della volatilità o vendite forzate.

A tale proposito è interessante un’analisi di Borsa Italiana dalla quale emerge che, nel mese di maggio, gli scambi sono saliti del 10% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso: sono state rilevate più transazioni ma di importo minore, che può essere giustificato da maggiore presenza di investitori retail rispetto a quelli istituzionali. Alla stessa conclusione si arriva analizzando la piattaforma di Fineco che ha attratto molti nuovi clienti (maggiore trading on-line?) e quella di IWBank che ha visto aumentare il trading retail dell’80% nei mesi di febbraio e marzo. Una motivazione di questa esplosione di attività (che si registra anche in altri paesi, Stati Uniti compresi dove parecchi broker hanno azzerato le commissioni e l’attività di trading dei privati è esplosa) può essere legata alla forzata inattività per il lockdown. Questa massiccia entrata di nuovi investitori sembra essere alla base dell’ultima gamba di rialzo vista sui mercati mentre gli investitori istituzionali restano più cauti.

Come leggere questo fattore? Se vogliamo vederla positivamente la considerazione da fare è legata all’altra tipologia di investitori: gli istituzionali, che sono stati molto più cauti (perché più pessimisti sulla ripresa) e hanno mantenuto alti livelli di cash senza quindi partecipare completamente al rally, a fronte di una ripresa dei mercati così forte (guidata dai retail) possono considerare troppo il “pain trade” ed essere portati ad approfittare delle correzioni per rientrare su mercati che, se non guidati dai fondamentali, sono sicuramente supportati dalle politiche in atto. Se invece vogliamo leggerla negativamente dobbiamo considerare che l’investitore retail è generalmente più inesperto e meno basato su fondamentali, le motivazioni degli acquisti possono essere poco solide e se i mercati non si muovono nella direzione auspicata, soprattutto se gli acquisti sono fatti a leva, le piattaforme di trading prevedono i cosiddetti “margin call” che portano a vendite forzate con reazioni più o meno violente.

Una dicotomia fra Wall Street e Main Street, ovvero fra mercati finanziari e situazione macro, ha senso in questa fase ed è legata, come sempre ripetiamo, alla tendenza delle borse ad anticipare eventi futuri ma anche all’enorme liquidità presente nel sistema che tende a reflazionare gli asset finanziari. Ovvio che anticipare eventi futuri significa fare delle stime e ogni qual volta si verifica qualcosa che modifica queste previsioni i mercati sono pronti a riprezzare il nuovo scenario talvolta in modo un po’ violento.

In calo le performance delle nostre linee di gestione che subiscono, in parte, il calo dei mercati, soprattutto quelle con maggiore componente azionaria. La diversificazione valutaria ha contribuito a contenere le perdite così come l’esposizione all’oro.

Analisi dei mercati del 08.06.2020 – 2 settimane

INDIZI DI MERCATO

COMMENTO delle ULTIME DUE SETTIMANE (25/5 – 7/6)

Mercati particolarmente euforici nelle ultime due settimane. Gli interventi a supporto da parte dei governi sono ormai consistenti, le banche centrali garantiscono massimo impegno in caso di necessita, la diffusione della pandemia sembra sotto controllo, nonostante il graduale rilascio dei vari lockdown, e gli indicatori macro vanno nella giusta direzione. Tutto ciò avvantaggia gli asset rischiosi e porta ad un ri-tracciamento dei c.d. “safe heaven assets” quali lo Yen Giapponese, il Franco Svizzero, l’oro e i governativi ritenuti più sicuri, ovvero il Bund tedesco e il Treasury americano, e si riflette anche sugli indicatori di volatilità (Vix e Vstoxx) che tornano verso livelli più “normali”. In indebolimento anche il Dollaro US che si avvicina al livello di 1.13 vs euro. Nell’azionario è interessante la sovraperformance dei listini e settori “value” che erano rimasti più indietro: l’Europa e, in particolare, il settore bancario. Rallentano la loro corsa, invece, i settori e paesi che meglio avevano performato: l’S&P500 è salito dell’8% circa nelle ultime due settimane e considerato che il Nasdaq guadagna “solo” il 4% si deduce che altri settori hanno contribuito in maniera più consistente (soprattutto finanziari e industriali), evidenziando una forte rotazione settoriale.

Analizziamo ora i principali eventi che hanno caratterizzato le ultime due settimane e dato un forte impulso ai mercati.

Fra i vari interventi in tema di politica fiscale segnaliamo quello da parte dell’Europa: la formulazione della proposta da parte della Commissione Europea per supportare la ripresa economica si è tradotta in un piano, chiamato “Next Generation EU”, che vale 750 miliardi di euro (500 miliardi a fondo perduto + 250 miliardi di prestiti) ed è finanziato sia da un’emissione congiunta di debito (rimborsabile in trenta anni a partire dal 2028) sia attraverso misure quali la Carbon Tax e la Digital Tax; comprende, come strumento principale, il “Recovery and Resilience Facility” (il vero e proprio “Recovery fund”) dotato di 560 miliardi di Euro di cui 310 a fondo perduto e 250 in forma di prestiti a lungo termine e a tassi agevolati. All’Italia andrebbe la quota più alta ovvero 172 miliardi di cui 82 a fondo perduto. I fondi dovranno avere determinati utilizzi che saranno essenzialmente legati alla realizzazione di riforme e investimenti in linea con le raccomandazioni della UE (tema green, digitalizzazione, sostenibilità e inclusione sociale), al raggiungimento dei target di riforma si “sbloccheranno” le varie tranche.

Nello scorso commento avevamo parlato di “asimmetria”, fra i diversi paesi, nell’impatto della crisi sanitaria e della conseguente necessità di un intervento atto a livellare gli squilibri. Il Recovery Fund va esattamente in quella direzione dato che Italia e Spagna, i paesi più impattati da Covid19, otterranno il contributo maggiore. La Von der Leyen ha ribadito che un’economia in difficoltà ne indebolisce una forte e quindi è necessario agire in modo unitario con proposte coraggiose. La proposta del recovery fund da 750 miliardi si aggiungerà ai 1.100 miliardi di rafforzamento del bilancio pluriennale UE, ai 540 miliardi di misure già approvate (Mes light, senza condizionalità, Sure per la disoccupazione – all’Italia si stima arriveranno circa 20 miliardi – e fondi Bei). Il fondo dovrebbe essere operativo dal prossimo primo gennaio.

Ovviamente il provvedimento deve essere ratificato dai 27 stati membri e le trattative non saranno semplici ma almeno il punto di partenza non è male. Il consiglio Europeo si riunirà il 18 giugno per l’approvazione previa analisi preliminare dell’Eurogruppo questa settimana.

Ogni paese contribuisce al bilancio della UE e, se consideriamo che il contributo dell’Italia sulla base della crescita degli ultimi dieci anni dovrebbe essere di circa 56 miliardi, il trasferimento netto diventa di 26 miliardi, circa l’1.5% del Pil.

Oltre a questa azione congiunta anche i diversi paesi si sono dimostrati parecchio attivi: la Germania, ad esempio, annuncia uno stimolo fiscale pari a 130 miliardi di euro (circa il 4% del Pil), per la seconda parte dell’anno, che prevede, fra le altre cose, un taglio dell’IVA di tre punti per sei mesi con l’obiettivo di incentivare i consumi. In Cina si parla di “helicopter money” per la proposta di offrire buoni spesa ai cittadini per 1.7 miliardi di dollari sempre in ottica di stimolare i consumi.

Il governo tedesco, inoltre, ha stanziato nove miliardi per il salvataggio (bail-out) di Lufthansa. Mentre la Francia ha deciso di sostenere il settore automobilistico con aiuti pari a 8 miliardi (dei quali ben 5 a Renault) al fine di rendere il comparto all’avanguardia nella produzione di veicoli elettrici.

Ad aiutare il sentiment di mercato è intervenuta anche la BCE, prima con le parole del governatore francese Villeroy, che ha affermato che la Capital Key (regola che costringe la BCE ad acquistare titoli di stato dei vari paesi in funzione delle dimensioni economiche) è un vincolo non richiesto nel programma PEPP motivo per cui si sta pensando di rafforzare il PEPP switchando dal PSPP (soggetto alla capital key), poi con la conferenza stampa della BCE.

La Lagarde ha dimostrato una discreta fermezza annunciando un incremento del programma PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program) di 600 miliardi di euro (che arriva così a 1350 miliardi in totale, ricordiamo che era partito con una size di 120 miliardi) superiore alle aspettative degli analisti (500 miliardi). Inoltre, la durata è stata estesa almeno fino a giugno 2021 ed è stato introdotto il reinvestimento dei proventi e dei titoli scaduti fino a dicembre 2022 (novità più dirompente).

La deviazione dai principi del capital key porta beneficio soprattutto ai BTP. Dalla pubblicazione del bilancio dei primi due mesi di programma emerge che gli acquisti PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programm) hanno raggiunto i 37.4 miliardi di euro di BTP pari al 21.6% del totale (5% oltre il coefficiente di capital key) ai quali si aggiungono i 2.85 miliardi di acquisti del normale programma QE. Con una dotazione di 750 miliardi il PEPP ha già acquistato titoli in Eurozona per 234 miliardi.

Il programma PEPP sta acquisendo una potenza di fuoco: non è semplicemente uno strumento per combattere la frammentazione del mercato e la volatilità, potendo intervenire con flessibilità su diverse asset class, ma è direttamente legato all’obiettivo di price stability nel mandato della BCE, quindi diventa a tutti gli effetti un’arma del suo arsenale, un bazooka che, a differenza dell’OMT, non ha condizionalità. Il Governing Council della ECB ha intenzione di proseguire negli acquisti finché la crisi legata al corona virus non sarà superata.

La BCE ha ribadito che i tassi rimarranno bassi (“at their present or lower levels”) finché l’inflazione non sarà vicina al 2%. Il programma normale di QE rimarrà in piedi al ritmo di 20 miliardi al mese ai quali si aggiungono i 120 miliardi annunciati a marzo e che verranno impiegati fino a fine anno.

Oltre alla sorpresa positiva in termine di misure intraprese il mercato ha decisamente apprezzato la determinazione a proseguire nell’utilizzo dell’arsenale della BCE, se necessario. Non si è discusso di un eventuale inclusione dei “fallen angels” nel programma PEPP ma non è neanche escluso che lo si prenderà in considerazione nella prossima riunione.

Quindi, sia la proposta della Commissione Europea che l’azione della BCE hanno agevolato il rally dei BTP e il Tesoro italiano ne ha approfittato per collocare un nuovo BTP decennale con scadenza 1/12/30 di ammontare pari a 14 miliardi di euro e una domanda da parte degli investitori superiore a 108 miliardi (record per una singola emissione a livello europeo). Il titolo è stato collocato a 99.52 di prezzo con un rendimento lordo annuo all’emissione pari a 1.707% (cedola 1.65%) e attualmente tratta sopra 101. Il “paracadute” offerto dalla BCE ha fatto tornare l’appetito per i BTP che continuano ad offrire rendimenti superiori a quelli degli altri paesi europei. L’80% della richiesta è arrivata da investitori non domestici. Con questa operazione il Tesoro è arrivato a coprire circa il 58% del fabbisogno annuale. 

Dal punto di vista macro le stime della BCE sono per una recessione tale da portare ad una discesa del Pil per l’Eurozona pari a -8.7% nel 2020 nello scenario base. L’output perso durante la pandemia verrà recuperato in circa tre anni e i rischi sono mantenuti al ribasso. Nel 2021 il recupero atteso è del 5.2% e del 3.3% nel 2022.

I dati macroeconomici, pur segnalando ancora una situazione di notevole stress, stanno evolvendo verso un graduale miglioramento: i vari dati di fiducia delle imprese usciti in diversi paesi, rimangono sotto il livello di 50 (che delimita la contrazione dell’espansione) ma recuperano rispetto al mese precedente. In Cina, invece, i PMI  di maggio sono tornati in area di espansione: la componente servizi è salita a 55 (da 44), livello più alto dal 2010, il composite è passato da 47.6 a 54.5. Anche l’IFO tedesco, nella componente “expectations” porta a segno un notevole recupero passando da 69.4 a 80.1.

Venerdì il mercato ha ricevuto un’ulteriore spinta dalla pubblicazione dei dati sul mercato del lavoro americano: i nuovi occupati salgono di 2.5 milioni (le attese erano per una perdita di posti di lavoro pari a 7.5 milioni) e il tasso di disoccupazione scende a 13.3% (verso stime che lo davano in aumento a 19.1%) con salari orari in calo dell’1% rispetto al mese precedente. Il Presidente Trump ha inoltre dichiarato che il mercato del lavoro migliorerà ulteriormente e ha intenzione di aggiungere nuovi stimoli quali, ad esempio, il taglio delle tasse e incentivi per il settore dei ristoranti e dell’entertainment.

Sul fronte geo-politico si mantiene alta la tensione fra Stati Uniti e Cina (con varie misure e conseguenti rappresaglie) mentre proseguono le proteste a Hong Kong in seguito all’approvazione, da parte del Parlamento, della legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong. Tale legge è vista come minaccia allo stato di “un paese solo, due sistemi” che ha sempre caratterizzato lo status dell’ex colonia britannica. Ricordiamo che, per gli Stati Uniti, Hong Kong beneficia di un regime commerciale speciale che la esclude dai dazi imposti alla Cina. Qualora dovesse perdere la propria autonomia Washington è pronta a revocare lo status speciale e il segretario di stato Pompeo è già pronto. Il Reminbi, valuta cinese, di solito riflette le tensioni geopolitiche: attualmente, dopo uno spike a 7.16 vs USD si è riportato al livello degli ultimi mesi segnalando, comunque, che la situazione sembra essere sotto controllo.

Qualche difficoltà in UK per l’accordo post-Brexit: il 30 giugno ci sarà la deadline per chiedere un’estensione del periodo di transizione ma Boris Johnson dichiara che non chiederà nessun rinvio e si teme, quindi, un no-deal.

Il CdA di Intesa Sanpaolo ha dato il via libera al finanziamento di 6.5 miliardi per FCA Italy (la controllata italiana). Ora occorre ottenere la garanzia pubblica da SACE (pari all’80%) e il decreto del Tesoro previa approvazione della Corte dei conti. Il finanziamento ha come obiettivo supportare il settore automobilistico e la relativa filiera (comparto che, servizi compresi, impiega circa un milione di persone e genera un fatturato pari al 19% del Pil generando un gettito fiscale pari al 16% delle entrate tributarie) aiutando il pagamento dei dipendenti, dei fornitori e realizzare investimenti attraverso il meccanismo innovativo di C/C dedicati. Il programma di aiuti è stato così esteso anche alle aziende che hanno distribuito dividendi o fatto buyback nel corso del 2020 ma alla condizione che non vengano riproposti nei successivi 12 mesi. Il prestito dovrà essere restituito nel giro di tre anni a tassi agevolati ovviamente.

Per quanto riguarda l’ipotetica fusione fra Ubi e Intesa Sanpaolo sembra che la prima si stia appellando al fatto che ISP non ha comunicato in tempo la rinuncia alla clausola Mac (Material adverse change), ovvero alle condizioni sospensive che possono scattare per eventi eccezionali come le pandemie. La cosiddetta “passivity rule”, impedendo agli amministratori della società target di attuare strategie difensive, sta di fatto paralizzando l’attività di Ubi Banca che non può cedere asset o fare emissioni obbligazionarie e la banca vorrebbe liberarsene. Nel fine settimana ISP ha chiarito che non includerà la pandemia e i suoi effetti fra le condizioni di efficacia dell’OPS, in questo modo vorrebbe fare decadere le contestazioni di UBI che si è rivolta al Tribunale di Milano. Intanto la BCE ha dato il via libera all’acquisizione e ora manca il verdetto dell’Antitrust attesa per metà luglio. Poi è richiesta l’approvazione del prospetto da parte di Consob e il nulla osta dell’IVASS.

QUESTA SETTIMANA

La videoconferenza tra paesi OPEC e OPEC+, inizialmente prevista per martedì 9 giugno, si è tenuta nel fine settimana. I paesi produttori di petrolio, guidati da Arabia Saudita e Russia, hanno deciso di mantenere fino a luglio i tagli alla produzione del greggio che attualmente rappresentano circa l’11% dell’offerta.  

Occhi sempre puntati sul controllo della diffusione su Covid19 man mano che tutte le economie stanno gradualmente tornando verso la normalità.

Attenzione anche a quanto succede ad Hong Kong, importante che la situazione non degeneri ulteriormente e che non vengano compromessi i progressi nei negoziati fra Cina e Stati Uniti.

Martedì 9 giugno avremo la pubblicazione del dato definitivo sul Pil relativo al primo trimestre per l’Eurozona. Le attese sono una conferma di -3.2% anno/anno e -3.8% trimestre/trimestre.

Mercoledì 10 giugno la FED comunicherà le proprie decisioni in tema di politica monetaria. Non sono attese modifiche (tassi stabili nel range 0%-0.25%) ma un maggiore focus sullo scenario futuro e sulle aspettative da gestire. La ripresa dovrebbe essere graduale ma con parecchia incertezza. I tassi dovrebbero rimanere stabili ma la Fed potrebbe decidere di rafforzare la forward guidance continuando a dare la disponibilità ad ulteriori interventi, se necessario, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. Si discuterà probabilmente di “yield curve control” ovvero dell’idea di fissare rendimenti target su certe scadenze della curva dei Treasuries.

Giovedì 11 i ministri delle finanze dei paesi dell’Eurozona discuteranno il pacchetto di aiuti proposto dalla commissione Europea.

In settimana l’OECD pubblicherà l’economic outlook, l’analisi pubblicata due volte l’anno sullo stato delle varie economie, sulle prospettive e gli sviluppi internazionali.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

I mercati stanno vivendo una fase decisamente positiva favorita da una ripresa dell’attività, che non sembra fortunatamente accompagnata da una ripresa dei contagi, e da autorità monetarie e governative che finalmente sono tutte allineate nel garantire pieno supporto.

Se a inizio anno tanti investitori ritenevano che il mercato fosse caro (e post Covid19 si vantavano di avere scaricato le posizioni, come se sapessero dell’arrivo del virus…) adesso che il mercato in aggregato si sta avvicinando ai livelli pre-crisi, considerato che la crescita economica e gli utili non torneranno a quei livelli così velocemente il mercato dovrebbe essere considerato ancora più caro.

Perché il mercato, allora, si sta riportando verso i livelli precedenti?

Gli investitori devono cercare impieghi per l’enorme quantità di liquidità che le banche centrali stanno riversando nell’economia e intravedere, comunque, un principio di ripresa dell’attività normale porta ad effettuare acquisti verso i settori, più ciclici, rimasti indietro (perché colpiti più duramente dalla crisi). Questo giustifica l’euforia dei mercati che continuano a salire trainati da settori diversi.

E’ vero che l’azione delle banche centrali è sicuramente determinante nel portare gli asset allocator verso l’investimento azionario ma consideriamo che, anche prima della crisi, soprattutto dopo il 2018, avevamo capito che le banche centrali sarebbero state accomodanti ancora a lungo e sicuramente oltre l’inizio di ripresa dell’inflazione.

Cos’è allora l’elemento che si è rivelato più determinante e che rappresenta la maggiore differenza rispetto alla situazione precedente?

E’ rappresentato dallo sblocco, finalmente, dello stimolo fiscale. In uno dei commenti scritti all’inizio della pandemia avevamo citato come possibile effetto positivo esattamente questo, ovvero che la crisi avrebbe potuto forzare qualcosa che, altrimenti, sarebbe rimasto fermo e cioè l’espansione fiscale. Sebbene lo stimolo fiscale sia avvenuto non come strumento propulsivo ma come strumento di contenimento dei danni è pur vero che, grazie ad esso, si è potuto azionare un nuovo volano della crescita.

Gli stimoli sono di tutto rispetto: in Giappone siamo al 40% del Pil, negli Stati Uniti più del 20% del Pil. Il Recovery Fund europeo rappresenta il 3.6% del Pil Eurozona e porta il totale degli aiuti al 15% del Pil e pure la Germania con il suo deficit previsto pari al 10% del Pil ha decisamente dato una svolta alla propria politica fiscale.

Grazie a questo nonostante le stime di crescita del Pil mondiale siano brutte (di recente Fitch le ha abbassate per il 2020 da -3.9% a -4.6% a causa soprattutto dell’Europa) e anche la BCE, nel Financial Stability Review, ha evidenziato i rischi tuttora presenti nel sistema (elevati debiti, banche poco profittevoli, alta probabilità di default aziendali) che minano un immediato ritorno alla normalità, i mercati vedono il 2020 come un “vuoto d’aria” e si focalizzano sul dopo.

Certo un giorno si dovranno fare dei conti: il primo è quello che abbiamo sempre citato, ovvero il saldo fra danni subiti e interventi di supporto, il secondo è la quantificazione dell’enorme ammontare di debito in più che si è creato e che avrà un costo; si stimano incrementi del rapporto debito/Pil nell’ordine del 30% almeno. Sono considerazioni, però, che si faranno più in là nel tempo e che adesso risultano premature.

Nel mentre, il mercato ondeggia fra un minimo di raziocinio e un’euforia che porta gli indici ad un livello superiore a quello suggerito dai fondamentali ma che, tuttavia, può essere coerente nell’attuale contesto di stimoli.

LINEE SCM