INDICI DI MERCATO
Settimana un po’ “agitata”, quella che si è appena conclusa, sui mercati finanziari essenzialmente per tre motivi: incertezza sulla rimozione del lockdown, tensioni commerciali fra Cina e USA e dichiarazioni delle banche centrali:
- negli Stati Uniti le opinioni circa la riapertura dell’economia sono divise (Trump favorevole e Fauci cauto) e richiamano un po’ le considerazioni fatte la settimana scorsa, ovvero il trade-off tra il rischio di una ripresa dei contagi, per un’apertura prematura, e il rischio di un peggioramento della recessione in atto, per un’apertura tardiva. Fauci accettando che una ripresa provocherà un aumento dei casi ritiene che questo non debba sfuggire di mano e quindi occorre essere sicuri che si è pronti da un punto di vista medico. Per contro, Bullard, membro della Fed, dichiara che un proseguimento del lockdown provocherebbe una recessione peggiore di quella della Grande Depressione del 1929. Intanto, il governatore di New York Cuomo prolunga il lockdown al 13 giugno;
- nell’ambito dei negoziati fra Cina e Stati Uniti se, da un lato, le dichiarazioni di Trump non sono particolarmente felici (non intende rivedere l’accordo relativo alla fase 1 e accusa la Cina di non importare quanto stabilito), dall’altro, la Cina mostra, per ora, un atteggiamento più distensivo e decide di sospendere i dazi su 79 prodotti importati dagli Stati Uniti fino a maggio 2021 (oltre alle misure di sospensione già decise a febbraio relative alla sospensione delle tariffe su 696 prodotti americani).
Venerdì le headlines uscite riguardo alla disputa con Huawei hanno creato un po’ di tensione sui mercati: l’amministrazione Trump intende bloccare le forniture di semiconduttori dei global chipmakers a Huawei. Si riapre lo spettro della guerra commerciale. - Infine, per quanto riguarda le banche centrali, segnaliamo due eventi:
a. in Europa ha parlato il capo economista della BCE Lane secondo il quale occorre muoversi rapidamente per affrontare la crisi e quindi l’istituto centrale è pronto a modificare la sua politica se necessario ma aggiunge anche, riferendosi a Germania e Olanda, che è molto importante il potere che avrebbe un’azione congiunta a livello europeo di innalzamento del debito facendo evidentemente riferimento ai Corona bond. Vediamo se qualcuno coglierà il messaggio;
b. più determinanti per i mercati le parole del presidente della Fed Jerome Powell che, ribadendo che la Fed avrebbe fatto quanto in suo potere per contrastare la debolezza economica che gli Stati Uniti stanno attraversando, ha anche escluso in modo diretto il ricorso a tassi negativi per sostenere la liquidità, come invece hanno fatto altri istituti e come stanno in parte scommettendo i mercati guardando ai futures sui Fed Fund nel 2021. La situazione economica è seria e potrebbe portare ad una recessione della durata di qualche anno, soprattutto a causa dell’alto livello di disoccupazione destinato a rimanere tale per parecchio tempo, pertanto è necessario un ulteriore supporto fiscale (giudicando insufficienti i 3mila miliardi messi in campo finora dall’amministrazione Trump). Powell ritiene che non si potrà parlare di vera ripresa fino alla scoperta di un vaccino. Ritiene sia altrettanto importante evitare che vada fuori controllo la situazione sanitaria e su questo aspetto si allinea a Fauci. Abbiamo quindi da un lato Fauci cauto sulla riapertura, Trump aggressivo e possibilista e Powell che bilancia i due aspetti e garantisce pieno supporto della politica monetaria e incentiva un utilizzo massiccio di quella fiscale.
In indebolimento la sterlina inglese a causa sia delle dichiarazioni del Governo che, oltre a non avere intenzione di estendere il periodo di transizione oltre dicembre, non intende neanche scendere a compromessi nelle negoziazioni commerciali con la UE, sia per le diverse posizioni all’interno del comitato della BOE: da un lato il governatore Bailey ritiene non contemplata l’ipotesi di tassi negativi, dall’altra il capo economista Andy Haldane sostiene si stiano esaminando misure non convenzionali di politica monetaria, inclusi i tassi negativi. Il mercato, però, incorpora già aspettative di tassi negativi: il rendimento del Gilt (titolo di stato inglese) a due anni, infatti, è sceso per la prima volta in territorio negativo. L’economia britannica sta evidentemente affrontando un periodo difficile che porta il Governo ad intraprendere consistenti piani di stimoli i cui finanziamenti sono più semplici con tassi bassi.
Per quanto riguarda i dati macro per il mese di aprile segnaliamo, in Cina, i buoni numeri sulla produzione industriale (+3.9% anno/anno, in crescita e superiore alle aspettative) e quelli deludenti sulle vendite al dettaglio (-7.5% anno/anno). Il messaggio è che la graduale ripresa sta dando i primi risultati ma i consumatori sono ancora cauti. Il rischio è un accumulo di scorte se la domanda non riesce a stare al passo con l’offerta.
Anche negli Stati Uniti sono stati pubblicati i dati su vendite al dettaglio e produzione industriale: i primi sono stati parecchio deludenti (-16.4% anno/anno). Si tratta di un numero particolarmente brutto ma che potrebbe rappresentare un floor dato che, comunque, un minimo di riapertura sta avvenendo (in 42 stati) e nei prossimi mesi è atteso un rimbalzo. Il dato sulla produzione industriale, invece, è uscito in linea con le aspettative a -11.2% anno/anno, evidente l’impatto della chiusura delle fabbriche.
L’azione delle banche centrali continua ad essere imponente e senza precedenti: la Fed ha acquistato per la prima volta ETF obbligazionari (HYG – iShares iBoxx High Yield Corporate Bond e LQD – iShares iBoxx $ Investment Grade Corporate Bond) per un ammontare di 305 milioni di dollari in due giorni. Anche la ECB è intervenuta sul mondo corporate bond con acquisti pari a 2.575 miliardi di euro nella settimana dell’8 maggio. Oltre l’80% delle banche centrali già a febbraio era in fase accomodante tagliando i tassi. Citigroup calcola che entro fine anno le banche centrali compreranno titoli per 5 mila miliardi di dollari riversando, quindi, un’enorme quantità di liquidità sul mercato.
La differenza di performance fra listini americani e listini europei (evidente anche questa settimana) ha diverse giustificazioni:
- la diversa composizione settoriale avvantaggia più gli Stati Uniti: sull’S&P500 oltre il 40% della market cap appartiene ai settori Tech e Pharma, mentre sull’Eurostoxx600 pesano di più i finanziari e settori ciclici quali gli industriali e i consumer discretionary. Tale differenza si riflette anche sui dati della reporting season che sta volgendo al termine: la discesa degli utili per l’S&P500 è pari a circa -7% mentre per l’Eurostoxx600 è pari a -23%. Oltre alla composizione settoriale, in questo caso, ha avuto una notevole influenza anche lo sfasamento temporale nell’implementazione del lockdown;
- l’azione più incisiva delle autorità americane sia a livello di politica monetaria che fiscale. La maggiore potenza e determinazione nell’agire, oltre ad avere una maggiore possibilità di controbilanciare gli effetti economici negativi della pandemia, rende più ottimisti gli investitori.
Martedì è in scadenza il contratto di giugno del future su WTI. Qualche movimento è possibile anche se, viste le misure intraprese dai vari ETF che hanno scalettato le posizioni su più scadenze, non ci si aspetta di vedere quanto accaduto il mese scorso con i prezzi del petrolio in negativo. Inoltre, il regolatore americano CFTC (Commodity Futures Trading Commission) ha lanciato un avvertimento, rivolto soprattutto al CME (che gestisce il Nymex), al fine di prevenire e gestire il ripetersi di situazioni analoghe. Di questa mattina la notizia che la domanda di petrolio da parte della Cina è tornata ai livelli pre-crisi.
Curioso quanto successo all’oro: al contrario di quanto avvenuto sul petrolio il prezzo spot del metallo giallo è andato ad un livello superiore a quello dei contratti futures con scadenza ravvicinata portando la curva in “backwordation”. Il fenomeno si è verificato in quanto il lockdown ha comportato la chiusura delle attività di estrazione e quindi una temporanea limitazione dell’offerta. Ultimamente l’oro risulta parecchio richiesto da coloro che lo utilizzano come copertura e quindi gli acquisti sono prevalentemente da parte di ETC. Bisognerà vedere come sarà l’impatto su domanda e offerta della ripresa dell’attività economica.
Lunedì 18 si aprono le sottoscrizioni per la nuova emissione del BTP Italia. Il tasso minimo garantito è stato fissato a 1.4% (potrà essere rivisto solo al rialzo il 21 maggio prima dell’apertura delle sottoscrizioni degli istituzionali). La durata sarà di cinque anni e la cedola, semestrale, potrà godere di un aumento legato all’eventuale inflazione del semestre. Per coloro che manterranno il titolo fino alla scadenza è previsto un “premio fedeltà” di 0.8% (doppio rispetto allo 0.4% delle altre edizioni). I retail possono sottoscrivere l’emissione fino a mercoledì 20 senza il rischio di una chiusura anticipata in quanto verranno accolte tutte le richieste, eventualmente si ridurrà la parte destinata agli investitori istituzionali. La sedicesima edizione del BTP Italia servirà per coprire gli 80 miliardi dello scostamento di bilancio relativi ai decreti Cura Italia e Rilancio. Il Tesoro punta a raddoppiare, in qualche anno, la quota di governativi in mano ai privati per costituire un “argine” domestico contro le possibili fibrillazioni dei BTP sui mercati internazionali. Si parla di emissioni per il 2020 intorno ai 500 miliardi di euro.
QUESTA SETTIMANA
Occhi sempre puntati sulla curva epidemiologica e su un’eventuale ripresa dei contagi post graduale rimozione del lockdown.
Da martedì, in Italia verrà rimosso il divieto sulle vendite allo scoperto. La Consob ritiene la progressiva normalizzazione delle condizioni generali di mercato idonea a sospendere il divieto ma dichiara che continuerà a mantenere monitorato l’andamento dei mercati.
Ricordiamo che parecchi titoli del FtseMib staccheranno i dividendi e questo impatterà sulla performance dell’indice in settimana.
C’è molta attesa, in Europa, per la presentazione del progetto sul recovery fund. La data prevista è mercoledì 20 maggio. Le speranze sono di un intervento incisivo e immediato ma le probabilità non sono molte.
Sono previsti, in settimana, altri interventi di membri delle banche centrali: avremo la testimonianza al Congresso di Powell e del segretario del tesoro Mnuchin circa il CARES Act report. In Europa il capo economista della BCE Philip Lane terrà un Webinar dal titolo “Euro Area Outlook and Monetary Policy”.
Mercoledì 20 saranno pubblicate le minute della Fed relative al meeting del 28-29 aprile e, il giorno seguente, quelle della ECB.
Venerdì 22 Si terrà in Cina l’annuale National People’s Congress: solitamente è l’occasione in cui vengono annunciati i cambi di policy e un eventuale reshuffle delle persone di riferimento.
In Argentina, venerdì 25, scatterà il termine per l’approvazione del piano di ristrutturazione di 65 miliardi di dollari di obbligazioni. Un eventuale fallimento dell’accordo, e un mancato pagamento dei 500 milioni di dollari di interessi (scade la proroga), porterà ad un default del paese, il nono in 200 anni. Come riferimento indichiamo che il valore dei bond in scadenza ad aprile 2021 è intorno a 39.
CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE
Come abbiamo più volte discusso, il mercato si sta muovendo tra l’euforia di una ripresa, legata alla fine del lockdown, e il pessimismo legato alla presa di coscienza che non sarà proprio tutto come prima e si dovranno presto fare i conti con i danni subiti.
A confondere ulteriormente le idee è Il posizionamento degli investitori: in una prima fase, le vendite determinate dal panic selling (nell’immediato si prezza lo scenario peggiore) e, talvolta, dai sistemi di risk management (che impongono di vendere gli asset più volatili), hanno provocato un crollo violento e veloce degli indici, successivamente, appena si è visto un minimo di luce in fondo al tunnel e gli indicatori di volatilità sono rientrati a livelli più ragionevoli, si sono viste le ricoperture che hanno portato ad un altrettanto veloce recupero di parte delle perdite.
La reazione finora è stata la più forte e veloce mai vista sia nella fase della discesa che in quella della salita. Cosa giustifica questo repentino cambio di atteggiamento?
Ribadiamo, ancora una volta, che economia e mercati finanziari sono, ovviamente, correlati ma, evidentemente, sfasati da un punto di vista temporale: possiamo dire che l’economia è in “tempo reale”, gli effetti del lockdown si vedono immediatamente sui dati (ad esempio, relativi alle vendite al dettaglio o alla produzione industriale) mentre i mercati finanziari sono anticipatori, non aspettano la pubblicazione dei dati ma ne fattorizzano subito la previsione.
Oltre a ciò dobbiamo ricordarci che questa crisi non nasce come una crisi finanziaria legata a qualche eccesso. Se osserviamo i tassi reali (che si ottengono sottraendo da quelli nominali l’inflazione) notiamo che sono negativi: non si è mai avuta una recessione con tassi reali negativi. La presenza di tassi reali negativi, o comunque estremamente bassi, rende difficile applicare le normali strategie per uscire dalla crisi e ciò crea incertezza.
A questo punto vengono spontanee due riflessioni: una sui tassi base negativi e una sulle aspettative di inflazione.
Parecchie banche centrali hanno adottato tassi nominali negativi da tempo ma la Fed questa settimana si è dichiarata contraria ritenendoli inutili (anche se il mercato li sconta già). La forza di stimolo dell’economia con tassi negativi è effettivamente dubbia e lo abbiamo visto in Europa, inoltre se la domanda è artificialmente bloccata e le imprese non hanno fiducia sulla ripresa economica i tassi negativi non stimolano molto.
Il problema, come sottolinea anche l’autorevole Fugnoli, è che se i tassi nominali non si muovono (al ribasso), con le aspettative di inflazione in diminuzione si rischiano di avere tassi reali in aumento e cioè esattamente l’opposto di quanto servirebbe all’economia.
Per quanto riguarda le aspettative di inflazione ci sono parecchie variabili che agiscono in diverse direzioni. Oltre ai già presenti fattori strutturali (tipo l’invecchiamento della popolazione e l’efficienza produttiva) che agiscono a sfavore, si sommano quelli scatenati dalla pandemia, ovvero il crollo della domanda e la forte discesa del prezzo del petrolio (passato dai 60$ di inizio 2020 agli attuali 30$). Per contro, a favore di un aumento dell’inflazione, avremo i maggiori costi che le imprese sosterranno (ad es. per i DPI – dispositivi di protezione individuali) e che potranno passare ai consumatori, oppure i maggiori prezzi dei beni e servizi necessari che le aziende dovranno richiedere per compensare i cali dell’attività provocati dalle normative sul distanziamento sociale (es trasporti, ristoranti…). Quanto tutto questo si rifletterà sui dati di inflazione dipenderà essenzialmente dalla domanda e da quanto gli interventi a supporto saranno stati efficaci nel mantenerla viva.
Il dibattito sulla possibilità di vedere tassi e negativi in US, e ancora più negativi nei paesi che li hanno già adottati, è molto acceso. Alcuni modelli economici vedono, come risultato dell’attuale crisi, la necessità di applicare tassi fortemente negativi (anche a doppia cifra) ma, ovviamente, nella mente della gente, l’idea di pagare (e non essere pagati) per finanziare un’impresa e/o uno stato, o di essere pagati (e non pagare) per accendere un mutuo, ad esempio, è difficile da accettare.
Al di là della bontà o meno dei tassi negativi, come giustamente sottolinea Fugnoli, i mercati spesso hanno bisogno di sapere che le armi a disposizione ci sono, in caso di emergenza e non necessariamente che verranno utilizzate.
Ovviamente il migliore scenario che, però, possiamo ipotizzare è che la ripresa avvenga grazie alle misure che sono state adottate e che si stanno adottando in modo da generare crescita e aspettative di inflazione tali da evitare di entrare in un mondo nuovo al quale non è facile adattarsi e che, inevitabilmente, creerà confusione e volatilità.
La correzione dei mercati ha comportato performance negative per le nostre linee di gestione nell’ultima settimana. La differente reazione dei mercati europei e americani si è riflessa sui numeri delle due linee azionarie pure con la Chronos (fortemente investita sul Nasdaq) che sovraperforma ancora la AI (azionario europeo).