Il report dell’IMF sancisce una recessione globale causata dal lockdown e quindi dallo shock estremo che hanno subito sia domanda che offerta.
Il Pil globale è atteso in calo del 3% con un successivo recupero, nel 2021, del 5.8%. A livello geografico le previsioni IMF evidenziano che l’Asia si riprenderà meglio e prima rispetto all’America e soprattutto all’Europa. Il Pil USA è atteso in contrazione del 5.9% per il 2020 e in ripresa del 4.7% per il 2021; i numeri per l’area Euro sono -7.5% (2020) e +4.7% (2021) con l’Italia che riesce a distinguersi con una contrazione di -9.1% per il 2020 (a fine gennaio la stima era +0.5%) e un recupero del +4.8% nel 2021).
L’ipotesi di base per le stime sul 2021 è la scomparsa della pandemia nella seconda metà di questo anno con il conseguente rilascio delle misure di contenimento che consentiranno un rimbalzo dell’attività economica. Ovvio che qualora non dovesse verificarsi questo scenario, ovvero il lockdown durasse più del previsto e/o il virus continuasse a girare, i numeri sarebbero molto peggiori.
A fronte dei danni causati dalla pandemia il numero uno dell’IMF Kristalina Gerogieva annuncia che entro fine aprile il fondo concederà gli aiuti stanziati a 50 paesi (su un totale di 102) che ne hanno fatto richiesta. Anche il capo-economista segnala che servono misure fiscali espansive e auspica che si faccia di più soprattutto a livello di zona euro.
La BCE ha annunciato, giovedì sera, che i ratio patrimoniali per le banche della zona euro verranno ammorbiditi temporaneamente e rivisti fra sei mesi. La Lagarde dichiara, in una sorta di “whatever it takes” che la banca centrale farà tutto quanto è necessario e previsto dal suo mandato aggiustando sia la dimensione che composizione dei programmi di acquisti di bond a seconda degli obiettivi.
Sembra che piano piano il modello della Fed venga seguito anche in Europa. Consideriamo che da inizio marzo la BCE ha acquistato titoli per 131 miliardi di euro dei quali più di 100 in titoli di stato (di questi 30 sui BTP, più di quanto i capital key indicano). Prossimo step potrebbe essere l’acquisto di titoli non investment grade.
Anche la Bank of Canada ha annunciato, come la FED, l’estensione del programma di acquisti di corporate bond anche alle emissioni delle provincie, quindi bond di autorità locali.
L’atteso dato sul Pil cinese del primo trimestre è uscito peggio delle aspettative e in contrazione (-6.8%) per la prima volta da quanto è iniziata la serie. La produzione industriale di marzo (-1.1% anno/anno) ha sorpreso positivamente le aspettative (-6.2%) mentre le vendite al dettaglio (-15.8% anno/anno) hanno deluso.
La Banca Centrale cinese è intervenuta ancora con misure di politica monetaria tagliando i tassi di interesse a medio termine per le istituzioni finanziarie a 2.95% (da 3.15%), si tratta del tasso più basso mai applicato. Inoltre, è stata ridotta di 28 miliardi di RMB la quantità di moneta che le banche devono detenere come riserve.
Trump ha dato forza ai mercati comunicando un piano di riapertura del paese in tre fasi (“Opening Up America Again”): la prima fase può essere attuata solo se uno stato federale ha registrato un calo dei contagi per 14 giorni consecutivi, quindi alcuni stati possono già avviarla; idem per la Merkel che valuta un inizio di exit strategy con la riapertura, questa settimana, di alcuni piccoli negozi e, a inizio maggio, la riapertura delle scuole. Alcuni paesi europei, pur essendo entrati nella fase sanitaria critica dopo l’Italia stanno portandosi avanti nel programmare come uscire dal lockdown.
Il fatto che si parli di riapertura delle economie lascia ben sperare i mercati ma i differenti approcci fra paesi saranno determinanti nelle conseguenze economiche.
L’altra buona notizia che ha dato vigore ai mercati è stato l’annuncio, da parte di Gilead, dei buoni risultati riscontrati da un suo farmaco antivirale (il Remdesvir) nel trattamento di 125 casi di malati Covid19.
La reporting season del comparto finanziario americano mostra, nel complesso, forti cali degli utili e accantonamenti per NPL.
La stagione è stata inaugurata da JPM che ha riportato gli accantonamenti per futuri NPL (8 miliardi) maggiori dell’ultimo decennio: sono necessari per rafforzare il capitale a fronte di una crisi che si sta rivelando piuttosto severa. In calo l’utile per azione per la prima volta dal 2017.
Anche per Wells Fargo salgono gli accantonamenti (4 miliardi) e, considerato che si tratta di una banca rivolta ai consumatori e piccole medie imprese, è un valido indicatore dello stato dell’economia domestica. Gli utili sono stati quasi azzerati (solo 1cent).
Sulla stessa linea anche i risultati di GS, Citigroup e Bank of America che vedono un dimezzamento degli utili, rispetto al primo trimestre del 2019, e maggiori accantonamenti a riserva (quadruplicati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). L’aumento della volatilità nei mesi di febbraio e marzo ha aiutato la crescita del fatturato da attività di trading.
In Europa sempre più società ritirano l’outlook per il 2020 (per citarne qualcuna: Saipem, Volkswagen, ConocoPhilips) e dichiarano che le nuove guidance verranno rilasciate quando la situazione tornerà più stabile e ci sarà più visibilità sul futuro.
La crisi che stiamo attraversando ha scatenato le agenzie di rating nel rivedere i giudizi di parecchie società. Uno studio di Bank of America ha calcolato che, negli ultimi due mesi, il valore dei bond di aziende downgradate a junk è pari a circa 120 miliardi di dollari. La prima a subire la scure delle agenzie di rating è stata Ford che, già sotto esame, che con la chiusura degli stabilimenti per il lockdown è stata definitivamente downgradata. A Ford si sono aggiunti nomi importanti come Kraft Heinz, Renault e Occidental Petroleum.
Ricordiamo che la Fed, che per la prima volta nella storia, ha inserito nei titoli acquistabili dal programma di QE anche le obbligazioni High Yield e gli ETF che investono in HY al fine di supportare i bond dei cosiddetti fallen angels ovvero quelle società che sono state downgradate a non-investment grade. I bond rientranti nella categoria degli High Yield poi devono essere immediatamente venduti dai fondi che possono detenere solo titoli investment grade. Per questo motivo la Fed ha deciso di ampliare la sua “lista della spesa” inserendo anche corporate di rating più basso (condizioni: rating minimo BB e IG alla data del 22 marzo).
Le misure espansive della Fed e le attese di tassi bassi a lungo sono alla base dell’upgrade del target price dell’oro (a 1800 dollari l’oncia) da parte di UBS. Stesse motivazioni anche per Newmont Corp (uno dei tre principali produttori di oro al mondo) che proietta il target del metallo giallo a 2000 dollari l’oncia.
Fra i dati macro americani usciti in settimana segnaliamo quello sulle vendite al dettaglio del mese di marzo (-8.7% mese/mese) e quello sulla produzione industriale (-5.4%) entrambi negativi e inferiori alle aspettative con il primo penalizzato ovviamente dalle vendite della auto e il secondo che si rileva essere il peggiore calo dal dopoguerra. Salgono ancora le richieste di sussidi di disoccupazione (più di cinque milioni) che portano il totale del mese a circa 22 milioni e cancellano, così, i posti di lavoro creati negli ultimi 10 anni.
Questi dati sono compatibili con un tasso di disoccupazione che potrebbe superare il 10% (record raggiunto durante la grande depressione del 1929). Ricordiamoci, però, che il mercato del lavoro americano è molto flessibile quindi, una volta rimosso il lockdown, un rientro da questi eccessi è molto probabile.
Il presidente americano Donald Trump ha deciso di sospendere i finanziamenti all’OMS ritenendola colpevole di avere sottovalutato la gravità della situazione fidandosi delle autorità cinesi. Intanto si diffondono le teorie che attribuiscono la causa della pandemia in un errore commesso nei laboratori sui virus di Wuhan.
Non smette di fare parlare e discutere il petrolio. Ecco qualche notizia uscita in settimana:
-l’amministrazione Trump sta valutando un piano per pagare i produttori americani di shale oil al fine di non estrarre il petrolio che verrebbe, poi, considerato fra le riserve strategiche (tentativo di limitare l’offerta senza penalizzare i produttori);
-si ritiene che l’Arabia Saudita stia praticando forti sconti nelle vendite (forse all’Asia);
-il ribasso del prezzo del WTI, che si è distaccato parecchio dall’omologo europeo Brent, è legato anche a motivi tecnici ovvero il rollover del contratto futures in scadenza. Come spiegato anche la settimana scorsa, gli strumenti finanziari legati al prezzo del petrolio sono i futures che sono contratti forward con diverse scadenze. All’avvicinarsi della prima scadenza le posizioni vanno “rollate”, ovvero si deve vendere il contratto in scadenza e comprare quello o quelli successivi. Questo meccanismo crea una forte pressione al ribasso per il contratto in vendita e al rialzo per quelli successivi accentuando quello che si chiama “contango”, ovvero contratti futures superiori allo spot. Per avere un’idea, questa mattina, il contratto in scadenza valeva circa 14 dollari mentre il primo successivo circa 23. Le masse sugli ETC sono aumentate notevolmente e, di conseguenza, gli effetti delle scadenze tecniche vengono esasperati.
Affinché ci sia una ripresa del prezzo spot è importante che ripartano i consumi (e la fine del lockdown in questo senso aiuterebbe) dato che il graduale esaurirsi dei serbatoi porta ad un repentino incremento dei costi di stoccaggio.
In un mercato dei bond europei in piena crisi pandemica Cassa Depositi e Prestiti è riuscita a collocare un ammontare pari a un miliardo di un bond Social Responsible legato al Covid19 ottenendo richieste per 1.9 miliardi. In questo modo ottiene i fondi per sostenere imprese e pubblica amministrazione aiutandole ad affrontare la crisi e il rilancio in particolare finanziamenti al settore medicale e ospedaliero.
Si tratta di due tranche da 500 milioni, la prima con cedola pari a 1.5% e durata tre anni, la seconda con cedola di 2% e durata sette anni, spread rispettivamente di 40 e 45 bps. Il bond rientra fra quelli acquistabili dalla BCE. CDP ha seguito l’esempio dell’Austria che a marzo ha emesso un bond simile per un ammontare pari a quattro miliardi.
In arrivo (dal 18 maggio) anche la nuova edizione del BTP Italia i cui fondi saranno destinati all’emergenza corona virus. Si parla di durata fra 4 e 8 anni ma non sono disponibili ulteriori dettagli. L’annuncio è arrivato in anticipo per permettere agli investitori di organizzarsi tenendo conto che il 23 aprile è in scadenza una delle emissioni di BTP più grandi della storia (nel 2014 raccolse 20.6 miliardi). Dopo la metà di maggio sono in arrivo altri BTP destinati ai piccoli investitori per i quali si cerca di valutare come renderli più appetibili puntando, magari, su una fiscalità agevolata.
La settimana si è conclusa con una buona performance dei mercati azionari e obbligazionari a spread, soprattutto americani. Il Nasdaq beneficia della qualità delle aziende che lo compongono e del fatto che queste siano ben posizionate nell’attuale contesto. Il comparto obbligazionario a spread beneficia degli acquisti massicci della Fed.
Dopo che per settimane l’attenzione degli investitori è stata rivolta ai dati sui contagi e sui decessi da Covid19, adesso si passa a valutare le varie fasi due, ovvero come verrà rimosso gradualmente il lockdown nei diversi paesi. In questo modo si possono cominciare a fare delle ipotesi sui danni subiti e sui tempi della ripresa.
Questa mattina la Cina ha tagliato per la seconda volta il tasso benchmark a un anno (Loan Prime rate) di 20bps a 3.75% e quello a cinque anni di 10bps a 4.75%.
Importante appuntamento giovedì 23 quando è previsto, in video conference, il summit dell’Eurogruppo nel quale si dovrebbe decidere, definitivamente, il pacchetto di misure a sostegno dell’economia. Si discuterà tra le altre cose dei recovery bond in termini di dimensioni, tempistiche e legame con il bilancio dell’Unione Europea. Il budget finora è considerato insufficiente a gestire la crisi perché limitato all’1% del Pil UE. Secondo le indicazioni del ministro delle finanze francese la size del fondo dovrebbe essere di un trilione di euro e la durata di 20 anni. Il finanziamento del fondo avverrebbe tramite l’emissione di bond con garanzia degli stati membri in base al peso sul GDP e le risorse verrebbero distribuite in base all’entità dei danni subiti dalla pandemia. Sembrerebbe che anche paesi della periferia, quali Spagna, Portogallo, Irlanda e pure Grecia, siano favorevoli all’attivazione del Mes e questo isolerebbe ulteriormente l’Italia.
Ad oggi l’Eurogruppo ha già varato misure per 540 miliardi di euro che, però, sono considerate dal mercato ancora insufficienti. Sul Financial Times il presidente francese Macron ha fatto notare che l’Europa corre il rischio di vedere trionfare i partiti populisti (in Italia, Spagna e Francia) se Germania e Olanda (i paesi più rigoristi) non concederanno qualcosa. Macron fa riferimento al fondo per la ricostruzione ma il mercato si auspica anche una qualche forma di debito congiunto.
Il Parlamento italiano sarà chiamato a votare la nuova richiesta di aumento del deficit dopo la riunione del Consiglio dei Ministri prevista per mercoledì. Fonti governative italiane stimano che la recessione e l’insieme delle misure espansive adottate dal governo porteranno il disavanzo 2020 al 9%/10% del Pil.
Riprendono, intanto, i negoziati fra Michel Barnier (responsabile negoziatore della Commissione Europea) e la controparte inglese David Frost al fine di raggiungere un accordo commerciale anche alla luce degli effetti della pandemia.
La reporting season americana si comincia a spostare sul settore tecnologico con, fra gli altri, i dati di Intel, Texas Instruments, IBM e Netflix.
In generale la revisione degli utili da parte degli analisti è stata la più forte dalla crisi finanziaria del 2008: più benevola, però, per il mercato americano grazie ad un maggiore peso di settori “quality” (tecnologia e pharma) e ad una più incisiva azione della Fed e del governo.
Apple presenterà il nuovo iPhone SE, il primo low-cost smartphone dopo quattro anni. Il lancio ha anche lo scopo di dimostrare che la supply chain di Apple in Cina è tornata in un intorno della normalità.
L’annuncio della fine del lockdown in America è stato visto molto positivamente dai mercati: come ci siamo detti più volte, il venire meno di un elemento di incertezza (in questo caso la durata dello stop forzato all’economia) consente agli investitori di fare delle prime stime sull’effettivo impatto della crisi e cominciare a capire se il mercato sta prezzando correttamente gli asset finanziari.
Le varie case di ricerca e di investimento cominciano a sbizzarrirsi sulle previsioni per gli indici a fine anno. Per alcuni, quello a cui abbiamo assistito in queste settimane, si configura come un “bear market rally”, per altri invece la risalita dei corsi può proseguire ulteriormente. Come sempre la visione non è univoca e questo provoca le oscillazioni a cui stiamo assistendo.
Sappiamo bene che il mercato a volte si muove al di là dei fondamentali tuttavia pensare che il mercato possa velocemente tornare ai livelli pre-covid19 è abbastanza azzardato perché ci sono delle notevoli differenze sia in termini di GDP (prima la stima di crescita dell’economia era del 3% mentre ora è di segno opposto) che di utili (da una crescita positiva ad una contrazione) tra prima della crisi e oggi. Ovviamente ci sono settori o aziende che beneficiano dell’attuale contesto e che sono tornate sui massimi (alcuni titoli tech americani ad esempio), e questo giustifica anche la migliore performance del mercato americano più esposto a certi settori, ma affinché tutto il mercato possa tornare stabilmente ai livelli pre-crisi nell’immediato occorre un notevole miglioramento del quadro macro, o meglio, un notevole miglioramento delle stime di recupero dell’economia e dei risultati aziendali (perché i mercati si muovono in anticipo).
Certamente l’azione delle banche centrali nel mantenere bassi i tassi di interesse rende l’investimento sul mercato azionario relativamente più attraente rispetto a quello sul mercato obbligazionario: i rendimenti offerti dalle obbligazioni non sono, infatti, particolarmente interessanti (se si escludono i comparti più rischiosi degli high yield) ma i bond beneficiano degli acquisti delle banche centrali (che saranno tanto maggiori quanto la gravità della situazione lo richiederà) e questo, se da un lato comprime i rendimenti, dall’altro mantiene stabili i prezzi; i rendimenti delle azioni, invece, sono più difficili da valutare, visti gli attesi tagli di dividendi conseguenti all’impatto negativo sugli utili della crisi, tuttavia l’equity rappresenta l’asset class che meglio beneficerebbe di una ripresa economica e quindi più interessante in prospettiva. Importante entrarci nel momento corretto e, soprattutto, quando non sconta troppe buone notizie.
Positive, anche questa settimana, le performance delle nostre linee di gestione sia azionarie (soprattutto la Chronos, esposta parecchio al settore tecnologico e al dollaro) che obbligazionarie.