Analisi dei mercati del 25.05.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

Inizio di settimana spumeggiante con tutti gli indici in forte rialzo trainati dalla notizia di un potenziale vaccino della società americana biotech Moderna Inc. (quotata al Nasdaq) contro il Covid19: tale vaccino avrebbe dato ottimi risultati su un campione di otto volontari ottenendo una reazione immunologica simile a quella riscontrata nei pazienti guariti dal Covid19. Lo studio è ancora in prima fase e il campione evidentemente ristretto ma entro luglio, quando l’azienda conta di arrivare alla fase tre, verrà esteso. Parecchie società farmaceutiche stanno lavorando assiduamente sulla scoperta di un vaccino e in Cina molte sono già alla fase due. Si ritiene, comunque, che la produzione su larga scala di un vaccino possa avvenire solo a inizio 2021.

Ottimismo anche per la riapertura delle economie e il contenimento del contagio che si registra finora. La maggiore circolazione delle persone potrebbe fare aumentare un po’ i numeri ma l’importante è che rimangano sotto controllo.

Altro motivo di ottimismo è rappresentato dalla proposta della cancelliera tedesca Merkel e del presidente francese Macron circa un “recovery fund” europeo di 500 miliardi di euro, finanziato da emissioni di debito congiunte da parte della UE (durata 25 anni), per consentire di erogare non prestiti ma aiuti a fondo perduto ai paesi più colpiti dalla pandemia. La Lagarde ha apprezzato la proposta definendola “ambiziosa e mirata”. Per contro, Austria, Danimarca, Svezia e Olanda (definiti i “frugal four”) si dichiarano contrari e intendono presentare una contro-proposta. Ricordiamo che è necessario l’assenso di tutti i 27 paesi membri della UE affinché il progetto vada avanti.

A rovinare, in parte, la festa l’escalation delle tensioni fra Cina e Stati Uniti. Il presidente Trump continua ad attribuire la corresponsabilità della diffusione della pandemia a Cina e OMS. Nei confronti di quest’ultima ha nuovamente minacciato di congelare permanentemente i finanziamenti se l’organizzazione non si impegnerà ad apportare miglioramenti procedurali entro 30 giorni.

Ad alimentare le tensioni con la Cina l’approvazione, da parte dal Senato americano, dalla norma rivolta a tutte le società straniere quotate a Wall Street (ma evidentemente soprattutto a quelle cinesi) che impone alle aziende di aderire agli standard normativi e di audit americani (fra i quali la certificazione dei bilanci degli ultimi tre anni) e dimostrare che non sono possedute o controllate da un governo straniero. Si passa quindi ad azioni non legate all’imposizione di dazi.

Inoltre, gli Stati Uniti hanno minacciato forti ritorsioni qualora il parlamento cinese approvi la nuova legge che impone a Hong Kong l’adozione della legislazione nazionale sulla sicurezza. Tale legislazione comprende misure volte a contenere eventuali azioni di secessione o interferenza straniera o terrorismo nell’ex colonia britannica. Inevitabili, nel week-end, le proteste dei cittadini di Hong Kong che temono, nuovamente, un’eccessiva intromissione della Cina.

Le ripercussioni delle tensioni nelle relazioni fra Cina e Stati Uniti si sono viste sul cambio fra Renmimbi e dollaro US che è stato fissato, questa mattina, a 7.1209, livello che non si vedeva dalla crisi finanziaria dal 2008.

Per la prima volta dal 1990 in Cina il Primo Ministro, durante il Congresso del partito, non ha fissato un obiettivo esplicito di crescita del Pil a causa dell’incertezza nell’economia globale. Da una survey di Bloomberg la crescita stimata per il 2020 sarebbe pari a 1.8%, la peggiore dal 1970. Il premier ha annunciato un aumento degli stimoli fiscali per contrastare la crisi che si stima porterà il rapporto deficit/Pil al 15,2% (come riferimento nel 2019 era 9.9% e 14.2% nel 2009). Il budget deficit salirà del 3.6% ad un livello superiore di quello raggiunto nel 2008/2009. L’obiettivo diventa quello di mantenere l’occupazione (e infatti verrà fissato un target di creazione di posti di lavoro) e sostenere gli investimenti attraverso un importante piano infrastrutturale (che comprende anche maggiori investimenti in tecnologia e trasformazione digitale).

Per quanto riguarda le banche centrali in settimana segnaliamo:

  1. l’annuncio, il 20 maggio, della prima operazione di finanziamento del programma “PELTRO” (Pandemic LTRO): si tratta in totale di sette operazioni (l’ultima sarà a dicembre) che assegneranno fondi con scadenza tra il 29 luglio e il 30 settembre 2021. La prima delle sette operazioni è partita in sordina con l’assegnazione di 851 milioni di euro alle 19 banche richiedenti. Si tratta di una richiesta inferiore alle aspettative che segnalerebbe che, per ora, le banche non hanno bisogno del sostegno BCE. Le prossime operazioni saranno il 29 giugno e il 5 agosto;
  2. venerdì 22 si è tenuto un meeting straordinario BOJ durante il quale i tassi sono stati confermati a -0.1% e l’obiettivo per il rendimento del decennale a 0%. Sono stati introdotti nuovi finanziamenti a favore delle piccole e medie imprese e si sta pensando ad un pacchetto di stimolo per le imprese equivalente a quasi 1000 miliardi di dollari;
  3. dalla pubblicazione dei verbali della Fed è emerso che la ripresa si prospetta più lenta e difficile e quindi si stanno cercando misure di sostegno migliori. Si pensa ad una sorta di controllo della curva dei rendimenti (sullo stile di quello che fa la BOJ) con linee guida più dettagliate per il percorso dei tassi a breve termine e un tetto a quelli a lungo termine. Non sono invece stati menzionati i tassi negativi.

In settimana sono stati pubblicati i dati di fiducia delle imprese PMI preliminari per il mese di maggio: l’ottimismo circa la riapertura dell’attività economica si manifesta nel miglioramento dei numeri relativi soprattutto al comparto dei servizi. In Eurozona il dato composite passa da 13.6 a 30.5 soprattutto grazie al miglioramento dei servizi (il cui dato passa da 12 a 28.7); negli Stati Uniti il dato composite passa da 27 a 36.4 (anche in questo caso grazie al comparto dei servizi che passa da 26.7 a 36.9).

Nel mese di marzo, secondo le statistiche di Bankitalia, ci sono stati disinvestimenti esteri dai BTP per circa 51 miliardi (6.5% dei titoli detenuti dai non residenti) paragonabili al sell-off avvenuto a metà 2018 quando si è insediato il primo governo Conte (“giallo-verde”).

Per contro, è risultata ottima l’accoglienza da parte degli investitori della nuova emissione di BTP Italia (la sedicesima) che ha racconto domande da parte dei retail per più di 14 miliardi (si tratta della maggiore partecipazione dal 2012, quando fu lanciata la prima emissione) e da parte degli istituzionali per 19 miliardi (assegnati 8.3 miliardi), la raccolta complessiva è stata, quindi, di 22 miliardi, record di sempre. Visto il restringimento dello spread nei giorni precedenti l’emissione non è stato rivisto il tasso, confermato all’1.4%. Il pick-up di rendimento rispetto all’equivalente BTP nominale pari scadenza è di circa 25 bps. Al rendimento a scadenza si deve sommare il “premio fedeltà” pari a 0.80% (circa 16bps l’anno).

A conferma che l’Italia resta uno dei pochi paesi in Europa che remunera i prestiti, segnaliamo l’ultima emissione di Gilt da parte del governo inglese che, per la prima volta, ha un rendimento negativo (-0.003%). La domanda è stata doppia rispetto all’offerta di 3.75 miliardi di sterline. Quanto successo riapre il dibattito sui tassi negativi: il governatore Bailey ha dichiarato che non esclude a priori di seguire l’esperienza di altre banche centrali ma prima intende valutare l’effetto dell’ultimo taglio che ha portato i tassi a 0.10%.

L’ottimismo generato dalla ripresa dell’attività economica ha portato i mercati azionari nel complesso in rialzo di circa il 3% (MSCI World) con una sovraperformance di quelli che avevano recuperato meno (es. Eurostoxx Banks +4.9% e Russell 2000 +7.8%). Ottima la performance anche delle commodities più cicliche (soprattutto il petrolio che beneficia in misura maggiore della rimozione del lockdown e dei tagli alla produzione sia dei paesi OPEC sia da parte degli altri produttori) mentre corregge leggermente l’oro. Bene anche il comparto obbligazionario a spread. Sul fronte governativo generale ribasso dei rendimenti e riduzione degli spread fra periferia e Germania.

QUESTA SETTIMANA

Lunedì il mercato americano e quello inglese sono chiusi per festività quindi i volumi sono minori e i movimenti meno significativi.

Proseguono le rimozioni dei vari lockdown in giro per il mondo e sarà importante il monitoraggio della curva epidemiologica per scongiurare altre chiusure.

Dopo che nel week-end Pechino ha dichiarato che siamo alle soglie di una nuova guerra fredda ci sarà molta attenzione a quanto succede sia ad Hong Kong che da parte dell’amministrazione americana. La Cina, indicando che sta cercando investimenti più remunerativi per le sue riserve valutarie velatamente sta minacciando gli Stati Uniti di volere ridurre i Treasury in portafoglio. Come sempre barometro della tensione il cambio Yuan/USD.

Mercoledì 27 maggio l’Eurogruppo dovrà procedere all’approvazione del recovery fund o formulare una proposta definitiva. Ricordiamo che il piano franco-tedesco prevede sussidi a fondo perduto per 500 miliardi di euro ma Olanda, Austria, Svezia e Danimarca propendono per dei finanziamenti.

Giovedì 28 verrà pubblicata la stima preliminare del dato sul Pil americano per il primo trimestre: le attese sono per -4.8% trimestre/trimestre annualizzato.  

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Le attese dell’impatto della pandemia su Pil e utili sono di un forte calo per il 2020 e una forte ripresa nel 2021 ma non sufficiente da tornare ai livelli pre-crisi. I numeri sono talmente grandi che non ha senso ragionare per singoli anni ma per il biennio in aggregato ed è quello che i mercati stanno facendo andando a fattorizzare i dati stimati per l’anno prossimo.

Il recupero dai minimi di marzo è stato repentino, come abbiamo commentato più volte, ma analizzando il sondaggio periodico di Bank of America sui fund manager, emerge un certo scetticismo da parte degli investitori che mantengono la massima esposizione al cash e all’oro. Infatti, solo il 10% prevede una ripresa a V ma piuttosto una ripresa molto lenta (U) o alternata a ricadute (W) e tra i principali rischi vengono indicati il riemergere dell’epidemia, un elevato tasso di disoccupazione e una disgregazione dell’area euro. Sono, quindi, privilegiati i settori difensivi (soprattutto farmaceutico) a scapito di quelli ciclici. A livello geografico risulta privilegiato di gran lunga il mercato americano rispetto a quello europeo (preferenza relativa maggio.

Questo tipo di posizionamento difensivo, e il fatto che il rally è stato in gran parte guidato da strumenti derivati (tipo futures che sono velocemente “tradabili”), giustificano le violente ricoperture appena escono buone notizie sul fronte dei possibili vaccini. La scoperta di un vaccino consentirebbe una più rapida ripresa economica ed eliminerebbe un fattore di incertezza notevole, che ancora frena gli investitori, e determinerebbe un riposizionamento più aggressivo e pro-ciclico.

La guerra commerciale è sì importante ma in un qualche modo sembra che il mercato la abbia metabolizzata. Non è nulla di nuovo e c’è la consapevolezza che rimarrà presente per molto tempo perché la rivalità fra le due potenze non si risolve velocemente. Ovviamente non deve degenerare oltre certi livelli. Come più volte detto probabilmente serve come capro espiatorio per deviare l’attenzione da un eventuale fallimento dei modi con cui si è affrontata la pandemia e le sue conseguenze socio-economiche.

Altro tema importante per l’Europa è rappresentato dagli interventi a supporto dell’economia decisi a livello di comunità europea: lo shock provocato dalla pandemia è stato simmetrico (tutti i paesi impattati) ma la reazione asimmetrica dato che alcuni paesi ne sono stati più colpiti (da un punto di vista sanitario) e i punti di partenza macro erano diversi (e quindi diverso l’impatto economico). Sono, pertanto, necessari interventi finalizzati a livellare gli effetti ed evitare un aumento delle divergenze macroeconomiche. Se da un lato le attese sono basse (pochi ormai sperano in una sorta di mutualizzazione del debito) dall’altro c’è il rischio che si crei tensione politica e soprattutto che l’Europa rimanga indietro rispetto al resto del mondo anche questa volta.

La settimana positiva ha consentito alle nostre linee di gestione di conseguire notevoli guadagni. Segnaliamo che la Chronos con questa settimana riporta il territorio leggermente positivo la performance da inizio anno.

Analisi dei mercati del 18.05.2020

INDICI DI MERCATO

Settimana un po’ “agitata”, quella che si è appena conclusa, sui mercati finanziari essenzialmente per tre motivi: incertezza sulla rimozione del lockdown, tensioni commerciali fra Cina e USA e dichiarazioni delle banche centrali:

  1. negli Stati Uniti le opinioni circa la riapertura dell’economia sono divise (Trump favorevole e Fauci cauto) e richiamano un po’ le considerazioni fatte la settimana scorsa, ovvero il trade-off tra il rischio di una ripresa dei contagi, per un’apertura prematura, e il rischio di un peggioramento della recessione in atto, per un’apertura tardiva. Fauci accettando che una ripresa provocherà un aumento dei casi ritiene che questo non debba sfuggire di mano e quindi occorre essere sicuri che si è pronti da un punto di vista medico. Per contro, Bullard, membro della Fed, dichiara che un proseguimento del lockdown provocherebbe una recessione peggiore di quella della Grande Depressione del 1929. Intanto, il governatore di New York Cuomo prolunga il lockdown al 13 giugno;
  2. nell’ambito dei negoziati fra Cina e Stati Uniti se, da un lato, le dichiarazioni di Trump non sono particolarmente felici (non intende rivedere l’accordo relativo alla fase 1 e accusa la Cina di non importare quanto stabilito), dall’altro, la Cina mostra, per ora, un atteggiamento più distensivo e decide di sospendere i dazi su 79 prodotti importati dagli Stati Uniti fino a maggio 2021 (oltre alle misure di sospensione già decise a febbraio relative alla sospensione delle tariffe su 696 prodotti americani).

    Venerdì le headlines uscite riguardo alla disputa con Huawei hanno creato un po’ di tensione sui mercati: l’amministrazione Trump intende bloccare le forniture di semiconduttori dei global chipmakers a Huawei. Si riapre lo spettro della guerra commerciale.
  3. Infine, per quanto riguarda le banche centrali, segnaliamo due eventi:

a. in Europa ha parlato il capo economista della BCE Lane secondo il quale occorre muoversi rapidamente per affrontare la crisi e quindi l’istituto centrale è pronto a modificare la sua politica se necessario ma aggiunge anche, riferendosi a Germania e Olanda, che è molto importante il potere che avrebbe un’azione congiunta a livello europeo di innalzamento del debito facendo evidentemente riferimento ai Corona bond. Vediamo se qualcuno coglierà il messaggio;

b. più determinanti per i mercati le parole del presidente della Fed Jerome Powell che, ribadendo che la Fed avrebbe fatto quanto in suo potere per contrastare la debolezza economica che gli Stati Uniti stanno attraversando, ha anche escluso in modo diretto il ricorso a tassi negativi per sostenere la liquidità, come invece hanno fatto altri istituti e come stanno in parte scommettendo i mercati guardando ai futures sui Fed Fund nel 2021. La situazione economica è seria e potrebbe portare ad una recessione della durata di qualche anno, soprattutto a causa dell’alto livello di disoccupazione destinato a rimanere tale per parecchio tempo, pertanto è necessario un ulteriore supporto fiscale (giudicando insufficienti i 3mila miliardi messi in campo finora dall’amministrazione Trump). Powell ritiene che non si potrà parlare di vera ripresa fino alla scoperta di un vaccino. Ritiene sia altrettanto importante evitare che vada fuori controllo la situazione sanitaria e su questo aspetto si allinea a Fauci. Abbiamo quindi da un lato Fauci cauto sulla riapertura, Trump aggressivo e possibilista e Powell che bilancia i due aspetti e garantisce pieno supporto della politica monetaria e incentiva un utilizzo massiccio di quella fiscale.

In indebolimento la sterlina inglese a causa sia delle dichiarazioni del Governo che, oltre a non avere intenzione di estendere il periodo di transizione oltre dicembre, non intende neanche scendere a compromessi nelle negoziazioni commerciali con la UE, sia per le diverse posizioni all’interno del comitato della BOE: da un lato il governatore Bailey ritiene non contemplata l’ipotesi di tassi negativi, dall’altra il capo economista Andy Haldane sostiene si stiano esaminando misure non convenzionali di politica monetaria, inclusi i tassi negativi. Il mercato, però, incorpora già aspettative di tassi negativi: il rendimento del Gilt (titolo di stato inglese) a due anni, infatti, è sceso per la prima volta in territorio negativo. L’economia britannica sta evidentemente affrontando un periodo difficile che porta il Governo ad intraprendere consistenti piani di stimoli i cui finanziamenti sono più semplici con tassi bassi.

Per quanto riguarda i dati macro per il mese di aprile segnaliamo, in Cina, i buoni numeri sulla produzione industriale (+3.9% anno/anno, in crescita e superiore alle aspettative) e quelli deludenti sulle vendite al dettaglio (-7.5% anno/anno). Il messaggio è che la graduale ripresa sta dando i primi risultati ma i consumatori sono ancora cauti. Il rischio è un accumulo di scorte se la domanda non riesce a stare al passo con l’offerta.

Anche negli Stati Uniti sono stati pubblicati i dati su vendite al dettaglio e produzione industriale: i primi sono stati parecchio deludenti (-16.4% anno/anno). Si tratta di un numero particolarmente brutto ma che potrebbe rappresentare un floor dato che, comunque, un minimo di riapertura sta avvenendo (in 42 stati) e nei prossimi mesi è atteso un rimbalzo. Il dato sulla produzione industriale, invece, è uscito in linea con le aspettative a -11.2% anno/anno, evidente l’impatto della chiusura delle fabbriche.

L’azione delle banche centrali continua ad essere imponente e senza precedenti: la Fed ha acquistato per la prima volta ETF obbligazionari (HYG – iShares iBoxx High Yield Corporate Bond e LQD – iShares iBoxx $ Investment Grade Corporate Bond) per un ammontare di 305 milioni di dollari in due giorni. Anche la ECB è intervenuta sul mondo corporate bond con acquisti pari a 2.575 miliardi di euro nella settimana dell’8 maggio. Oltre l’80% delle banche centrali già a febbraio era in fase accomodante tagliando i tassi. Citigroup calcola che entro fine anno le banche centrali compreranno titoli per 5 mila miliardi di dollari riversando, quindi, un’enorme quantità di liquidità sul mercato.

La differenza di performance fra listini americani e listini europei (evidente anche questa settimana) ha diverse giustificazioni:

  1. la diversa composizione settoriale avvantaggia più gli Stati Uniti: sull’S&P500 oltre il 40% della market cap appartiene ai settori Tech e Pharma, mentre sull’Eurostoxx600 pesano di più i finanziari e settori ciclici quali gli industriali e i consumer discretionary. Tale differenza si riflette anche sui dati della reporting season che sta volgendo al termine: la discesa degli utili per l’S&P500 è pari a circa -7% mentre per l’Eurostoxx600 è pari a -23%. Oltre alla composizione settoriale, in questo caso, ha avuto una notevole influenza anche lo sfasamento temporale nell’implementazione del lockdown;
  2.  l’azione più incisiva delle autorità americane sia a livello di politica monetaria che fiscale. La maggiore potenza e determinazione nell’agire, oltre ad avere una maggiore possibilità di controbilanciare gli effetti economici negativi della pandemia, rende più ottimisti gli investitori.

Martedì è in scadenza il contratto di giugno del future su WTI. Qualche movimento è possibile anche se, viste le misure intraprese dai vari ETF che hanno scalettato le posizioni su più scadenze, non ci si aspetta di vedere quanto accaduto il mese scorso con i prezzi del petrolio in negativo. Inoltre, il regolatore americano CFTC (Commodity Futures Trading Commission) ha lanciato un avvertimento, rivolto soprattutto al CME (che gestisce il Nymex), al fine di prevenire e gestire il ripetersi di situazioni analoghe. Di questa mattina la notizia che la domanda di petrolio da parte della Cina è tornata ai livelli pre-crisi.

Curioso quanto successo all’oro: al contrario di quanto avvenuto sul petrolio il prezzo spot del metallo giallo è andato ad un livello superiore a quello dei contratti futures con scadenza ravvicinata portando la curva in “backwordation”. Il fenomeno si è verificato in quanto il lockdown ha comportato la chiusura delle attività di estrazione e quindi una temporanea limitazione dell’offerta. Ultimamente l’oro risulta parecchio richiesto da coloro che lo utilizzano come copertura e quindi gli acquisti sono prevalentemente da parte di ETC. Bisognerà vedere come sarà l’impatto su domanda e offerta della ripresa dell’attività economica.

Lunedì 18 si aprono le sottoscrizioni per la nuova emissione del BTP Italia. Il tasso minimo garantito è stato fissato a 1.4% (potrà essere rivisto solo al rialzo il 21 maggio prima dell’apertura delle sottoscrizioni degli istituzionali). La durata sarà di cinque anni e la cedola, semestrale, potrà godere di un aumento legato all’eventuale inflazione del semestre. Per coloro che manterranno il titolo fino alla scadenza è previsto un “premio fedeltà” di 0.8% (doppio rispetto allo 0.4% delle altre edizioni). I retail possono sottoscrivere l’emissione fino a mercoledì 20 senza il rischio di una chiusura anticipata in quanto verranno accolte tutte le richieste, eventualmente si ridurrà la parte destinata agli investitori istituzionali. La sedicesima edizione del BTP Italia servirà per coprire gli 80 miliardi dello scostamento di bilancio relativi ai decreti Cura Italia e Rilancio. Il Tesoro punta a raddoppiare, in qualche anno, la quota di governativi in mano ai privati per costituire un “argine” domestico contro le possibili fibrillazioni dei BTP sui mercati internazionali. Si parla di emissioni per il 2020 intorno ai 500 miliardi di euro.

QUESTA SETTIMANA

Occhi sempre puntati sulla curva epidemiologica e su un’eventuale ripresa dei contagi post graduale rimozione del lockdown.

Da martedì, in Italia verrà rimosso il divieto sulle vendite allo scoperto. La Consob ritiene la progressiva normalizzazione delle condizioni generali di mercato idonea a sospendere il divieto ma dichiara che continuerà a mantenere monitorato l’andamento dei mercati.

Ricordiamo che parecchi titoli del FtseMib staccheranno i dividendi e questo impatterà sulla performance dell’indice in settimana.

C’è molta attesa, in Europa, per la presentazione del progetto sul recovery fund. La data prevista è mercoledì 20 maggio. Le speranze sono di un intervento incisivo e immediato ma le probabilità non sono molte.

Sono previsti, in settimana, altri interventi di membri delle banche centrali: avremo la testimonianza al Congresso di Powell e del segretario del tesoro Mnuchin circa il CARES Act report. In Europa il capo economista della BCE Philip Lane terrà un Webinar dal titolo “Euro Area Outlook and Monetary Policy”.

Mercoledì 20 saranno pubblicate le minute della Fed relative al meeting del 28-29 aprile e, il giorno seguente, quelle della ECB.

Venerdì 22 Si terrà in Cina l’annuale National People’s Congress: solitamente è l’occasione in cui vengono annunciati i cambi di policy e un eventuale reshuffle delle persone di riferimento.

In Argentina, venerdì 25, scatterà il termine per l’approvazione del piano di ristrutturazione di 65 miliardi di dollari di obbligazioni. Un eventuale fallimento dell’accordo, e un mancato pagamento dei 500 milioni di dollari di interessi (scade la proroga), porterà ad un default del paese, il nono in 200 anni. Come riferimento indichiamo che il valore dei bond in scadenza ad aprile 2021 è intorno a 39.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Come abbiamo più volte discusso, il mercato si sta muovendo tra l’euforia di una ripresa, legata alla fine del lockdown, e il pessimismo legato alla presa di coscienza che non sarà proprio tutto come prima e si dovranno presto fare i conti con i danni subiti.

A confondere ulteriormente le idee è Il posizionamento degli investitori: in una prima fase, le vendite determinate dal panic selling (nell’immediato si prezza lo scenario peggiore) e, talvolta, dai sistemi di risk management (che impongono di vendere gli asset più volatili), hanno provocato un crollo violento e veloce degli indici, successivamente, appena si è visto un minimo di luce in fondo al tunnel e gli indicatori di volatilità sono rientrati a livelli più ragionevoli, si sono viste le ricoperture che hanno portato ad un altrettanto veloce recupero di parte delle perdite.

La reazione finora è stata la più forte e veloce mai vista sia nella fase della discesa che in quella della salita. Cosa giustifica questo repentino cambio di atteggiamento?

Ribadiamo, ancora una volta, che economia e mercati finanziari sono, ovviamente, correlati ma, evidentemente, sfasati da un punto di vista temporale: possiamo dire che l’economia è in “tempo reale”, gli effetti del lockdown si vedono immediatamente sui dati (ad esempio, relativi alle vendite al dettaglio o alla produzione industriale) mentre i mercati finanziari sono anticipatori, non aspettano la pubblicazione dei dati ma ne fattorizzano subito la previsione.

Oltre a ciò dobbiamo ricordarci che questa crisi non nasce come una crisi finanziaria legata a qualche eccesso. Se osserviamo i tassi reali (che si ottengono sottraendo da quelli nominali l’inflazione) notiamo che sono negativi: non si è mai avuta una recessione con tassi reali negativi. La presenza di tassi reali negativi, o comunque estremamente bassi, rende difficile applicare le normali strategie per uscire dalla crisi e ciò crea incertezza.

A questo punto vengono spontanee due riflessioni: una sui tassi base negativi e una sulle aspettative di inflazione.

Parecchie banche centrali hanno adottato tassi nominali negativi da tempo ma la Fed questa settimana si è dichiarata contraria ritenendoli inutili (anche se il mercato li sconta già). La forza di stimolo dell’economia con tassi negativi è effettivamente dubbia e lo abbiamo visto in Europa, inoltre se la domanda è artificialmente bloccata e le imprese non hanno fiducia sulla ripresa economica i tassi negativi non stimolano molto.

Il problema, come sottolinea anche l’autorevole Fugnoli, è che se i tassi nominali non si muovono (al ribasso), con le aspettative di inflazione in diminuzione si rischiano di avere tassi reali in aumento e cioè esattamente l’opposto di quanto servirebbe all’economia.

Per quanto riguarda le aspettative di inflazione ci sono parecchie variabili che agiscono in diverse direzioni. Oltre ai già presenti fattori strutturali (tipo l’invecchiamento della popolazione e l’efficienza produttiva) che agiscono a sfavore, si sommano quelli scatenati dalla pandemia, ovvero il crollo della domanda e la forte discesa del prezzo del petrolio (passato dai 60$ di inizio 2020 agli attuali 30$). Per contro, a favore di un aumento dell’inflazione, avremo i maggiori costi che le imprese sosterranno (ad es. per i DPI – dispositivi di protezione individuali) e che potranno passare ai consumatori, oppure i maggiori prezzi dei beni e servizi necessari che le aziende dovranno richiedere per compensare i cali dell’attività provocati dalle normative sul distanziamento sociale (es trasporti, ristoranti…). Quanto tutto questo si rifletterà sui dati di inflazione dipenderà essenzialmente dalla domanda e da quanto gli interventi a supporto saranno stati efficaci nel mantenerla viva.

Il dibattito sulla possibilità di vedere tassi e negativi in US, e ancora più negativi nei paesi che li hanno già adottati, è molto acceso. Alcuni modelli economici vedono, come risultato dell’attuale crisi, la necessità di applicare tassi fortemente negativi (anche a doppia cifra) ma, ovviamente, nella mente della gente, l’idea di pagare (e non essere pagati) per finanziare un’impresa e/o uno stato, o di essere pagati (e non pagare) per accendere un mutuo, ad esempio, è difficile da accettare.

Al di là della bontà o meno dei tassi negativi, come giustamente sottolinea Fugnoli, i mercati spesso hanno bisogno di sapere che le armi a disposizione ci sono, in caso di emergenza e non necessariamente che verranno utilizzate.

Ovviamente il migliore scenario che, però, possiamo ipotizzare è che la ripresa avvenga grazie alle misure che sono state adottate e che si stanno adottando in modo da generare crescita e aspettative di inflazione tali da evitare di entrare in un mondo nuovo al quale non è facile adattarsi e che, inevitabilmente, creerà confusione e volatilità.

La correzione dei mercati ha comportato performance negative per le nostre linee di gestione nell’ultima settimana. La differente reazione dei mercati europei e americani si è riflessa sui numeri delle due linee azionarie pure con la Chronos (fortemente investita sul Nasdaq) che sovraperforma ancora la AI (azionario europeo).

Analisi dei mercati dell’11.05.2020

INDICI DI MERCATO

COMMENTO ULTIMA SETTIMANA

La prima parte della settimana ha visto un po’ di tensione sui titoli di stato italiani: il rendimento del BTP decennale ha toccato il 2% e lo spread verso Bund è arrivato a 250bps. La causa principale è da attribuirsi alla decisione di martedì della Corte costituzionale tedesca che si è espressa sulla legittimità degli acquisti di titoli da parte della BCE nel programma di QE iniziato nel 2015. Non sembrano emergere problemi di monetizzazione del debito pubblico (non si ritiene che il programma finanzi gli stati) ma nei prossimi tre mesi la BCE dovrà dimostrare che gli acquisti erano realmente necessari (ovvero non sproporzionati, nel programma PSPP, rispetto agli obiettivi di inflazione, anche nel reinvestimento del capitale dei titoli di Stato rimborsati in quanto giunti a scadenza) altrimenti la Bundesbank dovrà interrompere gli acquisti e rivendere sul mercato parte del suo portafoglio. La sentenza, per ora, non si applica al PEPP ovvero al programma istituito dalla BCE specifico per gli acquisti legati all’emergenza coronavirus. Non si esclude che possa essere coinvolto in futuro.

La BCE ha subito ricordato che nel 2018 la Corte Europea di giustizia aveva giudicato adeguato il programma di acquisto titoli di Francoforte e secondo la Commissione UE le sentenze delle corti costituzionali europee sono vincolanti per tutti i tribunali nazionali. La Lagarde ha ribadito che la BCE non si lascia intimorire dalla Corte costituzionale tedesca e ribadisce che si tratta di un organo indipendente che risponde al Parlamento Europeo e agisce all’interno del proprio mandato. Lascia, quindi, alla Bundesbank il compito di rispondere e alla corte tedesca dimostrando la legittimità dell’intervento.

L’aspetto negativo della vicenda è l’ennesima conferma della mancanza di coesione e flessibilità in un momento in cui sono estremamente necessarie e si sono viste ripercussioni sui governativi (rendimenti al rialzo e spread in allargamento) e sull’euro (indebolimento).

Christine Lagarde nei vari incontri a cui partecipa dichiara che intende continuare a garantire il massimo sostegno all’economia grazie all’azione espansiva della Banca Centrale Europea Si auspica una risposta comune ad un disastro economico causato da un virus che rischia di compromettere l’Unione Europea.

Anche la Commissione Europea, che ha rilasciato le stime relative all’impatto economico della crisi sanitaria, sottolinea che è necessaria una risposta concertata e coordinata a livello comunitario per evitare gravi distorsioni e radicate divergenze economiche finanziarie e sociali. Il crollo del Pil per il 2020 è pari a -7.7% (maggiore contrazione nel secondo trimestre) con un rimbalzo di +6.3% nel 2021. Ovviamente ci sono differenza geografiche che vedono i paesi periferici più colpiti: per l’Italia il calo dovrebbe essere superiore e pari a -9.5% mentre il rimbalzo per il 2021 dovrebbe essere pari a 6.5%. Ovviamente le ipotesi alla base della ripresa sono che la pandemia rimanga sotto controllo, il lockdown venga rimosso e che le misure di sostegno intraprese siano in grado di almeno attutire l’impatto economico. Previsione in linea con quelle dell’IMF.

Fra le misure di sostegno deliberate venerdì a livello europeo si è confermato che i fondi ESM (del fondo “salvastati”) verranno erogati con la sola condizione di essere utilizzati per i costi diretti e indiretti relativi alle spese sanitarie e per un importo massimo pari al 2% del Pil dello stato richiedente. L’utilizzo può essere su base mensile e il rimborso in dieci anni. Non è chiaro ancora se l’Italia ne farà ricorso. Per quanto riguarda i finanziamenti “Sure” (la cassaintegrazione europea) e quelli della BEI (per le infrastrutture) i fondi dovrebbero essere operativi a breve. Non c’è ancora nulla di definitivo sul più importante e atteso “Recovery fund” che potrebbe essere operativo, forse, nella seconda metà dell’anno.

L’atteso verdetto da parte delle agenzie di rating si è concluso  come atteso e come il mercato si auspicava: l’agenzia canadese DBRS ha mantenuto invariato il rating a BBB (high) e tagliato l’outlook a negativo da stabile in quanto ci sono parecchie incertezze relative alle ripercussioni economiche del coronavirus sul già debole quadro italiano; Moody’s ha sospeso il giudizio, di fatto mantenendo invariati sia il rating “Baa3” (un gradino dal livello Junk) che l’outlook “stabile”, e rimanda un eventuale cambio al prossimo appuntamento del 6 novembre.

Fra i dati macro usciti in settimana segnaliamo:

  • i PMI Europa: si confermano stabili a 33.4 con il dato italiano che passa da 40.3 a 31.1 (la peggiore rilevazione da 22 anni);
  • i dati mensili sul mercato del lavoro americano: la variazione dei nuovi occupati del settore non agricolo è pari a -20.5 milioni (atteso -22 milioni), con il settore “leisure&hospitality” più impattato (-7.7 milioni), il tasso di disoccupazione sale a 14.7% (atteso 16%) mentre il dato sull’inflazione salariale segnala un rialzo del +7.9% anno/anno (da precedente 3.1%) ma è da vedere in relazione al licenziamento di lavoratori con un basso salario più che ad un reale incremento delle paghe orarie. La reazione dei mercati non è, tuttavia, stata negativa probabilmente perché l’entità del danno al mercato del lavoro era largamente attesa e basata sui dati settimanali relativi ai sussidi alla disoccupazione.

Per quanto riguarda l’azione delle banche centrali riportiamo:

  • la Banca Centrale Australiana ha lasciato invariati, come atteso, i tassi di interesse a 0.25%;
  • la Bank of England ha lasciato i tassi invariati a 0.1% (minimo storico) e ha mantenuto il target QE a 645 miliardi di sterline, in linea con le attese. Dichiara di essere pronta ad incrementare il programma se necessario dato che ritiene che il Regno Unito stia rischiando la peggiore crisi economica degli ultimi 300 anni;
  • interessante notare che ad aprile la Bank of Japan ha nel suo portafoglio “commercial paper” per circa il 30%, segno che sta intervenendo pesantemente sul mercato a favore delle società colpite dalla crisi.

Stabile il prezzo dell’oro a 1700 dollari/oncia: ha risentito un po’ del generale rialzo dei rendimenti obbligazionari in seguito alla decisione della Corte costituzionale tedesca ma poi si è riportato intorno al livello raggiunto a metà aprile.

In forte ripresa il prezzo del petrolio che si assesta intorno a 24 dollari/barile per il WTI e 30 dollari/barile il Brent. Arabia Saudita, Russia e Stati Uniti hanno tagliato la produzione assieme e in modo equo: da notare che la Russia, il cui taglio ammonta a quasi 2 milioni di barili al giorno e fa scendere la produzione a 8.5 milioni di barili al giorno, di solito non taglia così velocemente e nell’ammontare concordato ma questa volta potrebbe essere stata costretta dalla limitata capacità di stoccaggio.

In Europa è entrata nel vivo la stagione delle trimestrali per le banche. Segnaliamo:

  • Intesa Sanpaolo: utile netto (1.15 miliardi) in rialzo sia all’ultimo trimestre del 2019 sia allo stesso periodo dell’anno precedente (+9.6%). Gli accantonamenti per i possibili NPL (non-performing loans) sono pari a 1.5 miliardi (includendo anche la plusvalenza legata alla cessione a Nexi di attività legate alle carte di credito). Confermato il payout ratio (percentuale di utili distribuiti) del 75% per il 2020 e 70% per il 2021 e l’intenzione di distribuire il dividendo sospeso appena verrà meno la raccomandazione della BCE. Gli utili 2020 sono attesi a circa 3 miliardi mentre per il 2021 saranno non inferiori a 3.5 miliardi. La solidità patrimoniale è confermata dal livello di Common Equity Tier 1 attestatosi al 14.5% (fra i più alti in Europa). Confermata l’intenzione di procedere alla fusione con Ubi;
  • peggiori i risultati di Unicredit che chiude il trimestre con una perdita di 2.7 miliardi di euro, la peggiore degli ultimi tre anni, e superiore alle attese degli analisti. Oltre agli ovvi accantonamenti sui crediti hanno pesato le perdite sulla cessione della banca turca Yapi Kredi e i costi straordinari sostenuti per la riduzione del personale. L’attitudine dell’AD Jean Paul Mustier rientra nel cosiddetto “kitchen sinking” ovvero fare ordine nei conti subito, mantenere un approccio cauto, e puntare ad avere delle sorprese positive. Come per Intesa anche in questo caso la solidità patrimoniale viene confermata così come i dividendi per il 2021.

La settimana si chiude positivamente per i mercati azionari (MSCI +2.9%) trainati essenzialmente dai listini americani (Nasdaq +5.8%) mentre l’Europa soffre allargando ulteriormente il divario di performance rispetto agli Stati Uniti. La sottoperformance europea si riflette anche sul cambio con l’Euro che si indebolisce rispetto alle principali valute.

QUESTA SETTIMANA

Come sempre l’attenzione sarà rivolta ai dati su una possibile ripresa dei contagi nei paesi che stanno gradualmente rilasciando il lockdown e che potrebbe rimettere in discussione la riapertura delle economie con evidenti impatti sulla crescita economica.

Molto importante la ripresa delle trattative fra Cina e Stati Uniti: questa settimana è prevista una telefonata fra le due parti in merito alle tensioni dell’ultimo periodo. L’amministrazione americana accusa la Cina, e minaccia rappresaglie, sulla base di uno studio che proverebbe che il virus è uscito dal laboratorio di Wuhan (ricordiamo che il 22 maggio è previsto il congresso del Partito Comunista Cinese durante il quale si potrà discutere delle questioni emerse).  

Proseguono i colloqui tra UK e Unione Europea in merito alle modalità della Brexit.

Mercoledì 13 verrà pubblicato il report mensile dell’OPEC che include le previsioni circa la domanda e la produzione di petrolio.

Fra i dati macro segnaliamo quelli relativi alle vendite al dettaglio e produzione industriale di aprile sia per gli Stati Uniti che per la Cina.

CONSIDERAZIONI FINALI E POSIZIONAMENTO LINEE DI GESTIONE

Alle incertezze relative all’impatto del Covid19 sull’economia si aggiungono, in questi ultimi giorni, le preoccupazioni circa un possibile riacuirsi delle tensioni fra Cina e Stati Uniti. E’ possibile che la ripresa della guerra commerciale sia l’arma che Trump potrebbe usare qualora la crisi economica si dimostrasse essere più forte del previsto e meno gestibile. A quel punto l’attenzione verrebbe dirottata da un sostanziale fallimento nella gestione dell’emergenza sanitaria/economica alla colpevolizzazione del responsabile con le conseguenti ripercussioni. Ricordiamoci che ci sono le elezioni presidenziali a novembre e Trump o ci arriva con un mercato azionario al rialzo e un’economia in fase di ripresa o dovrà trovare qualcuno a cui dare la colpa.

Come sostiene l’economista premio Nobel Paul Krugman l’economia è in una sorta di “coma indotto” dato che buona parte è stata fermata per combattere la diffusione del virus. Non si tratta di una recessione convenzionale e quindi non può essere affrontata normalmente e non si può pensare che segua la stessa evoluzione delle recessioni passate.

Per questo sono necessarie massicce dosi di stimoli finanziati con il debito pubblico, affinché rimangano attive le funzioni “vitali” e si possa pensare ad una ripresa, ma è altrettanto importante concentrarsi su come e quando “risvegliare il malato”. Un risveglio prematuro potrebbe essere pericoloso esattamente come lo sarebbe aspettare troppo.

Gli elementi da monitorare sono quindi due: 1) la curva dei contagi, per scongiurare un “risveglio prematuro” ma anche per velocizzare l’uscita dal “coma”, 2) politiche fiscali e monetarie di entità tale da attutire i danni (tanto maggiori quanto durerà il “coma indotto”).

Una volta ripresa l’attività economica anche gli utili si rimetteranno su una traiettoria ascendente (e questo giustifica la salita degli indici azionari) ma affinché tornino ai livelli precedenti occorrerà un po’ di tempo, soprattutto a causa degli inevitabili maggiori costi che le aziende dovranno sopportare per continuare il business.

Poco variate le performance delle nostre linee di gestione fra le quali spicca la Chronos che beneficia sia della forza del mercato azionario americano sia del dollaro. Il Nasdaq, mercato sul quale il portafoglio della Chronos è molto esposto, è l’unico listino azionario con performance positiva da inizio anno.

Analisi dei mercati del 04.05.2020

La settimana, iniziata molto positivamente per i mercati azionari, si è conclusa con un deciso ritracciamento che si è manifestato soprattutto sui mercati americani dato che quelli europei (escluso UK) venerdì sono stati chiusi per la festività del primo maggio.

Le notizie alla base della positiva partenza sono essenzialmente due:

  1. il Remdesivir di Gilead (antivirale sviluppato per Ebola) sembra essersi dimostrato efficiente nell’ottenere una ripresa rapida nei pazienti in rianimazione e diventerà la cura standard per Covid19. La FDA (Food and Drug Administration) sta lavorando con Gilead per rendere subito disponibile la medicina. Consideriamo che si tratta di un farmaco utilizzato in fase tre, ovvero nei pazienti in terapia intensiva e non di un vaccino;
  2. la Fed ha fatto capire che l’attuale politica monetaria accomodante verrà mantenuta fintanto che non si vedranno segnali di un’economia in grado di raggiungere gli obiettivi di occupazione e stabilità dei prezzi. Il mercato stima che questa “attesa” potrebbe durare fino al 2022 o 2023 e gradisce decisamente la “droga” che caratterizzerà i prossimi anni.

La Fed, infatti, pur lasciando i tassi a zero come da attese (consideriamo che ultimamente sta intervenendo al di fuori dei meeting ufficiali con provvedimenti molto radicali), ha ribadito che agirà con qualunque mezzo per limitare gli effetti di una crisi che pone “considerevoli rischi” nel breve e anche nel medio termine.

Queste notizie sono state in grado di fare “digerire” ai mercati i pesanti dati relativi al GDP del primo trimestre:

  • US -4.8%: si tratta del peggior calo dal 2008 e, se consideriamo che il paese è andato in lockdown nella seconda metà di marzo, il secondo trimestre potrebbe essere peggiore:
  • Eurozona -3.3%: il dettaglio geografico vede un dato di -5.4% per la Francia e -4.8% per l’Italia.

Neanche la decisione di Fitch ha particolarmente turbato i mercati: nella serata di martedì l’agenzia di rating ha, inaspettatamente (in anticipo rispetto alla data prevista del 10 luglio), tagliato il giudizio sul debito italiano a BBB- (da BBB) con outlook stabile (da negativo). Il debito italiano raggiunge così l’ultimo livello prima del “junk”. Le ragioni citate da Fitch riguardano l’alto livello di debito e deficit raggiunti con la crisi legata a Covid19. Per il 2020 si prevede una contrazione del Pil pari all’8% e un rapporto debito/pil pari al 156%. La reazione dei mercati è stata decisamente migliore di quanto ci si sarebbe potuti aspettare. Probabilmente la BCE ha, ancora una volta, fatto da paracadute.

Quello che ha rovinato un po’ la festa sono state le dichiarazioni “bellicose” di Trump nei confronti della Cina, accusata di avere avuto un ruolo attivo nella diffusione della pandemia. Il presidente americano ha minacciato di venire meno agli accordi di gennaio e imporre invece nuovi dazi facendo così riemergere il rischio geo-politico.

Anche la performance della BCE non è stata particolarmente apprezzata perché è mancata un po’ l’incisività nei commenti e nell’azione: i tassi di interesse sono stati lasciati invariati (come atteso), la banca centrale è intervenuta solo per migliorare la liquidità del sistema riducendo i tassi sul TLTRO e introducendo i PELTRO (Pandemic Emergency LTRO) a tassi agevolati ma non ha incrementato la dimensione del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) né introdotto i titoli High Yield nel programma di QE.

Per quanto riguarda il petrolio segnaliamo qualche buona notizia che ha contribuito a fare assestare il prezzo del WTI intorno ai 18 dollari/barile:

  1. il famoso ETC americano (USO, US oil fund), con asset pari a tre miliardi di dollari, ha modificato la propria strategia di “rolling” delle posizioni sui futures vendendo la scadenza di giugno e posizionandosi su una maggiore porzione di curva (luglio 2020 – giugno 2021);
  2. le banche cinesi, dopo che parecchi clienti hanno perso molti soldi investendo sui prodotti strutturati legati al WTI, hanno deciso di sospenderne la vendita di ETC sul petrolio;
  3. l’Arabia sembra abbia accelerato con i tagli così come Kuwait, Algeria, Nigeria e Russia che hanno agito in anticipo rispetto alla data del primo maggio;
  4. in US sono stati chiusi parecchi impianti dopo che in Oklahoma è stata sospesa la legge che impone di continuare l’attività per mantenere la licenza di estrazione.

Quindi il venir meno di parecchi acquirenti (speculatori e non investitori), unito alla maggiore esposizione degli ETC su tutte le scadenze della curva, dovrebbe aiutare a “pulire” il mercato dagli eccessi irrazionali e renderlo un po’ più legato alle dinamiche di domanda e offerta. Lato offerta qualcosa si sta muovendo, anche se non ancora sufficiente per riequilibrare il disallineamento con la domanda, vedremo se il rilascio graduale del lockdown produrrà effetti visibili sui consumi.

Sul fronte della reporting season americana con il 56% delle società dell’S&P500 che ha riportato, il calo degli utili si attesta all’8.6%: come prevedibile gli unici settori che mostrano una crescita degli utili sono la tecnologia, il settore farmaceutico e le utilities.

Che l’attuale situazione stia accelerando trend già in atto lo dimostra Google che, deludendo sugli utili, ha sorpreso in positivo sul fatturato grazie al business del cloud (+52%) e Youtube (+34%) andati particolarmente bene in questo periodo.

In Europa siamo al 50% della reporting season per le società appartenenti all’Eurostoxx600 e i dati sono un po’ meno incoraggianti: il calo degli utili si attesta al 24.8%, anche in Europa si salvano solo il settore farmaceutico e quello legato alle utilities.

In fermento il settore bancario: DB ha riportato anticipazioni sulla trimestrale che mostrano un utile (vs perdita attesa) grazie all’attività di trading (come per alcune banche americane) e ricavi invariati. Accantonamenti a NPL minori delle attese.

Molto importante la dichiarazione di Messina di volere remunerare in maniera “significativa e sostenibile” gli azionisti con i dividendi. Come indicato dall’autorità il dividendo 2019 è stato accantonato a riserva ma si vocifera che in autunno ci potrebbe essere la distribuzione in via straordinaria grazie ad una disponibilità di 19 miliardi di capitale (consideriamo che negli ultimi 5 anni intesa ha distribuito 13.5 miliardi di dividendi e per il 2019 ne erano previsti 3.4 miliardi). Il settore bancario è stato parecchio penalizzato in Borsa dalla decisione di sospendere il pagamento dei dividendi.

Sul fronte fusione ISP-UBI l’assemblea di Intesa ha autorizzato l’aumento di capitale per finanziare l’acquisizione pari a

1.94 miliardi di nuove azioni (rapporto di cambio 17 azioni ISP ogni 10 azioni UBI) pari a 1.011 miliardi di euro, con il 52% del capitale complessivo favorevole (il 98% dei partecipanti). L’azionariato di Intesa si dimostra compatto nell’appoggiare una fusione che creerà un gruppo con ricavi superiori a 6 miliardi dal 2022 grazie a 730 milioni di sinergie per anno. L’AD di Intesa Messina ha evidenziato che il deal andrà avanti anche se le adesioni non raggiungeranno il 70% (soglia necessaria per procedere alla fusione vera e propria sviluppando le sinergie) ma saranno superiori al 50% +1.

Il tesoro ha reso noti i dettagli del nuovo BTP Italia in collocamento dal 18 maggio: si prevede una durata di 5 anni  (per la prima volta) e un premio fedeltà pari all’8 per mille (invece del solito 4 per mille) per coloro che manterranno il titolo fino a scadenza (2025). Le cedole rimangono semestrali e indicizzate al FOI (indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi) con il recupero dell’inflazione maturata nel periodo ma tasso reale garantito. La scadenza di 5 anni è ritenuta adeguata sia per gli investitori (non troppo lunga) che per la gestione del debito da parte del Tesoro.

QUESTA SETTIMANA

Nella settimana in cui parecchi paesi stanno gradualmente rimuovendo il lockdown sarà importante verificare che non ci sia un’impennata dei contagi che costringa le autorità a rivedere le decisioni e ad introdurre nuovamente le restrizioni.

Lunedì 4 maggio la Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen, discuterà l’impiego di 7.5 miliardi di dollari per finanziare lo sviluppo di un vaccino contro il corona virus; si riunirà nuovamente l’8 maggio per la pubblicazione delle Economic Forecasts (le prime rilasciate dopo il lockdown) e la discussione delle proposte relative al recovery fund. Martedì 5 la Reserve Bank of Australia comunicherà la propria decisione di politica monetaria (i tassi dovrebbero rimanere fermi al 0.25% – minimo storico) mentre giovedì 7 toccherà alla Bank of England (attesi tassi fermi allo 0.10% – minimo storico).

L’8 maggio si pronunceranno sul rating italiano le agenzie Moody’s e DBRS. Il Chief economist di Moody’s Mark Zandi ha detto che si aspettano una contrazione del Pil del 9.3% questo anno e una ripresa del 6.1% il prossimo.

Venerdì la settimana si concluderà con il report mensile (di aprile) relativo al mercato del lavoro americano: atteso il più serio deterioramento da quando è iniziata la serie storica (1939). I Non farm payrolls (nuovi assunti escluso il settore agricolo) sono attesi in calo di quasi 22 milioni da marzo con un tasso di disoccupazione che dovrebbe arrivare al 16% .

CONSIDERAZIONI FINALI

Con i mercati azionari che sono saliti complessivamente del 25% dai minimi di marzo tanta gente si domanda come ci possa essere una tale dicotomia tra l’andamento dell’economia (sia micro che macro) e le borse.

Sappiamo bene che il mercato tende ad anticipare gli eventi fattorizzandoli subito e posizionandosi in modo più o meno coerente con quello che si ritiene sarà il nuovo contesto. In presenza di una recessione la ripresa dei mercati di solito comincia ad avvenire a metà della recessione o comunque quando si individua il bottom per l’economia. Inoltre, se consideriamo che fra un anno gli utili saranno ad un livello più alto dell’attuale e li attualizziamo a tassi ancora più bassi dei precedenti (e che tali rimarranno per un bel po’), otteniamo valutazioni azionarie più attraenti. Magari non così attraenti come nei mesi scorsi (perché comunque gli utili non torneranno facilmente e velocemente agli stessi valori di prima) ma relativamente al mondo obbligazionario sì. Riguardo a quest’ultimo, inoltre, le banche centrali stanno dispiegando tutte le loro forze per comprare governativi (ultima la BOJ che ha dichiarato di volere fare acquisti illimitati) e per sostenere il credito, dandone implicita garanzia ed evitando possibili crisi di liquidità.

Possiamo ritenere che l’economia sarà ancora drogata dalla liquidità e dalla politica monetaria? Certamente, si sta facendo di tutto affinché la recessione sia semplicemente “tecnica” (due trimestri di crescita negativa) e che ci sia una qualche forma di recovery (sono state utilizzate tutte le lettere per ipotizzarne la forma..U.. V … N … J …e adesso hanno aggiunto anche lo “swoosh” della Nike!). Se si crede alla riuscita di questa impresa allora vale la pena cavalcare il trend e approfittare degli inevitabili stop&go per entrare.

Appurato che il danno all’economia lo possiamo abbastanza stimare dai dati sul GDP dei diversi paesi, possiamo considerare individuato il bottom dell’economia. Tutto sta ora nel capire quanto le politiche monetarie (ultra- accomodanti) e quelle fiscali (molto espansive) riusciranno a compensare i danni subiti e fare ripartire l’economia.

A conferma di quanto detto basta osservare la performance del mercato americano rispetto a quello europeo: da inizio anno ci sono circa 10 punti percentuali di differenza a favore del primo.

Gli Stati Uniti hanno subito scatenato la potenza di fuoco di una politica fiscale che non ha precedenti e una politica monetaria di gran lunga più attiva rispetto a quella europea. La Fed ha acquistato Treasury per circa 1.4 triliardi di dollari in circa due mesi mentre la BCE ha acquistato titoli di stato europei per circa 50 miliardi di euro (i dati sul PEPP non sono ancora disponibili). una notevole differenza che si è rispecchiata nella performance delle borse.

C’è da dire, anche, che il listino americano vede una maggiore presenza dei settori che beneficiano dell’attuale momento ovvero la tecnologia e il farmaceutico. Per questi due settori, soprattutto per il primo, la pandemia non ha fatto altro che accelerare delle tendenze già in atto.

Ovviamente i mercati, come sempre, possono esagerare in una direzione o nell’altra andando ad anticipare scenari troppo positivi o troppo negativi. Nel primo caso potrebbero esserci delusioni qualora la ripresa non fosse così forte terminato il lockdown o qualora una ripresa della curva dei contagi costringa a ulteriori stop all’economia. Nel secondo caso, invece, gli investitori sarebbero costretti ad entrare nel mercato spinti da dati migliori delle aspettative e dal timore di restare fuori dal mercato (il famoso FOMO – Fear Of Missing Out).

Speriamo che non si verifichi il solito “sell in may and go away”!